10/01/2005: L’Impero nell’Anno 2005


Gli sviluppi mondiali del 2005 saranno determinati dagli eventi e dalle tendenze più importanti del 2004.
Innanzi tutto, il 2004 ha dimostrato in modo evidente che la macchina da guerra dell’impero nordamericano può essere arrestata: la resistenza irachena ha dimostrato che l’Impero US non è invincibile. Con più di 1.500 morti in combattimento, circa 25.000 soldati feriti e più di 35.000 affetti da grave ‘infermità mentale’, l’esercito di occupazione US è incapace di portare ad una conclusione vittoriosa la guerra coloniale. Le forze coloniali US ed i loro satelliti subiscono più di 100 attacchi al giorno, in tutto il paese. I reduci raccontano che demoralizzazione e disaffezione sono altamente diffuse. Per contro, la resistenza irachena sta crescendo e acquista migliaia di nuovi combattenti volontari; il 95% dei quali sono iracheni.

Di fronte alla resistenza irachena e all’irresolutezza nordamericana, pare improbabile che nel 2005 gli US potranno lanciare un importante attacco di terra ad altri "paesi nemici" (Iran, Siria o Venezuela). La fortuna declinante della guerra coloniale US e il crescente ritirarsi delle forze satelliti (Ungheria, Polonia, Ucraina) innescheranno grandi contrapposizioni nel 2005. Vari dirigenti nella maggioranza dei congressisti "liberal", critici di Rumsfeld, si dimostrano più bellicosi e più militaristi; e propongono di incrementare la guerra e mobilitare più truppe, fino a 100.000 soldati. Nel 2005 si vedrà dunque un maggior impegno militare degli US in Iraq, a fronte di una crescente opposizione delle famiglie, dei veterani, dei reduci e degli "americani medi".
All’inizio del 2005 l’economia US continuerà ad espandersi grazie a finanziamenti esteri e proventi speculativi ma il declino accusato dal dollaro nel 2004 accelererà nel 2005, portando all’evaporazione di importanti riserve di dollari. A metà del 2005, potremo aspettarci una crisi importante nell’economia dollarizzata, una seria discesa delle riserve degli US e una svendita generale di dollari svalutati in Giappone e forse in Cina. E’ probabile che questo provochi una crisi economica generale che debiliterà le strutture nazionali dell’Impero US.

Si intensificheranno in modo senza precedenti conflitti interni, tra le elite degli US. I "nuovi militaristi" (democratici liberal, neo-conservatori e sionisti) si opporranno a Bush/Rumsfelt, "indeboliti" in Oriente Medio. L’esercito professionale e le forze di sicurezza (FBI) sfideranno il controllo sionista / neo- conservatore della politica del Pentagono. Proseguiranno arresti e processi ai leader della maggior lobby israeliana, la AIPEC, accusata di spiare per Israele - e si possono verificare divisioni tra le principali organizzazioni sioniste.
Nel 2005, si acuirà il conflitto di pari importanza, tra gli ideologi neo-conservatori del Pentagono da un lato e le principali multinazionali e i banchieri nordamericani dall’altro, sulla politica da attuare con la Cina. Al crescere della portata economica della Cina, che si assicurerà l’accesso all’energia e alle risorse delle materie prime, i neo-conservatori (e i loro alleati dei "diritti umani"), alzeranno richieste di un confronto politico e militare più aggressivo. Mentre i realisti di Wall Street comprendono bene che l’acquisizione di obbligazioni nordamericane da parte della Cina è cruciale per prevenire il deprezzamento del dollaro; l’investimento totale US in Cina supera i 300 mila milioni di dollari e il 50% delle esportazioni cinesi agli US si effettuano mediante corporazioni multinazionali nordamericane.

La crisi economica e militare all’estero e la conflittualità tra le elites, produrranno un aumento della protesta sociale e la ripresa del movimento contro la guerra. Le organizzazioni sindacali, che rappresentando solo 8% del settore privato, resteranno certamente una forza isolata, impotente, inattiva. La maggioranza degli "intellettuali progressisti" continuerà a protestare per la guerra in Iraq e tuttavia rinuncerà a scontrarsi con i "nuovi militaristi", soprattutto i Sionisti del Pentagono e i liberal, sostenitori della guerra, come Clinton.

Europa e Cina continueranno a rivaleggiare e collaborare con l’Impero americano, avvantaggiandosi rispetto agli US in paesi come Iran e Siria, e a competere per il controllo strategico delle fonti petrolifere e per le materie prime. Nel 2004 la Cina ha concluso con Brasile, Argentina, Venezuela, Bolivia, Cile, Cuba e Russia importanti investimenti e accordi commerciali che le garantiscono ampiamente un rilevante approvvigionamento di energia, minerali, prodotti agricoli e accesso ai mercati industriali e commerciali. Europa e Giappone stanno investendo fortemente in Iran, Russia, Libia ed Africa, al fine di assicurarsi la fornitura energetica.
Questa competizione inter- imperialista conferma la dipendenza dell’America Latina nel suo ruolo tradizionale, nella divisione internazionale del lavoro, di fornitore di materie prime e importatore di prodotti industriali. Particolarmente nelle relazioni con la Cina che, per provvedere alla propria economia industriale, sta investendo nell’industria estrattiva non rinnovabile. Pur nel diversificarsi del mercato, gli accordi latino- americani con la Cina seguono esattamente lo stesso modello di rapina coloniale che fu introdotto dalla Spagna, amplificato dagli US; che ora viene praticato dalla nuova potenza emergente cinese.

