08/06/2006: Perle di porci - La richiesta di misure cautelari di Tatangelo


Abbiamo già informato delle geniali intuizioni in campo giuridico del PM Marcello Tatangelo, che sono alla base della nuova concezione del diritto cui intende uniformarsi la magistratura torinese e che hanno già riscontrato grande successo da parte del GIP Alessandro Prunas-Faccia-di-Tola e del giudice mobiliere-del-riesame Giorgio Semeraro-Prezzi-di-Fabbrica. Ma solo oggi siamo venuti in possesso di un significativo documento - scritto di pugno da Tatangelo - in cui tali elaborazioni teoriche sono applicate: la “richiesta di misure cautelari”. Un testo degno di partecipare al prestigioso premio letterario napoletano di Purpo-fiction.
Cercheremo quindi di analizzarne i punti salienti.

1) La lettura del pensiero.
Tatangelo scopre di avere delle doti paranormali veramente eccezionali. Egli sa perfettamente cosa aveva in testa ogni partecipante al corteo del 18 giugno.

“In realtà le vere finalità di tale manifestazione si ritiene non fossero la protesta per l’aggressione subita dai due frequentatori del Barocchio e nemmeno una, sia pur accesa e anche violenta ricerca dei fascisti per vendicare la pregressa aggressione, ma una deliberata e preordinata volontà dei manifestanti di aggredire le forze dell’ordine e di scatenare il caos nel centro della città”.

Che significato aveva quella data, il 18 giugno, da scatenare – senza motivo alcuno - tale “deliberata e preordinata volontà”? Chissà poi perché i manifestanti avevano dovuto aspettare che due loro compagni venissero accoltellati per “aggredire le forze dell’ordine e scatenare il caos nel centro della città”? E se la polizia era al corrente di tutto questo, perché non ha cercato di impedirlo prima che il corteo giungesse in centro?
Questo il PM non lo spiega. Evidentemente anche i suoi poteri da medium hanno dei limiti.

“La manifestazione era, sin dall’inizio, stata organizzata con l’obiettivo di arrivare a degli scontri con la polizia.
Del resto, certamente pretestuosa era un eventuale finalità di utilizzare detto materiale [i bastoni] per una caccia al fascista o anche per mera difesa da aggressioni fasciste in considerazione […] del fatto che […] l’aggressione si è subito rivolta contro le Forze dell’Ordine, trascurando qualunque ricerca di elementi di estrema destra, peraltro assenti […]”.

E’ ovvio che, se i manifestanti fossero scesi in piazza con un aggiornato indirizzario di tutti gli esponenti di “estrema destra” torinesi e avessero presentato alla DIGOS una mappa cittadina con un percorso articolato di “caccia al fascista”, le forze dell’ordine - coerentemente alla loro tradizione antifascista - avrebbero sicuramente accondisceso a tale richiesta e allora sì che si sarebbe potuto fare un bel corteo senza “scatenare il caos nel centro della città”.

2) La difesa dei cittadini.
“Appariva […], sin dall’inizio, evidente ai responsabili dell’ordine pubblico l’elevato rischio di incidenti e di scontri, e per tale ragione gli stessi decidevano di non impedire al corteo di muoversi da piazza Madama Cristina ritenendo, con valutazione del tutto condivisibile, che il bloccare il corteo […] avrebbe subito comportato degli scontri in quel luogo, ove erano presenti nel mercato moltissimi cittadini che sarebbero stati inevitabilmente coinvolti negli scontri”.

Veramente encomiabile la preoccupazione, condivisa da Tatangelo, da parte dei “responsabili dell’ordine pubblico” di non coinvolgere “negli scontri” la cittadinanza. Quello che non si capisce è perché si sia allora scelto poi di “bloccare il corteo” in via Po, anche questo “luogo, ove erano presenti” “moltissimi cittadini” e soprattutto perché il corteo – non attaccato dalla polizia – abbia proseguito senza incidenti e senza mettere subito in atto la “deliberata e preordinata volontà” “di aggredire le forze dell’ordine”. Mah! Chi li capisce questi squatter! Solo Tatangelo – usando le sue doti paranormali di lettura del pensiero - ci riesce:

“Il compimento degli atti di devastazione nei luoghi dove sono avvenuti, e cioè nel centro della città, costituiva l’obiettivo programmato, sin dall’inizio, del corteo […] solo così si spiega il fatto che quelle armi improprie non siano state usate prima di arrivare in centro”.

