18/12/2006: Intervento di un compagno del comitato promotore dela campagna contro l'art. 270 al symposium di Atene contro l'isolamento
In tutte le occasioni in cui a livello internazionale abbiamo avuto modo di scambiarci informazioni, noi, come tutti voi, abbiamo potuto verificare come il quadro repressivo e di prevenzione del dissenso radicale, che si è andato costruendo a livello europeo e internazionale, e di cui stiamo parlando da diversi anni, sia ormai operativo. Un quadro fondato sulla creazione delle “liste nere” del “terrorismo” e su legislazioni nazionali coordinate a livello UE e internazionale nel contesto del clima, creato ad arte dai media di regime, di "guerra al terrorismo".
Attraverso questi meccanismi si tenta di giustificare e far passare come normalità la persecuzione, la carcerizzazione, l’isolamento di sempre più numerosi militanti radicali, soggetti politici, attori sociali autoctoni o migranti. Una persecuzione che viene spesso decretata a livello di esecutivo e in cui i meccanismi giudiziari giocano un ruolo via via più subalterno.
Nelle varie situazioni e lotte nell'UE sempre più compagni e potenziali antagonisti del sistema imperialista stanno subendo questo livello di repressione. Il tentativo in atto è quello di isolare chi ne viene colpito dal contesto di lotta da cui proviene; e attraverso a ciò di isolare gli stessi contesti di lotta dal tessuto sociale in cui sono inseriti, depotenziandoli attraverso la criminalizzazione.
All’atto pratico questa situazione si traduce nella rapida abolizione delle più elementari libertà individuali e collettive, con un forte attacco in particolare al diritto di associazione e di espressione; Una situazione che sempre più realtà subiscono ultimamente, dopo che già da alcuni anni questo assetto è in corso di sperimentazione in particolari contesti. Primo fra tutti, il conflitto in corso nel Paese Basco, dove la semplice affermazione di un concetto basico come il diritto all’autodeterminazione è sufficiente a illegalizzare le organizzazioni che lo difendono e procurare ai militanti delle stesse l’accusa di terrorismo.
Attualmente in tutta Europa proprio il crescente numero di processi politici con analoghe modalità, l'acuirsi delle politiche di carcerizzazione, l'inasprimento del trattamento carcerario per i prigionieri politici, ci danno il polso di come questo assetto sia operativo e in sviluppo; di come si appesantisca sempre più con l'esecutivizzazione crescente della repressione, riinvestendo continuamente la sperimentazione repressiva condotta in questi anni.
Per quanto riguarda l’ultimo periodo ci sono alcune vicende che ci paiono emblematiche in questo senso, e che evidenziano il grande livello di collaborazione degli apparati repressivi a livello internazionale:
Il processo per “terrorismo” costruito in Italia con la collaborazione della polizia olandese e turca, contro i compagni turchi Zeynep Kilic e Avni Er, senza alcuna accusa specifica, e che vede i due compagni incarcerati ormai da lungo tempo.
Il processo contro diversi militanti turchi costruito in Belgio con l’applicazione per la prima volta della nuova legislazione “antiterrorismo”, mutuata dalle direttive della Commissione Europea.
In particolare la vicenda repressiva di Bahar Kimyongür, che risulta emblematica di come il nodo centrale della legislazione europea cosiddetta “antiterrorismo” sia costituito dalla criminalizzazione dell’identità politica dei militanti radicali, e non assolutamente dalla criminalizzazione di “reati”, che non vengono nemmeno individuati.
L’operazione "Arcadia", condotta in Sardegna dallo stato italiano contro l’organizzazione indipendentista sarda "a Manca pro Indipendentzia"; un’operazione politica in grande stile, che ha portato in carcere dallo scorso luglio, accusati di terrorismo, 9 compagni che conducono attività e lotte pubbliche e riconosciute. In risposta a questa campagna di criminalizzazione in Sardegna vi è stata un'ampia mobilitazione, e sono arrivati diversi attestati di solidarietà anche a livello internazionale.
L’accanimento giudiziario contro il militante basco Iñaki de Juana, condannato lo scorso ottobre per terrorismo a 12 anni di carcere, per due articoli di opinione pubblicati su un quotidiano basco. Iñaki doveva uscire dal carcere nell’ottobre 2004 dopo aver compiuto una condanna a 18 anni, ma pur di mantenerlo in carcere è stata creata questa montatura giudiziaria, contro cui è attualmente in sciopero della fame indefinito.
