09/02/2007: Le truppe Usa scatenano in Baghdad una nuova orgia di assassinii e di violenza
L'escalation della guerra in Irak, annunciata nei giorni scorsi dal presidente Bush, è già in pieno corso. Da sabato (13 gennaio) scorso l'esercito Usa conduce un'operazione contro gli insorti della strada Haifa, un'importante arteria nel cuore di Baghdad, che costeggiando la riva occidentale del fiume Tigri conduce nella "zona verde" dove si trovano l'ambasciata Usa e gli uffici del governo iracheno.
Giovedì (11) è iniziato su questo quartiere un ampio attacco. Quel che è accaduto chiarisce che l'"aumento" a Baghdad delle truppe americane e dei soldati del governo iracheno corrisponde all'ordine dell'assassinio di massa e serve soltanto alla repressione. Lungo la strada Haifa abitano in prevalenza arabi sunniti, su entrambi i lati della strada si trovano palazzi istituzionali e edifici abitativi nei quali un tempo abitavano gli impiegati del governo e gli ufficiali del regime Baas [partito di origine socialista, nelle cui mani era finito ogni potere, NdT]. In seguito all'invasione tutte quelle persone hanno perso il posto di lavoro. Le povere strade laterali abitate da operai per i soldati americani sono un "labirinto" di vicoli ricurvi e di case distrutte, un "luogo ideale per gli insorti che devono nascondersi".
Quando nel corso del 2003 la resistenza armata contro l'occupazione Usa iniziò a prendere forza, questo quartiere divenne il territorio più pericoloso di Baghdad. Benché l'esercito Usa vi abbia condotto molteplici rastrellamenti, ucciso o arrestato centinaia di abitanti, fino ad ora non è riuscito a mettere in ginocchio la gente che vive qui. Ogni volta che i soldati americani si ritirano da questo territorio, tornano a formarsi cellule di guerriglia che riprendono la loro pratica di resistenza.
L'operazione in corso lungo la strada Haifa, comprendente l'aumento delle truppe, corrisponde alla linea direttiva generale spiegata da Bush. Con il ricorso alla violenza massiccia, essa deve definitivamente venire a capo della resistenza. Dopo che un avamposto di forze irachene mal addestrate - adoperate apertamente prima di tutto come carne da cannone allo scopo di localizzare gli insorti - per tre giorni aveva battuto ogni angolo del quartiere, all'alba le truppe americane sono passate all'attacco coi carri armati e sostenute dall'aria da bombardieri F-18 e da elicotteri da combattimento Apache.
In un territorio lungo appena due chilometri sono stati impiegati mille soldati. Le truppe americane e irachene hanno espugnato piazza Tala'a, situata a nord della strada Haifa e si sono messe in movimento in direzione sud; da entrambi i lati della strada sono quindi penetrate con furia selvaggia nelle abitazioni e negli uffici, rastrellando presunti insorti. Verso le 6.30 i primi soldati erano già impigliati in combattimento con le forze della resistenza, le quali erano armate soltanto di armi portatili, lanciarazzi e mortai.
Così, dal modo in cui i comandanti americani procedono contro la resistenza irachena, si può cogliere quel che viene realizzato in base ai nuovi piani. I soldati americani non cercavano soltanto di conquistare gli edifici dai quali venivano colpiti. Con gli elicotteri e i carri armati - nel centro della città e, senza preavvertire i civili - hanno iniziato a colpire intensamente edifici amministrativi, commerciali e abitativi. Supposti nidi della resistenza sono saltati in aria colpiti dall'aria da missili Hellcat o da terra con razzi e granate sparate dai carri armati.
I tetti delle case, sui quali si supponeva vi fossero dei cecchini, sono stati attaccati da caccia F-15 e F-18 a bassa quota, che hanno roteato sulla città fino alle prime ore del pomeriggio. In quel preciso momento le truppe americane e irachene erano penetrate, combattendo casa per casa, lungo la strada Haifa per circa 1,6 km. Una moschea e un vecchio cimitero sono stati attaccati direttamente dagli aerei americani, poiché si presumeva che vi fossero nascosti dei resistenti.
