05/03/2006: In riferimento ai fatti del marzo 2001 al Global forum a Napoli
ARRESTATI OTTO POLIZIOTTI TORTURATORI E SEVIZIATORI DELLA CASERMA RANIERO
Le accuse: sequestro di persona, violenza privata, lesioni personali. Cento indagati. Il neoduce Berlusconi, il governo e il capo della polizia fanno quadrato attorno ai poliziotti e attaccano la magistratura. L'Ulivo si barcamena tra la polizia e la magistratura. Bassolino copre le azioni squadristiche della polizia a Napoli e a Genova
L'ASSOCIAZIONE DEI MAGISTRATI: "DAL GOVERNO ATTACCHI INACCETTABILI''
Il 17 marzo 2001 a Napoli si svolsero le prove generali della mattanza che, a distanza di quattro mesi, si sarebbe compiuta a Genova.
Questo sembrano confermare i primi risultati dell'inchiesta che la procura di Napoli sta svolgendo su ciò che avvenne quel giorno nel capoluogo partenopeo durante e dopo la manifestazione contro il Global forum.
Una strategia repressiva che come un filo nero lega il governo di "centro-sinistra'', che l'ha inaugurata a Napoli, a quello di "centro-destra'' che l'ha portata alle sue estreme conseguenze a Genova.
Una strategia tesa a ridisegnare nei fatti, ancor prima che formalmente, ruoli, funzioni e operatività delle forze di polizia del regime neofascista e lanciare un messaggio intimidatorio e repressivo al movimento contro la globalizzazione e a qualsiasi opposizione.
Per ora, l'inchiesta è come una nave appena messa in mare che non si sa se giungerà a destinazione, o sarà costretta ad arenarsi o addirittura verrà affondata prima di arrivare in porto.
Comunque vada, gli atti di accusa dei sostituti procuratori Marco Del Gaudio e Francesco Cascini, coordinati e diretti dal procuratore aggiunto di Napoli, Paolo Mancuso, restano nero su bianco e sono pesantissimi tanto da spingere il gip Isabella Joselli ad accogliere le richieste dei Pm e a firmare il 26 aprile le ordinanze di arresto domiciliare a carico di due funzionari e sei tra ispettori e sovrintendenti della polizia in servizio quel 17 marzo alla caserma Raniero di Napoli.
I reati ipotizzati sono di concorso in sequestro di persona, abuso d'ufficio, violenza privata e lesioni personali compiuti ai danni di 87 giovani manifestanti e non che feriti, dopo la manifestazione contro il Global forum, si recarono all'ospedale per essere curati e lì furono identificati e condotti con la forza alla caserma Raniero, sede del reparto "volanti'' della polizia di Stato.
Nella "stanza del benessere'' della caserma, ribattezzata la "stanza delle torture'', furono offesi, umiliati, denudati, pestati e seviziati.
Fra i poliziotti agli arresti domiciliari spiccano quelle del vicequestore Carlo Solimene (capo della narcotici) e del commissario capo Fabio Ciccimarra (figlio di un questore e dirigente della sezione antirapina). Seguono gli ispettori Luigi Petrone e Francesco Adesso e i sovrintendenti Pietro Bandiera, Paolo Chianese, Francesco Incalza e Michele Pellegrino.
Il commissario Fabio Ciccimarra compare tra gli indagati per concorso in lesioni anche nell'inchiesta della procura di Genova sui fatti del G8, quando la sera del 21 luglio comandò un gruppo di poliziotti che prese parte all'irruzione notturna nella caserma Diaz.
Per tutti, giovedì 9 maggio, è attesa la sentenza del tribunale del riesame che dovrà valutare e de-cidere le eventuali scarcerazioni.
Oltre agli arrestati, risultano indagati per gli stessi reati circa 100 poliziotti, fra cui altri cinque funzionari. Nei confronti di un agente, per il quale per ora è stato respinto l'arresto cautelativo, è stato ipotizzato anche il reato di violenza sessuale.
Pochi giorni dopo l'arresto dei poliziotti sono stati recapitati otto avvisi di garanzia ad altrettanti manifestanti. Non vorremmo che ciò fosse il tentativo di controbilanciare l'azione giudiziaria nei confronti della polizia e dividere le responsabilità fra manifestanti e "forze dell'ordine''.
Torniamo indietro ai fatti di quel 17 marzo 2001.
LA "TONNARA'' DI PIAZZA MUNICIPIO
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"La polizia del `centro-sinistra' aggredisce a manganellate e lacrimogeni la grande manifestazione dei 30mila contro il Global forum". Così titola "Il Bolscevico'' in prima pagina il servizio della Redazione napoletana sulla manifestazione, invocando le dimissioni dell'allora ministro dell'Interno Enzo Bianco e del questore di Napoli Nicola Izzo, già segretario ed esponente del Sap, il sindacato di polizia più a destra.