3) Spinta = aggressione.
“In via Po […] iniziava il primo violento tentativo di sfondamento del cordone di polizia, […] sfondamento effettuato dalla prima fila dei manifestanti che iniziavano a spintonare gli agenti e a colpirli con i bastoni”.

Difficile riuscire a capire come una persona possa “spintonare” e contemporaneamente colpire con un bastone un agente di PS. Probabilmente Tatangelo non intende riformare solamente il diritto ma anche la lingua italiana: fonti accreditate ci informano che si sarebbe rivolto persino all’esimia Accademia della Crusca per chiedere se il termine “spintonare” poteva essere inserito nel dizionario dei sinonimi alla voce “aggredire”. La cosa è ancora al vaglio degli studiosi, ma Tatangelo ha minacciato, in caso di risposta negativa, di costituire assieme a Maurizio Laudi una nuova istituzione culturale, al dichiarato scopo di riuscire a fondere insieme giurisprudenza e letteratura da rotocalco: l’Accademia Devastante della Farina del proprio Saccheggio (appellativo che nulla ha a che vedere con i fatti qui trattati, ma si rifarebbe all’assalto dei forni di manzoniana memoria. Sembra che la prima proposta, Accademia della Farina del Diavolo, abbia incontrato l’unanime opposizione di tutti i demoni, i quali non vogliono assolutamente vedere infangata la propria immagine, accostandola a quella dei due procuratori).

4) Ci vuole un capo (espiatorio?).
“Tale azione di sfondamento era preceduta da un’evidente istigazione in tal senso dell’Imperato Tobia, che si portava davanti alla prima fila dei manifestanti ed incitava costoro a sfondare il cordone di polizia; l’Imperato peraltro, in prima persona, veniva visto dai funzionari di polizia mentre, armato di bastone, si gettava contro i poliziotti spintonando con forza gli stessi. Facendo così seguire, all’istigazione rivolta ai manifestanti, una condotta attiva di concreto incitamento all’azione di sfondamento”.

Finalmente, dopo le tante filippiche - contenute nel suo “Le scarpe dei suicidi” - “dell’Imperato Tobia” contro l’esimio magistrato, il dottor Tatangelo può ricambiare il favore e scrivere anche lui qualcosa sul suo denigratore. Dobbiamo registrare – sul mero piano stilistico – l’uso di artifizi letterari un pochino scadenti. Per esempio, dopo quel “armato di bastone, si gettava contro i poliziotti” ci si sarebbe aspettato – vista la richiesta di custodia in carcere - un “colpendoli con furia selvaggia” e non un semplice “spintonando con forza gli stessi”. Frase che fa cadere di colpo tutto il pathos che sapientemente aveva saputo costruire all’inizio del periodo.

5) Il falso nella difesa dell’ordine.
“I manifestanti […] travolgevano i passanti, alcuni dei quali riportavano ferite; particolarmente gravi quelle riportate da B. B., di anni 83 che veniva travolto dai manifestanti e riportava la frattura del ginocchio”.

Ancora una volta dobbiamo lamentare la caduta di stile di Tatangelo. E’ mai possibile che, nel nobile intento di sbattere in galera la gente, debba ricorrere a queste ormai superate trame da fuilleton? Si sa che il povero vecchietto brutalizzato farà sicuramente fremere di sdegno i lettori dei quotidiani e i telespettatori del TG-Bianco, ma ci sono testimonianze che affermano come il povero nonnino abbia fatto tutto da sé, nessuno l’ha toccato e nemmeno sfiorato; il poveretto – forse spaventato alla vista degli sbirri – è caduto con e dalle proprie gambe. E poi, via, dove sono gli altri feriti? Ma mi faccia il piacere!

6) La difesa del centro e la scoperta dell’acqua calda.
“Si può aggiungere che a tale risultato [gli scontri] si sarebbe, inevitabilmente, giunti una volta che il corteo fosse arrivato nel centro cittadino, essendo logicamente evidente a tutti – in primis agli stessi manifestanti – che mai la polizia avrebbe potuto consentire, in pieno sabato pomeriggio, a centinaia di manifestanti armati e mascherati di raggiungere la centralissima piazza Castello.
E allora non può che inferirsi come proprio il centro cittadino fosse la reale destinazione del corteo […]. Perché nel centro cittadino, in un momento di sabato caratterizzato dalla massima concentrazione di cittadini, massimi sarebbero stati gli effetti degli scontri della polizia e massimo quindi il risalto all’esterno”.

