07/04/2004: Sono state sgomberate in Via Adda 300 persone


Immagini da deportazione (che ricorda quella dei palestinesi deportati dagli israeliani) famiglie smembrate, uomini e donne rimpatriati perché privi di permesso di soggiorno, bambini separati dai loro genitori, confinati e segregati in un luogo (via Barzaghi) dal quale difficilmente potranno raggiungere le scuole che frequentavano.
Hanno estirpato quello che consideravano “un bubbone” nel centro della città, una vista e una presenza scomoda per chi vuol dare l’immagine di una Milano ricca, una Milano che produce, una Milano “sicura”.
Giornali e televisioni lì hanno descritti come ladri, delinquenti, aggressori, feccia umana che andava allontanata definitivamente.
Quelle famiglie da tre anni avevano occupato un edificio (dal quale erano state sfrattate ai tempi altre famiglie perché dovevano costruirci un albergo per i mondiali del ’90) rimasto vuoto e abbandonato per più di dieci anni e per la prima volta forse, avevano deciso di appropriarsi di un tetto sotto cui vivere e non di un campo desolato alle porte della città. Hanno tentato di costruire un’esperienza d’auto organizzazione importante , che ha richiamato in questi anni la partecipazione e la solidarietà di molti.
Non passa giorno, che nei nostri quartiere, non venga eseguito uno sgombero. Famiglie buttate in mezzo alla strada, donne sole con figli che subiscono il ricatto di vederli allontanati se non si piegano alle regole che questa “organizzazione sociale” impone.
Un’equazione ripetuta infinite volte: gli occupanti rappresentano una minaccia alla sicurezza del quartiere. Sicurezza invocata da molti e “conquistata” attraverso l’allontanamento di coloro che si ritiene responsabili e cioè: gli occupanti.
E mentre ci fanno scannare su ciò che è lecito e ciò che non lo è, la svendita e la privatizzazione del patrimonio pubblico corre a ritmi accelerati. Mentre gettano i semi della divisione e della discriminazione, sulle nostre case fanno progetti e realizzano interessi diametralmente opposti ai nostri.
Vendita di 1000 alloggi del demanio, gestione privata con rincari allarmanti, piani di riqualificazione del territorio che prevedono mobilità per le famiglie, dubbia ricollocazione negli stessi alloggi e comunque con costi ben diversi da quelli attuali. Sottrazione di una fetta degli alloggi di questo quartiere da destinare ad altri usi e su cui ricavare alti profitti.
Non sono le operazioni militari e repressive a dare soluzione al problema della casa , non sono le guerre all’interno e all’esterno delle nostre città a restituirci la sicurezza tanto invocata. Non è occultando la realtà, confinandola in luoghi poco accessibili alla vista che ci farà sentire più tranquilli.
Sono le lotte che tutti i giorni i lavoratori portano avanti nei loro luoghi di lavoro, a farci sentire meno soli. È il milione di pensionati in piazza, stanco di tirare a campare con poche centinaia di euro, con una casa magari cartolarizzata e la possibilità di trovarsi a 70 anni sfrattato a farci riflettere. Sono le resistenze di chi difende la casa che occupa perché gli è necessaria per vivere, a darci forza. Opporsi alla privatizzazione di un patrimonio pubblico costruito con i nostri soldi e riconoscere chiaramente qual è la controparte senza prestare il fianco a guerre tra poveri è un obiettivo che riteniamo importante. Sviluppare la consapevolezza che ogni attacco ad un lavoratore, ad un immigrato, ad un occupante, è un attacco a tutti noi e che solo unendoci possiamo conquistare la forza e la solidarietà per opporci ad un modello di sviluppo fondato sul profitto, che crea solo esclusione ed emarginazione, che non ci appartiene e né si presta a difendere i nostri interessi.

COMITATO DI LOTTA PER LA CASA - Milano



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