06/09/2004: Un primo ragionamento su alcuni snodi politici che la vicenda sociale di Acerra segnala all'intero movimento
Dai compagni di Red Link:
Le note che seguono sono state scritte prima della grande Manifestazione di domenica 29 agosto ad Acerra. La straordinaria riuscita di questo appuntamento di lotta (oltre 20000 persone) è un nuovo punto di partenza – e non di arrivo come auspicavano alcuni “necrofori” che allignano ai margini del movimento – per una battaglia che, sempre più, per strappare risultati concreti deve rafforzarsi e generalizzarsi oltre il ridotto territoriale acerrano.
La pesante repressione scatenata contro il corteo, ed in particolare contro la sua composizione popolare, ha avuto il dichiarato scopo (al momento non riuscito) di terrorizzare questa interessante insorgenza sociale. La stessa categoria dei “facinorosi/teppisti” che avrebbero snaturato la “democratica/protesta” è stata coniata - ed utilizzata dai mezzi di dis/informazione tra cui, purtroppo, spesso anche dalle corrispondenze de “il Manifesto” - per inquinare ed infamare le ragioni sociali di questa protesta di massa al fine di ricondurla nel recinto delle compatibilità politiche istituzionali.
Questo scoperto tentativo di cancellare la lotta di Acerra è stato metabolizzato dal movimento il quale – nonostante la criminalizzazione ed i palesi tentativi di annientarlo – sta preparando la prossima tornata di iniziative. Già l’area del Pantano, ad immediato ridosso del cantiere è di nuovo presidiata dal Comitato di Lotta mentre, quotidianamente, si svolgono assemblee ed incontri anche con i lavoratori del comprensorio di Pomigliano d’Arco. Inoltre per il prossimo Venerdì 10 Settembre una Manifestazione investirà le strade di Napoli per portare la rabbia di Acerra (e delle altre popolazioni) sotto il Palazzo Regionale di Via Santa Lucia dove siedono i mandanti della repressione del 17 e del 29 Agosto e dove sono insediati i pianificatori del Piano Regionale dei Rifiuti.
Napoli, 2 settembre,2004
ACERRA: Piovono pietre!!
La vicenda del Temovalorizzatore da installare nell’area acerrana ha avuto una accelerazione verso un esito che è opposto a quanto auspicato dai movimenti di lotta nel corso di questi ultimi mesi di lotte e di conflitto.
Come qualche gola profonda aveva già fatto circolare, nelle settimane precedenti, la polizia all’alba del 17 agosto con un grosso blitz ha occupato i terreni interessati all’insediamento per consegnarlo – manu militari – alla Società FIBE ed avviare, speditamente, i lavori di costruzione.
La FIBE è una società, consociata con la FIAT, diretta dal generale Carlo Jean ex addetto alla sicurezza della Presidenza della Repubblica e noto sostenitore dell’interventismo bellico tricolore in ogni parte del mondo. Il generale Jean è lo stesso che programmò la localizzazione a Scanzano del maxi-deposito di scorie nucleari e radioattive.
Molti episodi avevano già segnalato che questa, o qualcosa simile a questa, sarebbe stata la linea di condotta che le Istituzioni Regionali ed il Commissariato Straordinario per i Rifiuti intendevano perseguire per piegare – definitivamente - uno dei punti di resistenza popolare più importanti con cui si è configurata la vasta ed eterogenea protesta di massa, in Campania, contro il Piano Regionale dei Rifiuti ed il complesso delle produzioni di morte.
La risposta di lotta degli abitanti di Acerra non si è fatta attendere. Nonostante il periodo festivo e la capillare militarizzazione dell’intero territorio le iniziative di mobilitazione e di blocco crescono quotidianamente e culmineranno nella Manifestazione Nazionale del 29 agosto la quale dovrà porsi il problema/obiettivo di cancellare/oltrepassare la Zona Rossa che le istituzioni e i loro apparati repressivi hanno imposto restituendo il territorio del Pantano alla comunità locale ed ai suoi usi sociali.
