16/09/2006: LIBANO, PALESTINA, IRAQ, IRAN, SIRIA E KURDISTAN: l'aggressione dell'imperialismo Usa-Israele per ridisegnare un nuovo Medio Oriente
IL PROGETTO DI DOMINIO PER RIMODELLARE IL NUOVO MEDIO ORIENTE
Israele, con il sostegno del governo USA, ha aggredito il Libano usando come pretesto il rapimento di due militari israeliani da parte degli Hezbollah.
Questa operazione, occorre ricordarlo, è avvenuta solo dopo che Israele aveva invaso la striscia di Gaza, provocando distruzione, miseria e morte, ed ha oscurato per oltre un mese la tragedia vissuta dal popolo palestinese nei territori occupati.
Gli obiettivi politici perseguiti dagli Usa e Israele con l'aggressione allo stato libanese si possono così sintetizzare: per realizzare la loro strategia di espansione e sviluppo dell'imperialismo hanno la necessità di ridisegnare la mappa politica e geografica del "nuovo Medio Oriente", con l'obiettivo di rafforzare il proprio dominio su questa area di importanza basilare per gli equilibri del mondo. Per raggiungere questo obiettivo oltre alla normalizzazione di Libano e Palestina, è prevista l'aggressione e
l'invasione della Siria e dell'Iran, se questi paesi non rinunceranno alle loro politiche di indipendenza, e la soluzione finale dell'annosa questione curda in Turchia e non solo. E' bene ricordare che il movimento di resistenza curdo in Turchia, egemonizzato dal PKK di Oçalan, ha ripreso la lotta armata, interrompendo nel luglio 2004 la tregua unilaterale che durava da 5 anni, a seguito dell'accresciuta repressione da parte del
governo reazionario turco e del suo esercito.
La ripresa della lotta di resistenza armata della guerriglia curda nell'est della Turchia costituisce un ulteriore problema non solo per il governo turco, ma per tutte le forze imperialiste che hanno interessi in quella zona. Infatti proprio in una parte dei territori abitati dai curdi vicino a Kars, capitale dell'Armenia turca, stanno costruendo uno dei più lunghi gasdotti del mondo che dalle regioni dell'Asia centrale arriverà in
Medio Oriente e servirà anche lo stato d'Israele. La questione curda è destinata,
quindi, a diventare entro breve un problema non solo per la Turchia, ma anche per i suoi alleati USA e Israele, dato che per realizzare i loro progetti non sarebbe tollerabile il permanere di un ulteriore conflitto armato in una zona d'importanza strategica per l'economia imperialista. Gli Stati Uniti e i suoi alleati in questa area geografica (Israele, Turchia e paesi arabi moderati) non possono ammettere interferenze sul controllo
delle risorse energetiche, degli oleodotti e dei gasdotti in Medio Oriente e nelle
regioni dal Mar Caspio (leggi petrolio, ma anche acqua sul confine fra Turchia, Siria, Iraq ed Iran). Per questi ed altri motivi storici, la repressione contro la lotta di liberazione dei curdi di Turchia è destinata presto ad essere posta al centro delle prossime azioni di repressione imperialista.
In sostanza l'aggressione al Libano e la guerra preventiva in Afghanistan e Iraq costituiscono un modello operativo che l'imperialismo USA e lo stato d'Israele intendono praticare in questa area ed estendere a tutto il mondo (almeno nelle loro intenzioni).
Israele e USA, però, hanno fatto i conti senza l'oste. Infatti Israele, per la prima volta dalla sua nascita come stato indipendente, non è riuscito a prevalere in Libano né sul piano militare né su quello politico, ed ha dovuto accettare-subire il "cessate il fuoco" ed il conseguente intervento della "missione ONU". La resistenza libanese, organizzata dagli Hezbollah, ha di fatto impedito l'occupazione costante del territorio, grazie anche alla esplicita solidarietà che la popolazione civile ha manifestato nei
confronti degli Hezbollah. È bene ricordare che gli Hezbollah sono un partito militante in cui convivono combattenti islamici sciiti e cristiani che costituiscono rispettivamente il 40% e il 20% della popolazione e che, inoltre, ha partecipato alle ultime elezioni politiche del 2005 conquistando il 10% dei seggi (14 su 128) ed il gruppo parlamentare a cui aderisce insieme ad altre formazioni, il Gruppo Resistenza e Sviluppo, ha il 27,3% dei seggi. Questa simbiosi fra Resistenza e popolazione ha fatto fallire uno
dei piani su cui si sarebbe dovuto fondare il successo dell'aggressione israeliana: la ribellione e la dissociazione della popolazione dalla Resistenza armata. Insomma il solito copione degli USA e dei suoi alleati non ha funzionato in Libano, così come sta fallendo in Afghanistan, in Iraq ed altrove.
