02/01/2007: Volkswagen: solidarietà con le lavoratrici e con i lavoratori


Comunicato delle lavoratrici e dei lavoratori VW di Bruxelles-Forest
Il 17 novembre scorso la direzione VW ha reso nota la propria decisione di fermare la produzione della Golf negli impianti di Bruxelles-Forest e di trasferirla a Mosel e Wolfsburg nella RFT (Repubblica Federale Tedesca).
A Bruxelles-Forest lavorano, fra operai* e impiegat* 5.800 persone, di cui 4.000 sono state licenziate appunto il 17 novembre. La fabbrica VW a Forest è una delle ultime rimaste, dopo la chiusura degli impianti Renault avvenuta 2 anni fa. Successivamente a quel colpo la disoccupazione nella regione si è portata al 12%. Per questo la lotta del personale VW di Forest è una lotta per l'esistenza.
Di fronte all'annuncio dei licenziamenti, lavoratrici-lavoratori a Forest hanno compiuto la sola cosa giusta: senza aspettare gli eventuali annunci sindacali, sono entrati immediatamente in sciopero ed hanno occupato la fabbrica. Hanno bloccato importanti incroci stradali e scacciato dall'assemblea generale le guardie.
Da quel primo fronte è così iniziata la difesa dei posti di lavoro contro gli attacchi transnazionali portati dai boss alle nostre condizioni di vita. Come usuale i media borghesi hanno spinto per discreditare la lotta e per rappresentarla come gesto disperato rivolto ad un destino pressoché ineluttabile.
Ancor più importante è stato informare dello sciopero le altre fabbriche della zona, le scuole, le università e i quartieri, allo scopo di creare solidarietà e di rafforzare il retroterra delle lavoratrici e dei lavoratori.
L'attacco a lavoratori-lavoratrici di Bruxelles-Forest è un attacco a tutt* noi!
La loro lotta è anche la nostra lotta!

Quella che segue è una cronaca frammista a considerazioni entrambe redatte da compagni del WSWS (World Scialist Web Site) presenti a Forest nelle giornate di lotta.
La notizia riguardante la "ristrutturazione" della fabbrica VW di Bruxelles-Forest è soltanto il primo segnale di un "programma di risanamento" annunciato. Una situazione deve sempre essere sistematicamente giocata contro un'altra e tutto il personale deve venir posto sotto ricatto, al fine di imporre riduzioni salariali e prolungamenti della giornata lavorativa.
Del resto, quale presupposto per il trasferimento della produzione dal Belgio alle fabbriche VW nella RFT c'è l'accordo concluso il 4 ottobre 2006, nella RFT, fra sindacati e direzione VW. Esso prevede la riduzione del salario e peggioramenti nella forma di un'ampia flessibilità. La settimana introdotta nel 1993 [opera soprattutto di Peter Hartz, al quale negli anni scorsi è stata affidata la "riforma del mercato del lavoro", allora capo del personale in VW, ndt] composta di 4 giorni lavorativi, per un totale di 28,8 ore lavorate e pagate, è stata cancellata. Adesso in suo luogo è stato fissato un corridoio di tempo di lavoro che va da 25 a 33 ore la settimana per chi lavora nella produzione, da 26 a 34 ore per chi lavora negli uffici. Il salario o lo stipendio rimangono comunque fermi: pagate restano soltanto e sempre 28,8 ore.

Presupposto a questo accordo è stata la scelta di trasferire nelle fabbriche VW nella RFT la produzione della Golf di Bruxelles-Forest, questo ha voluto IGM (sindacato unico dell'industria metalmeccanica).
Dell'accordo, dice Hirst Neumann, capo del personale VW: "Con questo ampio corridoio di ore possiamo reagire meglio alle oscillazioni del mercato, e senza mutamenti essenziali nei costi del lavoro. Ciò ci garantisce tanta buona flessibilità e, nello stesso tempo, ora abbiamo un potenziale per un alto risparmio dei costi".
Nelle sue dichiarazioni il capo di IGM, Juergen Peters è molto più ipocrita. Lui caratterizza il risultato dell'accordo come "compromesso, che tiene conto in eguale misura degli obiettivi dell'impresa e degli interessi dei lavoratori.