Questo appuntamento di lotta è una scommessa forte che il Comitato contro il Termovalorizzatore di Acerra ha assunto in una situazione politica e sociale – oggettivamente difficile – dove, con il passare dei giorni, aumentano le demagogiche esche avvelenate che le istituzioni lanciano per disgregare la lotta. Come interpretare, altrimenti, le promesse fatte dal Commissario Catenacci circa la possibilità di creare, attraverso l’insediamento del Termovalorizzatore, 1500 posti di lavoro? E come interpretare le lusinghe verso alcuni proprietari di terreni di valutare, con prezzi totalmente fuori mercato, alcuni lotti di terra che potrebbero essere coinvolti dai cantieri?
Per questo - e per un insieme di altre questioni – quello che si profila è uno scontro che non può e non deve chiudersi nell’arco di qualche settimana (..magari con una fiammata di lotta generosa ma disperata!!) ma deve attestarsi attorno ad una soglia politica-organizzativa capace di fare fronte all’intero arco di contraddizioni che questa vicenda sociale sta squadernando, in forme anche laceranti, nel territorio acerrano…ed oltre!!
Il movimento:
quel che si avanza è uno stano soldato!!
Sono anni che la Campania è attraversata da un sommovimento sociale il quale, a vario titolo, ha espresso una diffusa indisponibilità sociale ad accettare, supinamente, un ulteriore peggioramento delle proprie condizioni di vita ed una ancora più grave devastazione dell’ambiente circostante.
(Tali manifestazioni hanno avuto una modalità di configurazione che ad una prima osservazione può apparire spuria rispetto alla modellistica classica con cui negli anni passati abbiamo analizzato e classificato le lotte sociali ma – nelle reali dinamiche di coinvolgimento ed attivizzazione diretta del protagonismo – queste lotte hanno anticipato e/o riprodotto gli episodi “più noti” di Terlizzi, di Scanzano e di Rapolla
Tutto ciò è stato registrato ed assunto, almeno nelle intenzioni politiche prospettiche, dai vari aggregati di movimento, ma ancora tanti sono i “buchi neri” analitici che occorrerebbe riempire per poter definire una linea d’azione che punti, risolutamente, ad una possibile ricomposizione in senso antagonistico oltre il permanere di una impostazione localitica e la angusta vigenza di un “ambientalismo da strapazzo” utile, esclusivamente a questa o quella lobby che, provvisoriamente, si candida alla “rappresentazione” di quella “particolare” forma di disagio sociale nelle istituzioni e nei vari micro/sotto poteri che la forma-stato del capitalismo maturo riproduce ovunque…) Ma queste considerazioni già sono un altro discorso e riguardano altri aspetti della discussione tra/nel movimento che pure bisognerà iniziare a fare!!
Questo dato oggettivo, forte e non occultabile, costringe tutti ad osservare le lotte con una predisposizione nuova e più attenta ai processi veri e profondi, che in determinati frangenti ed in occasione di alcune contraddizioni immediate, possono maturare ed esplodere coinvolgendo non più limitate fasce politiche e/o sindacali ma consistenti settori di popolazione che vivono nelle località investite da tali politiche.
Del resto, volendo fare degli esempi concreti, quale è la differenza tra il rifiuto degli abitanti di Scanzano verso l’imposizione coatta di un deposito di scorie radioattive nel proprio territorio e la protesta di Ariano Irpino, di Giugliano o di qualsiasi altro posto contro la riapertura di una vecchia discarica che già ha, abbondantemente, manomesso ed avvelenato il territorio circostante?
Si tratta di entrambi i casi (come quelli visti in tutto il Meridione negli ultimi due anni) in cui attorno ad un obiettivo - comune ed unificante – si sono saldate una molteplicità di rivendicazioni, spesso latenti o espresse in forma di mugugni, le quali hanno prodotte un, benefico, effetto moltiplicatore nei caratteri aggregativi della lotta determinando quelle caratteristiche di massa ben al di là della dichiarata volontà di questo o quel soggetto che, provvisoriamente, si trova ad essere colpito e coinvolto dai nefasti effetti di queste politiche del capitale.
