08/05/2004: Militarizzazione spallanzani
La trasformazione dello Spallanzani, ospedale pubblico, nel cuore di Roma, in presidio militare per il bioterrorismo procede, ma alimenta sempre più la lotta e la resistenza che ad essa oppongono i lavoratori dell'Istituto e delle masse popolari, che di fatto sono riuscite ad ostacolare e ritardare progetti legati a quella che è un'economia di guerra. Dal 3.05.05 sono attive le barriere anticarro che impediscono l'accesso alla struttura di veicoli a motore, (foto in allegato), sia degli utenti che degli operatori, con inimmaginabili ripercussioni. Le denuncia di questo processo data 2002, anno della chiusura del reparto di pediatria, e continua, oggi, che la trasformazione è ormai sotto gli occhi di tutti.
Seguono le denuncie di ieri e quelle di oggi.
Una precisazione: in due degli articoli usciti il 5.5.04 si parla di partecipazione delle RdB alle proteste dei lavoratori, è una falsità. Purtroppo le RSU interne CGIL-UIL-RdB appoggiano completamente i piani di ristrutturazione aziendali.
Si chiede a tutti cittadini, forze di movimento, sindacati,associazioni di diffondere la conoscenza di questo problema, che non è proprio della città di Roma,ma di interesse nazionale,e non riguarda purtroppo solo la Sanità, e lottare uniti in difesa dei diritti conquistati e contro la logica di guerra che vogliono imporci.
Tra gli alieni e i mutanti del resuscitato Lazzaro inchiesta di Giuliano antoro
L'HANNO CHIAMATA "guerra globale permanente". Mentre le bandiere arcobaleno della pace sbucano dalle finestre di tanti cittadini, in ogni anfratto si nasconde una macchina bellica. È una faccenda "da adulti", che coinvolge soprattutto i bambini, anche da questa parte del mondo. Il reparto malattie infettive pediatriche dell'ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma, che da trenta anni si occupa di curare i bimbi ammalati provenienti dalle città di Roma e del centro-sud, è chiuso da novembre. I bambini sono costretti al day hospital: dormono in altri ospedali e, di giorno, condividono la degenza con gli adulti, in reparti in cui le caratteristiche dell'assistenza sono completamente diversi e il personale non ha la formazione idonea per provvedere alle necessità dei piccoli pazienti. Inoltre, il ricovero in reparti per adulti espone i piccoli pazienti a un grave rischio "infettivologico, dovuto alle infezioni crociate, quelle infezioni che possono essere veicolate dagli stessi operatori sanitari", spiegano allarmati i lavoratori dello Spallanzani. Tutto questo, per motivi di "economicità". È la motivazione ufficiale che ha dato il commissario straordinario Raffaele Perrone Donnorso. È la politica sanitaria adottata dal ministro Sirchia, cui si accoda quella del presidente della regione Lazio, Storace: si risparmia, tagliando prestazioni e diritti a discapito della salute dei cittadini.
Non solo. In realtà, la chiusura del reparto coincide con un'inaugurazione inquietante. In due padiglioni dello Spallanzani si sono insediati due laboratori. Si tratta del reparto Baglivi, dedicato alla "diagnostica molecolare avanzata": un vero e proprio centro contro il bioterrorismo, una struttura all'avanguardia che ospita una banca dei virus conservati, kit molecolari e sonde genetiche per identificare in pochissimo tempo i microrganismi che provocano malattie come l'ebola o l'antrace. "Virus di livello quattro", si mormora allo Spallanzani, altamente pericoloso. Infatti, all'inaugurazione del reparto, alla fine di gennaio, c'è stata la contestazione al ministro della sanità, Sirchia, da parte dei Cobas Spallanzani, del Tribunale dei diritti del malato, della Lila e del circolo Mario Mieli, mentre subito dopo si è formato il "Coordinamento per la salute pubblica", cui hanno dato la loro adesione anche Verdi, Rifondazione comunista, la sinistra Ds di Aprile e "Un ponte per".