Fra i soldati americani e iracheni non vi sarebbero stati uccisi e neppure feriti gravi. Il rapporto ufficiale parla di 50 insorti uccisi e di 21 resi prigionieri. Secondo fonti ufficiali, nonostante i massicci bombardamenti e le numerose esplosioni, non è stato ucciso nessun civile. Tuttavia questa affermazione non viene confermata da nessun osservatore indipendente. Nella moschea è stato ucciso il maggior numero di persone, ha detto un iracheno alla Reuters, i morti sarebbero "tutte vittime innocenti". La gran parte dei guerriglieri erano verosimilmente mischiati alla popolazione o hanno cercato rifugio in altre parti della città.
Dopo l'attacco sono stati innalzati sulla strada Haifa posti di guardia fissi. In questo modo gli insorti vengono provocati ad attaccare le forze d'occupazione e a tradire di conseguenze le loro posizioni. Le truppe del governo iracheno sono state utilizzate come esche. Esse hanno compiuto i pattugliamenti e i rastrellamenti, mentre i soldati americani si tenevano pronti a reagire con violenza massiccia ad ogni attacco.
A Ramadi, capitale della provincia occidentale di Anbar, i comandanti dei marines Usa hanno impiegato questa tattica l'anno scorso. I marines e le forze di sostegno irachene si sono così esposte ad attacchi permanenti. Circa un terzo delle perdite americane sono avvenute in questa provincia. I combattimenti sono sfociati in pericolosi e logoranti scontri casa per casa dopo che le truppe Usa avevano reagito con brutale violenza agli attacchi. Numerosi edifici di questa città, che attorniavano le basi dei marines, sono stati ridotti in cenere.
Simili tattiche si trovano assolutamente in accordo al manuale di campo per la lotta antinsurrezionale seguito dal generale David Petraeus. Bush ha nominato solo pochi giorni fa Petraeus a nuovo capo delle forze armate Usa in Irak. Sarà lui a dirigere l'"aumento delle truppe". Petraeus è dell'idea di stazionare le truppe Usa al centro delle roccaforti degli insorti; questo tipo di presidio permanente attorno ad insediamenti abitati da cittadini americani benestanti, nel gergo militare Usa ha un nome, in sigla, Comunità Gated ("Insediamenti chiusi").
Mercoledì scorso un portavoce dell'esercito Usa spiegava così sul Los Angeles Times la teoria delle Gated: "Si possono creare Comunità Gated perché questo vuole la popolazione per sentirsi più sicura. O si possono creare per controllare la popolazione e i suoi movimenti e per creare difficoltà alle operazioni degli insorti. Questa è la teoria che sta dietro le Comunità Gated". In Irak, dove la grande maggioranza della popolazione desidera che l'esercito Usa abbandoni il paese, lo scopo delle Gated è il controllo.
Il modo in cui Petraeus e il suo stato maggiore hanno concepito il progetto delle Comunità Gated, si ispira alle tattiche impiegate nelle precedenti guerre coloniali. Il modello sono, per esempio, la lotta antinsurrezionale francese condotta in Algeria, l'occupazione britannica del nord Irlanda e la politica Usa dei "villaggi strategici" in Vietnam.
In conclusione interi quartieri di Baghdad e di altre città irachene devono essere trasformati in campi di concentramento. Gli abitanti di questi territori verranno, già vengono, sottoposti alla repressione militare permanente. In tutti gli accessi a questi territori vengono eretti posti di controllo fissi, gli abitanti riceveranno una carta d'identità speciale, la loro libertà di movimento sarà, è già, limitata e le loro case sottoposte a perquisizioni periodiche. Tutto ciò per impedire il ritorno degli insorti.
Senza dubbio il compito di Petraeus consiste nell'estendere nelle prossime settimane questa tattica anche sul quartiere operaio Sadr City di Baghdad abitato da circa due milioni e mezzo di persone, prevalentemente sciiti. Il governo Bush ha detto chiaramente che agirà con spietata decisione contro il movimento politico dell'alta personalità clericale Muktada al Sadr per distruggere la sua milizia - chiamata Grande Mahdi - allo scopo di cementare il predominio Usa.
Il governo Bush e l'esercito Usa accusano la milizia Mahdi di essere la principale responsabile, di parte sciita, della violenza motivata confessionalmente, che infuria fra gli estremisti sunniti e sciiti. La maggiore preoccupazione di Washington ad ogni modo è che il movimento di al Sadr, la maggiore frazione nel parlamento di Baghdad, guadagni sostegno fra le masse in quanto rifiuta un dominio neocoloniale Usa di lunga durata sull'Irak. Certamente questo movimento non ha più fatto appello alla resistenza armata contro l'occupazione americana dal 2004, periodo in cui avvennero due grosse insurrezioni (sciite).
