19/04/2007: Domani 19 aprile, a Bruxelles, la Corte di Cassazione emetterà il suo verdetto in merito al "procedimento DHKP-C"


Ribadiamo la nostra solidarietà ai compagni imputati auspicando che una loro giusta condotta processuale, unita agli effetti positivi della mobilitazione che essi ed il Clea hanno saputo promuovere (non solo in Belgio), possa vanificare gli obiettivi reali di questo processo politico: la persecuzione sempre più aperta del comunismo (con il ricorso ad una legislazione eccezionale che si fa apertamente beffa dei propri principi) e l'eliminazione degli spazi di libertà e di democrazia propri di tutte le società "civili".

Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)
CP 380, 80133 Napoli – Italia

Seguono due traduzioni a cura dell'ASP

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Lettera ai miei giudici

Signori i giudici, riassicuratevi, vi risparmierò questa volta le mie arguzie riguardanti le circostanze dei miei atti e le parole che mi hanno valso cinque anni di reclusione. Voi sapete quanto me che in questo processo, il topolino ha partorito la montagna e questo, a causa della sfrenata immaginazione di magistrati ideologicamente schierati che non hanno del resto trascurato di darci lezioni sul "politicamente corretto" nel corso del loro giudizio.
Sapete anche che la sortita di questo processo è stata decisa in occasione di riunioni diplomatiche tra Bruxelles ed Ankara e che ad esempio, il successo folgorante della banca Fortis in Turchia non gli è estraneo. È per questo, per rispetto del vostro rango e della vostra intelligenza, che mi asterrò dall’esporvi i legami politico-finanziari di questo processo e per quanto riguarda le argomentazioni giuridiche confido pienamente nel mio avvocato.
Desidererei tuttavia attirare la vostra attenzione sulla riqualificazione da parte dei giudici in appello del mio preteso ruolo nell'ambito dell'organizzazione DHKP-C, una riqualificazione soggettiva e infondata che ha appesantito la mia condanna di un anno facendola passare dai quattro ai cinque anni di prigionia. Credo infatti signori i giudici che non occorra essere molto perspicaci per realizzare che io non ho la tempra di un dirigente ed ancora meno quella di un capo di un'organizzazione come il DHKP-C. Poiché ciò implicherebbe che io avessi personalmente sotto controllo le attività di migliaia di militanti attivi nei quattro angoli della Turchia, che gestissi decine o centinaia di combattenti.
Scusatemi signori giudici ma io non ho né l'ambizione, né la pretesa, né l'attitudine, né il coraggio necessario.
Per vedere in me un dirigente, occorre soffrire di turbe psichiatriche gravi come la paranoia, o avere il quoziente d’intelligenza di un colibrì, o essere diabolicamente malintenzionato.
D'altra parte, signori i giudici, per l’ennesima volta dico e ripeto: io non sono membro di alcun partito e di alcun movimento né clandestino né legale. Io sono soltanto un semplice soldato senza capo, senza esercito e senza fucile, un soldato guidato dal suo cuore e dalla sua coscienza. Sono soltanto il servitore di una causa che io come altri riconosco giusta e che mi sono sempre rifiutato di imporre a chiunque. No, signori i giudici, io non sono né un mostro, né un innocente. Non sono né un cripto-terrorista né un uomo naїf. Sono un militante antifascista dei più ordinari con le sue convinzioni e i suoi dubbi.
Simpatizzo per la resistenza dei popoli contro la tirannia e l'oppressione, in particolare con la lotta sociale in Turchia e ho le mie ragioni: quindici dei miei amici sono stati assassinati dalla polizia, dall'esercito, dagli squadroni della morte, dai "Lupi Grigi" o dall’intransigenza e la crudeltà dei governi che si sono succeduti in quest'ultimi dieci anni. La maggior parte di loro aveva meno di 25 anni.
Erano uomini pieni di coraggio, di amore, di generosità, di humour, di saggezza, di sincerità e di candore. Esseri eccezionali, quasi irreali, che ricordano gli eroi dei racconti e leggende e dei libri santi.
Sognavano di una Turchia nuova, libera, prosperosa e rispettosa dei suoi operai, dei suoi agricoltori, dei suoi artigiani, dei suoi pensionati, dei suoi studenti, dei suoi intellettuali, delle sue minoranze, delle sue culture e del suo ambiente.
È questo il sogno che io condivido e che continuerò a sostenere in nome loro e di tutti i nostri uccisi e ciò, qualunque sia l'esito di questo assurdo processo.
Senza offesa signori i giudici, tengo a dirvi che non è ancora nata la giustizia capace di impormi quel che io devo pensare, dire e scrivere amare o non amare.
I miei più rispettosi saluti.

