26/11/2003: Appello per la partecipazione all'Assemblea Nazionale dei Lavoratori e Lavoratrici
Un altro autunno è arrivato e ci già ha trovati a discutere della terza riforma delle pensioni negli ultimi 10 anni.
In particolare gli ultimi due anni sono stati caratterizzati dal prepotente attacco ai lavoratori e ai loro diritti: dall'articolo 18, alla riforma del mercato del lavoro, la precarizzazione dei contratti a tempo indeterminato, alle migliaia di espulsioni dal ciclo lavorativo attraverso la mobilità, la cassa integrazione e i licenziamenti.
In questo preoccupante scenario, nel settore delle telecomunicazioni, bacino priviligiato di sperimentazione della New economy, comitati indipendenti di lavoratrici e lavoratori, delegati rsu, singoli lavoratori di diverse città e delle varie aziende del comparto, ritengono ormai un'improrogabile necessità uscire dai confini delle singole aziende e delle singole organizzazioni, guardare al di fuori del proprio ristretto "orticello" per lottare e vincere battaglie comuni che ancora oggi vengono affrontate separatamente.
Per un terreno comune di confronto non si può non partire dal contratto di settore sottoscritto nel giugno 2000 che scadrà nel 2004.
IL CONTRATTO DELLE TLC
Con il pretesto di omologare le condizioni economiche e normative di tutti i dipendenti delle varie aziende provenienti da categorie diverse (metalmeccanici, elettrici, commercio, comunicazioni), il contratto da un lato ha avuto la straordinaria capacità di peggiorare le condizioni di tutti i lavoratori delle grandi aziende, che si sono affrettate a sottoscriverlo perché più conveniente; dall'altra tutte le piccole e medie aziende che lavorano nel settore o svolgono attività di call-center per aziende non appartenenti al settore stesso e che si avvalgono stabilmente e strutturalmente di tipologie contrattuali precarie sottopagate e ricattabili, il problema di aderire al contratto di settore non se lo sono posto: possiamo considerare amaramente disattesa, la vana illusione di chi propagandava un passo indietro per farne uno avanti contro la precarietà.
Tra le tante valutazioni e considerazioni che si possono fare sul contratto (aumento delle percentuali di lavoro precario, flessibilità tempestiva, l'istituzione di inefficaci commissioni paritetiche che sopperiscono all'eliminazione di determinati istituti o che sostituiscono la dialettica della negoziazione, licenziamento per malattia), non ultimo è l'aspetto economico, che nel contratto del 2000 ha drasticamente abbassato i minimi salariali e creato una pericolosa diversificazione salariale fra chi è assunto dopo il 2000 rispetto ai vecchi assunti che risultano così più "costosi" alle aziende; il recente rinnovo ne ha confermata l'inadeguatezza non recuperando minimante il potere d'acquisto dei salari.
L'imminente scadenza del contratto delle telecomunicazioni riproporrà scenari già visti: il circo della rappresentanza teatrale e della truffa, si ripartirà con i valzer delle proposte e controproposte per approdare ad una mediazione che qualcuno riterrà un OTTIMO risultato, ma per la quale, ai lavoratori, con buona probabilità, porterà solo un ulteriore riduzioni di diritti e un aumento di doveri e oneri a proprio carico. Questo potrà ancora una volta accadere se non si avrà la capacità di incidere anche attraverso il rilancio di una vertenza che deve portare al recupero del salario, delle garanzie,
della stabilità e dei diritti.
La forza e l'incisività vanno ricercate nell'unità e nella determinazione delle lotte che devono prescindere necessariamente dai particolarismi e dai settarismi di organizzazione per la difesa degli interessi di tutti i lavoratori.
LE CONDIZIONI DI LAVORO
Questione che immediatamente diventa oggetto di battaglia comune, è la sempre più pressante richiesta di aumento della produttività e la riduzione dei tempi di lavoro. Con i lavoratori precari viene utilizzata la leva del ricatto contrattuale, con i lavoratori "garantiti" vengono utilizzati molteplici strumenti, tra cui l'utilizzo di sistemi tecnologici che si intersecano con l'attività dei call-center, espletato nel controllo a distanza delle attività che monitora costantemente e individualmente la produzione.
Questa prassi, in palese violazione della legge 300/70, è la dimostrazione che non sarà una normativa a tutelarci ma solo un'eventuale vertenza generale che porti con sé anche il raggiungimento di una vera salvaguardia dei diritti e della dignità di chi è già abbondantemente sfruttato.
Particolare da non sottovalutare nelle aziende di telecomunicazioni, nello specifico dei call-center, (pur avendo chiaro che le condizioni materiali non sono quelle di una fabbrica), è invece palese che è l'organizzazione post-fordista della fabbrica che viene presa ad esempio (catena di montaggio), per aumentare oltre ogni limite la produzione di profitto e i ritmi di lavoro.
Con un espressione noi chiamiamo "irregimentazione di fabbrica" tutta quell'organizzazione
del lavoro, divisa per processi, per linee di lavoro, divisi in isole produttive di 3 o 4 persone così come l'organizzazione toyotista dell'industria metalmeccanica, che tanto aliena il lavoratore, così come il famoso operaio di Charlot.
