19/04/2007: Di lavoro si muore sempre (non solo quando ne parla la televisione)


"Ogni nuova morte è una sconfitta per il sindacato". Guglielmo Epifani riflette sulla lunga scia di lutti, che in questi giorni sta investendo il mondo del lavoro: "E' un'emergenza ordinaria - commenta il segretario generale della Cgil - su cui il sindacato è sempre stato vigile, anche se deve interrogarsi su come può fare di più". All'orizzonte, l'ipotesi di organizzare "una manifestazione nazionale sul tema della sicurezza" (La Repubblica, 15 aprile 2007)

"Non ci sono più parole per esprimere sdegno e dolore. E' ora di decidere e agire" di fronte alle morti bianche. Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha commentato al Tg3 le sei vittime sul lavoro nelle ultime 24 ore. Dopo i morti di ieri a Genova, Monza, Brescia e Latina, si contano già altre due decessi in una mattina: un operaio di 53 anni, Santo Cacciola, è morto a Messina. Poco dopo un operaio dipendente di un'impresa metalmeccanica è morto nella raffineria Saras a Sarroch, in provincia di Cagliari (La Repubblica, 15 aprile 2007)

Nel 2006 ci sono stati 1280 morti sul lavoro. Diviso 365 giorni fanno 3,5 morti al giorno.
Tenuto conto dei decessi che non vengono denunciati (e con il lavoro nero che dilaga in Italia sono sicuramente molti), dei decessi dovuti a malattie professionali che non vengono riconosciute, del fatto che i giorni lavorativi non sono 365 e persino dei decessi stradali dovuti al trasferimento al lavoro (e al ritorno, stanchissimi, dal lavoro) è chiaro che stiamo parlando di un dato notevolmente sottostimato.
I “compagni” Giorgio Napolitano e Guglielmo Epifani piangono lacrime di coccodrillo sui recenti morti sul lavoro. Come se i morti e gli infortuni non fossero solo il sintomo estremo di un funzionamento “normale” del mondo capitalistico del lavoro, un funzionamento in cui è il profitto a venire al primo posto e non certo la vita e la salute dei lavoratori.
Il "compagno" Napolitano dice: “Ora bisogna agire!” Ma non già scandaloso in sé che un capo dello Stato dichiari che “ora” è tempo di agire? Prima non era "ora"? Ci vogliono cinque morti al giorno "per agire"?

Sono anni che esiste una legge sulla sicurezza (la 626) che sistematicamente non viene applicata. E perché? Forse perché molti ispettori USL prendono mazzette dai padroni per non controllare? Forse perché si evitano i controlli per non abbassare la “competitività” delle imprese italiane? Forse perché si aiutano i padroni – che non sono padroni solo delle fabbriche ma anche dello Stato – a gonfiare il portafoglio senza dare indietro nulla, né maggiore sicurezza e salute, né salario, né diritti, ma anzi chiedendo sempre, sempre, sempre? Forse perché la morte di mercenari che macellano persone innocenti è una morte “da eroi” mentre quella dei migliaia senza volto che cadono quotidianamente nei posti di lavoro viene considerata un prezzo da pagare per lo sviluppo industriale capitalistico?

Il sindacato e i partiti della “sinistra” sono complici di questa situazione perché le leggi che hanno aprovato in questi anni hanno aumentato vertiginosamente la precarietà. E sappiamo tutti che maggiore precarietà significa anche minore sicurezza perché significa maggiore difficoltà da parte dei lavoratori a rivendicare i propri diritti. Di questo aumento della precarietà e del ricatto sono responsabili tutti, dalla “sinistra” che ha approvato il Pacchetto Treu, alla destra che ha approvato la legge Biagi. Il "polo unico capitalistico" è tutto compatto, aldilà delle dichiarazioni di circostanza, dall'estrema sinistra all'estrema destra, nel continuare a garantire al padronato i propri privilegi, quei privilegi che causano migliaia di morti e decine di migliaia di feriti, ogni anno, nei posti di lavoro. E' tempo che tutti i lavoratori se ne accorgano, come molti hanno già fatto.
Il sindacato e i partiti della “sinistra” non hanno fatto nulla e non faranno nulla contro un padronato arrogante e omicida. Sì, omicida, perché la responsabilità dei morti è sempre dei padroni, anche quando a “sbagliare” sono i lavoratori. Perché una vera sicurezza non è quella per cui appena si compie un errore si muore o si perde un braccio o un occhio... ma quella in cui l’errore umano è previsto, appunto perché umano, quella in cui si investono i soldi necessari per strutture, tecnologie, formazione, prevenzione.
Si farà, forse, una manifestazione nazionale contro le morti nei posti di lavoro. Poi tutto continuerà come prima. Del resto, in un paese in cui mafia, corruzione politica e servilismo politico-sindacale verso il padronato sono i tratti salienti, i lavoratori hanno solo una possibilità: contare su sé stessi e rimettersi a lottare, contro tutti i partiti e i sindacati di regime.
O la strage e lo sfruttamento continueranno all'infinito.

15 aprile 2007
Le redazioni toscana e veneta di Primomaggio

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Il foglio Primomaggio, purtroppo, si è occupato spesso di sicurezza nei posti di lavoro. Se ne occuperà anche nella giornata internazionale dei lavoratori, il 1° maggio, ospitando lo spettacolo teatrale “Se questo è un operaio. Viaggio nell’inferno dell’Ilva di Taranto” a Marina di Massa, Ronchi, via della Repubblica.

Se questo è un operaio
(testo e regia di Alessandra Magrini, audio e video Francesco Marchese)

Alessandra Magrini, alias “attricecontro”, sta girando l’Italia con il suo spettacolo Se questo è un operaio.

Un monologo sulle morti bianche dell’Ilva di Taranto in cui l’attrice veste i panni di sei personaggi: un giovane operaio, un operaio anziano, la moglie di un operaio che partorisce un bambino nero, la caporeparto ed il padrone. C’è anche il cammeo di una catwoman particolare e provocante. Lo spettacolo è ispirato alla condizione degli operai dell’Ilva di Taranto. La performance è incentrata sulla storia di una fabbrica in cui la totale mancanza della sicurezza sul lavoro, l’inquinamento responsabile di morti precoci porta gli operai ad una riflessione sul valore della vita umana, ma purtroppo solo dopo che loro stessi in prima persona saranno rimasti vittime di questo meccanismo infernale
Scritto, diretto e scenografato da lei stessa, Se questo è un operaio è stato realizzato grazie all’appoggio, in termini di documentazione della situazione in fabbrica, dello Slai Cobas Taranto oltre che dei famigliari di alcuni operai morti per l’amianto o per infortuni suo lavoro. Un problema sempre attuale e sempre ignorato dai media, una tema di cui non si deve parlare… Ma Alessandra “attricecontro” lo fa, e ne parla in modo ironico e duro, disincantato e ben documentato. Lo fa in quegli spazi che glielo consentono, di solito centri sociali e sale comunali. La stampa nazionale, nonostante ciò, si è accorta di lei e l’ha recensita in maniera significativa.

http://www.autprol.org/