Il 17 marzo 2001 trentamila manifestanti sfilano in corteo da piazza Mancini a piazza del Municipio per contestare il Global forum, la terza conferenza sull'e-government, l'uso della tecnologia nella pubblica amministrazione.
La conferenza che si è svolta a Napoli dal 16 al 18 marzo, è difesa da imponenti misure di sicurezza con tanto di "zona rossa'' disposta dall'allora ministro Bianco. La testa del corteo, raggiunta verso le 12 piazza del Municipio, chiede che una delegazione possa attraversare la "zona rossa'' ed essere ricevuta al forum.
Ma, mentre si tratta, partono repentine da tutte le direzioni cariche congiunte di carabinieri, poliziotti e finanzieri che in assetto di guerra avevano già circondato la piazza impedendo ai manifestanti ogni via di fuga. La piazza diventa così, come poi è stata definita, una "tonnara'': lacrimogeni lanciati massicciamente e ad altezza d'uomo, caroselli impazziti di blindati e volanti che ad alta velocità si gettano contro la folla, manganelli e fucili impugnati al contrario e usati come mazze contro tutti coloro che si trovavano nella piazza, su manifestanti pacifici e a mani alzate, su ragazze e ragazzi di 14-15 anni, su semplici passanti, su fotografi e giornalisti.
Chi cerca di scappare e di allontanarsi, viene rincorso e percosso violentemente e ripetutamente da gruppi di poliziotti. La delegazione del PMLI presente in quel momento in piazza è testimone oculare di questa mattanza.
La repressione fascista delle "forze dell'ordine'' non si ferma nemmeno quando il corteo è ormai sfasciato e disperso. Inizia allora la caccia all'uomo nella piazza e nei vicoli adiacenti con l'aggressione a ragazze e ragazzi già sanguinanti e in fuga. Il risultato finale è di 200 feriti "ufficiali'', ma molti per paura non si recano nei presidi ospedalieri, 2 gli arrestati.
Un'operazione con tutta evidenza orchestrata a tavolino e che probabilmente ha comportato anche l'uso di provocatori, i cosiddetti "facinorosi'', contro cui, a dire dei responsabili, era rivolta l'azione repressiva. Si voleva reprimere, intimidire, dare una lezione a tutti i manifestanti. Altrimenti non si sarebbero chiuse le vie di fuga, né si sarebbero proseguite le cariche e i pestaggi a sangue dopo lo scioglimento del corteo.
Ciò è dimostrato anche da ciò che è avvenuto successivamente alla caserma Raniero, oggetto degli attuali provvedimenti giudiziari.
LA "STANZA DELLE TORTURE'' ALLA RANIERO
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Fin dal giorno precedente, il 16 marzo, il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica (di cui facevano parte il questore Izzo, il prefetto Carlo Ferrigno, l'allora sindaco diessino Riccardo Marone e i comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza) aveva scelto la caserma Raniero quale sede dove condurre per l'identificazione, la verbalizzazione e la denuncia i fermati durante la manifestazione del giorno successivo.
Già si prevedeva, evidentemente, che ci sarebbero stati dei fermati ma anche la necessità di una sala ampia dove riunirli. In realtà la caserma non servì allo scopo formalmente deciso poiché non vi furono condotti i fermati durante gli scontri di piazza, bensì i manifestanti che si erano rivolti agli ospedali per curare le ferite subite, nonché i loro accompagnatori e persino due ragazzi estranei alla manifestazione caduti di motorino per un totale di 87 persone.
Nei locali le ragazze e i ragazzi vennero riuniti nella cosiddetta "sala del benessere'', ribattezzata da un agente "stanza delle torture'', e qui costretti a subire in ginocchio faccia al muro per ore e ore ogni sorta di oltraggio, umiliazione, perquisizioni e percosse, compresi denudamenti e flessioni.
Vere e proprie torture e sevizie fisiche e psicologiche, senza possibilità di avvisare i familiari e nemmeno i propri avvocati, come testimoniano i racconti di alcuni di loro che in queste pagine pubblichiamo e come ci hanno raccontato militanti e simpatizzanti del nostro Partito che furono fermati e condotti alla caserma Raniero.
Nell'ordinanza di arresto firmata dal gip Joselli, si legge che il fermo dei giovani agli ospedali è "fuori da qualsiasi previsione normativa''. L'ulteriore identificazione dei manifestanti, già eseguita dagli agenti all'interno delle strutture ospedaliere, sarebbe stata del tutto "ingiustificata''.
