14/07/2005: Espulsioni nella RFT (dal numero speciale di So oder So, maggio/giugno 2005)
Dal numero speciale di So oder So, maggio/giugno 2005
"Il 7 gennaio in Germania era un giorno semplice, come ogni altro. Ordinario. Un giorno che per molte persone appartiene già al passato e, come spesso avviene, già caduto nel dimenticatoio. Un modesto venerdì nel primo mese del nuovo anno, non di più ed anche non di meno", con queste parole inizia un appello di migranti che deve riuscire a non far cadere nell'oblio questo 7 gennaio.
Perché in questo 7 gennaio sono morti per mano della polizia due africani. Sono morti, "perché loro e i loro simili in questo paese non sono benvenuti", sta scritto nel seguito dell'appello.
I colpiti a morte sono due uomini della Sierra Leone, che abitavano in due località diverse della Rft, ma entrambi sono stati uccisi durante l'arresto. Oury Jalloh è morto legato al tavolaccio della cella in un posto di polizia a Dessau. Bruciato vivo. Laye Kondè è morto a Brema. Le sue viscere erano colme di farmaci (emetici), che la polizia gli costrinse di bere.
Il 7 gennaio il giovane africano Oury Jalloh venne arrestato dalla polizia a Dessau. Con questo "controllo di persona" ha inizio il dramma, che termina con la morte del 21 enne. La polizia ha dichiarato che l'africano avrebbe importunato delle donne e che si sarebbe rifiutato di mostrare i documenti. Sarebbe scattata una colluttazione, nel corso della quale il richiedente asilo è stato colpito. Successivamente sarebbe stato trascinato al commissariato di polizia sulla Wolfangstrasse, perquisito e chiuso in una gattabuia piastrellata. Qui Oury Jalloh venne legato, braccia e piedi al tavolaccio. Circa due ore dopo nella cella scoppiò un incendio, annunciato alla centrale alle 12.05. Il direttore del gruppo di servizio ha dichiarato di aver ignorato l'allarme, poiché il congegno spesso segnalava falsi allarmi.
Ogni aiuto giunse troppo tardi
Intanto il soccorso giunse in ritardo. La cella era completamente piena di fumo e i poliziotti non poterono o non vollero salvare il prigioniero legato. Oury Jalloh bruciava nella cella. La autopsia successiva stabilì che Oury Jalloh era morto sei minuti dopo lo scoppio dell'incendio a causa di un colpo di calore pari a 350 gradi Celsius. Sei settimane più tardi la procura avviò un'istruttoria contro tre poliziotti. Interessati erano il direttore del gruppo di servizio e due suoi colleghi. Indagati per ferite al corpo con conseguenze mortali. Accusati di omicidio colposo. Già due anni prima, sempre sotto la sorveglianza dell'accusato principale, nello stesso braccio di celle, venne trovato morto un uomo di 36 anni. Morì per ferite interne di "origine sconosciuta".
(Naturalmente la polizia ha incolpato il giovane di essersi dato fuoco da solo, ma come poteva riuscirci, avendo mani e piedi legati? Nella cella, perquisita dopo l'incendio, sono stati trovati resti di fiammiferi, che non erano venuti fuori dalla perquisizione. La procura ha fatto sua questa versione, ne ha voluto dar mostra con un video. E in ogni caso, resta: perché Oury Jallo voleva ferirsi o uccidersi? Il silenzio su questa morte è stato rotto soltanto dalle iniziative delle organizzazioni degli immigrati e dai gruppi antirazzisti. La procura ha rese pubbliche le circostanze della morte di Oury Jalloh solo dopo quattro settimane - sintesi del traduttore).
