28/12/2005: LA LORO REPRESSIONE FOMENTA LA NOSTRA RABBIA!
SABATO 12 NOVEMBRE 2005: un centinaio di compagni venuti da diverse città d’Italia manifestano per le vie di Bergamo fino ad arrivare al carcere della città, per portare solidarietà ai detenuti immigrati. Dopo diverse cariche e pestaggi da parte della polizia, partite nei pressi del carcere, il risultato è stato: 26 fermi di cui 14, tra compagni e compagne arrestate.
Gli arrestati sono stati liberati dopo 4 giorni di galera, durante i quali hanno ricevuto molta solidarietà sia da detenuti extracomunitari che comuni. A due compagni del C.P.O. Gramigna viene imposta la misura cautelare in casa dalle 20.00 alle 6.00 e obbligo di dimora a Padova.
MERCOLEDI' 14 DICEMBRE 2005: dopo il ricorso fatto dal PM, che chiedeva la custodia cautelare in carcere per tutti i 14 arrestati, il giudice dà gli arresti domiciliari ai 2 compagni del Gramigna, l’obbligo di firma per un terzo e diverse custodie cautelari a vari compagni che erano stati arrestati e finora liberi.
Sono poi 15 le denunce che dovrebbero essere notificate ad altrettanti compagni, accusati di aver partecipato agli scontri del 12 novembre. Da sottolineare è il fatto che tutti i fermati alla manifestazione non sono stati trovati in flagranza di reato, che dimostra come i compagni e le compagne siano stati repressi con accuse farsa da parte di Digos e polizia.
Il caso politico che si è creato attorno agli arrestati di Bergamo, dove si è voluto colpire chiaramente la solidarietà che è stata portata ai detenuti, è uno degli esempi più significativi del salto autoritario, nel campo della repressione e controrivoluzione, messo in piedi dallo stato fascista negli ultimi tempi nei confronti di comunisti e anarchici, ma più in generale verso tutti coloro che non accettano a testa bassa i voleri e le politiche della borghesia e che lottano per il proprio futuro e per i propri diritti mettendo in discussione lo stato di cose presente. Si è creata una vera e propria “strategia preventiva” per stroncare sul nascere le continue lotte che da anni stanno caratterizzando il nostro paese.
In nome della sicurezza e della legalità si bastonano gli operai che scendono in piazza per il rinnovo del loro contratto, come è successo il 4 ottobre scorso a Roma ai lavoratori della Finmek caricati da polizia e carabinieri, si reprime il movimento studentesco che si mobilita contro una riforma universitaria classista ed elitaria. In nome della sicurezza e della legalità i padroni al potere arrestano e denunciano coloro che si oppongono all’esistenza dei Cpt, i nuovi lager di stato, caricano di notte la popolazione di Venaus mentre presidiava i cantieri dell’alta velocità o accusano di terrorismo chi si organizza per dar voce alla legittima resistenza del popolo iracheno, da ormai 15 anni sotto le bombe dei governi imperialisti.
Ma di quale sicurezza e legalità si riempiono la bocca Pisanu e lor signori? Evidentemente la sicurezza per i padroni e per i loro servi sbirri, di poter fare liberamente i loro sporchi giochi di potere senza che nessuno abbia solo la possibilità di manifestare il proprio dissenso e lo fanno come sempre alle spese delle masse e dei proletari.
Per tentare di spezzare ogni tipo di opposizione sociale a questo sistema, la borghesia si sta adottando di vari e nuovi metodi repressivi, vanno in questa direzione tutte le modifiche del codice penale, dell’ordinamento penitenziario, dell’Arma dei carabinieri, dei Servizi segreti e di molti altri apparati. Tutto ciò sta modificando e modificherà la vita e la libertà di migliaia di persone.
Altre cose stanno invece segnando la realtà dei compagni e di chi partecipa allo scontro sociale: si fa un uso indiscriminato dei reati associativi (270 bis e 270 ter ad esempio), denunce, arresti, perquisizioni, intercettazioni, fino ad arrivare alla legge Pisanu del 31 luglio 2005, che inasprisce le leggi repressive contro gli stranieri arrivando a istituire reati associativi fino al 270 sexies, che definisce “meglio” le “condotte per finalità di terrorismo”, considerando come tali tutte le forme di organizzazione e pratica politica. Oltre a tutto ciò, si estende il regime di carcere duro ai compagni (41 bis c. penale), come sta accadendo per i 7 militanti accusati di appartenenza alle nuove B.R.
Non occorre essere ad Abu Ghraib per vivere sulla propria pelle la tortura e la violenza dello stato borghese! Questo succede a tutti coloro che alzano la testa e resistono, dall’Italia alla Palestina, dalla Francia all’Iraq, dove l’accusa di “terrorismo” e di “eversione” mossa dai padroni, però, non ferma la lotta e la solidarietà popolare, che è sempre stata manifestata con molte forme: cortei sotto le carceri (come in occasione di Biella), presidi, iniziative benefit per prigionieri politici, assemblee ecc.
La solidarietà rappresenta la nostra arma più efficace: una solidarietà di classe che sappia unire in un filo rosso, da dentro a fuori le carceri, tutti coloro che si battono per una società migliore senza classi, guerre e sfruttamento.
SE LA GIUSTIZIA BORGHESE E’ VIOLENZA DI STATO LA GIUSTIZIA PROLETARIA E’ RESISTENZA!
Centro Popolare Occupato Gramigna
Padova, 22/12/2005
http://www.autprol.org/