21/06/2005: «Tutti Liberi! Non vogliamo essere prigionieri!»
«A dispetto delle sofferenze di tutti i popoli della terra, i vostri padroni impongono la pace e la legalità del loro sistema criminale di cui la guerra è parte integrante; ma vi sbagliate se sperate che la guerra non superi mai i confini della Periferia».
Georges Ibrahim Abdallah rivolgendosi alla Corte durante il suo processo nel 1987
«Tutti Liberi! Non vogliamo essere prigionieri!»
Così gridavano alcuni immigrati saliti sul tetto del Centro di Detenzione Temporanea di via Corelli a Milano la notte del 24 maggio, per protestare contro la loro detenzione e la loro imminente espulsione.
La polizia ha usato gli idranti e li ha caricati per arrestarli e portare 9 di loro al carcere di S.Vittore con fumose accuse di danneggiamento aggravato.
La prima udienza del processo ai 21 ribelli di via Corelli si è celebrata ai primi di giugno e ai cinque imputati che hanno deciso per il rito abbreviato, o per il patteggiamento, sono state comminate pene che vanno dai 6 a 8 mesi di carcere.
Per gli altri imputati, che hanno scelto il rito ordinario, il processo continuerà il 23 giugno.
Con questo processo e con queste sentenze si vuole dare un messaggio chiaro a coloro che da mesi nei CPT di Milano, Torino e Bologna stanno lottando contro la loro detenzione e la loro possibile espulsione.
A Milano, questo è il secondo procedimento giudiziario nel giro di pochi mesi a chi lotta dentro le mura del CPT.
Anche questa volta due responsabili della Croce Rossa Italiana sono tra i testimoni chiave della accusa.
Quello che si sta celebrando è un processo politico contro la messa in discussione pratica dell'esistenza di questi moderni lager dove immigrati senza permesso di soggiorno vengono rinchiusi in attesa di essere deportati fuori i confini della fortezza Europa.
Quello che si celebrando è l'ennesima auto-assoluzione per i responsabili della Croce Rossa Italiana che gestiscono il CPT di via Corelli, come molti altri.
La guerra all'immigrazione deve avere i propri prigionieri, tenuti in ostaggio dallo stato italiano perché non hanno accettato la loro condizione: essere detenuti in un CPT senza avere commesso nessun reato.
Uno tra gli imputati è un ragazzo, probabilmente minorenne, nato a Falluja in Iraq, una città che è stata al centro della micidiale offensiva degli eserciti occupanti per più di una volta e che è diventata uno dei simboli della resistenza araba... All'occupazione militare dell'Iraq contribuisce un contingente di 3000 soldati Italiani e un numero imprecisato di mercenari nostrani.
Un altro imputato è nato in Palestina, terra che si trova da oltre cinquant'anni sotto un'occupazione militare, quella israeliana, che ha ora tra i suoi più fedeli alleati proprio l'Italia...
Un altro dei processati è serbo, un territorio bombardato sistematicamente: gli aerei che andavano a bombardare la Serbia, partivano da basi militari della Nato in Italia...
Siamo da anni un paese in guerra e lo stato applica sempre più un approccio marziale agli immigrati, chi solidarizza con la loro lotta viene fatto oggetto di "particolari attenzioni" da parte delle forze dell'ordine: pene pecuniarie, perquisizioni, arresti...
Pensiamo che per non essere collaboratori di coloro che stanno instaurando un regime di Apartheid, per non essere complici di uno stato sempre più coinvolto in imprese neo-coloniali, sia importante dare il proprio contributo attivo alla lotta per la chiusura del CPT e essere presenti la mattina del 23 Giugno in tribunale a Milano a sostegno degli imputati.
Contro Ogni Frontiera
e-mail:controognifrontiera@yahoo.it
http://www.autprol.org/