28/05/2004: Nemici all'interno, foglio della rete regionale anticapitalista e antimperialista dell'Emilia-Romagna - maggio 2004
Noi e loro
Solidarietà ai partigiani senza “se” e senza “ma”
A circa un anno dall’uscita del primo numero di questo foglio di collegamento regionale ci ritroviamo a proporre un’analisi, abbozzata anche nello scorso numero, che tenta di collegare il piano degli avvenimenti di guerra a livello internazionale, con particolare riferimento all’Iraq, e le politiche di ristrutturazione e di repressione nel quadro nazionale.
In questi ultimi mesi la resistenza irakena si è imposta a livello internazionale come una delle più avanzate punte di lotta delle masse popolari nel mondo, ha dato dimostrazione della possibilità concreta di contrastare l’imperialismo.
Assistiamo alla legittimazione della lotta del popolo irakeno da parte di strati sempre più ampi di compagni e proletari in Italia (inizialmente snobbata o addirittura invisa a molti) tanto da far assumere nel lessico politico terminologie come fronte interno e fronte esterno (1).
Tuttora le forze politiche parlamentari e gli organi di stampa continuano una diffamante campagna contro i partigiani, dovendone, però, a malincuore ammettere l’esistenza, tentando, senza clamorosi successi, di creare un sentimento sciovinista di identità nazionale e neocolonialista (ad esempio con i funerali di Stato per i morti di Nassiriya e la sfortunata vicenda, per loro, dei quattro mercenari rapiti).
La resistenza armata in Iraq rappresenta uno degli avvenimenti più importanti degli ultimi 20 anni per le sue implicazioni internazionali.
Il fronte di lotta in Iraq contrappone le truppe imperialiste (e le truppe collaborazioniste) alle masse popolari oppresse, che trovano nelle diverse
organizzazioni politico-militari irakene la loro avanguardia. Da formazioni confessionali a laiche nazionaliste fino a gruppi comunisti guerriglieri, in Iraq il fronte di lotta è variegato e capace di dotarsi di strategie d’azione efficaci per fiaccare l’arroganza imperialista.
Vi sono numerosi documenti e materiali che testimoniano la capacità organizzativa delle forze partigiane irakene, sia negli aspetti prettamente militari sia in quelli più specificatamente politici.
Ciò che sembrava essere una passeggiata si sta trasformando in un inferno per le truppe occupanti. Le forme di lotta della guerriglia riescono attraverso il classico ‘mordi e fuggi’ a colpire la coalizione, che raccoglie le truppe degli eserciti più forti del mondo. Li chiamano banditi, assassini, terroristi, fanatici, ma sono i patrioti più innocenti e coraggiosi del popolo irakeno che si battono ora. La lotta armata praticata dal popolo irakeno sembrava per la sinistra ufficiale e alternativa un anacronismo, un retaggio di vecchi echi novecenteschi, ma è stata ed è la vera possibilità di garanzia che hanno gli iracheni.
La guerriglia irachena è un’avanguardia organizzata militare che si muove, pur nella diversa composizione dei gruppi, con una strategia comune: cacciare le truppe imperialiste.
L’esercito imperialista è forte, ma il popolo in armi è una forza invincibile, questo è una delle prima questioni che la sinistra opportunista ha dimenticato. Troppo presto hanno dimenticato la lotta del Partito Comunista di Mao per liberare la Cina, la lotta in Vietnam, l’Algeria, il Libano... Gli iracheni non sono soli, in molte parti del mondo eserciti popolari, in alcuni casi guidati da partiti comunisti, stanno
combattendo direttamente contro l’imperialismo: Palestina, Paese Basco, Colombia, Venezuela, Nepal, India, Filippine, ecc...
Non credere nella resistenza del popolo vuol dire capitolare di fronte al nemico, significa assumere il punto di vista della borghesia che pensa a se stessa come immortale e infinita.
L’edonismo proposto da gran parte della sinistra si infrange contro l’eroismo di questi anonimi guerriglieri irakeni, il loro sacrificio, la loro capacità militare e la loro disciplina. Questi partigiani lottano in prima persona, rompendo con la virtualità e il pacifismo della sinistra occidentale. Non amiamo parlare delle torture inflitte al popolo iracheno, preferiamo parlare della capacità offensiva di questo, la repressione è un atto inevitabile durante un processo rivoluzionario.
Se la solidarietà alla resistenza si è allargata lo si deve solo all’estensione della guerriglia. Non ci inganniamo su una simile ‘solidarietà’. La divisione tra terrorismo e guerriglia partigiana non esiste, solo l’estensione della lotta partigiana ha permesso a questi combattenti di non venir considerati dei terroristi. Ma il loro ruolo e le forme d’azione non sono cambiate in questi mesi, è cambiato il numero dei soldati imperialisti uccisi.
Gli obiettivi sono semplici e concreti, la questione del potere viene posta, i gruppi guerriglieri comunisti iracheni giustamente partecipano al fronte di lotta antimperialista, ma al tempo stesso iniziano a porre le basi per una crescita della coscienza di classe rivoluzionaria tra le masse popolari per la dittatura del proletariato (2).