Qui Tatangelo dà proprio il “massimo” e fa un’eccezionale scoperta, cioè che “il centro cittadino fosse la reale destinazione del corteo”. Che acume! Complimenti! Altro che Pico della Mirandola! E questo, naturalmente, non per aver maggior visibilità (“essendo logicamente evidente a tutti - in primis” ai magistrati, che le manifestazioni più riuscite di solito si svolgono nelle estreme periferie, meglio ancora sulle tangenziali) ma solo perché in centro “massimi sarebbero stati gli effetti degli scontri della polizia”.
Purtroppo sorge un altro problema che mina la solidità di questa dotta esposizione dei fatti. Perché i manifestanti - se cercavano lo scontro - non hanno creato incidenti quando veniva loro concesso di manifestare? Perché si afferma che “mai la polizia avrebbe potuto consentire, in pieno sabato pomeriggio, a centinaia di manifestanti armati e mascherati di raggiungere la centralissima piazza Castello”, mentre gli stessi hanno potuto senza incidenti raggiungere via Po? Perché “manifestanti armati e mascherati” hanno potuto girare pacificamente per Torino ad esclusione di piazza Castello? Cos’ha piazza Castello di più importante del resto della città? Perché chi transita in piazza Castello non può vedere le stesse cose di chi transita in via Accademia Albertina? E se era un problema di ordine pubblico perché, come in Piazza Madama, non si era deciso anche lì di “non impedire al corteo di muoversi” “con valutazione” “che il bloccare il corteo […] avrebbe subito comportato degli scontri in quel luogo, ove erano presenti” “moltissimi cittadini che sarebbero stati inevitabilmente coinvolti”?
Si voleva o no salvaguardare il centro? Allora perché si è scelto di caricare il corteo proprio “nel centro cittadino, in un momento di sabato caratterizzato dalla massima concentrazione di cittadini”? Perché i passanti di via Po hanno meno diritto a essere tutelati che quelli di piazza Madama Cristina?
Sembrerebbe quasi che sia scelto deliberatamente di evitare ogni soluzione ragionevole e pacifica (lasciar passare il corteo da piazza Castello per farlo poi sciogliere ai giardini reali) pur di caricare nel posto e nel momento migliore per dar più materiale di montaggio ai Laudi e Tatangelo (oltre ai pennivendoli ruffiani). Evidentemente l’obiettivo della questura non era la salvaguardia dell’ordine pubblico (né in periferia né in centro) ma solo aver l’opportunità di creare materiali utili alla distruzione del movimento anarchico e antagonista torinese, costruire cioè quegli elementi che portassero a denunce, arresti, sgomberi, ecc… La convergenza politica tra AN e DS (l’asse Chiamparino-Ghiglia) in vista delle Olimpiadi danno la misura di quanto a Torino, mai come ora, le istituzioni democratiche siano tutte congiuntamente impegnate al raggiungimento di questo scopo.

7) La moda del giorno, il Prêt-à-arrêter Devastazione e saccheggio.
“La norma, dopo una fase di iniziale ampia applicazione durante gli anni ‘70, dopo un periodo di sostanziale desuetudine negli anni successivi è, in tempi recenti, nuovamente stata applicata in occasione di fatti gravemente compromettenti l’ordine pubblico”.

Questo periodo rappresenta veramente la genialità allo stato puro. Dalla lettura della sentenza del riesame pareva fosse parto della mente del mobiliere Giorgio Semeraro, ma in realtà quest’ultimo, uso a non lavorar di lima ma a colpi d’accetta, è solo un volgare copista, dietro c’era la mano del maestro. Infatti tale frase compare paro paro nel testo che stiamo esaminando, la “richiesta di misure cautelari”, ed è proprio di pugno del nostro Marcello Tatangelo. Egli scopre che la legge (oltre a non essere uguale per tutti) è persino soggetta a mode temporanee. Gli arresti di quest’estate sono solo un anteprima delle creazioni dei due nuovi stilisti, Laudi e Tatangelo. Quindi molto presto – come Dolce e Gabbana – anche loro intendono presentare la nuova collezione di Prêt-à-arrêter, proprio quest’inverno, in occasione delle Olimpiadi.

7) Mancanza di prove e testimonianze = invenzione delle responsabilità.
“Per quanto riguarda ciò che fu direttamente visto da funzionari di polizia e agenti, va tenuto conto del fatto che – come spiegato da costoro – essi ebbero modo di vedere i manifestanti, concentrarono l’attenzione su taluno di essi, in modo nitido fino al momento del primo scontro in via Po. Dopo tale tentativo di sfondamento del cordone di polizia […] i manifestanti […] arretrarono lungo la via Po […] senza essere inseguiti dalle forze dell’ordine. E senza poter essere nemmeno in tali frangenti individuati”.