Queste forme di lotta radicali che, correttamente e senza indugiare in retaggi ideologistici, potremmo definire di autorganizzazione e di azione diretta iniziano a diffondersi e diventare socialmente praticabili con una disinvoltura che – spesso – sorprende gli stessi promotori delle Vertenze e dei vari Comitati di Lotta.
Segno, questo, che in determinate situazioni sociali e di massa – fortunatamente – l’esplosività conflittuale non pone limiti alle sue molteplici forme di espressione e di rappresentazione.
La svolta decisionista ed autoritaria delle istituzioni:
nessuna mediazione con le comunità locali e con le loro esigenze sociali!!
La repressione di ferragosto ad Acerra non è stato un fulmine a cielo sereno o una anomalia.
Già a giugno a Giugliano i picchetti della popolazione sono stati, quotidianamente, caricati dalla polizia ma è con il grosso blocco ferroviario di Montecorvino-Rovella, in provincia di Salerno, che si è prodotto un mutamento di rotta nel modus operandi del Governo e della Regione Campania.
La protesta ed il blocco della stazione organizzato a Montecorvino la quale ha fermato per alcuni giorni i collegamenti ed il traffico ferroviario tra Nord e Sud lungo la dorsale tirrenica ha – indubbiamente – realizzato una amplificazione, ben oltre i confini regionali, di una protesta che le istituzioni tutte (sia il Governo Berlusconi e sia l’Amministrazione Regionale del governatore Bassolino) hanno interesse ad inibire e soffocare dentro i singoli ridotti territoriali.
I giorni 25, 26 e 27 giugno in cui l’Italia è stata separata in due, dalla lotta popolare, hanno fatto suonare nelle orecchie dei vari poteri forti il campanello d’allarme che questo malessere - presente in almeno ogni provincia della Campania ed in generale in tutto il territorio meridionale da tempo destinato ed utilizzato come luogo privilegiato in cui localizzare discariche “legali”, “illegali”, “civili” e “militari” – potesse generalizzarsi e diffondersi ulteriormente rendendo, nei fatti, inapplicabile e vano ogni tentativo governativo di disseminare il territorio di nuovi insediamenti nocivi ed inquinanti.
Infatti, con una tempistica degna di un collaudato copione teatrale, abbiamo assistito alle severe bacchettate del Ciampi-nazionale contro gli “egoismi locali che suscitano l’insubordinazione verso le leggi vigenti” e agli aperti e volgari inviti all’azione, rivolti dal “compagno Bassolino” nei confronti degli apparati repressivi dello stato, affinché si ripristinasse immediatamente l’ordine turbato dai manifestanti.
Non è un caso che attorno alla lotta di questo piccolo comune del salernitano è stato prodotto, nell’arco di pochi giorni, una incredibile azione intimidatoria attraverso un articolato mix di minacce contro i delegati che si recavano agli incontri in Prefettura, di denunce poliziesche contro oltre 90 cittadini accusati di blocco ferroviario e di aperte e volgari calunnie verso le ragioni sociali della lotta accostandole a non ben definiti interessi della criminalità organizza.
Ed a proposito della “criminalità organizzata” è bene fare un piccolo inciso: non da oggi quando le lotte sociali nel meridione hanno assunto i toni della rivolta sociale (da Reggio Calabria negli anni ’70 ai tanti episodi in cui attorno ad alcuni casi simbolo intere comunità hanno dato vita a lotte esemplari, ricordiamoci delle barricate di fuoco fatte dagli operai della Enichem di Crotone a metà degli anni ’90 oppure, in forme nuove, Melfi e Scanzano) i commentatori borghesi hanno dipinto queste manifestazioni o con i toni della sollevazione arretrata di tipo Vandeano o come frutto di una accurata regia di cui la camorra e la mafia avrebbero la direzione per affermare i loro sporchi interessi. Questa lettura, fantasiosa e di comodo, è sempre stata sponsorizzata ed alimentata dal riformismo e dai suoi apologeti i quali hanno, costantemente, incasellato qualsiasi espressione di emancipazione sociale dentro gli angusti limiti delle compatibilità con le esigenze del capitale nazionale.
