27/05/2007: Appello per Ivano
Pensavamo che dopo il pronunciamento del giudice alla prima udienza del processo che li vede coinvolti, i nostri compagni sarebbero stati trasferiti, non nell’immediato, ma in un ragionevole lasso di tempo. Questo perché credevamo che il diritto ad un’equa difesa fosse un diritto garantito a tutti, secondo il principio che si è innocenti fino al passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Questo perché ci illudevamo che la scritta che campeggia in tutte le aule dei tribunali non fosse soltanto una sfilza di lettere che per combinazione formavano parole di senso compiuto, ma che fosse l’enunciazione di un principio, di un limite che il potere si autoponeva nel tentativo di evitare l’arbitrio.
Ci illudevamo, appunto.
Ad oggi, la compagna Antonella Lai è ancora rinchiusa nel carcere di Cagliari, a causa del sovraffollamento della sezione femminile del carcere di Oristano dove ne era stato richiesto il trasferimento. Aspetteremo così che si compia l’iter della richiesta di trasferimento nel carcere di Sassari.
Per il compagno Ivano Fadda la situazione è leggermente diversa: niente impedisce infatti il suo trasferimento al carcere di Nuoro. Eppure continua ad essere rinchiuso nel carcere di Cagliari, nell’isolamento pressoché totale.
Niente, ne impedisce il trasferimento, infatti, se non due cose: il divieto formulato dal DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) al suo trasferimento con non si sa quali motivazioni; e l’evidente intento persecutorio nei confronti di chi non ha mai abbassato la testa di fronte alle ingiustizie e all’arroganza, tentativo estremo di piegare la volontà di chi, comunque, non si vuole ritenere complice di coloro che hanno svenduto la propria dignità di esseri umani per il classico piatto di lenticchie, sottile piacere che questi oscuri personaggi provano nel torturare psicologicamente il loro prigioniero (non potendo, per ora, farlo fisicamente) ed i suoi familiari, indagato l’uno e non gli altri, ma ritenuti sommariamente colpevoli tutti.
Colpevoli di cosa? Colpevoli evidentemente di essere rimesti integri, di non essersi arresi, di non essersi piegati: colpevoli di essere nemici dello Stato o meglio di essere nemici di chi dello Stato ha fatto una proprietà privata da usare come e quando gli pare, di chi abusa delle proprie funzioni e delle proprie posizioni di privilegio per vessare gli altri, cercando di cancellare quella voce e quegli sguardi che da tempo e per sempre gli ripetono: traditore!
Fino a quando continueremo a poter pensare amico chi da sempre ci considera nemici?
Fino a quando dovremo sopportare la legge del nemico?
Fino a quando…
“e sico sempre gai,
e mai, mi rendo;
e cando bat bisonzu,
mi difendo!”
Comitato permanente contro la repressione
http://www.autprol.org/