Le masse arabe con alla testa le organizzazioni politico-militari islamiche e laiche possono rappresentare in tutto il continente asiatico una reale forza antimperialista che resiste e si pone dei reali obiettivi di vittoria ben più micidiali per l’imperialismo di qualche raduno e manifestazione internazionale.
La solidarietà alla lotta di liberazione, e nello specifico contro il neocolonialismo
deve essere incondizionata.
Non abbiamo il diritto di giudicare le forme di liberazione che questi partigiani si danno, ci appare ipocrita chi solidarizza, ma evidenzia sempre i limiti del movimento partigiano, anzi si mette addirittura a chiedere una garanzia per la propria solidarietà (le esecuzioni no, quello si, l’altro no...), non accorgendosi che rappresentiamo un paese neo-colonialista e siamo stati fin ora incapaci, a differenza degli irakeni, di rispedire le truppe italiane a casa.
Come più volte abbiamo ribadito lo sviluppo della resistenza proletaria nella metropoli imperialista si muove in prospettiva su un binario parallelo alle lotte antimperialiste. La lotta dei tranvieri, quella dei metalmeccanici, per l’ambiente, a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, malgrado la discontinuità, sono segnali di resistenza proletaria. Le punte più avanzate di queste mobilitazioni si sono avute quando si sono intersecate con il movimento contro la guerra, cogliendo il legame tra i due piani.
Punti di contatto che influenzando il movimento contro la guerra potrebbero fargli superare l’attuale empasse, dovuto alla marcata impronta ideologica ed etica.
Le politiche di ristrutturazione del mondo del lavoro vanno di pari passo con l’inasprirsi delle politiche di guerra, che trovano anche dirette ripercussioni sul territorio attraverso la sua militarizzazione, che si manifesta in tutta la sua
arroganza con la presenza su territorio italiano, e anche in Emilia-Romagna, di basi NATO e USA. I concetti di fronte interno e fronte esterno sono patrimonio anche della borghesia che, non ignara delle conseguenze delle politiche di guerra e ristrutturazione sempre più accelerate non esita a dotarsi di metodi repressivi sempre più frequentemente, denuncie, schedature, manganellate sono all’ordine del giorno, fino all’utilizzo, ormai massiccio, dei reati associativi oggi anche aggiornati sul piano europeo grazie all’introduzione del 270 ter di cui già abbiamo avuto la prima applicazione, (ricordiamo il recente utilizzo del 270 ter contro compagni accusati di aiutare altri compagni turchi di una organizzazione DHKC inclusa nelle liste nere dell’antiterrorismo).
L’utilizzo massiccio dei reati associativi e l’estensione della sua applicazione rappresenta una delle tante armi dell’imperialismo nella sua strategia di controrivoluzione preventiva. Facciamo notare come oggi al vertice della repressione accanto ai compagni troviamo singoli o organizzazioni araboislamiche.
Una maggiore attenzione ai livelli repressivi e un atteggiamento meno liquidatorio aiuterebbero a rompere l’isolamento e la desolidarizzazione che di volta in volta colpisce le persone o i gruppi perseguiti.
Note:
1) All’interno della stessa Rif Com è nata una nuova area dissidente denominata “comunisti autoconvocati” (www.piazzaliberazione.it) che appoggia e sostiene la resistenza irachena.
2) Si trovano informazioni su www.wpiraq. org e www.idao.org
La Nato: i veri terroristi!
Dal piano internazionale a quello regionale va sviluppata l’opposizione alla Nato
“Le parti s’impegnano, com’è stabilito nello statuto dell’O.N.U. a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale nella quale potrebbero essere implicate. In modo che la pace, la sicurezza internazionali e la giustizia non siano messe in pericolo e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza in modo incompatibile con gli scopi dell’O.N.U.”
Questo è l’articolo 1 del Trattato Nord Atlantico firmato a Washington il 4 Aprile 1949, in cui gli stati partecipanti costituivano la N.A.T.O. Ora provate a ricordare gli interventi perpetuati dall’esercito atlantico (per esempio guerra in Jugoslavia del 1999) e rileggete quanto sopra.
E’ oramai chiaro a tutti la funzione militare di controllo e tutela dell’espansione imperialista che ha svolto negli ultimi anni la N.A.T.O. difendendo interessi economici e coloniali dei maggiori paesi industrializzati - USA, U.K. Francia, Germania, Spagna, Olanda ed Italia - eludendo vincoli ed ordinamenti previsti dal loro stesso statuto. Ma per opporsi a quest’esercito, di ragioni ve ne sono altre, partendo dall’inquietante possibilità di utilizzare armi nucleari, come chiaro messaggio intimidatorio verso quei paesi che non si piegano alle politiche dominanti.