Sadr chiede espressamente un calendario per il ritiro delle truppe Usa, rifiuta ogni apertura dell'industria petrolifera alle imprese estere e esige misure per migliorare le tremende condizioni di vita della popolazione irachena. In caso di elezioni oggi, nei terrotori sciiti i sadristi conquisterebbero senz'altro un significativo aumento. Il governo Bush ha imboccato un corso di crescente tensione con il regime sciita, il quale si è manifestato anche nel recente incontro in Giordania fra Bush e il primo ministro iracheno, sciita, Nuri al Maliki. In questo contesto la milizia Mahdi viene considerata dai circoli militari americani come una minaccia grave e crescente. Questa milizia poggia su 60.000 combattenti e controlla effettivamente intere unità delle forze di sicurezza irachene. Sadr ha annunciato di difendere il paese vicino, l'Iran, nel caso venga attaccato da Israele o dagli Stati Uniti.
Gli Usa affermano che i piani militari predisposti originano dal governo iracheno. Però in contraddizione con questa affermazione, il primo ministro al Maliki, spinto dal timore di reazioni della sua base politica collocata nella popolazione sciita, ha più volte respinto la richiesta di Washington di dare il proprio consenso all'attacco contro la milizia Mahdi. Nel novembre scorso al Maliki aveva addirittura proposto al governo Usa di far evacuare tutte le forze americane da Baghdad e di consegnare il compito della sicurezza all'esercito e alla polizia irachena entrambi controllati dagli sciiti.
Al Maliki è messo di fronte tanto al boicottaggio dei sadristi che all'aperta minaccia di Washington diretta a deporre il governo attualmente in carica in Irak. Lui, per il momento, sembra abbia ceduto alle richieste americane. Mercoledì sera Bush ha dichiarato che il primo ministro iracheno avrebbe dato "luce verde" all'esercito americano per l'irruzione in tutti i quartieri di Baghdad "dai quali origina la violenza motivata dal punto di vista religioso".
Un alto rappresentante del governo Bush, rispondendo ad una domanda di un giornalista del Washington Post, se al Maliki avesse espressamente approvato un procedimento contro Sadr, ha detto: "Ora non desidero entrare nei dettagli delle conversazioni del presidente, ad ogni modo è chiaro che bisogna fermare l'esercito Mahdi e Sadr". Al Maliki, così il portavoce, avrebbe dato ai comandanti "mano libera per procedere contro tutti coloro che si pongono al di fuori della legge. Questo include naturalmente anche Sadr City".
Un'offensiva contro i sadristi sarebbe senza dubbio il capitolo più sanguinario della guerra in Irak e costerebbe innumerevoli vittime alla parte americana, ma ancor di più a quella irachena. Una prova di forza contro l'esercito del Mahdi, ha scritto lo Washington Post l'11 gennaio, "potrebbe portare a diversi mesi di combattimenti di strada. Per il timore che le unità armate sciite disconoscano l'attacco su Sadr City, o, addirittura, rivoltino le loro armi contro l'esercito americano, gli Usa chiedono di dislocare due brigate di peschmerga curdi nella capitale e di impiegarle nelle operazioni nei territori sciiti. Questo mette all'ordine del giorno, oltre alla violenza fra sciiti e sunniti, la quale ogni mese lascia sul terreno migliaia di vite, la possibilità di un conflitto curdo-sciita.
Il governo Bush fino ad ora non è entrato nell'ordine di pensiero che un attacco su Muktada al Sadr possa concludersi in un'insurrezione di tutto l'Irak del sud contro le truppe americane. I preparativi per l'attacco nondimeno proseguono. Truppe Usa di recente hanno perquisito un'abitazione in Sadr City e all'inizio della settimana scorsa hanno iniziato ad innalzare nelle via di accesso più importanti di questa città sbarramenti e posti di controllo. Le scene sanguinose della strada Haifa e il fitto bombardamento nei quartieri abitati della città si ripeteranno al più presto in tutta la capitale.
fonte: World Socialist, 12 gennaio 2007
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