Corsie militarizzate
L'Istituto superiore di sanità afferma che in Italia esistono due centri per la diagnostica delle patologie legate al bioterrorismo: l'ospedale Sacco di Milano per il centro-nord, e lo Spallanzani per il centro-sud. Il sospetto è che i due laboratori del reparto Baglivi dello Spallanzani siano anche luoghi di ricerca e sperimentazione. "Tanto più - spiega Mimma Miani, consigliere comunale dei Democratici di sinistra nel municipio XV - che la presenza dei virus di livello quattro richiede l'autorizzazione dell'Organizzazione mondiale della sanità". Infatti, all'uscita dall'ispezione, i Verdi Loredana De Petris e Angelo Bonelli [deputata e consigliere regionale] hanno chiesto un'ispezione dell'Oms, "per verificare con certezza che non vi siano all'interno dello Spallanzani pericolosi virus. Chiunque può fare irruzione nell'ospedale. Un centro per la lotta al bio-terrorismo non può stare all'interno di un ospedale civile, dentro la città", mentre persino il segretariato del parlamento ha chiesto la necessaria trasparenza su questa vicenda.
Che da qualche tempo la trasparenza non alberghi nelle corsie dello Spallanzani e che l'ospedale sia "militarizzato" è sotto gli occhi di chi ci lavora quotidianamente: "Da quando è stato aperto il laboratorio contro il bioterrorismo - raccontano testimoni diretti del personale medico e paramedico dell'ospedale - sono comparsi recinti e telecamere in ogni viale, chi parla delle 'novità' subisce intimidazioni e provvedimenti disciplinari, e non si riesce a capire cosa ci sia veramente nei laboratori". I lavoratori del Cobas, in un comunicato, confermano questi sopetti e rincarano la dose: "La dirigenza dello Spallanzani si sta prestando con solerzia a trasformare uno storico punto di riferimento assistenziale per tutte le patologie infettive del territorio, soprattutto per le fasce più deboli della società, in un cosiddetto. 'centro di eccellenza' per la ricerca, la sperimentazione e per il 'bioterrorismo', fonti ultramiliardarie di investimenti e di profitto per multinazionali, per appalti di tipo militare [segreti o meno.]".
Sirchia, Marzullo e Spallanzani
Giuseppe Ippolito, che allo Spallanzani è direttore scientifico, ed è anche coordinatore della task force del ministero della sanità sul bioterrorismo, in un articolo in "Per aspera ad veritatem", rivista di "intelligence e di cultura professionale" pubblicata dal Sisde, affronta in un ermetico politichese il rapporto delicato tra informazione e "pericolo chimico": "La paura del bioterrorismo può determinare depressione, insicurezza e paura. L'Organizzazione mondiale della sanità stima che gli effetti negativi sulla popolazione determineranno un incremento della depressione fino al trenta per cento In questo contesto - si legge - i media costituiscono uno degli obiettivi sui quali concentrare gli interventi, perché è necessario fare una valutazione corretta tra il diritto di sapere e il dovere di informare". Una valutazione singolare deve averla fatta il ministro che l'ha nominato: Gerolamo Sirchia si è sottratto al confronto parlamentare, facendo rispondere alle interpellanze il sottosegretario Guidi, il quale si è prodotto in un memorabile esercizio di retorica sulla salute dei bambini, per poi rinviare il confronto, con tanto di citazione trash: "Le chiedo novanta giorni di sospensione, come direbbe Marzullo, 'per capirci e per capire', anche se ci stiamo avviando verso un processo di chiarezza", ha detto all'esterrefatta onorevole Olga D'Antona.
A conferma del fatto che allo Spallanzani stia avvenendo qualcosa di molto più grande [e pericoloso] di quanto non vogliano farci credere, c'è l'incontro dei ministri della salute del G7 [allargato al Messico] che si terrà il 21 marzo proprio in quei laboratori. Insieme a cinquanta esperti, si discuterà di bioterrorismo. "Ma sia chiaro - ha aggiunto Sirchia presentando la sua iniziativa al Consiglio superiore di sanità - che gli investimenti fatti, se non ci sarà alcun attacco, non saranno soldi buttati via, in quanto le strutture servono a controllare anche altre malattie. In futuro, ad esempio, un mutante dell'influenza potrebbe essere più pericoloso per la popolazione, e in questo caso i sistemi di allerta scatterebbero". Comunque, "la parola d'ordine è prepararsi". A porte chiuse, con tanto di zona rossa.
Lazzaro Spallanzani, nel diciottesimo secolo, scoprì che la vita non può generarsi dai non viventi: mettendo del brodo di carne in una bottiglia dimostrò che, sottovuoto, non nasceva nessun microrganismo. I responsabili di questa vicenda, forse, dovrebbero imparare meglio la sua lezione: nessuna risposta vitale a eventuali minaccie di morte può arivare dal silenzio, dal vuoto, anzi, dalla dalla "sterilizzazione" della partecipazione.
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