Insomma, da parte dello stato e delle sue istituzioni, con il palese sostegno di tutto il compiacente apparato propagandistico della cosiddetta informazione indipendente, stampata e radiotelevisiva, si è sparato – ad alzo zero – contro le manifestazioni di lotta popolari con il dichiarato obiettivo di annegare queste esperienze in una coltre di opacizzazione mediatica per meglio criminalizzarle ed isolarle.
Infatti proprio la piega che aveva assunto la lotta in provincia di Montecorvino Rovella ha preoccupato tutto il ceto politico di comando il quale non poteva consentire che tale Vertenza rappresentasse un esempio di lotta possibile, vincente e suscettibile di generalizzazione.
Tutto ciò alla vigilia di importanti decisioni tecniche indispensabili per la completa operatività non solo del Piano dei Rifiuti Regionali ma di tutto il colossale “affaire-munnezza” con le sue propaggini affaristiche e speculative fuori regione ed anche oltre i confini nazionali
Ed in questo contesto che va inquadrato e denunciato il particolare livore antiproletario vomitato, da più parti, addosso a questa lotta ed ai suoi diretti protagonisti.
Evidentemente per il governo nazionale, per le trasversali camarille locali e per il collaudato meccanismo di gestione criminale che sovrintende, da decenni, il ciclo dei rifiuti, in Campania come in tutto il Sud, non era tollerabile una nuova affermazione vincente della lotta popolare sul modello sociale di Scanzano.
Una vittoria che poteva mettere in serio pericolo questo dispositivo di altissima valorizzazione per le imprese, per le loro filiere e per le “nuove” e “vecchie” mafie che sguazzano e si arricchiscono in questo settore. Con buona pace di tutta la ridondante retorica delle inchieste sulle “eco-mafie” le quali – volutamente – hanno colpito, esclusivamente, i cartelli criminali ed i gruppi affaristici già perdenti ed in declino e mai lo stabile intreccio/compenetrazione tra potere politico ed affarismo speculativo tuttora stabilmente insediato ed operativo.
Connubio, questo, che è andato avanti – almeno in Campania – anche durante il decennio amministrativo (il cosiddetto Rinascimento Napoletano) del governatore Bassolino e del “Laboratorio Campano” ossia dell’alleanza politica ed amministrativa da Mastella a Bertinotti….passando per De Mita!!
Prima, durante e dopo le giornate di lotta del salernitano - soprattutto quando si è delineato con nettezza l’articolato intreccio di interessi politici ed economici che si addensano attorno all’infernale circuito della produzione/distruzione/riciclaggio dei rifiuti – è stato indicativo il silenzio di tutto il presunto arcipelago verde e/o ambientalista ufficiale il quale, pur di non inimicarsi il potere e le prebende di Bassolino, ha taciuto su questa e sulle altre proteste, gettando alle ortiche le chiacchiere, in difesa della piena sovranità delle popolazioni, spese, disinvoltamente, durante le campagne elettorali.
Anche in questo caso il carattere compatibilista (con le esigenze del capitalismo) dei Verdi è stato il fattore determinante delle scelte dei Pecoraro Scanio e dei vari accoliti che siedono nelle maggioranze amministrative istituzionali i quali – nei tornanti decisivi delle vertenze in atto – si sono sempre schierati, apertamente, con le scelte antipopolari perpetrate dalle istituzioni e dai vari potentati economici.
A tutt’oggi questi vip dell’ambientalismo, nonostante il loro irrefrenabile narcisismo mediatico, hanno pensato bene di disertare i picchetti e le iniziative di lotta popolari preoccupati di offrire il loro imprimatur politico a forme di lotta non condivise.
Ciò che si appresta, dunque, è una fase dello scontro in cui le istituzioni, pur di realizzare i loro proponimenti, scateneranno il massimo di pressione per distruggere ogni espressione di opposizione verso ciò che si annuncia come una scelta obbligata (non solo della Regione Campania) ma di tutto il sistema vigente di produzione e sfruttamento, di parte capitalistica, della “risorsa rifiuti”.
