16/09/2006: L'ESPULSIONE GOVERNATIVA DEGLI ISLAMICI DETENUTI IN ITALIA è UN ATTO Di BARBARIE


In questi giorni di rituale distrazione sociale il Governo Italiano ha assunto un'inedita quanto scellerata decisione destinata a rappresentare il più grave attacco ai principi di civiltà giuridica mai realizzato in uno Stato "democratico".
Una decisione assunta, non a caso, nei giorni prossimi a ferragosto e che per tali sue caratteristiche stagionali, per così dire, assume le sembianze di un vero e proprio "blitz" nella consapevolezza che le azioni vergognose debbano essere compiute nella più assoluta clandestinità.
Con provvedimento del Ministro degli Interni, il Governo ha disposto l'arresto e l'espulsione di decine di cittadini stranieri islamici sul presupposto formale della loro pericolosità per la sicurezza dello Stato italiano e ciò deducendolo, per espressa argomentazione dei Ministro degli Interni, dalla loro aderenza al terrorismo internazionale.
Questi provvedimenti sono illegittimi e come tali si pongono al di fuori della legalità.
Va detto subito che molte di queste persone, benché detenute con l'accusa di associazione sovversiva con finalità di terrorismo internazionale (art. 270 bis codice penale) sono ancora in attesa del giudizio di primo grado o addirittura già assolte dalle predette accuse con sentenza della Corte di Assise di Milano, dalla Corte di Assise di Appello di Milano e dalla Corte di Appello di Milano. La pericolosità sociale e per la sicurezza dello Stato di queste persone, pertanto, pare essere frutto di una inaccettabile presunzione e come tale priva di qualsivoglia fondamento giuridico e semplicemente falsa è la dichiarata aderenza di molti di questi islamici al terrorismo internazionale.
E' di immediata evidenza che i detenuti islamici ancora in attesa di giudizio non possono legittimamente essere ritenuti responsabili di alcunché e tantomeno di associazione terroristica. Men che meno possono essere ritenuti tali i numerosi islamici colpiti da decreto di espulsione assolti dalle accuse originarie.
Primo elemento di illegittimità dei decreto di espulsione è quindi la falsità dei presupposto di fatto assunto dal Ministro degli Interni per giustificare l'esercizio dei potere di espellere cittadini stranieri dal territorio dello Stato italiano.
Secondo profilo di illegittimità è l'insanabile contrasto tra il provvedimento del Ministro degli Interni e le norme di Diritto Internazionale poste a presidio dei diritti civili. E' fatto noto, e certamente dovrebbe esserlo al Ministro degli Interni e al Governo, che lo Stato italiano, da oltre cinquant'anni, ha ratificato la Convenzione per la salvaguardia dei diritti fondamentali dell'uomo, che sancisce, tra l'altro, il diritto, concreto ed effettivo, di ogni imputato di difendersi dalle accuse mossegli nel processo a suo carico e bandiscono dal concetto di civiltà la sottoposizione a pene disumane o a trattamenti inumani quali la tortura e, ancora, impongono che ogni accusato, che non sia un militare, debba essere giudicato da Tribunali Civili con precise garanzie. Da ciò consegue, per espressa previsione delle predette norme di Diritto Internazionale e dalla legislazione italiana anche recente, che nessuno straniero può essere espulso in Stati ove corra il rischio di essere sottoposto a pene disumane o vietate dalla Comunità internazionale, a tortura o a pena capitale o sottoposto a processi penali privi delle garanzie di difesa sopra descritte.
Terzo profilo di illegittimità è rappresentato dalla violazione dei principio costituzionale dei diritto di difesa che, nel caso di effettiva espulsione, gli islamici in attesa di giudizio definitivo non avrebbero la possibilità di esercitare concretamente e compiutamente, attività di difesa che non è semplice atto formale ma effettiva partecipazione alla costruzione dell'impianto defensionale in stretta collaborazione con il proprio difensore.
Il Governo italiano ed il Ministro degli Interni conoscono, o si suppone che conoscano, le posizioni personali e processuali dei detenuti islamici dei quali hanno decretato l'espulsione.
Tutti i detenuti islamici in Italia sono destinati ad essere espulsi nel loro Paese di origine ossia in Tunisia, in Marocco o in Egitto. Stati nei quali, come noto, il rispetto dei diritti civili non ha nessun rilievo e la pratica della tortura e della giustizia sommaria sono la regola. Oltre a ciò è fatto noto alle Autorità giudiziarie e governative italiane che numerosi islamici colpiti dal provvedimento di espulsione sono stati condannati, nel loro Paese di origine, da Tribunali Militari senza neppure essere avvisati del processo a loro a carico e senza che abbiano potuto nominare un difensore di fiducia. Va anche sottolineato che tali processi militari sono stati celebrati mentre gli accusati erano detenuti in Italia.
