12/02/2006: Sullo sciopero della fame in carcere; Carteggio tra Claudio Lavazza e Sedar Demirel, rivoluzionaria turca


Albolote (Spagna) 23 agosto 2005
Carissimi Fotua e Sedar, e tutti voi che lottate contro l'isolamento carcerario. Non so davvero da dove cominciare, forse questa è la lettera più difficile della mia vita. Conosco la vostra situazione da sempre... In effetti è possibile conoscerla a fondo solo quando si vive l'orrore dell'isolamento carcerario... Io l'ho vissuto per 8 anni (e da pochi mesi che sono uscito) nei moduli FIES, qui in Spagna (che non sono certo comparabili con le prigioni di tipo F in Turchia). La vita che state dando, le vite che si sono perdute, sono e saranno un esempio della lotta per il diritto ad una vita degna. Ognuno di noi può scegliere il modo migliore di lottare, questo dipende dalle circostanze che il Nemico ci impone... i limiti li imponiamo noi stessi... ed è un diritto che nessuno può toglierci.

La vita appartiene al singolo individuo, lui e solo lui può decidere cosa farne... Morire in un terribile sciopero della fame è una scelta... e, anche se personalmente non sono d'accordo, non posso che inchinarmi davanti alla vostra decisione. Non ho consigli da darvi, su come si possa lottare lì da voi, solo posso dirvi che una vita vostra vale più di 100 vite dei vostri aguzzini.

Quando stavo in isolamento pensavo che se un giorno il sistema di Dominio mi obbligava a vivere nell'orrore, io gli restituivo tutto l'orrore di cui ne ero capace. Siamo noi, i detenuti, che possiamo cambiare il carcere. Se ci fanno vivere nell'inferno, non dimentichiamo che i carcerieri ci vivono e lavorano e che alla fine del turno di guardia vogliono tornare a casa ed abbracciare le loro mogli e i loro figli... Noi non abbiamo questo spazio di felicità, noi non abbiamo più niente da perdere, per cui l'inferno lo possono vivere pure loro e questo è un lusso che possiamo permetterci solo e unicamente con la nostra presenza in vita... Se ce ne andiamo, sarà per loro un'allegria... Non ci sarà più nessuno che perturberà loro l'esistenza, potranno continuare con tranquillità il loro sporco lavoro, torturando il prossimo compagno che gli capiterà tra le mani. Queste che vi dico non sono solo parole... bensì esperienze di vita, vissute personalmente da me e da qualche compagno che ho conosciuto e conosco. Anche qui in Spagna, sotto la dittatura fascista del generale Franco, la vita di un prigioniero non valeva niente... torture... assassinii... isolamento erano all'ordine del giorno e la risposta tanto da dentro come fuori dalle galere fu molto dura contro i torturatori, tan'è vero che in alcune carceri gli aguzzini avevano un vero terrore ad entrarvi.

Scusatemi per il tono, ma è quello che mi viene da dirvi in una situazione così drammatica, è quello che sento dentro con la rabbia che non posso nascondere, con l'impotenza per combattere l'indifferenza della gente.
Vorrei che queste parole cambiassero la rotta strategica del presente e lottassimo tutti uniti per l'abolizione dell'isolamento e per la vita.

Con @more, Claudio

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Merhaba, querido Claudio
Salve...
ho ricevuto la tua lettera e ti ringrazio. Ritengo che sia stata scritta in modo onesto e con il cuore, con le migliori intenzioni. Per questo ho il più profondo rispetto per i tuoi pensieri. Tu conosci le risposte a domande quali le condizioni di isolamento, dalla tua stessa esperienza. I dettagli possono essere un po' diversi, ma è più o meno lo stesso in tutti i luoghi.
Pertanto non c'è bisogno di aggiungere altro. Ma voglio condividere con te i miei pensieri sull'isolamento, su cosa esso significhi. Visto che parli di un "terribile sciopero della fame", risponderò a questo quesito.

L'isolamento è oggi una delle armi utillizzate dal nemico. Gli imperialisti degli USA o della UE, oltre agli altri Stati, utilizzano l'isolamento contro tutto ciò che si oppone loro (paese, gruppo, organizzazione, persone, individui), allo scopo di isolare la protesta. Per farlo non esitano a ricorrere alla violenza. Non voglio soffermarmi sul punto, poiché i metodi e gli obiettivi degli imperialisti ed i loro collaboratori per creare l'inferno per gli oppressi sono ben noti.

Caro Claudio, come hai detto è il nemico che determina le condizioni delle forme di lotta contro questi attacchi. Pertanto, la risposta al quesito sul metodo di lotta si trova qui. L'individuo o l'organizzazione hanno solo una scelta di fronte a tali aggressioni. Oggi, nel nostro paese, cercano di individualizzare le persone, di evitare che si organizzino in qualsiasi campo: economico, politico e sociale. Per farlo utilizzano tutto: leggi, divieti e pressioni contro le stesse leggi e perfino la degenerazione culturale. Terminerà così la solidarietà, l'aiutarsi gli uni con gli altri, il condividere gli uni con gli altri, l'organizzarsi e il lottare insieme; invece di essere organizzati, ognuno sarà un "individuo". Si giunge al punto che non possono tollerare la solidarietà che altri lavoratori - non gli studenti o i disoccupati, ma i lavoratori dello stesso settore di un'altra impresa- mostrano a dei colleghi in sciopero. "Preoccupati di te stesso" dicono e minacciano. Così vale per tutte le cose. In tale contesto politico, l'imperialismo ha iniziato dal 2000 a cambiare le prigioni comuni in prigioni di tipo F. Oggi siamo in tanti a sperimentare questa politica nella maniera più esplicita. L'obiettivo è quello di distruggere qualsiasi tipo d'organizzazione, e perfino il pensare in maniera organizzata. Questo è l'obiettivo di tale politica. Qui, nella nostra vita, tutto è teso ad individualizzarci.