La lotta, quale lotta:
no al Piano Rifiuti senza se e senza ma, nessuna contrapposizione tra le popolazioni, la salute non si monetizza in alcun modo, per migliorare le nostra vita e cambiare la società!!
Il Piano Rifiuti della Campania – fondato sulla funzione centrale e decisiva dell’incenerimento della monnezza – non può essere emendato o modificato in qualche suo aspetto ritenuto, particolarmente, foriero di pericoli o di nocività per il territorio.
Dispiace per i “riformatori dell’ultima ora” ma tale Piano Rifiuti, essendo seriamente articolato ed intrecciato nei suoi vari segmenti, non consente significative modifiche o stravolgimenti sostanziali.
Questo Piano, oltre ad essere scatenante di una nuova e più profonda devastazione ambientale che non risparmierà nessuna provincia della Regione, è concepito sulla base di un articolato legislativo che azzera e calpesta tutti i “poteri decisionali locali” rendendo nulle le deliberazioni dei vari consigli comunali i quali, di volta in volta, sotto la pressione delle popolazioni, hanno respinto l’imposizione dall’alto di queste scellerate decisioni.
(Su questo aspetto sarebbe necessario aprire una discussione sull’istituto del Commissariato Straordinario di Governo.Questo mostro giuridico istituzionale fu testato la prima volta, in Campania, durante l’emergenza del post-terremoto in maniera concertativi tra i vari poli politici della borghesia. Per quanto riguarda la questione-rifiuti tali poteri eccezionali sono racchiusi in una struttura “autonoma” ad hoc la quale ha retto ai vari cambi di maggioranza nel corso degli oltre 9 anni di vigenza. Questo Commissariato Straordinario, in definitiva, fonda ed opera su una sperimentazione concreta di quella torsione autoritaria del diritto denominata correntemente da alcuni giuristi “stato d’eccezione”. Tale questione, però, non deve farci nutrire inutili aspettative sui meccanismi di “tutela democratica” che dovremmo rivendicare nel corso delle lotte. In particolare – dopo il blitz di Acerra – abbiamo registrato alcune prese di posizione che lamentano su un “principio democratico” calpestato appellandosi, ancora una volta ma fuori tempo massimo, ad una presunta Magistratura indipendente che dovrebbe/potrebbe ripristinare il diritto violato dai “provvedimenti antidemocratici” del governo!!)
Rispetto ad una compiuta e complessa progettualità di questo tipo non è possibile scorporare i termovalorizzatori dal resto del Piano Rifiuti (come vorrebbe fare qualche astuto militante ammalato di realpolitik) il quale và rigettato in ogni sua parte anche in quelle che – apparentemente – sembrano configurarsi come un passo in avanti rispetto al precedente regime legislativo che prevedeva la totale deregolamentazione delle discariche abusive.
La scelta dei termovalorizzatori, presentati come il superamento delle vecchie discariche disseminate sul territorio, prospetta una scelta di campo definitiva e senza ritorno.
(Anche su questo aspetto la mistificazione è forte. Infatti le discariche abusive ed illegali fruttano ai proprietari dei terreni una grande rendita che nessuna coltivazione agricola, neanche quella più pregiata, sarebbe in grado di produrre. Quindi pur utilizzando, per forza di cose, superficie ridotte, in una situazione dove l’unico dato certo è il continuo aumento della produzione di rifiuti, il regime delle discariche continuerà a proliferare, in maniera incontrollata ed incontrollabile, in tutti i territori.)
I Termovalorizzatori – questi mostri ammantati da una presunta patina ecologica - hanno bisogno di funzionare 24 ore su 24 ed a pieno regime di utilizzo per essere convenienti dal punto di vista economico. I loro enormi costi di realizzazione e di gestione impongono l’utilizzo intensivo degli impianti con un rifornimento continuo di grandi quantità di rifiuti (sia civili che industriali. Ed a questo proposito molte industrie già si stanno facendo avanti nel richiedere la distruzione di grandi quantità di scorie e scarti di lavorazione da anni stoccate nei vari stabilimenti non sapendo come eliminarle. Una evidente manna dal cielo risolutrice per alcune aziende che hanno prodotto milioni di tonnellate di rifiuti tossici).
