21/12/2006: RESOCONTO DELL’INCONTRO DI SABATO 16/12/2006 A ROMA su carcere, isolamento, 41 bis
Nell’incontro di sabato è stata distribuita e discussa la bozza di documento qui sotto riportata. Sono state apportate alcune modifiche sulla base delle riflessioni emerse durante il confronto.
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Bozza di proposta
L’esposizione che segue crediamo rappresenti il punto di convergenza, rispetto all’analisi e alla proposta di lotta, che abbiamo maturato e verificato negli ultimi quattro mesi di incontri con diverse realtà, molte delle quali presenti qui oggi. Da questa traccia, dovremo definire le tappe successive che noi vediamo così:
• precisare gli obiettivi generali immediati del percorso di lotta e di sensibilizzazione contro l’isolamento carcerario e le sue relative forme quali l’Alta Sicurezza (AS), l’Elevato Indice di Vigilanza (EIV) e il 41 bis;
• verificare l’assunzione di responsabilità collettiva rispetto alle finalità di questo percorso;
• definire le caratteristiche e le finalità di un’assemblea generale da costruire e promuovere collettivamente, il cui compito immediato sarà, tra l’altro, quello di determinare tempi e modi di una prima scadenza di mobilitazione che si concretizzerà sotto il carcere dell’Aquila.
Uno degli obiettivi del percorso comune intrapreso è quello di estendere la sensibilizzazione rispetto alle pratiche adottate dallo stato in questa fase, miranti a disinnescare preventivamente l’enorme potenziale di conflittualità proletaria. Il tentativo è quello di isolare chi viene colpito dal contesto di lotta dal quale proviene e, con ciò, di isolare gli stessi ambiti di lotta dal tessuto sociale in cui sono inseriti.
Attraverso questi meccanismi tentano di giustificare e far passare come normalità la repressione, la carcerizzazione, l’isolamento di sempre più numerosi compagni e compagne, militanti politici e sociali, autoctoni o migranti. Una persecuzione decretata a livello di esecutivo e in cui i meccanismi giudiziari giocano un ruolo sempre più integrato con l’opera di criminalizzazione condotta dai media.
Di fronte a questa strategia di controrivoluzione, condivisa e coordinata a livello europeo e in stretta sintonia con gli USA, assistiamo ad un rapido restringimento degli spazi di agibilità politica, dovuto in gran parte alla difficoltà di comprendere ed affrontare la realtà attuale, segnata profondamente, anche sul fronte interno, dalla guerra imperialista.
In tale contesto, la lotta contro la repressione e il carcere può assumere una valenza generale se riesce a svilupparsi non soltanto come attività specifica e “settoriale” ma anche trasversalmente agli ambiti di lotta e di resistenza sociali. Va messo in evidenza come l’isolamento e la differenziazione non siano semplicemente le conseguenze riflesse della repressione condotta dallo stato ma ne costituiscono gli elementi prioritari miranti a colpire l’identità politica e a produrre dissociazione e desolidarizzazione sull’intera classe.
Centri di Permanenza Temporanea (CPT), Alta Sorveglianza (AS), Elevato Indice di Vigilanza (EIV), 41 bis al pari delle celle di punizione esistenti in ogni carcere, sono nomi diversi che affermano il medesimo contenuto: annientare l'identità politica, la coscienza di classe, la forza comunicativa antagonista, la capacità di unire e dar forza collettiva ai prigionieri di un carcere intero o anche di una sola sua sezione. I diversi anelli di questa catena hanno in sé il compito di differenziare, e così dividere e indebolire, la popolazione carceraria. Essi al contempo agiscono, in chiave intimidatoria, anche all’esterno e mirano a favorire posizioni desolidarizzanti che si identifichino con le istituzioni o comunque di equidistanza.
Il grado più o meno accentuato dell’isolamento e della differenziazione, dipende dai rapporti di forza e dall’andamento della lotta di classe. Perciò, oggi che tutto ciò è sfavorevole al proletariato, assistiamo al fatto che compagn* condannat* per "reati", per i quali un tempo si veniva bloccati in un grande giudiziario o in un ancor più “tranquillo” penale, da alcuni anni vengono portati, immediatamente dopo l'arresto, nelle sezioni differenziate, addirittura nelle sezioni in cui impera il 41 bis.
Ci sono celle di punizione in un qualsiasi grande giudiziario, in cui le condizioni di vita sono senz'altro meno umane, più misere e lerce di quelle presenti in tante sezioni del 41 bis. La differenza specifica fra il regime del 41 bis e ogni altro non è determinata dall'eventuale differenze nella durata delle ore d'aria, nella quantità di cose che è possibile tenere in cella ma piuttosto dall'attacco alla comunicazione, al rapporto fra chi è in carcere e la classe. Ci riferiamo in particolare al processo che si svolge attraverso la “videoconferenza” e al vetro divisorio elevato nei colloqui con i famigliari.
Per assunzione di responsabilità collettiva vogliamo soprattutto affermare che non deve essere un singolo gruppo a promuovere il percorso di lotta che siamo qui a definire e nemmeno la sommatoria dei gruppi ma dovrà essere un ambito collettivo in cui siano presenti tutte le tensioni, le posizioni e le sensibilità oggi qui presenti e non solo.
Un ambito di rilievo nazionale non può assolvere agli stessi compiti di una realtà territoriale e viceversa. Tale ambito, presupposti gli obiettivi comuni che ci stiamo dando, deve sapere raccogliere la ricchezza espressa all’interno delle dimensioni locali, per far si che queste si esprimano su proposte di lavoro pratiche e condivise.
