30/11/2006: I compagni dell'area programmatica Progetto Comunista escono dal PRC
Fin dalla sua nascita, il Partito della Rifondazione Comunista ha rappresentato una speranza e un'opportunità per tutti coloro che ritenevano ancora attuale e necessaria l'esistenza di un soggetto politico comunista in Italia. Per questa ragione, pur con tanti "se" e con tantissimi "ma", abbiamo sempre dato il nostro contributo alla costruzione del Prc.
Da sempre ci siamo battuti all'interno del partito contro la politica del gruppo dirigente, che di congresso in congresso diveniva sempre più subalterna al Centro-Sinistra e sempre più lontana dai compiti e dagli obiettivi di una vera Rifondazione Comunista. Per queste ragioni, nel 1997 abbiamo dato vita ad un Area Programmatica (Progetto Comunista), con l'intento di fermare le derive governiste ed istituzionaliste, ma anche con la convinzione che il Prc, nonostante tutto, continuava ad essere il pricipale punto di riferimento nel nostro paese per migliaia di lavoratori e di sinceri comunisti.
Oggi quel punto di riferimento viene inequivocabilmente a mancare
Quella Rifondazione nata in opposizione alla Bolognina di Occhetto al fine di preservare, seppur con innumerevoli contraddizioni, la storia e il patrimonio del movimento operaio e comunista, non esiste più.
Così come non esiste più quel partito che quasi dieci anni fà ebbe il coraggio di prendere le distanze e rompere col primo governo Prodi, pagando il prezzo di una scissione, ma al contempo suscitando una nuova ondata di entusiasmo ed orgoglio nel suo corpo militante, fiero di appartenere ad un partito che non abbassava la testa di fronte a un centrosinistra che già allora si dimostrava pienamente organico al grande capitale e ai poteri forti dell'economia italiana ed europea.
Dopo dieci anni, il centrosinistra si ripresenta al governo con gli stessi obiettivi (difesa dei privilegi della classe dominante), la stessa strategia (puntare ad ammortizzare il conflitto cooptando nel quadro delle riforme tutte le principali organizzazioni politiche e sindacali di sinistra), e gli stessi strumenti (tagli allo stato sociale, privatizzazioni, precarietà del lavoro, aggressioni militari, il tutto nel rispetto ossequioso dei dogmi dell'imperialismo europeo).
Ad essere radicalmente cambiato è invece il Prc, il quale oggi è non solo alleato, bensì parte integrante del governo dell'Unione, al punto di divenire principale sponsor politico di Romano Prodi.
Con il VI Congresso la deriva governista è stata portata a termine: ne hanno fatto le spese i riferimenti ideali, i valori, la storia, e finanche la stessa composizione di classe del partito, il quale diviene ogni giorno di più terreno di conquista di burocrati ed arrivisti senza scrupoli, che nulla hanno mai avuto a che fare con il movimento comunista, e allo stesso tempo sempre più distante dai lavoratori e da chi è sfruttato; il conflitto capitale- lavoro è stato del tutto estirpato dal Dna del partito, e sostituito con un vago progressismo da salotto. Analoga fine è stata riservata ai valori della resistenza e dell'antimperialismo, sostituiti con i dogmi cristiani della nonviolenza e di uno sterile ed ipocrita pacifismo senza pace.
Questa vera e propria mutazione genetica, riconosciuta come tale finanche dai giornali borghesi, ha trovato il suo coronamento nella Sinistra Europea, un soggetto politico leggero e di opinione, un comitato elettorale permanente, divorato da scontri di potere tra lobby di interessi estranei alle lotte e ai movimenti, e nel quale di fatto si scioglie quel che resta del Prc.
I primi a farne le spese sono stati i circoli di base, gran parte dei quali sono oramai abbandonati a loro stessi, delegittimati e privati delle loro prerogative, e quindi avviati ad una lenta ed inesorabile estinzione. La presenza militante sui territori, da sempre fiore all'occhiello della sinistra di classe, nel Prc- SE si è trasformata in uso clientelare dei territori ad opera di un'esercito di amministratori e assessori locali tanto spregiudicati nelle manovre di palazzo quanto incapaci di spostare a sinistra gli orientamenti delle giunte locali.
Il PRC in questi mesi ha scelto di imboccare una via che è senza ritorno: divenire l'appendice subalterna di DS, Margherita e Mastella vari, collocandosi programmaticamente fuori e contro la storia del movimento operaio e comunista. I compagni più combattivi vengono ridotti al silenzio o emarginati, prorpio nel mentre si aprono le porte e si accolgono in pompa magna rottami di ceto politico in libera uscita dai DS.
La condotta del PRC-SE di questi primi mesi di governo ci lascia esterrefatti: prima il voto a favore del Dpef, poi lo scandaloso sostegno alla guerra imperialista in Afghanistan, quindi l'appoggio all'invio di un contingente italiano in Libano, ora infine il si incondizionato a una finanziaria di nuovi tagli e nuova precarietà.
Una legge di bilancio che prevede tagli indiscriminati a sanità, enti locali, università, ricerca, pubblica amministrazione, previdenza, ecc., non è e non sarà mai una finanziaria "di sinistra". Se si dice ciò si mente, sapendo di mentire. Una manovra di tagli alle spese sociali, così come una missione di guerra, sarà sempre funzionale al profitto e ai padroni, e contro i lavoratori, a prescindere da chi la vota.