Il 26 marzo a Dessau 200 persone sono scese in strada per chiedere chiarezza sulle cause della morte di Oury Jalloh e la fine della violenza razzista impiegata dalla polizia. Alla manifestazione presero parte in maggioranza profughi e solo pochi attivisti tedeschi. Il corteo fece sosta davanti al commissariato doveva trovato la morte Oury Jalloh…
Oury Jalloh è un ennesimo morto ucciso nei commissariati di polizia…
(segue scheda)
La politica tedesca sui profughi e le sue conseguenze mortali: dall'1. 1. 1993 al 31. 12. 2004
161 profughi sono morti sulla strada o ai confini dell'Rft, di questi 121 soltanto sul confine
orientale,
421 profughi sono stati feriti durante l'oltrepassamento del confine, 259 solo sul confine
orientale,
125 profughi si sono suicidati di fronte alla minaccia di espulsione, o sono morti nel tentativo
di sottrarsi all'espulsione, di questi ultimi) 48 sono morti nelle carceri di espulsione,
575 profughi hanno tentato di ferirsi da sé, di suicidarsi per timore dell'espulsione o per protesta di fronte all'espulsione minacciata (rischio sciopero della fame),
5 profughi sono morti durante l'espulsione e
262 sono stati feriti attraverso misure costrittive o maltrattamenti,
21 profughi sono stati uccisi nel loro paese d'origine dopo l'espulsione, e per lo meno
384 vennero, sempre nei paesi d'origine e dopo l'spulsione, maltrattati e torturati dalla polizia,
59 profughi sono scomparsi, senza lasciare traccia,dopo essere stati espulsi dalla Rft,
11 profughi sono morti per misure di polizia indipendenti dall'espulsione,
360 sono stati feriti dalla polizia o da guardie carcerarie; 118 feriti in carcere.
67 persone sono morte a causa di incendi o attacchi ad alloggi abitati da profughi, i feriti sono per lo meno 700,
12 profughi sono invece rimasti uccisi in attacchi razzisti compiuti in strada.
(segue articolo con cui nel 2001 venne aperta la campagna contro la deportazione)
Andiamo alla manifestazione ondine
A sinistra nella rete ed altri collegamenti
"Il modo in cui scorre un'informazione non è identico al modo in cui si presenta una lotta (un contrasto). Il primo è, forse, anche una questione di quantità e rapidità, mentre il secondo prima di tutto è cosa del profondo e dell'orientamento politico."
Questa proposizione la sinistra radicale da anni la diffonde via Internet. Con il tempo non ha perso la sua forza enunciativa. Al contrario, è diventata il caso.
La rapidità con cui sono disponibili informazioni, sugli avvenimenti e le pratiche - delle sinistre, ma ancor più sulle misure repressive dei diversi apparati statali attorno al globo, quello è il tempo reale. Quasi tutto oggi è conoscibile nella misura in cui è elettronicamente disponibile. Questo ha modificato la nostra percezione, ma non la nostra prassi. Come mai in passato, il riservato viene violato. Prima di fare qualcosa dobbiamo leggere le info, poiché le comunicazioni rapide non mancano, non manca neppure un'abbondanza di informazioni di base. Ma questo non è tutto, noi in tal modo siamo nella condizione di usare le notizie. L'informazione è niente se non traiamo da essa conseguenze. Le fatiche di questa attività reale sono il pianificare, l'agitare e l'organizzare, da queste dipende tutto.
Sull'autostrada dei dati non ci sentiamo navigatori, se non facciamo propaganda contro la deportazione. Internet da tempo si è definita come spazio pubblico. Qui vengono fatti affari, esercitata propaganda di guerra, prodotta ideologia – tutto come nel mondo reale. Uno spazio pubblico, ma non libero; come la strada anch'esso non ci appartiene, ma deve essere continuamente conquistato. Internet per noi è già ora un medium dell'informazione reciproca per il reticolo di gruppi d'azione e solidarietà, per la combinazione di intenti diretti la prassi comune.. Mumia Abu Jamal, Chiapas, Seattle, Praga o anche Porto Alegre si collocano come nomi e luoghi di una resistenza sempre più mondiale connessa elettronicamente, che comunica nello spazio virtuale per agire realmente.
