16/02/2007: No al raddoppio della base U.S.A. di Vicenza. Via le truppe italiane da tutte le missioni di guerra all’estero


Dopo lunghissime trattative, passate completamente sopra la testa degli abitanti locali, portate avanti dal governo Berlusconi prima e da quello Prodi dopo, l’Italia ha concesso il raddoppio della base USA di Vicenza.
Questa ennesima scelta di guerra, così come la presenza di tutte basi militari e la partecipazione italiana alle missioni militari all’estero, vanno rimesse in discussione radicalmente.
E’ evidente che per esprimere la forza necessaria senza cadere nelle trappole per la riduzione del danno e nei giochetti delle istituzioni locali, è indispensabile allargare la mobilitazione sviluppando tutti gli elementi di generalizzazione racchiusi nella “questione Dal Molin”.
Infatti, se migliaia di vicentini si sono mobilitati contro la base, favorevoli sono invece sempre stati gli enti locali e le categorie imprenditoriali (industriali, commercianti e artigiani). La torta da spartire per i lavori è pari a 310.150.000 euro; vi concorrono molte imprese italiane e straniere, fra cui anche tre coop “rosse”: la Cmc (Cooperativa muratori cementisti) di Ravenna, la Cmr (Coop. muratori riuniti) di Ferrara e la Ccc (Consorzio cooperative costruzioni) di Bologna.
La base fa parte di un ampio dispositivo bellico, fatto da installazioni italiane, statunitensi o della Nato, che rende possibili le missioni di guerra in diversi teatri: Iraq, Afganistan, Libano, Balcani…
Esso permette all’Italia di coordinare (e contrattare) le proprie missioni militari con l’alleato USA e guadagnarsi un posto d’onore nello sfruttamento dei mercati locali (i giacimenti petroliferi di Nassiriya, gli appalti per la ricostruzione di Iraq e Libano, gli affari nei Balcani…), negli accordi economici con gli Stati Uniti e nell’influenza politica sulle aree d’intervento.
Peraltro gli USA non sono l’unico alleato dell’Italia che – oltre ad esssere parte integrante del processo di costruzione di una potenza europea che possa contendere alle altre i mercati mondiali – ha accordi di cooperazione militare con Israele e interessi commerciali in tutto il Medio Oriente.
La città di Vicenza ospita numerose altre strutture militari sia italiane che statunitensi, ed è anche la sede della Gendarmeria europea (Eurogendfor), un nuovo corpo militare dell’Unione europea, nato per essere impiegato in missioni militari all’estero. Anche la base dell’Eurogendfor, attualmente ubicata nella caserma “Chinotto”, è il frutto della solita continuità di governo tra centrodestra e centrosinistra.
Con tale affollamento di presenze militari, il territorio di Vicenza sembra rispecchiare con precisione la duplice strategia adottata finora dalla borghesia italiana, e cioè: da un lato, proseguire la relazione di cooperazione con gli Usa, puntando ad appoggiarsi sulla proiezione militare della superpotenza nordamericana per “farsi spazio” in specifici contesti internazionali (è il caso dell’occupazione dell’Iraq, della concessione del Dal Molin, ecc…); dall’altro, contribuire alla costruzione delle capacità militari ed all’aumento di capacità egemonica del polo imperialista europeo.
Con la diplomazia o le armi, a fianco degli USA o contro di loro, in alleanza con altri o da solo, l’imperialismo italiano interviene nel mondo per aumentare i profitti delle sue aziende, la loro capacità di sfruttamento, il loro controllo dei mercati, delle fonti di energia e materie prime.
Conviene ricordare che il proliferare di basi e attività militari è solo una delle “facce interne” della guerra imperialista. Le scelte di guerra del governo Prodi hanno come ulteriore e inevitabile corollario i drastici tagli alla spesa sociale previsti dall’ultima Legge finanziaria, tagli realizzati proprio per far posto ad un corposo aumento delle spese militari (portate a 21 miliardi di euro). La mobilitazione contro l’allargamento della base Usa di Vicenza, dunque, si colloca pienamente all’interno della più vasta dinamica di opposizione sociale al governo Prodi che va sviluppandosi grazie alle lotte dei lavoratori ed anche all’impegno del sindacalismo di base.

- Contro tutte le basi militari!
- Contro il finanziamento alle “missioni di guerra” in Afghanistan, Libano, ecc., sia Nato che Onu!
- Contro l’imperialismo italiano e i suoi governi, sia di destra che di sinistra, che con le finanziarie aumentano le spese militari, tagliando le spese sociali!
Rilanciamo l’autorganizzazione dal basso e la mobilitazione popolare!

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