Bahar Kimyongür
Prigione di Nivelles, 1 aprile 2007

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La sentenza della Corte di Cassazione "nel procedimento DHKP-C" sarà emessa questo giovedì 19 aprile alle h. 12 al Palazzo di Giustizia di Bruxelles.
Ecco le principali argomentazioni avanzate dagli avvocati dei condannati.

Lo sapete: con una sentenza d'appello scandalosa e scellerata, pronunciata il 7 novembre 2006, sette presunti membri del DHKP-C sono stati condannati a pesanti sanzioni penali - per appartenenza ad una organizzazione qualificata dal tribunale come "fanatica, criminale e terroristica". Pertanto, quattro degli imputati (tra cui Fehriye Erdal) sono stati condannati a quattro anni di reclusione; Bahar Kimyongür a cinque anni; Asoglu Musa e Dursun Karatas a sette anni.
Poiché numerose irregolarità avevano viziato i due processi intentati contro i loro clienti, gli avvocati hanno fatto appello in Cassazione. Nel loro ricorso (depositato dopo appena quattordici giorni dalla pronunzia del verdetto), gli avvocati - Carl Alexander (per Kimyongür), Paul Bekaert (per Erdal), Jan Fermon (per Asoglu), Raf Jespers (per Erdal), Nadia Lorenzetti (per Akar) e Ties Prakken (per Karatas e Sari) - hanno avanzato almeno venti ragioni che giustificano l'annullamento del giudizio d'Appello.

Ecco, in riassunto, i principali vizi di forma che gli avvocati hanno contestato al Presidente del tribunale di secondo grado J. Logghe e ai suoi due assessori T. Denys e J. Libert (visto che questi erano stati costantemente spalleggiati, nei loro colpi bassi, dal magistrato federale Johan Delmulle).

- La Corte d'Appello di Gand ha avuto torto completo nell’imbastire un tribunale d'eccezione a Bruges. Questo è avvenuto nominando - nel primo grado - il giudice Freddy Troch di Termonde, a giudice e presidente del tribunale correzionale.
Per essere sicuro che il Tribunale di primo grado arrivasse ad un giudizio implacabile, una parte dell'alta magistratura fiamminga si è resa, in verità, complice di un vero e proprio abuso: trasformare la quattordicesima Camera del Tribunale correzionale di Bruges nell’anticamera di una giustizia d'eccezione. Questo è quanto ha permesso, con la sua ordinanza del 4 novembre 2005, il primo Presidente della Corte d'Appello di Gand (Jean-Paul de Graeve) incaricando Freddy Troch, giudice a Termonde, di soprintendere all'affare Erdal "per il tempo del processo", per imprimere ad esso la piega stabilita e la tensione voluta.
L'indipendenza del tribunale è stata, di conseguenza, tra le più discutibili: il giudice Freddy Troch, chiamato a Bruges per presiedere in via straordinaria a questo procedimento, era stato designato con il parere della Procura (il procuratore generale della Corte d'appello di Gand), che, in quanto responsabile dei procedimenti, è parte in causa del processo, alla stesso modo degli imputati. Una parte contribuisce dunque a decidere chi giudicherà il suo stesso processo. Per la difesa, questo è inaccettabile.
Ma c’è di più, nella sua risposta alle obiezioni preliminari formulate dalla difesa degli imputati, il Giudizio d'Appello oserà affermare (pagina 37), contro ogni buon senso, che l'espressione tijdelijk (che significa "temporaneamente") "sottintende, ai sensi dell'Articolo 98, a 'provvisoriamente', che può riferirsi tanto un termine specifico quanto a un caso determinato (sic)"... Un'interpretazione ovviamente priva di fondamento.

- Il carattere pubblico delle udienze non è stato garantito né a Bruges, né a Gand. Le misure di massima sicurezza poste in essere dalla polizia hanno tenuto lontano persone che, altrimenti, sarebbero certamente venute ad assistere al processo. Grazie a queste misure di sicurezza fuori del normale, i giornalisti e le televisioni non hanno potuto seguire normalmente le udienze del tribunale di primo grado e della Corte d'Appello.
Così, in occasione della prima udienza di Gand, lunedì 11 settembre 2006, più di cento simpatizzanti saranno all’inizio costretti a passare tutti sotto il metal detector. A togliere le scarpe alcuni, a svestirsi dei propri monili altri. Vengono quindi costretti a fornire la propria carta d'identità (in doppia copia)... Cento persone i cui posti all’interno dell’aula di Giustizia saranno assegnati dalla polizia "in base all’aspetto somatico": i Turchi o simili in fondo; i Bianchi davanti, nelle prime sette fila. Crediamo di sognare, ma non è un sogno.

