20/04/2005: Da Biagio Cristafulli, detenuto nel carcere delle Vallette


Il carcere migliore è: un carcere distrutto. Così si potrebbe condensare il mio pensiero sull'argomento. Ho una certa esperienza in materia, visto i lunghi anni di permanenza in questi tuguri; dicevamo che potrei essere paragonato ad un maestro nell'arte della sopravvivenza.
Perchè di questo si tratta, la vita in carcere è una non vita a cui bisogna sopravvivere cercando di mantenere la propria dignità.
Questo è un mondo dove non esistono diritti ed ogni istituto ha il suo piccolo imperatore che stabilisce le regole del proprio regno. Le norme e le leggi nazionali (già di per sé schifose) non contano niente, ognuno nel suo orticello si arroga il diritto di fare come vuole accampando mille scuse: la struttura fatiscente, la mancanza di fondi e di personale, etc. Come se ciò potesse consolare noi prigionieri. Ma chi se ne frega di tutto ciò, io so solo che devo sopravvivere 20 ore al giorno in 9mq che devo dividere (quando sono fortunato) con un compagno.
Quindi non accetto discorsi moralistici da nessuno, ho solo rabbia dentro, il buonismo lo lascio ai forcaioli a cui serve per acquietare la coscienza.
Delle responsabilità sociali che fan sì che un sempre maggior numero di persone siano detenute non voglio parlare.
Posso solo dire che prima o poi i cosiddetti mostri usciranno e che non ci si può aspettare che odio da chi è stato trattato peggio di un animale. Di conseguenza il carcere non risolve nessun problema, al contrario li aumenta in maniera esponenziale.
La società ideale è la società senza prigioni; a questo punto non resta che distruggerle.

Biagio Crisafulli


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