Con la prima manifestazione online in Germania facciamo un passo avanti. In Internet noi agiamo collettivamente in solidarietà contro il razzismo dello stato e contro la violazione dei diritti umani, si aprono, come speriamo, nuove forme d'azione, e possono essere raggiunte altre occasioni e altri scopi. Simili proteste sono pensabili contro grandi imprese che, per esempio, rifiutano di diffondere il numero di lavoratori forzati, tedeschi e stranieri, che sfruttavano durante il nazismo, i profitti conseguiti dalla produzione di tecnologie per la sorveglianza e la repressione. Anche se la protesta ondine non è comprensibile nella sua materialità, essa può avere grosse conseguenze. Nonostante il simbolico, il punto di partenza reale rimane la partecipazione di tanti. In gioco non c'è la simulazione di una realtà, ma bensì l'utilizzazione dello spazio virtuale per mezzo di una protesta massicciamente reale – di intervenire nei rapporti dominanti … i nuovi "sit- in" sull'autostrada dei dati hanno significato e possono avere un effetto politico. Solo una cosa non possono: sostituire la protesta nella dura realtà dei rapporti dominanti. Se si crede che il clic del maus in Internet sostituisca il lavoro dell'attivismo offline (fuori linea), la forma diventa contenuto e il buon pensiero soccombe all'esteriorità dell'industria dell'informazione.
Siccome nessun clic di maus è sufficiente, nessun blocco in Internet sostituisce lo smantellamento reale del dominio. In queste senso let's go to on-line - demo (entriamo nella manifestazione in rete) è una nostra campagna. Un' altra solidarietà e un altro sostegno che si è tentato di organizzare assieme allo sciopero della fame dei prigionieri politici in Turchia. Il 19. dicembre 2000, in poche ore vennero massacrati 28 prigionieri, quando l'esercito turco prese d'assalto le celle in cui erano rinchiusi, per deportarli nelle celle d'isolamento. Le foto delle carceri fumanti erano su tutti i canali turchi ondine. E lo sciopero della fame prosegue… Questo è l'hardware…
Lufthansa &Giustizia contro Libertad!
Nel marzo 2001 "Libertad!" e "Nessun essere umano è illegale" dettero avvio alla mobilitazione per una manifestazione ondine in connessione con la campagna – class deportazione, contro l'attività d'espulsione condotta da Lufthansa. Ogni anno con gli aerei Lufthansa vengono deportate circa 10 000 persone espulse. Una sporca attività fino a quel momento passata, in gran parte, inosservata. Con la campagna questa attività divenne di dominio pubblico e crebbero le voci e le azioni contro questa prassi. Anche i piloti Lufthansa si impegnarono e il loro sindacato spinse sui suoi iscritti affinché non prendessero parte alle espulsioni.
Il 20. giugno 2001, giorno dell'assemblea generale della Lufthansa spa a Colonia, si era giunti a questo: oltre 10 000 navigatori con il loro ingresso nelle pagine web Lufthansa, fecero vacillare la gru (ornitologica, logo di Lufthansa, ndt), la pagina rimase a lungo paralizzata, la manifestazione ondine era stata dichiarata alle autorità – solo lo spazio era virtuale, i manifestanti dovevano compiere l'azione con le proprie mani in un momento dato. Il programma consisteva nel chiamare spesso le pagine web e le macchine di prenotazione. Non si trattava di condurre l'attacco contro il server di Lufthansa, per fare questo non è necessaria una manifestazione ondine. Noi la intendevano come una manifestazione effettiva di un'azione di protesta aperta – esattamente una dimostrazione, solo che non doveva aver luogo in strada ma nel cyberspace.
"Coercizione" e "istigazione alla coercizione" fu il punto di vista della procura di Francoforte, che, su denuncia Lfthansa, il 17. 10. 2001 dette avvio ad una perquisizione nei locali del nostro giornale (Libertad!). In totale vennero paralizzati dieci computer ed altri portatori di dati.