- La Corte d'appello di Gand e Tribunale correzionale di Bruges si sono, a torto, ritenuti competenti per questo processo squisitamente politico. Solo la Corte di Assise poteva esserlo.
Secondo la difesa, siccome si tratta di crimini di natura eminentemente politica, solo la Corte d’Assise è, ai sensi dell'articolo 150 della Costituzione, competente a giudicare. La Corte d'Appello ha respinto questa argomentazione perché i crimini del DHKP-C "non mettono in pericolo direttamente le istituzioni politiche turche": "il fatto di commettere attentati contro persone (soprattutto ufficiali di polizia, giudici, industriali, ecc....) e contro edifici (uffici di polizia, tribunali, ecc....) non è in sé tale da minare l'azione e l'organizzazione delle istituzioni politiche legislative o minacciare l'organizzazione dello Stato" (pagina 35).
Tuttavia, nello stesso verdetto del 7 novembre 2006, si è - a più riprese - precisato che lo scopo di questa organizzazione è in realtà "la sovversione dello Stato turco tramite la lotta armata".

- La Corte d'appello ha infranto, con la sua Sentenza, la libertà d'espressione, la libertà di associazione e la libertà di riunione.
La legge sulle organizzazioni criminali adottata nel 1999 crea (ed è un fatto nuovo) un reato d'appartenenza. Anche se non avete commesso alcun atto contrario alle leggi, il semplice fatto di appartenere a una pretesa organizzazione "criminale" fa di voi un delinquente che sarà condannato penalmente. Inoltre, al reato di appartenenza, che contraddistingue la legge sulle organizzazioni criminali, la legislazione sui crimini terroristici (del dicembre 2003) sostituisce - in qualche maniera – un reato di "simpatia" ancora più pericoloso: qualsiasi atto di "solidarietà" può esser sufficiente a stabilire la vostra indubbia appartenenza all'organizzazione screditata dalla Giustizia. Così la Giustizia si è accanita a raccogliere, nei confronti di Bahar Kimyongür, ad esempio, presunte prove che stabiliscano la sua innegabile appartenenza al DHKP-C, movimento qualificato come "banda di malfattori, associazione criminale e organizzazione terroristica". Così è stato per le domande presentate in anticipo alle autorità comunali per organizzare manifestazioni pubbliche (di denuncia delle condizioni di detenzione alle quali sono sottoposti i prigionieri politici in Turchia): queste domande ripetute (e d'altra parte sempre riconosciute ed accettate) anziché essere viste come l’esercizio di un diritto legale e democratico, sono state interpretate, dalla Corte, come la prova certa che Kimyongür non è un semplice simpatizzante o un membro come altri. Ma uno dei dirigenti dell'organizzazione... !

- La Corte d'Appello di Gand ha condannato gli imputati in particolare per fatti che non sono stati commessi in Belgio e che non sono stati commessi dagli stessi. Tra l'altro, sono stati condannati per atti che risalgono a decine di anni fa e anche più. Alcuni degli imputati non erano neppure nati o erano fanciulli al momento dei fatti.
Per dimostrare che il DHKP-C è una organizzazione "terroristica", la Corte non ha esitato ad utilizzare fatti ed elementi prodottesi in altri paesi (Turchia, Germania, Paesi Bassi...) e in tempi differenti da quelli del periodo sanzionabile (ad esempio, fatti che risalgono agli anni 70 - quando alcuni imputati non erano neppure nati o erano ancora bambini).
Secondo la difesa, si tratta di una violazione manifesta del tribunale "della successione", ovvero del principio secondo il quale il tribunale è competente soltanto per i fatti commessi nel periodo e sul territorio preso in considerazione dalla citazione (in questo caso il Belgio).

- La Corte ha applicato leggi penali che non esistevano al momento dei fatti.
La legge sulle organizzazioni criminali è stata adottata nel gennaio 1999 e la legislazione antiterrorismo nel dicembre 2003. Come qualsiasi legislazione, esse non possono avere efficacia retroattiva.