E’ con costanza che lo stato spagnolo impedisce con espedienti giuridici di vario genere ai prigionieri baschi che hanno terminato di scontare una condanna l’uscita dal carcere. Attualmente sono 12 quelli in carcere dopo la fine della pena.
In diversi stati questo è ora l’orientamento vigente, e ai prigionieri politici che non disconoscono la propria identià, ridotti a ostaggi senza alcuna garanzia, la libertà viene negata a prescindere dalla condanna.
L’inasprimento delle già dure condizioni di isolamento per i prigionieri politici in Italia, con l’applicazione dell’articolo 41 bis, creato per i mafiosi e poi esteso ai prigionieri politici. Contro questo articolo in Italia si sta provando ad avviare una campagna di informazione e lotta.
La creazione e il mantenimento delle carceri “tipo F” in Turchia, che adegua il sistema carcerario locale agli standard europei e internazionali. Con la totale copertura dell’UE alla politica di sterminio dei prigionieri politici, e dei solidali, in death fast da oltre 6 anni contro queste celle d’isolamento “tipo F”.
In tutta l’UE inoltre i mirganti sperimentano in maniera particolarmente dura questo assetto repressivo, venendo colpiti con legislazioni su misura che tendono contemporaneamente a ridurli nelle peggiori condizioni di sfruttamento; a disgregarli ed eluderne la potenziale resistenza a questo livello di sfruttamento; a impedire un’integrazione fra di chi fugge dalle guerre che l’occidente esporta per il mondo, e chi in occidente tenta di costruire momenti di resistenza a queste politiche di guerra e allo sfruttamento sul lavoro.
Se da un lato abbiamo sempre più occasioni di verificare il livello di integrazione internazionale della repressione, dall’altro ci pare che le relazioni fra le varie situazioni di lotta a livello internazionale stiano cominciando a dare qualche minimo frutto, con la costruzione in varie realtà europee di momenti di solidarietà e informazione rispetto ai compagni che subiscono l'attacco repressivo in tutta l'UE.
Citavamo prima la solidarietà ai compagni sardi di “a Manca pro s’Indipendentzia”, ma pensiamo anche alle iniziative in solidarietà con Bahar in vari paesi, o ai presìdi per Zeynep e Avni al processo in Italia… .
E crediamo che proprio questa sia la strada da percorrere, rendendosi conto che non vi è alcuna possibilità di incidere solo localmente su dei processi repressivi, e di esecutivizzazione della repressione, che sono decisi e coordinati da strutture sovranazionali, esecutive, e talvolta al di fuori dello stesso controllo dei parlamenti nazionali ma anche del parlamento UE.
Da questo punto di vista come Comitato Promotore della “Campagna Nazionale Contro l’Articolo 270 e i Reati Associativi”,abbiamo nei mesi scorsi concluso la Campagna; questa ha raggiunto alcuni degli obiettivi prefissati, denunciando efficacemente come le accuse di terrorismo mosse a chi lotta, altro non siano che il tentativo di criminalizzare lotte legittime.
Attualmente, stiamo avviando tre gruppi di lavoro riguardo a:
- riedizione del Manuale di Autodifesa Legale, pubblicato durante la campagna e già esaurito, ed edizione di un manuale in arabo, con una sezione specifica sulla legislazione anti-immigrazione;
- repressione nei luoghi di lavoro;
- repressione a livello internazionale.
Proprio riguardo a questo nostro lavoro pensiamo sia fondamentale consolidare dei rapporti quanto più possibile stabili e continuativi con le situazioni di lotta a livello internazionale.
Riteniamo importante avviare un ragionamento assieme a tutte le situazioni internazionali interessate, su come andare oltre a un livello di iniziativa internazionale sporadico, come abbiamo garantito in questi anni; ponendoci l'obiettivo di individuare assieme quali possono essere i passi comuni per costruire una continuità nel lavoro politico internazionale contro la repressione e in difesa delle libertà di associazione e di espressione.
Comitato Promotore della Campagna contro l'art. 270 e tutti i reati associativi
http://www4.autistici.org/reati_associativi/
http://www.autprol.org/