Due anni e mezzo dopo, nel maggio 2004 Libertad! venne avvisata dalla procura della possibilità di una conciliazione rispetto al procedimento. Presupposto era un'"ammissione di colpa" e una dichiarazione di non voler restituiti gli oggetti sequestrati. Libertad rifiutò e rifiuta tutto questo, perché abbiamo considerata assolutamente legittima e necessaria, come mai prima, la protesta e la resistenza contro l'attività mortale realizzata con le espulsioni.
Alla data del 28. 12. 2004 la procura ha quindi elevato l'accusa presso l'ufficio giudiziario contro Libertad! … "So oder So" … per "aver esortato, con la diffusione di scritti, ad un'azione illegale".
Nel marzo 2005 ci vennero riconsegnati i computer, ma senza i loro dischi… era chiaro, volevano rendere impossibile il nostro lavoro. Questo non è loro riuscito!
Il 14 giugno 2005 inizierà presso il tribunale di Francoforte il processo. Alle 8,30 parte la manifestazione di protesta davanti al tribunale…
Rivolgiamo gli occhi su di un processo che porterà in luce solo le cose più penose di Lufthansa…
D'altronde, abbiamo deciso quel che troviamo giusto fare contro le espulsioni!
World wide web è uno spazio pubblico. Anche in futuro chiameremo a nuove proteste e a forme di resistenza in Internet e prenderemo parte alla sua organizzazione!
(seguono alcune righe sul processo e sul presidente, Bettina Wild, cui è affidato. Lei non avrebbe esperienza dell'agire ondine, ma di processi politici sì. In passato ha condannato dei manifestanti. Prima dell'inizio del processo ha così espresso le sue linee generali: "Proteste in sé anche se online, naturalmente, non sarebbero punibili". Ma il fatto che fosse stato posto a disposizione un determinato software… allora "qui si tratta, in linea di principio, di violenza contro cosa", sia pure non-fisica (la violenza). Pare che il giudice paragoni il clic sul maus alle parole lanciate da un megafono, da un altoparlante su di una macchina posta alla testa (o entro) di un corteo.
Nell'ottobre 2003 il giudice Wild condannò i partecipanti ad un presidio alla base Usa di Francoforte a 20 giorni di carcere, con la condizionale, assieme ad un'ammenda di 100 euro. Un particolare: un manifestante venne condannato per "aver impedito la circolazione altrui"… il traffico stradale equiparato al traffico in Internet, in questo inghippo Lufthansa potrebbe richiedere un risarcimento dei danni… sintesi del t.)
Piccolo abbozzo storico della resistenza contro le espulsioni
La storia della resistenza contro le espulsioni è lunga.
Già nel 1979 venne compiuto dalle Cellule Rivoluzionarie un attacco contro l'Ufficio Stranieri di Francoforte. Allora, periodo del "miracolo economico", in gioco c'era il rapporto dello stato con i lavoratori stranieri, la cui presenza era voluta dall'industria tedesca per soddisfare il bisogno crescente di forza-lavoro. Allora lo stato si serviva della "concessione del diritto di soggiorno" per differenziare fra "bravi lavoratori" e scioperanti. I bravi restavano, chi partecipava a scioperi, peggio se in più occasioni, veniva espulso.
Negli anni 80 la situazione è fondamentalmente cambiata. A causa della crescente disoccupazione prese corpo la stantia cantilena tedesca "Gli stranieri ci portano via i posti di lavoro.". L'industria tedesca, non aveva più necessità di mobilitare all'estero forza-lavoro, d'altra parte nella Rft esisteva ancora un diritto costituzionale all'asilo, richiesto dai profughi di tutto il mondo. Ma anche con questo diritto era abbastanza difficile avere un riconoscimento per l'asilo. Chi non lo riceveva veniva espulso con la forza. Ancora una volta furono le Cellule Rivoluzionarie ad attaccare concretamente questa prassi. Nel quadro di una campagna contro le isituzioni della deterrenza e del controllo sui profughi, nel 1986, attuarono, fra le altre, un'azione contro la sede Lufthansa di Colonia. Nella rivendicazione scrissero: "Chi cerca di trovare riparo nella Rft a fame, persecuzione, tortura, guerra e morte, deve utilizzare un aereo. E chi da questo stato viene dichiarato ‘da espellere' allora viene riportato indietro in aereo. Dei circa 8 000 espulsi, nel 1984, 6 000 sono trasportati dalla tedesca Lufthansa. Questo significa 16 profughi trasportati ogni giorno. Il giro d'affari per tale prestazione d'aiuto alla polizia, sempre nel 1984, s'aggira attorno a 8 milioni di marchi."