Il governo USA e quello israeliano stanno cercando da almeno due anni di provocare la guerra civile in Libano senza riuscirci (vedi la strumentalizzazione e manipolazione della morte dell'ex primo ministro Hariri).Hanno sottovalutato il ruolo e la forza di Hezbollah nonostante che sia il partito di maggioranza relativa nel parlamento democraticamente eletto. In sostanza la politica di aggressione imperialista in Libano ha subìto una battuta d'arresto e ha prodotto risultati opposti rispetto a quelli che Israele e USA si aspettavano: l'immagine di invincibilità e di efficienza dello stato e dell'esercito israeliano è stata minata dall'imprevista e incalcolata capacità difensiva e offensiva del movimento di Resistenza libanese. Quest'ultima con i suoi successi si è
rafforzata ed ha ottenuto un maggior radicamento sociale, rendendo nello stesso tempo più
evidenti i limiti e le contraddizioni dell'imperialismo. La popolazione libanese ha pagato con sangue, morte e distruzione la criminale aggressione sionista, ma ha anche dimostrato che con il movimento di Resistenza è stato possibile contenere le politiche di aggressione di Israele e USA che hanno agito coperti dal silenzio complice ed ipocrita dei paesi arabi moderati (Egitto, Arabia Saudita, Giordania ecc.) e dell'Unione Europea.
In questo contesto le principali potenze imperialiste, pur essendo in competizione fra loro per il controllo del mercato mondiale e delle risorse energetiche, sono riuscite a trovare un'unità d'intenti, sottoscrivendo unanimemente la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 1701, con cui si decideva l'intervento di caschi blu sul confine
israelo-libanese.
Questa soluzione si è imposta come inevitabile per aiutare Israele ad uscire da una situazione di "impasse" militare e politica, in una fase in cui per lo stato sionista non è più sufficiente il prevalere sul piano militare, ma si renderebbe necessaria la creazione di una specie di "area di sicurezza" formata dai territori al suo confine, al fine di perpetuare con maggiore agilità il suo ruolo di gendarme dell'imperialismo e di invasore dei territori palestinesi. L'impossibilità di raggiungere questo obiettivo,
almeno in tempi brevi, ha costretto il governo israeliano a subire l'internazionalizzazione del conflitto libanese. Se Tsahal non avesse subito una pesante battuta d'arresto sul piano militare, il governo israeliano non avrebbe mai accettato la presenza delle truppe ONU, come è dimostrato dalla sua storia in questi 60 anni. Attualmente questa "cintura di sicurezza" sarebbe assicurata dalla presenza dei caschi blu che hanno di fatto il compito di difendere Israele e garantire la prosecuzione della sua politica.
La risoluzione dell'ONU, voluta e sottoscritta sia dagli USA che dalla Francia, va nel senso di rinsaldare l'alleanza USA-Unione Europea e, di fatto, rende insignificanti le contraddizioni tattiche tra i due imperialismi in questa area. Questa impresa militare viene truffaldinamente presentata come "missione di pace". In realtà gli europei vanno in Libano perché hanno l'avallo USA e non per evitare che questi ultimi ci vadano.
In sostanza le truppe dell'ONU e i governi occidentali sono tutti concordi sulla necessità di ridisegnare un nuovo Medio Oriente, risanato dai "terroristi" (cioè dai resistenti che rappresentano il comun sentire della maggioranza delle popolazioni) e bonificato da chiunque si opponga alle politiche di aggressione imperialista. E' bene ricordare che la risoluzione ONU n. 1701 non prevede sanzioni contro Israele (che è lo stato aggressore), con ciò attribuendo di fatto la responsabilità dello scoppio del
conflitto agli Hezbollah.
LA POLITICA INTERVENTISTA DEL GOVERNO ITALIANO, IL SERVILISMO DI TUTTA LA STAMPA NAZIONALE E DEGLI ALTRI MASS MEDIA E L'IMPOTENZA POLITICA DEGLI PSEUDO-PACIFISTI SOSTENITORI DEL GOVERNO.