Nessuna, eventuale, Raccolta Differenziata (la quale porterebbe, da subito, ad un abbassamento della mole e degli stoccaggi di rifiuti da destinare all’incenerimento) potrà integrarsi o interagire con questi impianti e con la filosofia produttivistica ed affaristica che li sottende.
Una scelta in direzione della Raccolta Differenziata invaliderebbe – di fatto - l’intero ciclo fondato sui CDR, sugli Inceneritori e sulla produzione di un nuovo business che già si sta alimentando sullo smaltimento dei residui dell’incenerimento (alcuni studi stimano questi residui attorno al 30% anche nei termovalorizzatori di cosiddetta ultima generazione).
Da ciò né deriva che una seria ed articolata Raccolta Differenziata (se mai si riuscisse ad organizzarla considerando le forti resistenze che si oppongono a tale scelta) unita ad una politica tendente sempre più ad una riduzione strutturale dei rifiuti (solo gli imballaggi costituiscono una percentuale elevata della produzione totale di rifiuti…) non è compatibile con questa forma dello sviluppo del capitale, con le sue ferree regole di mercato e con il suo continuo business il quale non disdegna di colorarsi di “verde” o di “arcobaleno” quando fiuta affari lucrosi da realizzare.
E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una scelta che esula dal mero dato locale o dalla volontà di questa o quella amministrazione paesana. Già su tale terreno il lavorio istituzionale, teso alla continua contrapposizione tra le popolazioni ed ad alimentare il banale campanilismo, ha segnato, recentemente, qualche punto a suo favore.
Proprio nelle ultime settimane il sindaco di Giffoni Valle Piana (un ridente paesino in provincia di Salerno noto per essere la sede di una importante rassegna internazionale di cinema per ragazzi. Un paese simbolo, insomma!!), in contrapposizione con altre amministrazioni della propria zona ha chiesto al Commissariato Straordinario per i Rifiuti di impiantare un Termovalorizzatore sul proprio territorio. Naturalmente tale proposta dovrà essere ripagata attraverso una significativa monetizzazione del rischio salute ed una manciata di assunzioni negli impianti da costruire.
Scelte di queste tipo potranno diffondersi anche in altre zone in particolare dove le difficili condizioni di degrado socio-economico rendono urgente la realizzazione di interventi strutturali contro la disoccupazione e dove le amministrazioni locali sono impotenti rispetto all’enorme mole di problemi sociali che sono costrette, quotidianamente, ad affrontare senza risolverle.
Nei confronti di tale snodo, per poterlo, correttamente, superare - salvaguardando gli obiettivi della lotta e la piena autonomia politica del movimento - non esistono ricette tautologiche o miracolose da applicare salvificamente.
Anzi più l’iniziativa del capitale si articolerà, si concentrerà e si accanirà su una singola zona più potranno svilupparsi derive dissolventi e disgregatrici dell’unità del fronte di lotta e di vero e proprio snaturamento degli obiettivi dispiegati dalla battaglia sociale.
Si tratta, allora, anche in forme attitudinali e/o propedeutiche possibili, di iniziare una discussione – nei Comitati, nei vari Organismi di Lotta attivizzati fino ad ora – che, necessariamente, superi in avanti i problemi specifici e contingenti delle singole Vertenze delineando una prospettazione d’insieme dell’intera vicenda politica.
Una battaglia di questo tipo non può essere vinta da una unica popolazione o da un Comune più o meno ribelle ma deve riuscire ad aggredire, unitariamente, l’enorme mole di problemi e di interessi che richiama. Occorre avere la consapevolezza, fin da subito, che le istituzioni - a vario livello – stanno mettendo in campo tutti i coefficienti politici e di uso della forza indispensabili per scoraggiare e colpire qualsiasi insorgenza popolare e di classe.