Cercano di compensare la disperazione prodotta dallo smettere di vedere la gente con l'uso di "celle comuni" (le chiamano "celle sociali"), le quali nonostante fossero basate sull'arbitrarietà erano comunque accettate per ragioni architettoniche, senza una reale conoscenza del problema e senza pensare alle conseguenze a lungo termine.
Ma non è una questione tecnica, bensì politica. Siamo gente organizzata.
Abbiamo ideali, speranze, realtà e obiettivi. Vogliamo superare l'oppressione e lo sfruttamento nel nostro paese e nel mondo, vogliamo che la gente sia libera e utilizziamo i metodi conformi alle condizioni del nostro paese per ottenere tali obiettivi.

Come tu stesso hai scritto, i potenti utilizzano qualsiasi tipo di oppressione per ostacolarci e per mantenere il sistema di dominio. Contro questo, noi oggi non abbiamo alcuna scelta, se non quella di far ricorso alla forza rivoluzionaria. Non siamo noi a determinare la forma della lotta; è una necessità sotto le condizioni del nostro paese e per essere capaci di raggiungere i nostri obiettivi.

L'isolamento è anche una questione che deve vedersi sotto l'aspetto di una strategia generale, visto che è una politica che interessa non solo le carceri, ma tutta la nostra gente. Siamo prigionieri, ma non siamo disorganizzati. Ci tengono uniti i nostri pensieri, i nostri ideali. Questo è ciò che le prigioni di tipo F cercano di fare a pezzi. In altre parole: non sarai organizzato ma personalizzato, dimenticherai i tuoi ideali e i tuoi pensieri, vivrai solo come un "individuo". Questo è il succo del discorso. Ogni ordine, legge, divieto, punizione, ecc. sta cercando questo.

Ed è contro questa politica che resistiamo e lottiamo. Noi diciamo: o vivremo con i nostri pensieri o moriremo. Perché politicamente convertirsi in un "individuo" significa la morte in ogni caso, significa abbandonare i tuoi ideali. Se ci sarà una rivoluzione nel nostro paese, questa non si realizzerà con "individui", ma in maniera organizzata...

Caro amico, in sintesi il "terribile sciopero della fame" come tu lo chiami non è una scelta che possiamo fare, ma una necessità. Noi non vediamo la nostra lotta contro l'isolamento come una questione limitata a modificare le condizioni di detenzione.

Rispetto al caso personale, voglio solo dire: abbiamo un proverbio che dice "Guardi gli alberi, ma non vedi il bosco". Sebbene i secondini siano coloro che eseguono le politiche, lottare contro di essi non darebbe alcun risultato. Al contrario, debiliterebbe l'obiettivo. Coloro che hanno ideali elevati non seguono la politica che avvalora il piccolo di fronte al grande, ma questo è un affare collegato alla tua strategia generale e non può, né deve, vedersi in maniera isolata.

Caro Claudio, ogni rivoluzionario porta avanti una lotta per raggiungere i suoi ideali ed è ansioso per ottenere i suoi obiettivi. Ha sentimenti come qualsiasi "normale essere umano", nessuno vuole morire prematuramente. In altre parole, nessuno inizia perché vuole morire. Ma, come ogni compito, c'è bisogno di grandi sforzi e in determinate occasioni ciò ha il suo prezzo, ed è così che c'è anche un prezzo da pagare per essere dei rivoluzionari. Se scegli, devi essere preparato per pagare il prezzo più alto per raggiungere i tuoi ideali e obiettivi. Significa non abbandonare la lotta, non abbandonare i tuoi ideali. Potrebbe apparire come un discorso radicale. Ma sotto le condizioni di oppressione e di repressione in corso nel nostro paese, la nostra resistenza gioca un ruolo molto importante ed è una dichiarazione e una realtà nel luogo adeguato. Giunti a questo punto è sbagliato parlare di dubbi personali. Naturalmente, ogni persona che lotta per la liberazione della nostra gente è un tesoro. Qualsiasi vita offesa, qualsiasi vita sacrificata non può essere chiamata "morte inutile". E' una luce per gli altri che si lascia dietro di sé. Spiana la strada.

Caro amico, il problema potrebbe essere affrontato con maggior ampiezza; ma, pensando al bisogno di tradurre e prendendo in considerazione il fatto che la lettera ti deve giungere, chiudo qui. Spero di averti fornito l'essenza dei miei pensieri sulla questione.

Infine voglio dirti quanto segue: fino ad oggi, in 5 anni, 120 amici hanno perso la vita e centinaia soffrono per danni irreparabili. Ci saranno altri che perderanno la vita, ma la nostra resistenza avrà successo. Non è un credo teorico. E' la visione di chi conosce la realtà del suo paese e del mondo, capace di condurre analisi. Di questo ne son certa e il mio cuore è pieno di felicità e di pace per essere una piccola parte di questi grandi ideali.

Un giorno, presto o tardi, l'oppressione e lo sfruttamento saranno cancellati dal mondo... Con questa convinzione e i miei sentimenti rivoluzionari, ti saluto e ti auguro tutto il meglio.

Conserva le tue speranze e la tua resistenza. Con amore,

Sedar Demirel

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A cura dell'Archivio Severino Di Giovanni

Per scrivere a Claudio:

Claudio Lavazza
C.P. de Albolote (Mod °2)
Carretera de Colomera, Km. 6,5
18220 Albolote (Granada)
España

http://www.autprol.org/