A titolo di esempio si presentano i casi emblematici di Saadi Nassim e dí Loubiri Habib, entrambi colpiti, in questi giorni, dal decreto di espulsione immediata dei Ministro degli Interni.
Saadi Nassim, tunisino in Italia da prima del 1996, è stato arrestato nel 2002 a Milano con l'accusa di terrorismo internazionale e dopo più di 3 anni di carcerazione preventiva, e dopo un lungo e complesso processo penale, è stato assolto con formula piena dall'accusa di terrorismo e condannato per un reato minore (ricettazione) dalla Corte di Assise di Milano sezione 1^ (sentenza n. 7/2005 dei 9 maggio 2005). Scarcerato il 4 agosto 2006 è stato riarrestato il giorno successivo e internato nel Centro di permanenza Provvisorio di Milano via Corelli e raggiunto dall'ordine di espulsione immediata del Ministro degli interni sul falso presupposto di essere legato ad ambienti terroristici. Saadi Nassim è stato condannato dal Tribunale Penale Militare di Tunisi il 2.07.2005, ossia dopo essere stato assolto dalla Corte di Assise di Milano, alla pena di 25 anni di carcere. Saadi Nassim ha saputo del processo celebrato a suo carico dal Tribunale Militare di Tunisi solo a processo concluso e mentre era in carcere in Italia da oltre tre anni. E' evidente che il medesimo ancora oggi ignora le accuse mossegli e non è mai stato assistito, per quanto a sua conoscenza, da difensori. Non è difficile comprendere che l'espulsione di Saadi Nassim in Tunisia, come vorrebbe il Governo italiano, equivale ad una sommaria condanna a morte dopo un periodo variabile di torture, destino riservato a chi è considerato, dal Governo tunisino, oppositore politico a qualsiasi livello.
Saadi Nassim è coniugato con una cittadina italiana ed è padre di un bambino di 4 anni anch'esso cittadino italiano.
Situazione identica è quella di Loubiri Habib, anch'esso tunisino, che dopo 4 anni di carcerazione preventiva in Italia con l'accusa di terrorismo è poi stato definitivamente scagionato da questa accusa dalla Corte di Appello di Milano. Anch'esso condannato dal Tribunale Militare di Tunisi ad oltre dieci anni di carcere mentre si trovava in carcere in Italia e senza essere messo nella condizione di difendersi e di conoscere le accuse mossegli. Loubiri Habib vive in Italia da oltre vent'anni ed è padre di quattro figli minorenni che studiano in Italia da oltre cinque anni.
La condizione di questi due islamici è di fatto sovrapponibile agli altri 48 islamici detenuti in Italia e dei quali il Governo ha preannunciato l'espulsione redigendo la famigerata lista nera dei Viminale.
Il Governo ha, quindi, inteso disattendere consapevolmente la realtà giudiziaria italiana svuotando di qualsivoglia significato la funzione dell'Autorità Giudiziaria e dei processi penali.
La dimensione del fenomeno e la patente violazione delle più elementari norme di Diritto internazionale e nazionale danno conto della portata devastante, per i principi di democrazia e civiltà giuridica, dell'operazione di espulsione che il Governo italiano ha in animo di realizzare in questi giorni. Operazione che, per la sua natura gravemente illecita e per il numero dei soggetti colpiti dal provvedimento ministeriale, assume il significato di una vera e propria deportazione in evidente collaborazione con i più brutali e dispotici Governi di Tunisia, Marocco ed Egitto. Collaborazione destinata a rendere responsabile il Governo italiano della sorte certamente riservata agli islamici nel loro Paese di origine. Delle torture da questi subite sarà corresponsabile sotto ogni profilo etico, politico e giuridico il Governo italiano; del loro assassinio sarà corresponsabile il Governo italiano. La "soluzione finale" che il Governo italiano ha prescelto per gli islamici detenuti in Italia segnerà l'inevitabile fine di ogni logica di diritto ed un intuibile precedente valido per la soluzione dei conflitti futuri.
La logica governativa sottesa a questa operazione pare allinearsi alle pratiche aberranti e illegali della sospensione dichiarata dei diritti civili che, sull'improbabile presupposto della "lotta al terrorismo", giustificano da anni i campi di internamento di Guantanamo negli USA, le torture e le sevizie nelle carceri irakene e afgane, i sequestri di sospetti terroristi islamici nelle città europee per mano di compiacenti agenti segreti occidentali e l'omicidio selettivo di presunti terroristi in Medio Oriente in nome della sicurezza nazionale.
Lascia interdetti, peraltro, che autore di questa inedita barbarie sia proprio un Governo di "sinistra" che ha la presunzione di agire nel pieno rispetto del mandato conferitogli dal "popolo di sinistra" e ancor più che nel Governo le sue varie componenti politiche "radicali" abbiano taciuto e tacciano consapevolmente sino ad oggi.

Milano, 12 agosto 2006

Aw. Sandro Clementi (difensore di fiducia di Saadi Nassim, Loubiri Habib, El Ayashi Radi, Ciise Maxamed, Housni Jamal, Cherif Said, Ben Yaya Mouldi , Maaoui Lofti Ben Sadok, Darraji Kamel).

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