[In realtà compromessa qui è la coscienza e la condizione reale della classe operaia. L'accordo del 4 ottobre lascia innanzitutto senza reddito, in Belgio, 4.000 lavoratrici e lavoratori e, nello stesso tempo, nella RFT, taglia i salari e aumenta la giornata lavorativa per altre migliaia. In tal modo viene logorata la forza politica della classe operaia poiché contrappone sue frazioni nella RFT ad altre in Belgio, invece di tenerle unite o di unirle ancor di più in una lotta comune per non cadere in pericolosi arretramenti e per determinare grandezze della giornata lavorativa e dei salari ripartite equamente. La linea scelta da IGM, come dice un operaio più avanti, fa il gioco dello sciovinismo. Il sindacato nella Rft, IGM compresa, è "compromesso" con l'impresa. Un ampio strato di sindacalisti siede nei Consigli di Vigilanza dell'impresa. Naturalmente qualcuno fra loro sarà pure corrotto per mezzo di bustarelle e altre regalìe. Più importante resta la corruzione politica che essi si incaricano di far penetrare nei luoghi di produzione, contribuendo così a concretizzare i tentativi incessanti di spezzare l'unità in favore della contrapposizione fra frazioni di lavoratrici e lavoratori. In questo senso la famosa "codeterminazione" (Mitbestimmung) in fabbrica e la "collaborazione sociale" coi governi, alla quale si è ispirata la "concertazione" in Italia, su cui da sempre poggiano i rapporti "fra le parti sociali" nella RFT, mostra fino in fondo di essere arnese della borghesia, ndt]

Commenta in proposito la redazione del WSWS: "Sotto la pressione della concorrenza globale e del trasferimento costantemente minacciato dei posti di lavoro nei paesi dove il salario è più a buon mercato, i consigli di fabbrica e i funzionari del sindacato considerano loro compito difendere la "condizione" loro e dell'impresa, agendo in funzione dell'aumento dei tassi di profitto della stessa impresa. Essi si trasformano così in stampella della direzione e di questo vengono copiosamente ricompensati.
La difesa di principio di tutti i posti di lavoro e di tutte le "condizioni" richiede perciò una rottura politica con le concezioni della codeterminazione e la collaborazione sociale. E' necessaria una prospettiva completamente altra. Essa deve venir fuori dal carattere internazionale della produzione moderna. Essa deve prendere le parti per una ridefinizione socialista della società. Gli interessi sociali devono avere la preminenza nei confronti dei saggi di profitto delle imprese.
La lotta contro l'abbattimento dei posti di lavoro e la rapina salariale, richiede la rottura con tutte quelle ideologie che vogliono "conciliare", cioè subordinare, gli interessi di chi lavora a quelli della borghesia, anche se ciò viene avanzato in nome della"nazione", della "partecipazione sociale", della "ragione economica".
In tutto il mondo il capitale non ha più nulla da offrire al di fuori di un maggiore sfruttamento, di miseria crescente e guerra. Soltanto contro e fuori dal limitato quadro di riferimento nazionale, sulla base dell'autorganizzazione proletaria e di una prospettiva internazionalista socialista sarà possibile mettere fine a questo sistema.

Mentre a Wolfsburg [la Torino della VW, ndt] il recente accordo a poco a poco colpisce nei reparti, VW attacca nelle proprie fabbriche sparse in altri paesi europei, peggiorando le condizioni di lavoro e abbattendo posti. Tradizionali fabbriche combattive come quella di Pamplona in Spagna e di Bruxelles-Forest, nel recentissimo passato hanno dovuto soffrire. Il posizionamento dei consigli di fabbrica in Germania è distaccato, sfocia nella rassegnazione. Con la sottoscrizione dell'accordo cui si è accennato, da una parte è stato loro assicurato che le fabbriche in Germania non saranno toccate dalle conseguenze che imperversano altrove, dall'altra gli stessi consigli di fabbrica invitano a riflettere sul fatto che proprio la fabbrica di Wolfsburg [dove VW ha la propria sede centrale, ndt] negli ultimi tempi, riguardo alle condizioni di lavoro, ha dovuto "ingoiare tanto" e per questo "una volta tanto dobbiamo pensare a noi stessi".
Domani un simile mostruoso accordo di compromesso sarà adottato per strapazzare lavoratrici-lavoratori di altre situazioni. Questa concorrenza al ribasso organizzata in intima concordia da sindacati e direzione è una spirale che sprofonda nella miseria. E' evidente che le macchinazioni di un'impresa quale VW, che agisce globalmente, possono essere affrontate soltanto con una strategia internazionale. Invece della co-direzione sindacale è necessaria una lotta di resistenza internazionale. L'isolamento della lotta operaia nel recente passato, nelle fabbriche General Motors, Daimler Chrysler, Siemens o nelle ferrovie ci ha insegnato che la solidarietà e la solidarietà internazionale è un mezzo necessario contro l'impresa capitalistica. Sta a noi mostrare la nostra solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici colpit*. In VW altre migliaia di posti sono minacciati, a Pamplona (Spagna) e Palmela (Portogallo) e presso le imprese fornitrici Meritor e Johnson.