“I manifestanti […] che hanno aggredito [n.b. aggredire = “spintonare”] i poliziotti in via Po hanno attuato la prima fase della devastazione, creando quell’alterazione violenta, immediata, diffusa, dell’ordine pubblico necessariamente manifestatasi poi nei danneggiamenti, distruzioni e nell’incendio […]. Quindi, i manifestanti indicati quali autori di atti aggressivi [n.b. aggredire = “spintonare”] contro i poliziotti rispondono, a pieno titolo, di concorso di reato […] insieme ai complici (individuati e non) che si sono resi autori dei fatti di danneggiamento e di razzia”.

Qui si vede proprio l’intelligenza del giurista di razza. Non ha in mano nulla, solo le testimonianze dei DIGOS che vedono gli arrestati “spintonare” (n.b. “spintonare” = aggredire) un cordone di agenti. Qualsiasi PM, in simili circostanze, avrebbe rinunciato a spiccare mandati di cattura, ma Tatangelo no, lui non applica la legge, la crea e la modella a suo piacimento.
Con precisione matematica elabora nuove equazioni fino alla risoluzione del problema. Riprende così la formula della reazione a catena:
Il manifestante spinge lo sbirro per passare → lo sbirro si sente stressato e tira di manganello, perché fa bene al morale → il manganellato si incazza e, come a briscola, risponde di bastone → lo sbirro vicino, per vederci chiaro, tira di lacrimogeno → il manifestante in quinta fila, per fare un po’ di moto, lancia un sasso → lo sbirro, per sgranchirsi le gambe, cerca di acchiapparlo → il manifestante delle ultime file, per tenersi in forma, acchiappa un tavolino e lo lancia in mezzo alla strada → quello inseguito dalla pula arriva e, per scaldarsi un po’, gli dà fuoco → un altro, oppresso dall’eccessivo calore, per rinfrescarsi, ruba del gelato → nel trambusto viene giù una vetrina → devastazione e saccheggio.
E da questa formula il nostro PM estrae una nuova equazione, quella risolutiva: “spintonare” = devastare e saccheggiare. Ma chi era Einstein in confronto a Marcello?

8) La flagranza di reato è meglio del montato.
“Fermo restando che l’arresto avvenuto solamente per i reati di resistenza e lesioni di Giorgi Silvio e Supporta Massimiliano non è logicamente antitetico a tale possibile qualificazione giuridica dei fatti [devastazione e saccheggio], atteso che l’arresto avvenne nell’immediatezza e senza quella più articolata ricostruzione della vicenda emergente dagli atti successivamente svolti dalla DIGOS”.

In parole semplici chi ha avuto la sfiga di essere acchiappato subito, come Massimiliano e Silvio, in fondo può ritenersi fortunato perché è imputato solo di “resistenza e lesioni”, mentre gli arrestati in seguito, grazie a “quella più articolata ricostruzione della vicenda emergente dagli atti successivamente svolti dalla DIGOS”, montata a tavolino, possono tranquillamente essere accusati di devastazione e saccheggio, anche senza prova alcuna che li colleghi a episodi del genere.
Qui – bisogna dire a suo merito - Tatangelo in seguito si accorgerà di aver scritto una vera cazzata. Allora, per rimediare e con l’imparzialità che sempre lo distingue, senza far torti a nessuno, incriminerà di devastazione e saccheggio anche Massimiliano e Silvio.

9) La forza della ragione.
“Come testualmente, e del tutto condivisibilmente, si legge nella misura cautelare applicata agli arrestati Giorgi e Supporta, i comportamenti di cui si sono resi colpevoli gli arrestati van considerati di notevole gravità anche perché …avvenuti in attuazione di programmati atti di violenza e devastazione del centro cittadino”.

Tatangelo si dà ragione da solo. Condivide e cita come vangelo una misura restrittiva compilata da lui medesimo. Complimenti, Cago, ergo sum. Ah! Se lo vedesse Cartesio (non il filosofo ma il raccoglitore di carta straccia)!

10) Mischiare le carte per confondere i fatti: gli incidenti al CPT.
“Trattasi di episodio avvenuto in epoca precedente a quello prima trattato [il corteo antifascista], ma in considerazione della comune compartecipazione ad esso di soggetti pure partecipanti agli incidenti di via Po, viene in questa sede trattato congiuntamente”.

