06/11/2003: Intervento Comitato Amici e Familiari dei Prigionieri Politici Rivoluzionari letto all’assemblea sulla prigionia arabo-palestinese tenutasi a Milano sabato 1 novembre promossa dal Coordinamento di Lotta per la Palestina
Come compagni e compagne del Comitato Amici e Familiari dei Prigionieri Politici Rivoluzionari impegnati nella lotta contro la repressione e l’art. 41 bis, esprimiamo la nostra solidarietà alla resistenza palestinese. Una lotta durissima contro l’entità sionista che dura da più di cinquanta anni e che ha sempre visto il popolo palestinese sostenere i suoi combattenti e i suoi prigionieri come parte integrante della sua lotta. Lotta contro l’imperialismo, lo stesso nemico che abbiamo noi qui, nel centro imperialista da dove partono e si pianificano le guerre e le strategie economiche di spoliazione.
L’imperialismo agisce su due fronti. Da una parte l’aggressione ai popoli oppressi arabi, e non solo, e, contemporaneamente, dall’altra, attacca le lotte dei lavoratori colpendo ogni forma di resistenza e di organizzazione autonoma della classe e cercando di imporre la pianificazione sociale che permette la realizzazione del profitto, condizione necessaria alla sottomissione dei popoli oppressi e delle loro risorse.
E’ in questo quadro che si collocano le centinaia di perquisizioni per il “270 bis più altro” in atto in questi giorni in tutta Italia a cui sono seguiti fermi e arresti, supportati da una massiccia campagna massmediatica mirante a dividere i compagni in buoni, cattivi, cattivissimi, irriducibili. Categorie, queste, tutte interne allo Stato, che non dovrebbero appartenerci come compagni poiché utili soltanto ad indebolirci, creando divisioni e differenziazioni e favorendo una logica che sfocia dalla presa di distanza fino alla diffamazione, lasciando ogni singolo compagno solo di fronte allo Stato. Stato che vuole imporre limiti allo sviluppo delle lotte producendo in esse una sorta di autolimitazione dove a decidere che cosa è legale e cosa illegale, non dimentichiamolo, è lo Stato stesso.
La legge non è al di sopra delle parti ma è espressione e strumento degli interessi della borghesia imperialista, quella stessa borghesia che determina quelle condizioni di sfruttamento, precarietà e miseria contro cui dobbiamo combattere.
Cinquanta anni di resistenza palestinese ci hanno insegnato anche questo, che i propri compagni vanno difesi. Non si può dare solidarietà al popolo palestinese, irakeno, afgano, ecc. in lotta se non si è capaci di riconoscere come propri e esprimere solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione qui.
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