Due delegati di fabbrica della Fedèration Genèral des Travailleurs Belgique (FGTB), Christian Henneuse e Jean Weemaels hanno rilasciato a WSWS una lunga intervista in cui spiegano: "Questa è una fabbrica militante e gli operai verranno subito descritti quali 'terroristi dell'economia'. Nel 1994 abbiamo scioperato un mese per l'introduzione della settimana di 35 ore.
La nostra fabbrica è l'unica in cui non si lavora sotto il sistema-VW, tempo di lavoro-plus-minus. Questo sistema sottomette immediatamente gli operai alla domanda del mercato capitalistico. Siccome noi non lo abbiamo accettato, ce lo vogliono imporre". [Chiaro? ndt]
Entrambi manifestano il timore che VW pianifichi di disfarsi del personale ben organizzato per riavviare successivamente una nuova produzione sotto condizioni peggiori, con forze disorganizzate e operai a tempo determinato. Pochi anni fa alla Ford di Genk le cose sono andate esattamente così.
Gli chiedono del ruolo svolto da IGM. I due compagni raccontano che nei giorni scorsi dalla RFT sono arrivati tre delegati IGM. Provenivano da tre fabbriche diverse, rispettivamente da Braunschwig, Kassel e Salzgitter. "Queste persone ci hanno detto - continuano Christian e Jean - che anche in Germania i lavoratori sono stati posti sotto la minaccia del trasferimento della produzione e che dovranno accettare tagli del salario assieme ad aumenti della produzione".
I sindacalisti IGM hanno promesso di informare i lavoratori in Germania e di mobilitare la base. Hanno fatto solenne promessa di non accettare in nessun caso che a Bruxelles si arrivi a dimissioni condizionate da VW.
"Il messaggio dei delegati IGM - concludono i due compagni - è stato chiaro: in Germania avrebbero negoziato sulle tariffe salariali in misura che nessun'altra fabbrica VW in Europa ne risultasse svantaggiata. Questa è la prima cosa che ci hanno detto". [Ma è anche la prima ipocrisia, come si è visto, ndt]

Dopo che un corteo di operai ha bloccato un importante incrocio, WSWS va sulle porte della fabbrica per raccogliere altri umori.
Racconta Alain Luystermans, da 28 anni lavora in questa fabbrica: "Abbiamo bloccato tutto. Soltanto se siamo solidali potrà cambiare qualcosa. Oggi capita a noi, domani può capitare ad altri. Il grande capitale qui mette in tasca le sovvenzioni e va altrove per incassare anche là. La misura è colma. I politici ne sono egualmente responsabili, in Belgio come in tutta Europa".
La parola passa ad Ibisi Ramadan, un operaio arabo che da 5 anni lavora alla catena di montaggio. Spiega: "La situazione politica attualmente è molto brutta, i disoccupati sono troppi, a questi ora se ne aggiungono altri 4.000. Tanti hanno una famiglia da sfamare. Per il momento i sindacati sono molto attivi, ma non so se questo può bastare. Non ho idea sul come procedere. Esiste il problema del capitalismo".
Sulla porta della fabbrica c'è anche Iesu Manchego, un vecchio operaio spagnolo, ha lavorato quasi 30 anni in VW, oggi è in pensione, ma ha voluto essere vicino alle persone colpite. Informa: "Nel 1972 VW prelevò la fabbrica di Forest, dove già venivano costruiti i suoi maggiolini. Qui arrivarono tanti operai spagnoli fino a quel momento occupati nelle miniere. Era il tempo in chiudevano le grosse miniere. Eravamo giovani e avremmo lavorato ovunque. Per noi lavorare in VW era molto meglio che nelle miniere. Lavorare sottoterra è inumano".
Infine Eddy de Matelaer operaio belga: "Qui siamo colpiti in 4.000 e non c'è nessun altro lavoro. Stiamo qui per difendere i posti di lavoro. Ci hanno fatto tante promesse, ma verranno poi mantenute? In questa fabbrica sono installate buone catene di montaggio - e tuttavia l'intera fabbrica viene praticamente chiusa. Questo fa il gioco degli sciovinisti come Vlaams Belang. Sono gruppi nazionalisti estremi, io sono loro completamente contro.
Il capitale agisce in dimensione internazionale, ci gioca per ottenere altri risultati. Appena si è diffusa la notizia dei licenziamenti le azioni VW sono schizzate verso l'alto.
In Germania l'IGM è sicuramente molto forte: è un sindacato di unità, mentre noi qui siamo organizzati in tre diversi sindacati. I tre delegati IGM venuti qui ci hanno detto che l'errore non è loro. Adesso aspettiamo un segnale positivo dalla Germania per difendere assieme i posti di lavoro. Speriamo in questo".

(Resoconto su Indymedia redatto il 2 dicembre 2006)

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