- Il procedimento giudiziario è stato condotto in maniera da essere completamente contro gli imputati. La Corte ha respinto tutte le richieste istruttorie a difesa degli imputati. Per tale motivo, il processo non poteva essere "equo".
Effettivamente, il procedimento giudiziario è stato sottratto abbastanza rapidamente al giudice di Bruges per ricevere un nuovo orientamento da parte della polizia e della Procura federale. Questa messa sotto tutela si concretizzerà anche in occasione della chiusura del dossier, quando tutti i doveri d'indagine sono stati compiuti dal giudice Buysse. Appena prima di essere trasmesso alla Camera del Consiglio, il dossier – consegnato alle parti e al pubblico ministero - sarà completato dal magistrato federale: Johan Delmulle vi aggiungerà le sue richieste e riqualificherà l’avviso concernente l’accusa di associazione di malfattori, completandolo con otto parole: "(..) finalizzata al compimento di attentati in Turchia". Questa nuova formulazione dell'ultimo minuto (che fungerà da breccia allo Stato turco per costituirsi parte civile) avrà una conseguenza immediata: essa produce una conduzione viziata del procedimento, manifestamente lesiva della regolarità del processo. Poiché il procedimento non include indagini in Turchia, essa è di parte perché parziale.
Nel Giudizio d'Appello, i giudici di Gand del resto consolideranno questa conduzione strumentale del procedimento e la presunta impossibilità di condurre doverose indagini supplementari: "Ascoltare la citata Birsen Kars sotto giuramento per mostrare il trattamento inumano subito dai prigionieri politici nelle prigioni turche, e provare uno stato di necessità?" La Corte ritiene che la testimonianza di B. Kars (atrocemente bruciata in occasione dell'attacco dato contro le prigioni turche il 19 dicembre 2000, NDLR) non ha nulla a che vedere con i reati a carico degli imputati e che non è dunque utile per scoprire la verità "(pagina 46)."

- La Corte ha estrapolato completamente i fatti dal loro contesto. La Corte ha ostinatamente rifiutato di esaminare la situazione dei diritti dell'Uomo in Turchia e di tenerne conto nel proprio giudizio.
La difesa aveva invocato uno "stato di necessità", argomentando che gli imputati e il loro movimento politico in Turchia conducevano una lotta (in parte) violenta in risposta alla violenza di Stato: quella di un regime dominato dall'esercito. Dalla seconda guerra mondiale infatti, la Turchia ha subito tre colpi di Stato militari (l'ultimo ha instaurato una dittatura spaventosa che, negli anni 80, ha comportato l'arresto di 650.000 persone).
In realtà, dietro una democrazia di facciata, i soldati continuano ancora a tenere in mano le redini del potere. La Turchia detiene il record delle violazioni della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo (il 75% dei reclami che la Corte di Giustizia di Strasburgo deve giudicare riguarda questo paese) e conta ancora migliaia di prigionieri politici nelle sue prigioni. I giudici di Gand non hanno voluto convenirne: "che alcune autorità turche utilizzino manifestamente mezzi illegali per vendicarsi (...) non è cosa da prendere neppure in considerazione per il giudicare i reati che sono attualmente a carico degli imputati" (pagina 44).

- Tanto il tribunale correzionale di Bruges che la Corte d'Appello di Gand hanno emesso e hanno espresso (rispettivamente nel loro giudizio e Sentenza) opinioni fondamentalmente politiche.
La Corte d'appello svilupperà pertanto – pagina su pagina - prese di posizione impegnate, che qualificano (per meglio screditarlo) il DHKP-C come movimento comunista o marxista-leninista "estremista".
La Corte d'appello di Gand? Essa ha costantemente lavorato a negare la natura essenzialmente politica del procedimento che doveva giudicare. Utilizzando tuttavia premesse politiche per screditare l'ideologia degli imputati.

- Lo Stato turco non poteva costituirsi parte civil.
Lasciare che Kris Vincke - fin dall'inizio del processo in grado d'Appello – arringasse in nome della Turchia (mentre, nel suo giudizio del 28 febbraio 2006, il tribunale di Bruges aveva finalmente dichiarato la costituzione in parte civile non fondata - "poiché lo Stato turco non era incorso in danni individuali")...
È’ ciò che tuttavia ha permesso il giudice J. Logghe – istituendo una Corte d'Appello con tre giudici e ("novità assoluta") due procuratori. Infatti, il magistrato federale rappresentava, nell’aula del tribunale, l'interesse generale, la società.
Ma siccome lo Stato turco non si era mai preso la briga di esporre nei dettagli, uno per uno, quali fossero stati i danni in cui esso era incorso, Vincke diventava perciò stesso un secondo magistrato, difensore anch’egli "dell'interesse generale". Questo non è possibile.
Effettivamente, perché fosse ammissibile la sua presentazione come parte civile, lo Stato turco avrebbe non soltanto dovuto presentare la sua richiesta di risarcimento ma descrivere in cosa esso "sarebbe stato personalmente" danneggiato. Il reclamo presentato da una persona fisica o giuridica non può essere accettato se essa non ha un interesse personale e diretto da far valere. In questo caso, la Turchia non ha mai chiarito (caso per caso) quale danno in particolare (danno diretto, materiale o morale), essa avrebbe subito per i reati a carico degli imputati, o dell'organizzazione di cui essi sono accusati di essere membri, o dirigenti.

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