Chi, come il Prc-SE, appoggia simili provvedimenti, non solo non può dirsi comunista, ma mette in dubbio finanche il suo essere genericamente "di sinistra".
Giunge così a compimento quella che già in tempi non sospetti avevamo definito la Bolognina di Rifondazione.
Per oltre dieci anni abbiamo lottatto per orientare Rifondazione come forza autonoma dal centro-sinistra liberale. Solo pochi mesi orsono abbiamo preso parte alla conferenza nazionale dei Giovani Comunisti presentando un nostro documento congressuale (“Giovani Comunisti: il cuore dell’Opposizione”), nella speranza che almeno l’organizzazione giovanile fosse ancora un minimo estranea all’arrivismo e al burocratismo imperante nel partito adulto: abbiamo al contrario avuto in quella sede l’ennesima dimostrazione di come il Prc sia oramai un’organizzazione irriformabile a tutti i livelli. Il relativo successo del nostro documento (3,1% a livello nazionale partendo da zero, 5% circa nel centro-sud, 12,5% a Napoli) ci è di magra consolazione. La vittoria della maggioranza alla conferenza nazionale GC con percentuali ancora più alte di quelle del VI congresso nazionale ci induce a prendere atto del carattere definitivo ed irreversibile della svolta governista.
Alla luce di ciò, ci sembra evidente come la nostra storia e le nostre idee di trasformazione rivoluzionaria dell'esistente si rivelino del tutto incompatibili con un siffatto soggetto politico.
Siamo fortemente convinti che in Italia ci sia una sempre più urgente necessità di dar vita ad una forza comunista e di opposizione, che dia voce al malessere sociale di milioni di lavoratori e di sfruttati, di coloro che vivono sulla loro pelle, quotidianamente, gli effetti delle politiche di fame e miseria imposte dal sistema di produzione capitalistico per salvaguardare la mole sempre più ingente dei profitti finiti nelle tasche dei padroni.
Siamo fortemente convinti che il capitalismo del nuovo secolo, pur mutando aspetto e caratteristiche del modo di produzione, continua a fondarsi sulla schiavitù del lavoro salariato, alimentando forme sempre più acute di precarietà, miseria e barbarie. Per questo riteniamo che la classe lavoratrice, e in primo luogo gli operai, siano ancora il fulcro di ogni contraddizione di oggi e il motore di ogni processo di trasformazione reale.
Finchè ci sarà anche un solo capitalista, il suo principale oppositore sarà la classe operaia. Finchè esisterà una classe oppressa, ci sarà bisogno di un partito comunista che la rappresenti con coraggio e coerenza: ed è in questa prospettiva che continueremo a militare e a lottare.
In questi mesi abbiamo aperto un confronto orizzontale con tutti i compagni che negli anni hanno condiviso il nostro percorso e le nostre battaglie.
Tale percorso ha avuto come suo approdo l’Assemblea nazionale della nostra Area dello scorso 11 novembre, cui hanno preso parte circa un centinaio di attivisti e simpatizzanti da tutta Italia, e da cui è emersa all’unanimità la consapevolezza di non poter più rimanere nel PRC-SE, e la necessità di dotarci fin da ora di una forma organizzativa ad esso autonoma, un’associazione nazionale avente come suo scopo quello della riunificazione di tutti i comunisti senza partito che come noi non intendono “morire democristiani”: tale associazione si chiamerà (e non a caso) UNITA’ COMUNISTA.
Pertanto, con rammarico ma allo stesso tempo in maniera convinta ed irrevocabile, ci dichiariamo fin da ora estranei al nuovo soggetto politico, che nulla ha a che vedere con quell'idea di Rifondazione Comunista che ci spinse a fondare e a costruire il Prc non senza duri sacrifici, e quindi non rinnoveremo la nostra iscrizione al Prc-Sinistra Europea.
A tale lettera hanno già aderito 120 compagni della federazione di Napoli da diversi circoli: in primo luogo Porto, S.Giuseppe-Porto, Università, Torre Annunziata, S.Giorgio, Qualiano, Vomero, Pozzuoli, Ansaldo..
Numerose altre adesioni ci stanno pervenendo da altri circoli e altre regioni d’Italia.
Promotori:
Peppe D’Alesio (Coordinamento Nazionale GC, CPF Napoli, segretario circolo Università)
Igor Papaleo (CPR Campania, Coord. Regionale GC, segretario circolo S.Giuseppe-Porto)
Peppe Raiola (CPR Campania, segretario circolo Torre Annunziata)
Luigi Izzo (Direzione Provinciale Prc Napoli, CPF Napoli, segretario circolo Porto)
Nadia Palumbo (CPF Napoli)
Peppe Iannaccone (CPF Napoli)
Salvatore Ferraro (Comitato Politico Regionale- Campania)
Adele Fenizia (Coordinamento Provinciale GC Napoli)
Fabio Cristiano (Coordinamento Provinciale GC Napoli)
Fabio Barone (Coordinamento Provinciale GC Napoli)
Stefania Diliddo (Coordinamento Provinciale GC Napoli)
Dario Calzavara (direttivo circolo Ansaldo)
Antonio Pellilli (direttivo circolo Pozzuoli)
http://www.autprol.org/