Inoltre le armi ed equipaggiamenti militari, sono prodotti quasi esclusivamente dai paesi membri, incrementando profitti e strumenti di morte che vanno di pari passo al terrore che inducono: solo nell’ultimo conflitto nei Balcani, le forze N.A.T.O. utilizzarono 1.200 aerei da guerra ed 8.000 tonnellate di esplosivo provocando migliaia di vittime e la distruzione di ponti, ospedali, ferrovie, acquedotti, oltre ad indelebili danni al territorio. In questo scenario caratterizzato da un predominio militare quasi assoluto, non va tuttavia dimenticato che forze rappresentative della coalizione hanno in questi 60 anni, interferito sulla politica interna degli stati comunisti, installando cellule segrete paramilitari sotto protezione della CIA, con lo scopo di creare disordini sociali ed insurrezioni. Oltre agli aberranti brogli elettorali protetti in Macedonia, Albania e Slovacchia.
Anche le ragioni dell’espansione ad est dell’alleanza atlantica, che nasceva peraltro come blocco antisovietico, sono prevalentemente economiche.
Per prima cosa, aiuta le corporazioni dell’Europa Occidentale ad assicurarsi risorse strategiche d’energia come petrolio o gas naturali dal Mar Caspio e dall’Asia Centrale, progettando e costruendo diversi gasdotti che passeranno attraverso i Balcani – guarda caso!- fino alle coste italiane, per giungere anche nella nostra regione (l’apertura di centrali Turbogas in romagna, nel bolognese come a Ferrara ne sono una lampante dimostrazione). Di notevole importanza poi sono le repubbliche del Kazakhstan e dell’Uzbekistan, in grado di garantire da sole milioni di dollari di petrolio annuali alle multinazionali americane già presenti da anni.
La N.A.T.O. quindi garantisce la sicurezza che questi investimenti non siano bloccati o boicottati dai governi locali, fornendo militari ed insediamenti direttamente sul territorio, ed annettendole nell’alleanza atlantica. Ma non sono solo gli interessi del Capitale ad influire sulle decisioni operative e strategiche, nella guerra alla Jugoslavia come all’attuale in Iraq, è anche il simbolo che bisogna colpire, per affondare qualsiasi alternativa o resistenza al nuovo ordine mondiale, proletarizzando di conseguenza la maggioranza della popolazione.
Ed anche in Emilia-Romagna, regione rossa per antonomasia, dobbiamo confrontarci con una costante militarizzazione degli spazi, dalle sempre più numerose forze dell’ordine quotidianamente impiegate, fino ad arrivare alle due basi N.A.T.O. presenti: a Pisignano fra Cesena e Cervia, e Poggio Renatico in provincia di Ferrara.
La base di Pisignano ha avuto un ruolo fondamentale nei bombardamenti in Jugoslavia, da qui partirono centinaia di caccia-bombardieri “F-16”, tutt’oggi dislocati in grande dispiegamento, e sempre operativi, oltretutto in grado di trasportere bombe atomiche!
Quella di Poggio Renatico (COFA/CO comando forze aeree) è diventata di grande importanza strategica poiché garantisce la copertura radar di tutta l’Europa centrale, orientale e l’estasiatico, con il ruolo sia di comando operativo alternato che per le operazioni cosiddette “fuori area”.
Notizia poi degli ultimi giorni (29 Marzo 2004), l’ufficializzazione dell’ingresso della Slovenia nel patto atlantico, i cui cieli saranno monitorati dalla base di Poggio e difesi da quella di Pisignano.
Dobbiamo quindi cercare di aumentare la contro-informazione partendo da una valutazione sia politica ma anche sociale ed ambientale di ciò che comporta la presenza di queste strutture.
Oltre al ruolo svolto dalla N.A.T.O. di cui abbiamo parlato prima, è importante
rilevare che i patti internazionali con cui l’Italia s’impegna a aderire all’alleanza non tengono minimamente in considerazione la volontà dei cittadini ad “ospitare” queste basi. In pochi forse sanno che un’ora di volo di un aereo che parte da Pisignano inquina come 10/15 mila auto provocando inoltre un dannoso inquinamento acustico.
Oppure che nella zona circostante il radar di Poggio Renatico si sono verificati tumori anomali, e sono tuttora in corso accertamenti per verificare eventuali connessioni tra le onde elettromagnetiche ad alta potenza sprigionate dal radar con queste patologie.
Tutto questo non si verifica a migliaia di chilometri da noi ma vicino alle nostre abitazioni, ad ospedali, a scuole, senza che nessuno abbia domandato agli abitanti di queste zone se ora sono più tranquilli od invece abbiano timore nel divenire a loro volta possibili obiettivi di guerra.
La N.A.T.O. è un’organizzazione criminale che attraverso l’utilizzo di uranio impoverito, controllo dei media internazionali, eliminazioni mirate di politici e civili, viola leggi internazionali e nazionali causando morte, distruzioni e catastrofi di impatto ambientale perenni.
Questo sì che si chiama Terrorismo.
Il Terrorismo perpetuato costantemente attraverso piani di dominio coloniale assoggettati agli interessi del mercato.
Opporsi e combatterli non è solo lotta di classe, ma un percorso necessario se si crede realmente ad un’esistenza, dove l’umanità non abbia un ruolo subalterno agli interessi di pochi potenti.
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