14/11/2005: Due lettere dal carcere di Nuoro


CARMELO MUSUMECI è un ergastolano in carcere da 15 anni. Dopo decine di trasferimenti e soprusi oggi si trova a Nuoro dove è impossibilitato per ovvi motivi di distanza a svolgere i colloqui con la sua famiglia che vive in Toscana.
In questi anni in carcere ha conseguito la licenza media, il diploma superiore e la laurea in Scienze Giuridiche all’Università di Firenze. Le date degli esami universitari sono stati per lui l’occasione per poter usufruire dei colloqui con la sua famiglia.
A settembre di quest’anno ha rinnovato la sua iscrizione per conseguire la laurea specialistica in Giurisprudenza, ma per tutta risposta il Ministero di (in)Giustizia gli ha imposto di iscriversi all’Università di Sassari.
Ha per il momento sospeso l’idea di uno sciopero della fame ma la sua storia rimane rappresentativa di come il carcere sia soltanto un luogo di abuso che tenta di svilire e annientare ogni individuo che capita nelle sue grinfie, e di come la pena sia una mera vendetta soprattutto nei confronti di chi non è disposto a chinare la testa.
Carmelo finora si è scontrato numerose volte con la direzioni delle carceri in cui si trovava detenuto. Esattamente per ritorsione è stato spedito a Nuoro tre anni fa, dopo aver protestato nel carcere di Sulmona contro le condizioni detentive cui era sottoposto Francesco Catgiu, un detenuto che soffre di claustrofobia e si trova su una sedia a rotelle, all’epoca della direzione della famigerata Armida Miserere.
Al di là della condivisione o meno delle sue parole, esse sono importanti per comprendere meglio la vile quotidianità che colpisce i “comuni mortali” sequestrati nelle patrie galere, che molto spesso non possono neppure far conoscere quanto accade loro.

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Lettera aperta al mio direttore
Per conoscenza al Ministro della Giustizia
Egregio direttore, contavo nell’aggiornamento della relazione di sintesi sulla osservazione di trattamento per essere declassificato per poi, finalmente, dopo tre anni di esilio, essere trasferito in un carcere in una regione vicino a quella di residenza della propria famiglia...
Invece, ho saputo che lei ha rinviato la riunione per chiedere le informazioni del Comitato.
A parte che le ultime informazioni sono di un anno fa, cosa vuole che vi manda a dire il Comitato?
A parere loro oggi sono più pericoloso di ieri, probabilmente a causa di vecchi e polverosi verbali e fascicoli con l’aggiunta di qualche menzogna burocratica. Fuori, quindi circa 15 anni fa, io facevo il delinquente non facevo il frate. Se appartenessi ancora alla malavita ora probabilmente avrei la possibilità di fare i colloqui anche qui in Sardegna o in qualsiasi altro carcere d’Italia. E probabilmente sarei già stato anche declassificato dal circuito “Elevato Indice di Vigilanza”. Solo gli scemi come me, che tentano di essere se stessi, e qualche extracomunitario, che hanno avuto il 14 bis tengono l’E.I.V. per anni e anni. Io per esempio fra 41 bis ed E.I.V. sono 13 anni inserito in questo girone infernale che mi tiene lontano da un carcere vicino casa.
Insomma, egregio direttore, mi ha deluso ancora una volta, dico deluso perché penso che i miei “Educatori” dovrebbero essere migliori di me. La scusa di chiedere di nuovo le informazioni al Comitato mi appare come una inutile perdita di tempo. E’ come domandare a Dio se i diavoli dell’inferno sono buoni. Lei non ha le palle per giudicare se sono buono o cattivo? Eppure nel bene o nel male, soprattutto nel male (secondo i punti di vista), ha fatto di tutto per farmi conoscere...
Ma si vede che lei non riesce a vedere al di là del suo naso! Non vuole capire che ogni persona è potenzialmente migliore di quello che ha fatto. Non le chiedo di vedere cosa c’è dietro il resto perché non credo che lei abbia una buona “vista”, ma di provare ad immaginare che una persona è molto più del suo crimine. Già nella prima relazione di sintesi ha dato parere sfavorevole al mio trasferimento ed ora vigliaccamente ha deciso di non decidere. Lei desidera che i detenuti si comportino come schiavi (e per quanto mi risulta non è benevolo neppure con loro), ma io sono nato libero e sconterò la mia pena da uomo libero e come vede mi prendo anche la soddisfazione di criticarla. Ora, sappia che lei non mi può fare più male di quello che mi ha già fatto tenendomi o non facendo nulla per mandarmi via da qua, dove per ovvie ragioni di distanza non posso usufruire di colloqui. A febbraio mio figlio mi farà nonno e io non posso rischiare di vederlo poco come ho f atto in questi lunghi anni con i miei figli. Allora ho deciso che quando ritorno da fare i miei due esami universitari che sto preparando me ne andrò via da qua con le mie forze. Attuerò uno sciopero della fame ad oltranza e stia sicuro che, vivo o morto, io andrò via da qua. Non ci sarà nessuna forza né in questo mondo né nell’aldilà che mi terrà deportato ancora qui lontano dai miei affetti. “Per noi continentali stare detenuti in Sardegna (con tutto il rispetto per gli abitanti e la stessa Regione) equivale ad una crudele ed incivile deportazione!”
Fra tanti difetti ho una grande forza d’animo (pensi che dopo 35 anni sono riuscito a smettere di fumare da un giorno all’altro) quindi sfido lei, il Ministro, Bush e Dio a tenermi ancora qua…almeno da vivo.

Nuoro, Ottobre 2005
Carmelo Musumeci

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MI E’ VENUTA UN'IDEA: DENUNCIAMO IL CARCERE

Tutti sanno che il carcere è fuorilegge: istituti sovraffollati, fatiscenti ed invivibili; condizioni igienico sanitarie da terzo mondo ecc...
Tutti sanno che il carcere è il posto più illegale di qualsiasi altro ma nessuno fa nulla. Ormai solo i delinquenti, o ex delinquenti, credono e si appellano alla legge, probabilmente perché s’incazzano che sono in carcere per non aver rispettato la legge ed una volta dentro vedono che lo Stato e gli uomini dello Stato fanno peggio di loro. Quei pochi detenuti che hanno il coraggio di rivolgersi al Ministro di Sorveglianza (e questo coraggio lo pagano molto caro, ne so qualcosa io), questi rispondono che loro non hanno un potere cogente (costringere) a far applicare le leggi, i regolamenti e le circolari. Allora che fare per portare il carcere alla legalità? Bisogna educare i nostri “educatori” al rispetto della legge (ovviamente senza sbatterli in carcere). E dato che nei 207 carceri che ci sono in Italia nessuno rispetta il regolamento di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario, e dato che l’art. 136 secondo comma del D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230 prevede: <è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare>, “chiunque”, quindi gli stessi giudici di sorveglianza, direttori degli istituti e agenti di polizia penitenziaria.
A me è venuta questa idea: tutti quelli che dicono che gli sta a cuore la legalità in Carcere, che denuncino pure alla Procura che non viene rispettato l’art.115 del regolamento di esecuzione che proibisce le deportazioni dei detenuti, la tortura delle torture, dato che l’art.115 vieta questa diabolica insana abitudine prevedendo: “In ciascuna regione è realizzato un sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologie detentive, la cui ricettività complessiva soddisfi il principio di territorialità dell’esecuzione penale, tenendo conto anche di eventuali esigenze di carattere generale”. Insomma, non solo con le parole ma denunciamo con i fatti il carcere...!

Carcere di Nuoro, Novembre 2005
Carmelo Musumeci

http://www.autprol.org/