Che significa ciò? Perché due manifestazioni in tempi diversi e con finalità diverse (anche se condivisibili da tutto il movimento anarchico e antagonista torinese) sono accomunate in un’unica inchiesta? Per dar l’immagine di una situazione di grande pericolosità sociale di tutto il movimento? Infatti, più avanti, Tatangelo scrive:

“Non può non incidentalmente non ricordarsi come detti incidenti davanti al centro di corso Brunelleschi si siano inseriti, a pieno titolo, in una progressione di atti violenti [… che hanno] avuto un’escalation ancor più inquietante con la vicenda […] dell’invio tra il 24 e il 26 maggio di tre plichi esplosivo/incendiari […] pervenuti al Comando Polizia Municipale di Torino […], al CPT di Modena ed alla Questura di Lecce. […]
Con ciò, naturalmente, non si intende affatto dire che vi sia un diretto legame tra i partecipanti agli scontri in corso Brunelleschi e gli ignoti autori di tali attentati esplosivi”.

Ma se è così, se non vi è alcun “diretto legame”, allora perché parlarne? Qui Tatangelo ricade nuovamente in bassi artifizi scenici da Gran Guignol, cercando di costruire, intorno a due sassi e qualche manganellata, uno scenario apocalittico di palingenesi sociale.

11) Incensurato = pregiudicato.
“Peraltro, va comunque sottolineato che la condizione di incensuratezza degli indagati non può far ritenere mancante il concreto pericolo di reiterazione criminosa, che deve essere giudicato sia dal punto di vista oggettivo – modalità e circostanze – sia dal punto di vista soggettivo-personalità dell’indagato. Ma il concetto di personalità è senz’altro più ampio di quello relativo all’esistenza o meno di precedenti penali”.

Senza timore dell’ossimoro Tatangelo costruisce una nuova dialettica degli opposti. E finalmente – dopo essere cadute nel dimenticatoio come del tutto prive di fondamento – sono rispolverate le teorie di Cesare Lombroso sulla “personalità delinquente”.

“Ma va al contempo considerato come tutti gli indagati risultino, a pieno titolo, inseriti e particolarmente attivi nei gruppi dell’area antagonista-anarchica e dell’autonomia, rimandando integralmente alle schede che per ciascuno di loro sono redatte dalla DIGOS”.

E così, disdegnando ogni interpretazione psicanalitica del concetto di personalità, Tatangelo costruisce quella degli indagati “rimandando integralmente alle schede che per ciascuno di loro sono redatte dalla DIGOS”. Come non rimanere stupefatti di fronte a simile citazione letteraria. Non è qui forse auspicata la temibile psico-polizia del famoso romanzo di Orwell, 1984?

12) Fenix = prova di reato.
“Si è già visto come, dopo le devastazioni di via Po, buona parte dei partecipanti alle stesse si siano rifugiati all’interno del centro sociale Fenix, così sostanzialmente impedendo la loro identificazione […]. Pare peraltro evidente, per le suesposte considerazioni, che la libera disponibilità di detto immobile da parte degli occupanti lo stesso possa agevolare la commissione di ulteriori reati, fornendo rifugio e base operativa”.

Ovviamente, vista la capienza, il Fenix non poteva contenere altro che una ridottissima “parte dei partecipanti”, infatti il corteo si sciolse davanti e non all’interno del Fenix. Ma questo poco importa, ciò che conta è distruggere quello che Orino Cronaca ha definito il “pensatoio” degli anarchici. E così, grazie all’azione congiunta di Tatangelo, Laudi, Petronzi, Chiamparino, Ghiglia, giornalisti vari, ecc… finalmente nella nostra città - per decreto - è proibito pensare.

Che dire di fronte a tanta erudizione mostrata in questo testo, erudizione non solo giuridica, ma filosofica, linguistica, letteraria, politica, storica, estetica, teatrale, psicanalitica, esoterica, astrologica, matematica, fisica, urbanistica e, perché no, architettonica. Non è da tutti architettare montature così imponenti nella loro fragilissima instabilità, tanto da tenere ancora gli arrestati in stato di detenzione dopo tre mesi e senza prove che li colleghino ai reati contestati. Il genio di Tantagelo non ha pari, persino Leonardo impallidirebbe messo al suo cospetto.

Zioberto Portinero
(le Cordonnier)
10.10.2005
http://tutto.squat.net


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