21/06/2006: Lettera dal carcere di Sollicciano
Sono stato arrestato a casa, mentre ero a letto, la notte tra il 29 e 30 marzo: stessa sorte è toccata al mio coimputato Marcucci Doriano. Viene scardinata la porta e dato il via alla perquisizione di routine. Questa premessa non è certo volta né alla ricerca del vittimismo e/o dell’innocentismo piagnucoloso né del garantismo, a cui non credo né mi appartengono, ma per rimarcare, come sempre, il ruolo forcaiolo ed asservito dei pennivendoli e scribacchini di ogni schieramento sempre pronti a diffondere compiacenti veline della questura per avallare la manovra repressiva con la disinformazione, la manipolazione, il falso, la calunnia; all’opera, come sempre, nel loro mestiere ormai consolidatosi nell’essere sempre di più squallidamente agenti del terrorismo psicologico con le armi del piombo dei loro articoli. Mi si comunica, con la convalida degli arresti, che sono indagato “per i reati di cui agli artt. 81, 110 c.p., 1 e 4 L. 895/67... perché in concorso tra loro con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso portavano in pubblico un ordigno incendiario al fine di attentare alla pubblica incolumità” !?!? Ridicolo e tragico allo stesso tempo!!
Posso soltanto respingere l’accusa e rispedirla al mittente.
C’è un disegno criminoso, è vero, ed è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura e sugli animali, sul quale affonda mani e piedi questa società capitalistica, come questa società per garantirsi profitti e mantenersi privilegi è responsabile del terrore dei crimini e della morte indiscriminata tra la popolazione con le sue catastrofi ambientali di ogni epoca, con Chernobyl, Seveso, Bophal, l’Acna di Cengio e la Farmoplant di Massa, Porto Marghera e Priolo, con gli inceneritori, con le fabbriche di morte, con le fabbriche di armi, con l’inquinamento, con l’avvelenamento dei cibi, dell’acqua, della terra, con la giornata lavorativa con i suoi omicidi bianchi, con le biotecnologie, con la vivisezione, con gli allevamenti da pelliccia, con le guerre, con il nucleare civile e militare, con Hiroshima e Nagasaki, con i bombardamenti, con il napalm, con il fosforo, con l’uranio impoverito, e via in un elenco che sarebbe lunghissimo. Attaccando e reprimendo i ribelli sociali che non accettano le regole del gioco e chi si batte con forza determinazione e coerenza contro tutto questo, questa società difende le sue ingiustizie sociali con la violenza legalizzata del carcere, dell’isolamento, della deprivazione sociale e affettiva, dei pestaggi, del 41 bis, della tortura, con l’aberrante e disumana violenza che esercita quotidianamente nei CPT nei confronti dei migranti.
Di fronte a questo quadro, parziale nel suo trasudamento di violenza sangue e morte, credo che chiunque non abbia interessi privilegi e profitti da difendere o una coscienza complice o rassegnata, non può che convenire sul fatto che, oltre alla certezza che non devo certo essere io a dovermi difendere, quello di cui mi si accusa, l’incendio a F.I., al di là di una mia presunta partecipazione (tutta da provare) può soltanto onorarmi dal momento che, se anche così fosse, avrei solo restituito, in dose davvero infinitesimale, quello che il potere e il sistema di dominio di cui F.I. è una delle espressioni, ha seminato e provocato. (Questo se rimaniamo sul generale, se scendiamo poi sullo specifico locale, sul territorio, le motivazioni per legittimare quell’azione sarebbero mille e una; dallo schifo per come si è usato cinicamente la lotta contro l’inceneritore e difesa della salute e dell’ambiente per costruirsi carriere e fortune politiche, a come si è permesso, in piena complicità, che si bruciassero rifiuti e veleni, per come si è taciuto, in piena complicità, per molto tempo che la diossina e i veleni volassero nell’aria e fuori dai “limiti” e dalle “norme” stabilite per legge, per come si è calpestato e deriso vigliaccamente il ricordo, il dolore, gli affetti, le ferite incancellabili provocate dal massacro nazi-fascista di S. Anna esponendo il busto del duce nelle stanze comunali, per come si è cementificato e speculato sul territorio, facendolo diventare facile preda di speculatori sempre più affamati di denaro, e fermiamoci qui.
Mi sarei difeso con le unghie e con i denti se mi avessero disonorato con l’accusa di aver intascato tangenti, di aver inquinato, di essermi costruito fortune economiche grazie alla posizione politica, di aver considerato l’ambiente come fonte da usare per aumentare il conto in banca.)