Quella che abbiamo di fronte non è una questione settoriale o specifica di questa o quella zona ma un problema politico di rilievo generale e come tale dovrà essere affrontato dalle mobilitazioni in corso e da quelle future.
La questione degli Inceneritori, dei Termovalorizzatori, il Piano Regionale dei Rifiuti, l’insieme di quelle che definiamo Produzioni di Morte (compreso il sistema dei depositi e basi militari indispensabili per la dottrina della guerra preventiva e per le aggressioni imperialistiche in giro per il mondo) non sono questioni riguardanti esclusivamente le popolazioni interessate alle varie localizzazioni ma sono temi di carattere universale e fondante per il movimento tutto, per la sua vocazione espansiva verso l’indispensabile radicamento sociale e conflittuale.
Il/i movimento/i No Global e No War devono assumere, con la dovuta maturità e senso di responsabilità a larga scala, questa questione che, sempre più, è diretta conseguenza dell’attuale fase della globalizzazione e dei suoi micidiali effetti antisociali a tutto campo nell’intera società..
Questo passaggio politico deve essere ascritto nell’agenda politica del movimento tra le priorità più importanti di questo periodo intrecciandolo con la costruzione della campagna di lotta contro le basi nocive e militari e contro il complesso delle politiche di devastazione/manomissione del territorio e…dell’intera vita!!
Le popolazioni di Acerra, di Giugliano, di Parapuoti, di Ariano, di Sparanise…tutte le comunità in lotta non vanno isolate e lasciate sole di fronte al moloch istituzionale ed alla macchina repressiva dello stato. Anche utilizzando, come fattore di aggregazione, episodi come la repressione ad Acerra occorre favorire il confronto, la reciproca conoscenza e l’interazione tra i vari Comitati di Lotta. Le diverse Vertenze abbisognano di un dato unificante e centralizzatore che, oltre a moltiplicare la forza d’urto delle singole lotte, può diventare un utile antidoto sociale contro la nefasta politica della “competizione tra campanili o di esplosione degli egoismi locali” la quale è capitalizzabile, esclusivamente, agli interessi dei nostri avversari di classe ed ai tentativi di dividere e disperdere, lungo vari rivoli, l’opposizione sociale.
In queste lotte può e deve, concretamente, innestarsi ed iniziare un dibattito che alluda – fuori da ogni evanescente metafora o inapplicabile ed utopico libro dei sogni – ad una idea di società, di sviluppo economico e sociale, di rapporti tra gli uomini e tra questi e la natura profondamente antitetica ed antagonistica con il capitalismo e le sue parossistiche regole di valorizzazione e di imbarbarimento totale e generale.
In questi decisivi passaggi di movimento la socializzazione ed il bilancio politico delle esperienze di lotta e la discussione collettiva che può derivarne valgono più di migliaia di volantini e di astratte dissertazioni su funamboliche alternative sociali che possiamo prefigurare e/o immaginare nei nostri discorsi e nelle nostre riunioni senza avere, poi, la capacità di interagire con il movimento reale che si svolge attorno ed indipendentemente da noi.
Mai come in questi casi è utile richiamare il concetto politico che, in determinate situazioni ad un certo punto della dinamica dello scontro in atto – per il movimento reale - ci sono giorni che valgono anni!!
Le lotte contro la “monnezza” per quanto minuscole o inadeguate (se rapportate all’entità della posta in gioco complessiva) possono essere una sorte di esempio – una traccia ed un buon corroborante - per il lavorio di scavo che, nonostante tutto, la Vecchia Talpa della contraddizione reale sta continuando a svolgere nei meandri e nelle pieghe della formazione economico sociale del capitale.
In questo scorcio della mondializzazione e della accresciuta competizione globale interimperialistica anche singole Vertenze, quando rompono gli argini e gli steccati delle compatibilità, possono, da subito, prospettare ed indicare l’urgenza e l’attualità politica programmatica del superamento dei rapporti sociali vigenti.
Napoli, 20 agosto, 2004
Red LinK
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