06/03/2006: Sono uscita da venti giorni dal carcere "Gazzi" di Messina…
Sono uscita da venti giorni dal carcere di Messina dove ho trascorso otto mesi. Appena arrivata nel carcere di Messina sono stata messa nelle celle dell'alta sicurezza. Si tratta di una decina di celle che sono tutte uguali. Quando si è aperta la porta della mia cella, ho visto una scena bruttissima, a cui non mi sono mai abituata. Una piccola cella con dentro 6 brande e chiaramente 6 donne detenute. I muri erano tutti neri per la sporcizia, pieni di crepe e di muffa. Un barlume di luce entrava da una finestrella di legno, che è antica e lo vedi. Fuori dalla finestrella un lastra di vetro impediva l'ingresso di luce e aria.
A sinistra c'era un bagnetto, tanto piccolo da ospitare solo la tazza. Del bidet neanche l'ombra. C'era solo un piccolo lavandino, che è accanto ai letti, dove noi donne detenute lavavamo tutto: piatti, vestiti e corpi. La cella era piccola, saranno stati 7 mq. Tanto piccola che dovevamo mettere i letti attaccati uno vicino all'altro. Noi vivevamo ammassate.
Restavamo chiuse in quella celletta per 21 ore al giorno. Senza poter lavorare, senza poter dare un senso a quel nostro tempo. Per noi c'era solo la televisione. E per fortuna che c'era. Senza la Tv saremmo morte. Perché oltre alla televisione nel carcere di Messina non c'è nulla.
Il mangiare era uno schifo e sempre lo stesso. La sensazione era di essere trattate come galline a cui dai sempre lo stesso mangime. A pranzo pasta al sugo e a cena minestrina al brodo. Così per mesi e mesi. L'unica novità c'è stata alla vigilia di Natale. Ci hanno dato la mortadella con l'insalata.
Spesso eravamo invase da scarafaggi volanti. Blatte di 3, 4 cm che si mischiavano a noi in quella piccola cella. Entravano in continuazione dal bagno o dalla porta della cella, camminavano sulle lenzuola, ci venivano addosso. Per noi era un incubo. Abbiamo chiesto una disinfestazione ma dal carcere ci hanno risposto: "e a che serve?". Loro la chiamano alta sicurezza, ma per noi era solo altra schifezza.
Dopo 5 mesi passati in quella cella, mi hanno trasferito nelle celle per le detenute comuni. Nel carcere di Messina le celle della sezione "comuni" sono molto piccole. La classica cella un metro per un metro. Celle piccole e buie. C'è infatti una sola finestrella che ha una fitta rete metallica che non fa entrare la luce. Noi vivevamo nell'oscurità. Eravamo in due detenute lì dentro. Nella cella c'è un letto a castello, un piccolo tavolino e un lavandino. Il bagno è un buco con solo la tazza. È uguale a quello delle celle dell'alta sicurezza se non per il fatto che è senza porta. C'è solo un piccolo cancelletto che divide il bagno dalla cella. Siccome quel cessetto senza porta è vicino all'ingresso della cella, praticamente facevano i nostri bisogni in bella vista del corridoio del carcere. Noi non avevamo scelta. Per andare in bagno ci dovevamo imbarazzare, vergognare. Senza parlare della puzza di fogna che esce dal bagno. Accadeva soprattutto di notte, quando il blindo della cella, cioè la porta di ferro, è chiusa.
Anche nella sezione comune del carcere di Messina non c'era nessuna rieducazione. Noi stavamo sempre chiuse in cella. Le due ore d'aria, che facevamo ogni giorno, erano l'unico nostro svago. Molte donne nel carcere di Messina rinunciano anche all'ora d'aria, perché il degrado lì è talmente tanto che ti passa la voglia di fare qualsiasi cosa. È questo forse il male peggiore che ti può prendere in carcere. L'apatia. Un male che ti può ammazzare.
Come è stato per Giovanna, 39 anni, che il 23 dicembre si è impiccata nel carcere di Messina.
Giovanna ha usato il copriletto per ammazzarsi. Una parte legata introno al collo e l'altra attaccata alla finestra della cella. È salita sull'ultimo piano dl letto a castello, si è gettata giù e si è rotta l'osso del collo. Questa è una delle tecniche per morire in carcere. E così ha fatto Giovanna. Era anche lei in attesa di giudizio. Da giorni e giorni chiedeva aiuto perché stava male. Non reggeva il carcere, o meglio, quel carcere. Aveva già tentato il suicidio infilando la testa dentro un sacchetto di plastica, ma neanche quel gesto aveva meritato attenzione o preoccupazione. Per lei, per la sua disperazione, la sola risposta sono state un po' di gocce per dormire.
Il giorno che Giovanna ha deciso di farla finita era sola in cella. La sua compagna era all'ora d'aria insieme a me. Lei aveva detto con non le andava di uscire. Quando siamo tornate l'abbiamo trovata appesa alla finestra. Nel carcere di Messina, l'apatia e l'abbandono che ha ucciso Giovanna colpisce tante donne. Per loro l'unica salvezza è buttarsi nella terapia: le gocce di tranquillanti.
Così in carcere, senza accorgertene, diventi tossicodipendente delle gocce. Quella è la droga legalizzata in carcere. Vai dallo psicologo e lui ti da le gocce. Loro pensano che è meglio che ti prendi la terapia così stai in cella zitta e buona e non dai fastidio. Io stessa ho preso queste gocce in carcere e adesso che sono fuori ne sono diventata dipendente. Questo è quello che mi ha lasciato il carcere. Di notte nel carcere di Messina si sentono tante urla di donne che si disperano.
Sono urla a cui cerchi di abituarti, ma c'è un urlo che ti toglie il sonno e che ti trascina con sé. È quello di un bambino che di notte piange nel carcere di Messina. Lui è uno dei bambini che sta in carcere con sua madre. Può sembrare incredibile ma in un carcere così ci sono anche dei bambini.
Sara, 26 anni
(da Radio Radicale, 2 marzo 2006)
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Casa Circondariale "Gazzi" di Messina
via Consolare Valeria, 2 tel. 090.2281111
e-mail: cc.messina@giustizia.it
Direttore: Calogero Tessitore
Data di costruzione: primi del ‘900
Detenuti:
- Capienza regolamentare 278 detenuti
- Capienza effettiva 433
- 388 sono uomini
- 43 sono donne, tra queste: 26 donne sono condannate in via definitiva mentre 19 sono in attesa di giudizio
Orari:
- I detenuti dispongono di due turni di ore d'aria: 9-11 e 13-15
Staff:
- Un direttore e due vice direttori
- polizia penitenziaria: 270
- educatori: 4
- Personale sanitario: 4 medici, 20 infermieri, 2 psicologi, 1 psichiatra 1 criminologo
- Volontari: non pervenuto il dato
Struttura del femminile:
L'istituto ha strutturalmente spazi angusti, una struttura obsoleta, un indice di pesante sovraffollamento. Le celle che ospitano le detenute sono in condizioni di manutenzione pessima, e dispongono dietro le grate delle gelosie di vetro. Le brande sono arrugginite. In generale la struttura versa in pessime condizioni: i tetti sono affetti da umidità, i cancelli sono molto arrugginiti e le condizioni igieniche precarie.
http://www.autprol.org/