30/04/2007: Per l’8 marzo, per il 1° maggio 07. Lettera dal carcere di Regensdorf (Svizzera)


Care amiche ed amici, compagne e compagni,
con tutto il cuore e tanta attenzione sono insieme a voi nella sincera lotta rivoluzionaria per l’altro mondo necessario, pacifico, naturale e giusto, vale a dire libertario, che consiste di molti mondi e di molte storie differenti esistenti fianco a fianco.
Una volta ancora vi ringrazio per il vostro impegno solidale per ed insieme a noi prigioniere rivoluzionarie e prigionieri rivoluzionari, un impegno che evidentemente può svilupparsi con efficacia solo se contro la repressione uniamo le nostre diverse tendenze, i nostri differenti metodi e sforzi rivoluzionari. Questa solidarietà non la ritengo importante solo nel quadro specifico, la ritengo importante anche come mezzo e percorso di rafforzamento della discussione e del confronto tra tendenze ed aree differenti con l’obiettivo di un procedere più in generale e libertario nella lotta rivoluzionaria e nella definizione dei contenuti rivoluzionari, per arrivare al grande fiume che sia abbastanza forte e profondo per sconfiggere definitivamente il nostro nemico assassino, vale a dire il capitale, lo Stato, lo sfruttamento, e per istaurare il mondo che aneliamo, consistente ugualitariamente di molti mondi e di molte storie tra loro diverse.
Il 1. Maggio rappresenta anzitutto la lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Ma ritengo che il percorso, il contenuto e l’obiettivo della lotta rivoluzionaria di tutta la gente sfruttata del mondo dovrebbe affrontare più integralmente ed in modo assai più fondamentale la questione della ferrea unità tra guerra, tecnologia e sfruttamento, un’unità che esiste e cresce partendo dall’inizio della civilizzazione umana e del patriarcato. Noi sfruttate e sfruttati e gente in generale che lottiamo in modo rivoluzionario dovremmo affrontare interamente ed in modo fondamentale l’espressione più assassina e suicida della crisi della civilizzazione, vale a dire, oggi, della crisi globale del sistema capitalistico. Cioè, dovremmo affrontare la distruzione dell’ambiente e la distruzione definitiva dell’ultima gente che ancora é capace di mantenere e di convivere con l’ambiente naturale, affrontare cioè la distruzione delle nostre basi di vita, l’assassinio in corso della Terra e delle sue abitanti d’ogni genere. Non possiamo certo lasciare questa questione decisiva nelle mani dei padroni. Poiché non mettere in questione la distruzione e la prospettiva, molto vicina, dell’ulteriore precipitazione della distruzione della Terra immediatamente, fondamentalmente ed in modo duraturo vorrebbe dire: che ci impegniamo per una rivoluzione sociale nei nostri paesi imperialisti che va a collocarsi e svilupparsi in un deserto globale. Cosa che ritengo una totale assurdità. Esattamente quanto ritengo un’assurdità totale la nostra adozione, dai padroni del mondo, del principio di una gestione semplicisticamente tecnofila della rovina. Ed è uguale assurdità, se poi questa gestione della rovina é un capitalismo della catastrofe per spremere ulteriori profitti sulla pelle di noi gente oppressa e sfruttata o altra gestione, poiché la gestione, ed anche l’autogestione, quale che sia, della rovina, della distruzione, non cambia assolutamente nulla del risultato finale. La rovina, la distruzione ha solo una soluzione, vale a dire riconoscerla, fermarla ed invertirla radicalmente, senza rimozioni e subito.
Per non permanere nella nostra relativa insignificanza e per non soccombere, del tutto inermi e politicamente e socialmente privi d’ogni credibilità, nello scenario catastrofico esistente ed imminente dovremmo cioè sviluppare con la massima urgenza delle prospettive rivoluzionarie integrali da proporre e mettere man mano in pratica ad ogni livello, fino alla vittoria e naturalmente molto oltre. Visto gli eventi e le cognizioni attuali, questo rappresenta una delle nostre responsabilità primarie e più importanti per ogni tipo di lotta che conduciamo e sosteniamo.
Altrettanto importante ritengo tuttora una determinazione e direzione femminile del processo rivoluzionario, del nuovo inizio, ovviamente non nei termini di un matriarcato autoritario - che probabilmente era precursore, antesignano del patriarcato – ma poiché tuttora dobbiamo fare un percorso lungo e difficile fuori di una coniazione e condizione generale di tipo patriarcale verso una società caratterizzata dall’uguaglianza dei generi, dall’equilibrio del potere tra i generi, come uno dei fattori più basilari. Se, in quest’ambito, noi uomini rivoluzionari non facciamo mille passi indietro e voi donne rivoluzionarie non fate i passi necessari in avanti fino all’assunzione femminile dell’ultima parola nella determinazione della direzione e nella guida del percorso rivoluzionario, la condizione ed il condizionamento patriarcale e del dominio dei maschi, che sono onnipervasivi e propri sia ai maschi sia alle femmine, ci devieranno inevitabilmente dal percorso e dall’obiettivo necessari all’istaurazione dell’uguaglianza dei generi, intesa come completamento, equilibrio del potere e rispetto reciproco ed autodeterminato.
Ritengo che non possiamo permetterci più a lungo l’idea, ed ancor meno la prassi che ne consegue, della “contraddizione secondaria” rispetto sia alla questione dei generi sia alla questione ambientale, perché quest’idea e prassi illusoria è di matrice patriarcale adatta al mantenimento del potere patriarcale e non già alla sovversione generale.
Cari saluti combattivi, con amore.

Marco Camenisch
galera Regensdorf, Svizzera, 25 aprile 2007

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