Crediamo che il percorso intrapreso, di cui l’assemblea generale sarà il suo primo passo, dovrebbe tendere ad assumere un carattere quantomeno europeo.
Si pensava di suddividere l’assemblea in due momenti.
Il primo avrebbe il compito di sviluppare quei temi che, durante il confronto dei mesi scorsi, sono emersi con maggior forza, chiarezza e condivisione. Il secondo dovrebbe concretizzare la proposta di mobilitazione sotto il carcere dell’Aquila.
Lo sviluppo dei temi noi lo vediamo articolato su contributi che definiscano dei possibili terreni di approfondimento e di lotta collettivi; in particolare:
• quando diciamo isolamento e annientamento non diciamo nulla di nuovo: dalle “gabbie di tigri” utilizzate dagli yankee in Vietnam a quelle che utilizzano oggi a Guantanamo; dalle celle di privazione sensoriale nella Repubblica Federale Tedesca, al regime FIES in Spagna, alle sezioni di “tipo F” in Turchia; dall’articolo 90, per rimanere in Italia, ai “braccetti della morte”, passando per la “detenzione amministrativa”, fino al 41 bis.
Vogliamo mettere in evidenza i nessi che legano, nel tempo e nello spazio, le strategie di annientamento, isolamento e differenziazione impiegate dagli stati imperialisti. Questi nessi rendono possibile, ancor più che in passato, una lotta condivisa su un piano internazionale da contrapporre alla stretta unità trovata dagli stati imperialisti rispetto alle pratiche di controrivoluzione preventiva e di guerra;
• uno dei primi momenti della lotta contro l’isolamento è data dal rapporto tra i prigionieri e i loro familiari in quanto essi sono i primi che possono entrare immediatamente in contatto con i prigionieri e con il carcere e di conseguenza si trovano a doversi orientare e scontrare nella selva di prepotenze, umiliazioni e torture che anche ai familiari il carcere riserva. Sviluppare la solidarietà e il sostegno verso i familiari è il primo e necessario passo da compiere.
Del resto, il rapporto fra prigionieri, familiari e movimento che li sostiene è sempre esistito ed ha risentito degli alti e bassi della lotta di classe in generale. Questo vuol dire che per esempio negli anni ’70 e ’80 vi era una forte organizzazione cosciente dei familiari dei prigionieri, interna al movimento delle lotte di fabbrica, di quartiere e studentesche, in connessione anche con gli avvocati (al tempo esisteva il Soccorso Rosso e varie associazioni di familiari). Noi sosteniamo che questa storia, che è nostra, deve essere socializzata per capire come oggi possiamo ricostruire un rapporto stabile con i familiari, favorendo le relazioni fra loro e il movimento di lotta generale, per rendere più concreta la lotta contro l’isolamento e il carcere;
• oggi nelle carceri e nelle aule del tribunale vi sono decine di compagni/e, provenienti dall’interno del tessuto delle lotte e fra le migliaia di altri prigionieri vi sono coloro che esprimono quotidianamente un rapporto di rottura con il carcere e che si trovano a dover affrontare i processi. Negli ultimi anni abbiamo potuto riscontrare le difficoltà che i prigionieri hanno nelle aule giudiziarie. Difficoltà che possono essere ricondotte all’assenza di una strategia collettiva di rottura nel processo da opporre, non tanto alle singole accuse relative agli specifici “reati”, quanto piuttosto alla differenziazione fondata sulla individualizzazione, sulle premialità che sono gli obiettivi prioritari perseguiti dallo stato anche nelle aule giudiziarie. Su questo abbiamo tutti molto da imparare, per esempio, dalla pratica di lotta attuata dal movimento dei prigionieri nelle aule giudiziarie nei decenni passati. Anche su questo punto c’è una vasta letteratura, espressione diretta delle lotte e della teoria di quegli anni, della quale dobbiamo semplicemente riappropriarci;
• rompere l’isolamento significa anche conoscere e socializzare quanto avviene nelle aule giudiziarie a partire dalle inchieste, per contrapporvisi in modo cosciente, incisivo ed ampio, per rafforzare l’espressione dell’identità antagonista e di classe degli “imputati”, per praticare, anche nel processo, un atteggiamento conseguente al proprio essere sociale e politico.
A questo proposito, ci troviamo oggi di fronte ad una forma processuale che cancella fisicamente la presenza dell’“imputato”. Con il “processo in videoconferenza” o “a distanza”, si manifesta infatti fino in fondo la crisi in cui versa la borghesia. La sua democrazia, esportata in tutto il mondo, si dimostra un vuoto simulacro che sempre più affannosamente nasconde il suo vero contenuto, quello di essere una dittatura di classe. Senza affrontare questo salto compiuto dallo stato si rimane preda delle strategie di differenziazione con tutto ciò che questo comporta.
Milano, 15/12/2006
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L’assemblea ha condiviso le considerazioni e le proposte contenute nella bozza, assumendole come indicazioni per i passaggi successivi; in particolare è stato deciso:
• di costruire e promuovere un’assemblea generale sulle tematiche e con le caratteristiche espresse nella bozza di proposta, per domenica 18 febbraio 2007 a Roma, in sede da definire, che avrà inoltre il compito di definire le modalità e la data della manifestazione sotto il carcere dell’Aquila;
• un incontro preparatorio – sabato 13 gennaio 2006 presso lo spazio in via Passino 20 a Roma, alle ore 13:30 – con lo scopo di preparare un appello di convocazione per l’assemblea del 18/02.
Milano, 21 dicembre 2006
olga2005@autistici.org
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