Il gip ha fatto così propria l'accusa dei pm Del Gaudio e Cascini secondo cui la polizia ha agito in "assoluta carenza oggettiva di potere''. Il comportamento dei poliziotti, fra l'altro, ha dimostrato che essi hanno operato sapendo di non poter fare quello che hanno fatto. Infatti, si legge nella motivazione del loro arresto, "gli stessi ufficiali e agenti di polizia giudiziaria non hanno redatto alcun verbale di fermo e non hanno in alcun modo giustificato la loro condotta, posta in essere su un ordine palesemente illegittimo, non a caso dato oralmente non si sa ancora bene da chi''.
"Non può negarsi - aggiunge il gip - che la volontà degli agenti sia stata quella di tenere in una situazione di soggezione e di vincolo, soggetti rei di aver partecipato alla manifestazione e pertanto meritevoli di una punizione, al di là di quanto consentito dalla legge e al di fuori di ogni possibile verifica dell'autorità giudiziaria''.
Chi impartì l'ordine di piantonare gli ospedali e trasferire alla caserma Raniero tutti coloro che avevano chiesto soccorso medico? Dai verbali di interrogatorio di alcuni poliziotti che operavano sulle volanti, risulta che tale ordine fu impartito dai vertici della questura via radio.
Altri affermano che gli agenti in servizio nella caserma erano stati avvisati già alle 10 del mattino. Ma nessuno finora ha chiarito chi fu a dare tale ordine. Una "consegna del silenzio'' dalla quale si deduce che evidentemente l'ordine arrivò dall'"alto''.
Per i magistrati di Napoli ci fu un solo disegno dietro le cariche al corteo e le sevizie sui fermati in caserma. La polizia avrebbe infatti messo in atto un vero e proprio piano: prima, in piazza, chiudere ogni via di fuga ai manifestanti, poi, prelevare i feriti negli ospedali e segregarli, intimidirli, malmenarli e zittirli nella caserma Raniero. Il piano, scrivono i pm, va ricondotto "ai più alti livelli di responsabilità decisionale''.
Napoli in quei giorni era sotto i riflettori d'Italia e del mondo intero. Non è pensabile che la "sicurezza'' e l'"ordine'' in città non fossero gestiti ai "massimi livelli''.
IL GOVERNO FA QUADRATO
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Durante l'esecuzione degli arresti, un centinaio di poliziotti ha formato una catena umana di fronte alla questura di Napoli in segno di solidarietà nei confronti dei colleghi. La senza precedenti protesta è proseguita anche nei giorni successivi.
Più grave ancora è l'atteggiamento del governo e del capo della polizia Giovanni De Gennaro che hanno fatto immediatamente quadrato attorno ai poliziotti e attaccato i magistrati.
Hanno iniziato il vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini (che tra l'altro ha avuto un oscuro colloquio telefonico con Cordova, procuratore capo di Napoli), alcuni ministri e poi tutte le seconde file che hanno espresso immediata solidarietà alle "forze dell'ordine'' e messo in discussione la legittimità e l'onestà dell'operato dei magistrati. E alla fine, a distanza di alcuni giorni, è entrato in campo in prima persona il neoduce Berlusconi, che parlando all'assemblea della Confartigianato, ha ringraziato gli uomini della sicurezza e della polizia.
"Dopo Napoli - ha detto -, a loro vanno il ringraziamento e la riconoscenza del governo e, sono sicuro, della maggioranza degli italiani''.
Le forze governative, col sostegno dei sindacati di destra della polizia, colgono al balzo gli avvenimenti di Napoli non solo per esaltare le "forze dell'ordine'', ma anche per invocarne la piena autonomia sia nello svolgimento delle indagini, sia nella gestione dei servizi di "ordine pubblico'' senza "interferenze'' da parte della magistratura.
Il vice direttore del quotidiano del presidente del consiglio, "Il Giornale'', Paolo Guzzanti, nell'editoriale del 29 aprile, grondante di neofascismo e militarismo, oltre a rivendicare la "legittima difesa'' dei poliziotti e a negare di fatto il diritto di manifestazione ("è ovvio'', "è inevitabile'' che "la repressione investa anche manifestanti pacifici'' è la sua conclusione), oltre ad annunciare, ossia minacciare, simili scenari anche per il prossimo Forum sociale europeo che si dovrebbe tenere a Firenze, invoca di fatto mano libera per i poliziotti che devono poter fare "Il loro mestiere senza farsi guidare e magari paralizzare da un magistrato''.
Una polizia insomma completamente libera da ogni controllo giudiziario, con garanzie di impunità, direttamente al servizio e braccio armato dell'esecutivo. Insomma, una vera e propria polizia da regime fascista.