In America Latina, gli US continueranno a concentrarsi sulla Colombia per una vittoria politico- militare sulle forze popolari della guerriglia; aumenterà la presenza delle forze mercenarie nordamericane, eserciteranno maggior vigilanza diretta sulle truppe di elite colombiane e intensificheranno la collaborazione con ministeri della difesa e forze di sicurezza ecuadoriani, venezuelani e brasiliani, obbligandoli a stringere il cerchio attorno alla guerriglia e a perseguire una politica interna assassina verso i campesinos. Le compagnie multinazionali nordamericane del petrolio intensificheranno la loro presenza in America Latina, soprattutto in Messico, Venezuela, Argentina ed Ecuador, spuntando importanti accordi di "collaborazione" per l’esplorazione petrolifera, molto favorevoli agli US.

Politicamente gli US continueranno a far pressioni al regime di Chávez in Venezuela e al governo di Kirchner in Argentina per spuntare accordi consistenti in politica interna ed estera. In entrambi i regimi, l’influenza occulta nordamericana è presente nelle più alte sfere delle forze armate, delle forze di sicurezza e nei ministeri degli esteri. Si può pensare che gli US seguano due vie politiche: di appoggiare l’estrema destra fuori dal governo (Macri, Menem e Murphy in Argentina e la ‘Convergencia’ pro- golpista in Venezuela) e i così detti "moderati" dentro de i regimi. Gli US continueranno a dare forte appoggio ai regimi neo-liberal in Brasile, Bolivia, Perù ed Ecuador, lavorando da vicino anche con l’opposizione.

Data la loro posizione militare indebolita dalla situazione in Iraq, gli Stati Uniti, per reprimere la crescente opposizione politica, cercheranno di lavorare più strettamente con le forze militari e di sicurezza latino- americane. Washington opererà pressioni su Argentina, Brasile e Venezuela perché allentino i loro rapporti commerciali e di sicurezza con Cuba, attraverso accordi "inter- americani"; o attraverso "cooperazioni in tema di sicurezza" con il regime clientelare nordamericano della Colombia.

La principale sfida nel 2005 agli US ed ai loro lacchè politici in America Latina, verrà da una molteplicità di forze, nuove e rinnovate: operai organizzati in Argentina; operai, disoccupati e gruppi di rurali en Bolivia; il nuovo sindacato 'Conluta' in Brasile, unito con i settori militanti del MST e settori dei sindacati del pubblico impiego; il movimento indio rilanciato Conaie in Ecuador e un’offensiva superiore alle speranze di movimenti popolari e guerriglieri della Colombia. Nell’arena elettorale in Messico, la candidatura alla presidenza di Lopez Obrador e la formazione di un’alleanza indipendente "trasversale" di operai, contadini e gruppi civici, potrebbe portare ad una elevata concentrazione politica, con importanti implicazioni politiche. In Venezuela probabilmente avverrà una grande polarizzazione tra la base popolare del movimento chavista e consistenti settori della direzione "moderata".

L’anno 2005 testimonierà maggiormente la "fine delle illusioni" sulle alleanze elettorali di "centro-sinistra" e nuove unioni politiche in Venezuela, Brasile e Messico. Per contare, Washington, impacciata dalle sue guerre asiatiche e in Medio Oriente, confiderà su lacchè politici, come Lula e Uribe e, in caso di emergenza, sulle forze armate locali.

Per l’"Anno Nuovo" possiamo prevedere crescenti guerre, interventi, crisi economiche. L’aumento delle perdite in Iraq, porterà- come avvenne in Vietnam- ad un’escalation di guerra: più soldati, più armi, maggior uso della tortura, mattanze generalizzate e distruzione della società irachena. La guerra totale nordamericana convertirà una lotta di liberazione nazionale in una "guerra di tutto il popolo." I regimi clientelari degli US, sempre più isolati nei loro ambiti locali, prevenendo una sconfitta seria in Iraq, saranno portati ad abbandonare sempre più gli US. All’inizio del nuovo anno dunque, le prospettive militari ed economiche per l’Impero US, sono senza dubbio peggiori dell’anno precedente.

Nel 2005 ci sarà un vai e vieni di elezioni e regimi fantoccio; ma la guerra continuerà ad operare anche con più ferocia- obbligando il pubblico nordamericano ad affrontare il dato di fatto che il suo governo non può andare a vincere, e che loro, la ‘gente comune’, stanno pagando i costi per una guerra persa. Ma Washington non si ritirerà: i militaristi civili hanno gettato tutto il loro credito ideologico sugli Stati Uniti, come potenza unica e invincibile. I sionisti del Pentagono sono impegnati a mantenere un potere israeliano incontrastato nella regione, anche se ciò significa indebolire l’Impero nordamericano nel resto del mondo.
La classe politica (Democratici e Repubblicani) e i vertici militari credono che una ritirata- una sconfitta- potrebbe incoraggiare altri paesi a sfidare la supremazia mondiale americana. Per il 2005 la logica di Washington è che la Guerra debba continuare fino alla vittoria- non importa il costo in vite umane, irachene o degli US. Con questa Logica di Guerra, per difendere l’immagine dell’invincibilità imperiale, l’impero sarà messo in ginocchio.
James Petras


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