07/01/2005: Carceri: 20.000 detenuti in più in pochi anni se la Cirielli diventa legge
A meno di due anni dall'approvazione dell'indultino e a circa quattro dal giubileo dei carcerati, sotto il velo della salva-Previti è passata l'ammazza-Gozzini. Grandi discussioni in aula, indignazione a sinistra, sconcerto tra i magistrati, girotondi per strada. Il grande quesito era ed è: riusciranno Cesare Previti, i suoi illustri avvocati e i loro infiniti magheggi a scongiurare condanna e galera? Distratti dall'articolo 6 della proposta Cirielli-Vitali, ossia dalla norma che riduce i tempi di prescrizione, ben pochi si sono accorti che i precedenti cinque e i successivi tre articoli, qualora la Cirielli-Vitali dovesse malauguratamente divenire legge, determineranno ondate di affollamento penitenziario. La legge Cirielli non è paragonabile alla Cirami o alla legge sulle rogatorie, non si occupa solo di norme di procedura, non intende soltanto favorire tecniche dilatorie di difesa processuale attraverso la riduzione dei tempi di prescrizione del reato. Vuole, invece, imitando il modello americano e le politiche di zero tolerance, aprire una nuova stagione repressiva, questa volta nei confronti di quella miriade di piccoli criminali che abitano comunemente le nostre prigioni. Il ministro della giustizia con orgoglio ha rivendicato gli effetti futuri della legge, ossia il raggiungimento di quote record di detenuti. In effetti il ministro ha ragione, i detenuti cresceranno a dismisura.
Non si tratta di proclami o di propaganda padana, la Cirielli è la peggiore delle leggi possibili: aumenta le pene per piccoli e grandi criminali, toglie discrezionalità ai giudici, toglie di mezzo le misure alternative. È la vera controriforma dell'ordinamento penitenziario. Ancora più incisiva del pacchetto antimafia del 1990-1991, quello che introdusse i famigerati 4 bis e 41 bis nella legge penitenziaria, la Cirielli mira a colpire tutti i recidivi, qualunque sia il reato commesso. Da una fotografia delle carceri italiane si evince qual sia la composizione socio-penale dei detenuti: il 30% è composto da migranti, un altrettanto 30% da tossicodipendenti e sempre un 30% è dentro per reati contro il patrimonio.
Non ci sono dati statistici attendibili sulla recidiva, né l'Istat né l'amministrazione penitenziaria li raccolgono e diffondono. Chiunque però conosca il mondo penale e quello penitenziario, e frequenti per ragioni professionali tribunali e carceri, sa perfettamente che una grandissima parte della popolazione reclusa è in galera non per un solo fatto bensì per un cumulo di piccoli reati che, tra loro sommati, producono pene medio-lunghe. Si tratta di quella criminalità diffusa che vive di piccoli espedienti, dimenticata dalle politiche sociali, marginalizzata nelle città, e contro cui si sono indirizzate le campagne stampa e elettorali degli ultimi anni.
«Sicurezza è libertà»: è questo il nuovo slogan elettorale dei Ds coniato per mettere in difficoltà Berlusconi e la Cdl su un terreno congeniale alla destra, ossia l'ordine pubblico e le politiche repressive. La Cirielli risponde perfettamente a questo slogan, agisce proprio su questo terreno, e farà presumibilmente crescere, in pochi mesi, di decine di migliaia i detenuti nelle carceri italiane: aumentano le pene e diminuiscono le possibilità di accesso ai benefici premiali per tutti i recidivi. A questi, in quanto tali, potrà essere aumentata la pena sino a un terzo (prima era sino a un sesto) nel caso di nuovo delitto non colposo e sino alla metà (prima era sino a un terzo) nel caso di nuovo delitto non colposo dello stesso tipo del precedente, e comunque se commesso nei cinque anni successivi alla prima condanna. È sufficiente una norma di questo genere per determinare una crescita esponenziale degli anni di galera da scontare in carcere. Lo scippatore, il borseggiatore, il ladro, il piccolo spacciatore, il truffatore, in particolare se stranieri: saranno loro a cadere sotto la mannaia dell'aumento di pena più congruo. Così potrà accadere che un giovane tossicodipendente condannato la prima volta per rapina e ri-condannato una seconda per lo stesso reato, al posto dei previsti otto anni di carcere ne sconterà sino a dodici. Lo stesso rapinatore, mentre prima avrebbe potuto andare in permesso premio dopo due anni e mezzo, ora invece ci potrà andare solo dopo tre anni e tre mesi; non potrà più chiedere la detenzione domiciliare prevista all'articolo 47 ter dell'ordinamento penitenziario; gli sarà consentito l'accesso alla semilibertà dopo sette anni anziché cinque; ma soprattutto mai potrà fruire di una misura alternativa (affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro all'esterno) più di una volta.
E' la fine della Gozzini per una lunga serie di piccoli crimini e piccoli criminali. Se a ciò si aggiunge che al terzo reato gli aumenti di pena diventano obbligatori e che il reato di evasione - anche dagli arresti domiciliari - esclude ogni beneficio ai recidivi per tutta la vita, ben si capisce quali saranno gli effetti nefasti sul già malmesso sistema penale e penitenziario.
La capienza regolamentare delle carceri italiane è di 41.324 detenuti. Oggi ce ne sono 56 mila. Sono circa 16 mila quelli condannati a meno di cinque anni di carcere. Questi sono quasi tutti pluri- recidivi. A loro verrà negata del tutto o in parte l'applicazione della Gozzini. Inoltre è plausibile che un 80% degli attuali 32 mila condannati in via definitiva, sia anch'esso composto da recidivi. Gli aumenti di pena, dovuti all'applicazione della recidiva, si potranno sostanziare nei termini, più o meno, di un terzo rispetto agli anni di galera ad oggi inflitti. Ossia una crescita di presenze carcerarie pari a 10 mila unità. Ciò significa 20 mila persone in più in carcere in un breve lasso di tempo. A seguire, non appena la legge andrà a regime, i numeri si moltiplicheranno ulteriormente.
Un vero disastro, a cui si potrà porre rimedio solo abrogando la legge Cirielli, sempre che sia approvata anche in senato. Il programma del centrosinistra per il 2006 deve contenerne l'eliminazione, al pari di altre leggi criminogene. Altrimenti per gestire la nuova ondata di detenuti il passo successivo non potrà che essere il fare ricorso ai privati, alle multinazionali della sicurezza. Negli Stati uniti tutto questo è già successo. In Europa i primi a sperimentare politiche repressive pubblico-private di tolleranza zero sono stati gli inglesi. Ora, buoni terzi ma primi nel continente, arrivano i nostri.
PATRIZIO GONNELLA, Associazione Antigone
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