E questo vale anche per il prevedibile, scontato e pretestuoso tentativo repressivo di addebitarmi altre azioni accadute in zona (l’incendio di due Bancomat), a conferma dei soliti deliri sbirreschi e volontà repressive comuni a tutte le inchieste. Di fronte alla manovra e all’accanimento repressivo, oltre naturalmente a non riporre nessuna fiducia in tribunali e giudici per ovvie considerazioni sia in quanto anarchico e rivoluzionario sia per la consapevolezza di avere interessi concetti e aspirazioni che si escludono a vicenda e inconciliabili, posso soltanto rifiutare la colpevolezza e l’innocenza, materia e categorie giuridiche che non mi appartengono e che lascio ad avvocati, sbirri e giudici, e riaffermare la mia militanza anarchica, ecologista, radicale, la mia tensione individuale coerente e determinata, all’interno di un percorso più generale di ribellione, resistenza e lotta per una società migliore; considerando l’impegno nella lotta non come una possibilità ma vivendolo come una necessità improrogabile, qui e ora, senza tentennamenti né compromessi.
Questo sentire, nella sua interezza, l’ho difeso sostenuto e praticato con determinazione in tempi non sospetti e non intendo, opportunisticamente, venirne meno oggi che sono inquadrato nel mirino repressivo, per rispetto profondo per la mia dignità di uomo.
Ho sempre cercato di concepire la solidarietà non come una vuota parola ma dandole un preciso significato, cercando di affermarla come pratica in tutti i suoi aspetti, non ricercandone i confini e i limiti tra le pagine di un codice penale, ma nella concretezza della lotta con tutti gli oppressi, con tutti gli sfruttati, con tutti quelli che lottano, e in qualsiasi modo lottino.
Ho cercato di non far calcoli da ragioniere, da contabile, dentro cui rinchiudere o sminuire gli slanci generosi del mio cuore, i miei affetti, i sentimenti e le tensioni, lasciando loro che si manifestassero come in quel momento desideravo e sentivo.
È in questo senso che non mi sento innocente, perché consapevole che esserlo in questa società vuoi dire chiudere gli occhi, non sentire le richieste disperate di solidarietà dei dannati della terra, significa rassegnazione, complicità, indifferenza, apatia, conformismo, servilismo, in fondo condivisione e accettazione dei valori, degli interessi e della violenza legalizzata di questa società della morte.
Là dove il silenzio assordante di una tanto pretesa quanto impossibile pacificazione sociale, è squarciato dall’urlo della rivolta, in qualunque modo si manifesti, sia in un gesto individuale che in una espressione collettiva, è là che batte il mio cuore.
È questa pulsione della mia individualità che considero meravigliosa, ad essere messa sotto accusa, che si cerca di confinare tra quattro mura armate.
Impossibile da chiudere a chiave, perché fino a che ci sarà sfruttamento, ingiustizia e oppressione ci saranno lotte e solidarietà, finché ci sarà lo splendore delle stelle, in qualsiasi posto del mondo ci saranno sempre ribelli decisi a volare all’assalto del cielo.
Ai fianco di chi lotta, fuori e dentro le galere per la vita e la libertà di tutti/e,
nel ricordo di chi, fuori e dentro le galere, ha donato la propria vita per questa lotta,
...per chi continua a viaggiare in direzione ostinata e contraria...
Ha il sapore amaro di dolorosa previsione l’accanimento repressivo, ormai sempre più cieco, il 4 maggio con la “visita” della digos di FI dove con la perquisizione della cella (e dell’abitazione perquisita un mese fa?!) e con il sequestro di tutte le lettere, fax, cartoline (delle cui lettere e fax ho ottenuto le fotocopie sotto la mia ferma ed espressa richiesta per il valore affettivo che rivestono) mi è stato comunicato un avviso di garanzia per art. 270 bis, “accompagnato” dalla vigliacca devastante manovra repressiva con il suo carico di perquisizioni, carcere, arresti domiciliari di compagne e compagni avvenuta nel solito giorno. Ai colpiti/e dalla repressione va tutta la mia piena solidarietà, la mia totale vicinanza affettiva, con il cuore e con la mente in questi momenti sono con loro e sento questo attacco anche come una vendetta intrisa di odio di classe verso una parte che ha espresso solidarietà ed affetto a me e alla mia famiglia in questo mese di carcerazione, con la costante e incoraggiante presenza fisica, con il sostegno pieno d’amore, con una straordinaria e ricchissima sensibilità ed umanità e anche con le iniziative e i presidi solidali.
Con grandissima rabbia e con immenso amore e tenerezza alle compagne e ai compagni in carcere, agli arresti domiciliari, ai perquisiti va il mio più forte abbraccio solidale ed affettivo, un bacio e il pensiero ribelle che possono rubarci il tempo ma non riusciranno mai a prenderci i desideri, le passioni e il sorriso ed é con questo che, nonostante tutto e contro tutto, urlo LIBERTA' PER BETTA E SILVIETTA, BEPPE, COSTA, FEDE
Libertà per tutte e tutti, per sempre
Giuliano Marchetti
Carcere di Sollicciano Via Minervini, 2/r
50018 - Scandicci (Firenze)
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