All'inizio degli anni 90, con il crollo del sistema sovietico e con la riunificazione (della
Germania), la situazione si è inasprita ulteriormente. Lo smembramento delle imprese dell'est, la ristrutturazione industriale in occidente, hanno determinato un enorme aumento della disoccupazione. Ciò ha rafforzato il sentimento nazionale, fino a mutare il diritto. Mentre da una parte veniva promossa l'immigrazione dei così chiamati russo-tedeschi, dall'altra i dominanti dichiaravano la nave è piena e facevano dei richiedenti asilo politico il problema centrale delle miserevoli condizioni sul mercato del lavoro. Questa impostazione non sfociò soltanto nel più sfacciato populismo e in un aumento degli attacchi fascisti contro i richiedenti asilo, ma spianò altresì la via alla cancellazione effettiva del diritto d'asilo.
Dall'altra parte, sempre più gente iniziò a lavorare attivamente contro l'asilo politico. Per contro sorsero gruppi religiosi e civili che nascondevano coloro a cui veniva rifiutato l'asilo, o li sistemavano nelle chiese; quello fu anche il momento in cui nacquero tanti gruppi antirazzisti con l'obiettivo della concreta necessità di aiutare le persone colpite dalla politica sui profughi. Nel 1987 tanti di questi gruppi si associarono nell'Iniziativa "Nessun essere umano è illegale". Nel quadro del processo di integrazione europea diventava sempre più chiaro che, per quel che riguarda la politica d'asilo e la prassi dell'espulsione, non si trattava di un problema specificatamente tedesco. In pratica, in tutti i paesi d'Europa erano discusse queste questioni e le linee-guida per il rapporto con gli immigrati, venivano sviluppate nell'ambito dell'UE. La fortezza Europa stagnò i propri confini e la Nato ricevette il compito di controllare le correnti dei profughi.
L'aereo venne elevato a solo mezzo teorico per raggiungere una "Germania insicura", ma nello stesso tempo esso divenne anche mezzo decisivo per il "rimpatrio" di coloro a cui veniva rifiutato l'asilo. Nei grandi aeroporti vennero impiantate galere tipo lager per eseguire le procedure connesse al rifiuto della richiesta d'asilo, e da dove si potevano riportare indietro le persone. Anche la resistenza contro la prassi d'espulsione si concentrò, di conseguenza, sempre più sulle compagnie aeree, che da questo tipo di trasporto guadagnavano una bella somma. A causa delle proteste, verso la fine degli anni 90, alcune compagnie aeree rifiutarono di trasportare "passeggeri involontari". La compagnia aerea belga SABENA e l'allora ancora esistente SWISSAIR, decisero, come reazione alle campagne di lotta e, quanto meno temporaneamente, di non effettuare più espulsioni. Anche il sindacato tedesco dei piloti d'aereo (COCKPIT) fece appello ai propri iscritti di non trasportare più passeggeri ammanettati.
Quelle compagnie aeree che si appoggiavano alla grande sul giro d'affari della deportazione vennero poste al centro delle contro-campagne. Furono sviluppate campagne contro la compagnia rumena TAROM e naturalmente contro Lufthansa, che conservava per sè il boccone più grosso dell'affare. Delle circa 20 000 espulsioni dalla Germania ordinate ogni anno, la compagnia aerea tedesca ne assumeva oltre la metà.
Quando il 28. maggio 1999 il sudanese Aamir Ageeb rimase soffocato durante l'espulsione, perché i piedi piatti nella fase di d3collo gli avevano premuto a forza un casco integrale sulla testa per costringerlo in una posizione forzata, prese avvio un'aperta campagna contro la Class-deportazione. Aamir Ageeb era la seconda persona caduta morta, al momento dell'espulsione, in un aereo Lufthansa.