L'organizzazione della cosiddetta "missione di pace" in Libano sotto l'egida dell'ONU ha fatto registrare un protagonismo fuori misura dell'attuale governo del paese. Prodi e i suoi ministri della difesa (Parisi) e degli esteri (D'Alema) in particolare, ancor prima dell'imposizione del "cessate il fuoco" si sono agitati in modo scomposto per autoproporsi come forza determinante ed egemone all'interno del contingente ONU da inviare
sul confine meridionale israelo-libanese. Risultano evidenti le analogie e la
continuità della politica estera del centro-sinistra con le politiche interventiste del passato governo di destra. I 2.500 soldati che parteciperanno alla missione in Libano saranno la forza più imponente fra i 15 mila militari previsti per l'attuazione della risoluzione ONU.
L'Italia nel 2007, da sola, eserciterà il comando strategico su tutto il contingente
presente nel teatro del conflitto. Di fatto la "missione ONU" si troverà a svolgere la stessa funzione di occupazione-controllo che avrebbe svolto Israele, se non fosse stato fermato sul terreno militare dagli Hezbollah.
Come si può parlare di "missione di pace" quando si mobilita un enorme apparato militare con navi da guerra, carri armati, blindati, elicotteri di combattimento con tecnologie sofisticate e con corpi speciali d'assalto (parà, lagunari, ecc.)?
Si tratta di una farsa-tragica avallata, sostenuta ed esaltata da tutta la stampa nazionale e dalle televisioni di stato e private.
Gli stessi mass-media che in questi mesi hanno consapevolmente taciuto sull'uso di armi chimiche sia in Libano che a Gaza, ignorando sistematicamente le denunce dei medici di Sidone e Gaza che ne documentano gli effetti.
Gli stessi mass-media che colpevolmente hanno ignorato gli effetti dell'embargo assassino contro la popolazione di Gaza solo perché il legittimo governo di Hamas non vuole piegarsi ai ricatti israeliani e alle pressioni del presidente palestinese Abu Mazen.
Gli stessi organi di stampa, le stesse televisioni che scientemente spiegano che Israele è lo stato aggredito e che il Libano e la Palestina sono i popolo aggressori. Che ignorano strategicamente il fatto che Israele si è "permesso" di rapire 9 legittimi ministri palestinesi e circa 30 dirigenti politici della resistenza palestinese senza che nessun stato "democratico" occidentale battesse ciglio e ne richiedesse il rilascio (1).
Gli stessi mass-media che volutamente non ricordano che Israele ha ignorato negli ultimi 60 anni oltre 70 risoluzioni dell'ONU e le Convenzioni di Ginevra sui crimini di guerra, senza subire mai alcuna sanzione.
Infine gli stessi mass-media che evitano sempre di citare e ricordare la legge n. 94 del 2005 (2) sulla cooperazione militare Italia-Israele.
In sostanza in questi mesi, con il supporto di una campagna di stampa ben coordinata e finalizzata si è alimentata una sorta di irresponsabile frenesia nazionalista, quasi che il nostro paese fosse improvvisamente diventato "grande" a seguito delle sue scelte politiche interventiste tipiche di una sub-cultura da colonizzatori che fu caratteristica nel nostro paese in alcune fasi storiche, nel corso delle quali si cercava di far ignorare i problemi e i conflitti interni spostando l'attenzione della masse su "avventure politiche" di espansione imperiale.
Di fronte a questa realtà si configura ancora più grave l'assenza di mobilitazione del movimento contro la guerra, il quale ha introiettato il messaggio che in Libano si tratta di compiere "una missione di pace". A questo si deve aggiungere la completa subordinazione di PRC e Verdi verso le azioni interventiste del governo. Ignoranza, impotenza, imbecillità ed ipocrisia degli pseudo-pacifisti che scambiano una politica guerrafondaia per una politica di costruzione di pace, mettendo sullo stesso piano la Resistenza dei popoli (che anche loro chiamano terrorismo) con le politiche di invasione ed oppressione imperialista. E' la resistenza dei popoli che contrasta l'aggressione imperialista e solo la Resistenza costruisce la pace. Chi nega questa evidenza o è storicamente ignorante o è in malafede.
In entrambi i casi sostiene oggettivamente la politica di aggressione imperialista.
