06/03/2006: Lettera di Ruben dal carcere


Vi scrivo dal carcere di Can Brians, modulo1, vi farò un breve resoconto a partire da quel maledetto 9 febbraio ad oggi, 15 febbraio.
¡Salud compañerxs!

Tutto inizia alle 8.30 di mattina quando un compagno ci sveglia avvisando che pare stiano sgomberando Ignasi dalla sua casa a Vila de la Clota. Alcuni istanti per reagire e poi decidiamo di recarci lì per dargli la nostra solidarietà. Facciamo colazione e scendiamo per recarci alla Clota. In un attimo, come se spuntassero dal nulla, si avvicina su di noi un numero indeterminato di agenti in borghese, con passamontagna, della brigata politico-social dei mossos d'esquadra dicendo che mi arrestanto perché considerato terrorista. L'impatto è piuttosto brusco, ci perquisiscono contro il muro, per strada, e in quel momento perdo il contatto con la compagna che è con me. Mi fanno salire su un'auto e mi dicono che sono accusato per aver incendiato una filiale del banco Sabadell ed il C.I.R.E. della via Gran de Gracia e che andranno a perquisire la mia abitazione. Dico loro che voglio che sia presente il mio avvocato. Mi chiedono quale sia e nel dirlo i 4 che sono con me ridono e dicono che questo succede solo nei film, ma insisto affinché siano rispettati i miei "diritti". Ma non importa.
Mi portano a casa ammanettato, con il passamontagna e costretto a guardare per terra. Solo nella portineria posso sollevare la testa e mi rendo conto dell'incredibile dispositivo che era stato allestito, calcolo che sono presenti almeno 14 in borghese, perché c'erano 3 auto piene oltre al cellulare degli antisommossa.
Nell'entrare in casa vedo 6 agenti e la compagna, la qualcosa mi tranquillizza e inizia la perquisizione con il sequestro di manifesti, libri, fanizine, indumenti, 2 computer. Hanno lasciato solo i gatti. In quell'istante mi rendo conto che mi stavano applicando la Ley Antiterrorista, perché era presente la compagna e perché lei lo chiede esplicitamente. In quei momenti nessuno poteva entrare nell'edificio, totalmente occupato dalla brigata. Al termine del loro schifoso lavoro, lasciano la compagna in casa, mi fanno salire su un'auto e mi trasferiscono al commissariato di Zona Franca, lì mi schedano e mi metteno in una cella.
Riesco a vedere un altro compagno, che non è Ignasi, e commentiamo la situazione senza capire bene, perché l'ordinanza di sequestro era solo per me e Ignasi, ma lui viene rilasciato ben presto.
La permanenza in commissariato è abbastanza schifosa. In quelle 12 ore, mi fanno salire per essere interrogato dal capo della brigata e da un altro indesiderabile, i quali con sorrisi sarcastici con i loro volti di torturatori mi chiedono se voglio rilasciare una dichiarazione. Naturalmente mi rifiuto e resto lì seduto con quei 2, fumando una sigaretta e dovendo ascoltare domande come: "chi è stato quello dell'istituto italiano di cultura?", "e di tutte le altre cose accadute?". Io non rispondo e trascorriamo un po' di tempo guardandoci e odiandoci, perlomeno da parte mia, fino a che termino di fumare e di nuovo in cella ammanettato. Il giorno seguente ci conducono al commissariato Les Corts, dove trascorriamo 2 giorni, mangiando 2 panini al giorno. Di lì alla procura. Ignasi viene posto in una cella con un altro detenuto, io sto in isolamento in una cella che ha solo una finestra di 40 x 40 cm e con sbarre. Lì trascorriamo alcune ore, non ricordo quante, fino a che non viene la segretaria della giudice che mi comunica che non trovano il mio avvocato e se vogliamo rilasciare una dichiarazione con uno d'ufficio. Noi rifiutiamo fino a che non trovano il nostro. Alla fine arriva e saliamo a dichiarare: una fottuta farsa, con indizi senza prove. Il magistrato senza guardaci in faccia e senza rivolgerci domande chiede la carcerazione preventiva per noi e senza possibilità di libertà condizionale su cauzione. L'avvocato richiede la libertà condizionale con cauzione, perché non c'è pericolo di fuga né di impedimento alle indagini, ma la giudice di sorveglianza accetta la richiesta della procura e ci conducono direttamente al carcere Modelo.
Qualche maltrattamento nel momento di farci salir sul cellulare, ci spingono con le braccia sollevate, ammanettati all'indietro e tappandoci la bocca perché sanno che fuori ci attendono i nostri compagni. Nel cellulare ci danno dei colpi perché non riescono a sottometterci. Giunti al carcere, il trattamento è quello riservato ai prigionieri politici. In 2 ore ci cambiano per 2 volte di cella e non ci permettono di entrare in contatto con altri detenuti. Quando ci rechiamo dal medico, dall'assistente sociale, dall'educatore lo facciamo sempre da soli, non come fanno gli altri detenuti. Il giorno seguente, il giudice delle indagini preliminari per il nostro caso reitera la nostra privazione della libertà e decide di separarci. Io vengo trasferito a Cap Brians, dove un secondino con tono schifosamente ironico mi dice: "che paradossi ha la vita, ieri hai messo le bombe contro il CIRE e oggi ti trovi dietro le sbarre". Gli dico che rispetti la presunzione d'innocenza e che non ancora sono stato condannato.
Mi risponde: "sei tu che parli della brutalità dei secondini, adesso la sentirai sulle tue ossa".
Fino ad ora non ho sofferto le punizioni fisiche, abbastanza quelle morali, visto che ci disprezzano continuamente come se no fossimo persone; non posso negarlo, non riesco a riposare bene. Sogno continuamente di notte, o meglio ho incubi. Ricordo voi compagni che siete fuori, la mia famiglia. Ma mi dà forza sapere che continuate a lottare come lo faremo noi dalle segrete dello stato. Sappiamo che questo non è il nostro luogo, che è fuori con voi a resistere e continuare fino alla libertà che raggiungeremo se saremo fermi e costanti. Superando qualsiasi barriera che ci pone lo Stato, auto-organizzandoci e lottando. Né le brigate politico-social, né le procure, né le carceri termineranno con l'Anarchia. Se non ci sono riuscite, non ci riusciranno mai.
Vi chiedo solo di continuare, sosteneteci perché ne abbiamo bisogno per non cadere. Sappiamo che a breve dovremo uscire, non ci possono tenere qui se hanno un po' di vergogna. Molto dipende dall'applicazione della maledetta legalità e molto più dalla lotta che si porterà dall'esterno: protestate, gridate e resistete (se volete).

Dal modulo 1 del carcere di Can Brians.

SALUD Y ANARQUÏA
Coraggio e avanti

Ruben Masmano Bernel
(Modulo 1 de C.P. Brians)
C.P. Can Brians
Apartado 1000
08760 Martorell
Barcellona
Spagna

http://www.autprol.org/