LA PRECARIETA?
Uno dei fattori che più ha caratterizzato in peggio il settore è il dilagare della precarietà e della sottoccupazione. Non a caso uno dei punti fermi del CCNL del 2000 è la legittimazione del lavoro interinale fino all'abuso.
A questo si vanno ad affiancare altre tipologie disgreganti del corpo dei lavatori come uso massiccio dei Co.co.co, l'applicazione del telelavoro, contratti a termine e così via. Flessibilità e precarietà selvagge che oltre a minare la qualità e le aspettative di vita di chi le subisce, contribuisce a spuntare le forme di lotta a disposizione dei lavoratori. Per un operatore di call-center è difficile far sentire la propria forza astenendosi dal lavoro, quando ci sono circa 3.500 "ricattabili" co.co.co. di ATESIA (azienda di proprietà del gruppo) che continuano loro malgrado a rispondere. Proprio come quelli di COS, COSMED, TELECONTACT, SEPA ecc?..
Con il cottimo e il ricatto della precarietà si è inserita una divisione che ci vede oggi sparpagliati con la difficoltà di compattarci per affrontare il nemico con la forza necessaria.
Ecco perché la lotta alla precarietà deve essere uno dei punti principali della nostra pratica.
Puntare alla cancellazione della legge 30, legge della giungla che stabilisce di fatto l'assenza di una contrattazione collettiva, con ricadute che significano lavoro a chiamata (job on call), lavoro ripartito (job sharing), lavoro a progetto ecc?
Quali forze potremo esprimere con l'inquadramento così frammentato? Quali forze potremo agitare senza generalizzare e organizzare nelle lotte anche i precari per l?interesse comune dell?eliminazione della precarietà?
IL DIRITTO DI SCIOPERO
Un ultimo campo su cui i promotori di questa iniziativa hanno condiviso la necessità di una battaglia comune quanto determinata è la riconquista del diritto di sciopero. Si parla di riconquista del diritto di sciopero perché l'applicazione della 146/90, famosa legge antisciopero, nata anche in nome della tutela di una non ben specificata libertà di comunicazione, ha comportato restrizioni consistenti nei tempi e nei modi di proclamazione
delle agitazioni.
La prospettiva appare ancor peggiore se si considera la volontà delle aziende di ricorrere in maniera sempre più consistente alla precettazione, quindi all'utilizzo di presidi cosiddetti minimi durante gli scioperi, volti a garantire un servizio pubblico e la libertà di comunicazione. Considerando che tutte le aziende operanti nel settore sono private e che le attività svolte durante gli scioperi riguardano la vendita di servizi e la produzione di profitto, è lecito ritenere che il servizio non sia così strategicamente
indispensabile, ritenendo quindi che il settore non debba essere regolamentato dalla legge 146
L'assemblea a cui invitiamo tutte le lavoratrici e i lavoratori, i comitati indipendenti e autonomi, i delegati Rsu che condividano con i promotori di questo appello lo spirito unitario nella lotta per il perseguimento di obbiettivi che sono per tutti i lavoratori di interesse comune. Un momento profondo di confronto, nel rispetto delle specificità, per trovarsi fianco a fianco con chi vive le stesse condizioni e per organizzare nel concreto momenti di lotte comuni.
Il 29/11 a Bologna, per far partire un dibattito tra i lavoratori delle telecomunicazioni che hanno visto rapidamente contrarsi i loro spazi e peggiorare le loro condizioni, ma che sono consapevoli che questo è l'attacco che stanno avendo tutti i lavoratori di tutti i comparti.
Il 29/11 a Bologna, non per costruire un nuovo sindacato ma per lavorare alla ricerca dell'unità tra i lavoratori contro le politiche confindustriali.
Il 29/11 da Bologna uscire fuori, più forti di prima, insieme sulle cose che ci toccano ed influiscono sulle nostre vite e fuori dalla rassegnazioni e dalla cultura della sconfitta.
Il 29/11 a Bologna invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici che vogliono confrontarsi su questi temi e non abbiano paura di far valere le proprie idee e le proprie esigenze.
Il 29/11 a Bologna perché crediamo che solo nell'unità tra i lavoratori che direttamente vivono le loro difficoltà si può costruire una forza realmente in grado di opporsi alle politiche contro i lavoratori e difendere veramente gli interessi di essi.
29 Novembre 2003
inizio ore 14.00
Bologna, Sala del Dopo Lavoro Ferroviario
Via San Felice
Assemblea Nazionale dei Lavoratori e Lavoratrici delle Telecomunicazioni
Per la costruzione di un percorso unitario di lotta
Comitato promotore: Delegati RSU TIM Milano-Roma-Bologna, Alcuni delegati R.S.U. Telecom, Alcuni delegati RSU Vodafone-Omnitel Milano-Bologna, Comitato Lavoratori Tim Milano, Gr. Lav. TIM -Voci Stonate
Contatti: lapulce.mi@libero.it; milano.rsu@vodafoneomnitel.it; vocistonate@katamail.com.
Recapiti telefonici: 335/6334279-335/6336546-335/6333733-335/6334721- 348/0094830
lapulce.mi@libero.it; milano.rsu@vodafoneomnitel.it; vocistonate@katamail.com
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