Si rende quindi necessaria la prosecuzione di una campagna di legittimazione di tutte le lotte di liberazione e di Resistenza in atto nel Medio Oriente, in America Latina e Asia. Avendo la coscienza che in questa fase politica il nostro impegno si scontrerà con tutte le forze imperialiste che definiscono "terroristi" coloro che attuano forme di resistenza
diversificata per la liberazione nazionale e coloro che nei paesi capitalisti occidentali combattono in modo coerente ed indipendente contro il loro sistema di oppressione e di sfruttamento. Va respinto il ricatto politico che ci viene posto da più parti: non ostacolare, non opporsi al governo Prodi altrimenti incombe un pericolo di un ritorno di Berlusconi. E' un ricatto-imbroglio basato sulla paura e come tale da respingere, perché se mai potrà risultare drammaticamente vero il contrario e cioè: se le politiche economiche, sociali e militari del governo Prodi-Fassino-Bertinotti, che risponde all'esigenza del capitale e della grande borghesia, non trovassero una risposta ed un'opposizione di massa da parte della classe lavoratrice, si creerebbe un grave vuoto politico che sarà certamente occupato dalla demagogia agitatoria e qualunquista della destra fascista, razzista e populista. Con la conseguente quasi certezza di un ritorno al potere dei Berlusconi e della sua banda.
Lo scontento, le disillusioni, lo sconcerto e l'incredulità di coloro che "hanno votato Prodi e compagnia contro Berlusconi", per le scelte che l'esecutivo di centro-sinistra si accinge a fare stanno ad avvalorare questa ipotesi.
SOLIDARIETA' ALLA RESISTENZA DEI POPOLI CONTRO L'IMPERIALISMO
SMANTELLARE LE BASI USA E NATO IN ITALIA
TAGLIARE LE SPESE MILITARI E NON LE PENSIONI E LA SANITA' PUBBLICA
VIA LE TRUPPE ITALIANE DALL'IRAQ, AFGHANISTAN, LIBANO
Lavorare per costruire una manifestazione nazionale contro la guerra e contro la finanziaria
Note:
(1) Sono 31 i parlamentari rapiti attualmente detenuti. Dei 9 ministri rapiti 4 sono ancora in carcere insieme a decine di altri militanti di Hamas sempre rapiti lo scorso giugno e nei giorni successivi.
(2) (Da un intervento di Manlio Dinucci del 2005) "L'ACCORDO MILITARE ITALIA-ISRAELE è un accordo generale quadro comprendente interscambio di materiale di armamento, organizzazione delle forze armate, formazione e addestramento del personale militare, ricerca e sviluppo militare. Attività che, in base all'"accordo sulla sicurezza" stipulato nel 1987, si svolgeranno sotto la cappa del segreto militare. Una scelta particolarmente grave perché Israele è una potenza nucleare, lo dice il direttore dell'AIEA (l'agenzia internazionale per l'energia atomica), lo dicono mille prove, lo ha detto l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ma non lo ha mai detto esplicitamente il governo israeliano, il quale non ammette il possesso di armi nucleari. Allora è chiaro che tecnologie italiane (dato che l'industria militare italiana è tra le prime nel mondo) potranno essere utilizzate segretamente per potenziare le capacità di attacco dei vettori nucleari israeliani. E' evidente l'implicazione politica generale: una volta che
questo "memorandum" d'intesa sarà approvato dal Parlamento, l'Italia sarà automaticamente al fianco del governo Sharon in qualunque sua azione, fattivamente contribuirà alle sue politiche di guerra. Per di più questo "memorandum" vincola non solo l'attuale governo, ma anche i governi a venire, in quanto l'accordo è quinquennale e prevede un meccanismo
di rinnovo automatico: per non essere rinnovato una delle due parti dovrà denunciare l'accordo, dicendo che intende ritirarsi. Oltre a ciò l'industria militare e le forze armate del nostro Paese saranno coinvolte in attività di cui nessuno, neppure in Parlamento, sarà messo a conoscenza.In tale situazione, proprio mentre l'Ue è impegnata in una delicata trattativa con l'Iran sulla questione del nucleare, l'approvazione da parte della camera dell'accordo militare con Israele darebbe al governo Sharon il
segnale politico che l'Italia è pronta a sostenerlo nell'attacco all'Iran.
settembre 2006
L'altra Lombardia - SU LA TESTA
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