Accanto a cartelli, manifestazioni negli aeroporti e nei campi di confino, che si indirizzavano attivamente contro la politica dell'espulsione, prese avvìo il 20. 6. 2001 la manifestazione online contro Lufthansa, il culmine della campagna contro la Class-deportazione. Le persone che presero parte alla manifestazione virtuale furono 13 000. Lo spazio pubblico, i server Lufthansa furono temporaneamente non più raggiungibili (da parte della clientela… ndt).
Allora le manifestazioni si dirigevano con successo sugli aeroporti, cioè, riuscivano ad impedire le espulsioni. L'espulsione dell'iraniana Zarah Kameli, nel febbraio di quest'anno, poté essere impedita all'ultimo momento dalla pressione pubblica.
Il 18. ottobre 2004 venne pronunciata la condanna nei confronti degli agenti della polizia confinaria che avevano preso parte all'uccisione di Aamir Ageeb, 9 mesi con la condizionale a causa di maltrattamenti fisici con conseguenze mortali almeno in un caso! Il giudice qui è rimasto addirittura al di sotto della pena minima prevista, questo allo scopo di non bloccare la carriera agli accusati. Il 14. giugno 2005 prenderà il via il processo contro uno degli attivisti di Libertad! A causa della manifestazione ondine. Resta da vedere se anche qui si arrivati alla conclusione che si tratti di un "caso di gravità minore" .
Costruzione di un carcere privato a Huenfeld
(Il primo carcere costruito nella Rft con la partecipazione di privati, è realtà. E' in costruzione a Huenfeld, cittadina nell'Assia orientale. All'inizio del 2006 l'edificio, in cui dovranno venir rinchiusi 500 prigionieri, deve essere consegnato. Il suo costo raggiunge 60 milioni di euro.
La costruzione del carcere è stata motivata dal fatto che le carceri dell'Assia sono sovraffollate: nei loro 5 017 posti fissati, sono invece rinchiusi 5 473 prigionieri.
Il carcere è stato costruito anche con investimenti di privati. I lavori sono stati affidati all'impresa Rohloff spa, la stessa che nel 1993 ha costruito le carceri d'espulsione a Wueppertal e Glamour.
A partire dal 1994 nel carcere d'espulsione di Bueren nel NordReno Westfalia, vengono impiegate, accanto a 68 guardie carcerarie statali, 80 guardie private della società Koetter spa.
Gestore del carcere di Huenfeld, per 5,7 milioni di euro l'anno, sarà la società inglese Serco, esperta in materia. Una sua filiale, Premier Custodial Group gestisce già cinque carceri, come pure un servizio per il trasporto di prigionieri, il quale annualmente trasporta circa 250 000 prigionieri. La stessa società detiene il 50% del mercato inglese delle manette elettroniche.
La sua filiale tedesca nel carcere di Huenfeld avrà a disposizione 100 posti di lavoro. Negli ultimi 10 anni il giro d'affari del gruppo Serco è cresciuto del 20%, per ciascun anno.
Il ministro di giustizia dell'Assia assicura che "naturalmente tutti gli ambiti rilevanti della sicurezza e la stessa responsabilità complessiva restano nelle mani dei funzionari di giustizia."
Vengono privatizzati il 45% dei compiti previsti (la costituzione prevede fino al 48%). Alla società privata sono dati in appalto i lavori di pulizia, cucina, risanamento edile, cura medica e psicologica, scolarizzazione, cucina… Serco è responsabile anche dell'installazione e gestione dell'apparato di controllo elettronico…
Con la privatizzazione accennata l'Assia mira a poter risparmiare il 15% sui costi previsti con gestione statale. Serco, assicura il governo dell'Assia, metterà al lavoro o in apprendistato, il 75% dei prigionieri.
Altri laender si apprestano a seguire il modello del'Assia… - sintesi del traduttore)
http://www.autprol.org/