IL "CENTRO-SINISTRA'' BALBETTA
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Il "centro-sinistra'' da parte sua balbetta e cerca di barcamenarsi fra polizia e magistratura. Pesano certamente le proprie responsabilità politiche e operative sui fatti che sono avvenuti durante un proprio governo.
Ma anche una sostanziale condivisione della strategia repressiva attuata prima a Napoli e poi a Genova.
Per esempio da parte delle forze politiche del "centro-sinistra'', dalla Margherita ai Ds, si tenta di distinguere fra le "legittime'' cariche poliziesche in piazza del Municipio, dagli abusi commessi alla caserma Raniero.
Rutelli e Bianco, comunque, si domandano perplessi se era necessario arrivare proprio agli arresti degli agenti.
I dirigenti diessini Fassino, Violante e Angius in un comunicato congiunto ci tengono a far sapere che comprendono "lo stato d'animo della polizia alla quale va tutta la nostra fiducia''.
Il governatore Antonio Bassolino che all'epoca era già presidente della regione Campania, da parte sua tenta di minimizzare e quindi coprire le azioni squadristiche di Napoli e Genova, dividendo equamente le responsabilità fra "forze dell'ordine'' e manifestanti: "A Napoli come a Genova - dice in un'intervista a `la Repubblica' del 1· Maggio - è andata in scena la generale impreparazione di tutti: di chi organizza le manifestazioni e di chi è chiamato a proteggere l'ordine pubblico".
I MAGISTRATI DENUNCIANO
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Fatto sta che L'Associazione nazionale dei magistrati (Anm) è stata costretta a intervenire in prima persona contro la campagna governativa contro la magistratura e "le inaccettabili accuse di faziosità mosse'' ai colleghi napoletani "da esponenti del governo e delle istituzioni''.
Una campagna senza precedenti che segnala un improprio e gravissimo condizionamento da parte dell'esecutivo nei confronti della magistratura, sia quella che sta ancora indagando, sia quella che dovrà in seguito giudicare che nasconde anche l'obiettivo di piegare le resistenze della magistratura alla linea giudiziaria del governo.
In un comunicato la giunta distrettuale napoletana dell'Anm sostiene apertamente che qualcuno mira a "utilizzare strumentalmente questa vicenda come pretesto per attuare la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, con l'obiettivo di sottoporre questi ultimi al controllo dell'esecutivo''.
In una lettera aperta agli organi di informazione (che pubblichiamo a parte), Magistratura democratica (Md) risponde a chi nei fatti invoca l'impunità della polizia e solleva obiezioni di legittimità all'operato dei magistrati: "C'è stata una norma che ha previsto un regime speciale per la polizia: l'art. 16 del codice di procedura penale del 1930 secondo cui `non si procede senza autorizzazione del ministro della giustizia contro gli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o contro i militari in servizio di pubblica sicurezza, per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica'.
Ma - aggiunge Md - era il fascismo (e non a caso la norma è stata dichiarata illegittima con una delle prime sentenze della Corte costituzionale)''. Md conclude che c'è un "piano eversivo'' dietro gli attacchi ai magistrati che indagano sugli abusi della polizia a Napoli.
Enzo Albano, presidente dell'XI sezione penale del Tribunale di Napoli, è stato testimone oculare di quanto è avvenuto a Piazza Municipio e insieme a un altro giudice, Nicola Quatrano, ha denunciato ciò che ha visto nella "tonnara''. Egli nega che ciò che è avvenuto sia frutto di eccessi individuali e afferma: "La domanda vera è questa: c'è stata una strategia? Bisogna chiederselo perché in tanti avevamo detto quel 17 marzo: si stanno preparando all'appuntamento di Genova. Eppure averlo previsto non consola affatto. Inquietante è la consonanza nella repressione tra il centro destra e il centro sinistra. In questo Paese non c'è nulla capace di mettere d'accordo tutti come l'ordine pubblico''.
VOGLIAMO LA VERITA'
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Viste le premesse, c'è da giurarci che questa inchiesta non avrà vita facile. Ciononostante noi invochiamo verità. Vogliamo sapere se effettivamente, come i fatti sembrano dimostrare, c'è stata una strategia che mirava a fare di Napoli una sorta di prova generale per verificare la tenuta, l'operatività, la capacità repressiva delle "forze dell'ordine''. Se in quella circostanza si volle imprimere un salto di qualità al ruolo, alle funzioni e alla libertà di azione degli apparati repressivi per poi portarlo alle estreme conseguenze a Genova.
Vogliamo che siano puniti chi si macchiò in prima persona di tanta ferocia, ma soprattutto vogliamo che siano individuati e puniti i mandanti politici, esterni e interni al governo, alle istituzioni e alle stesse "forze dell'ordine'', di tale strategia neofascista.
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