08/10/2003: Dalla piazza al terminal Marconi: boia d?una Europa di boia!


Ieri, come migliaia di uomini e di donne, eravamo a Roma per contestare la Costituzione della Fortezza Europa, la ratifica dell'Europa dei padroni, l'ufficializzazione del nuovo polo imperialista.
Abbiamo partecipato ad uno dei due grandi cortei, quello dell'Eur.
Oggi dobbiamo denunciare ciò che, per assoluto servilismo trionfalistico, non è apparso nelle cronache dei telegiornali e nelle parole della stampa di Stato.
Denunciare l'atteggiamento provocatorio, l'istigazione, la gestione della piazza da parte delle forze dell'ordine. La loro irreversibile attitudine a dimostrare, anche e soprattutto per volontà superiore, che i movimenti di piazza si affrontano sul piano della repressione più totale.
Quanto andiamo dicendo è apparso chiaro sin dall'inizio, dallo snodarsi del corteo dalla stazione della metropolitana Laurentina, laddove poteva non poteva non notarsi il massiccio dispiegamento di carabinieri, poliziotti e finanzieri in ogni anfratto, vicolo e traversa.
Ed è proseguito all'avvio del corteo, quando i duecento metri che separavano la coda dell'ultimo spezzone dalla linea nera dei carabinieri e dei loro mezzi, si sono andati progressivamente assottigliando, sino alla prima curva, quando giunti a ridosso del corteo hanno tentato il solito giochetto dell'aggressione alle spalle, provocando il disfacimento degli ultimi spezzoni e l'imbottigliamento di migliaia di manifestanti. L'atteggiamento poliziesco, mirante ad accrescere la tensione, è parte integrante del progetto padronale di assottigliamento degli spazi d'opposizione. Completamente inutile, in casi simili, continuare nella perversa e cieca distinzione, operata praticamente dagli infami cordoni del Prc, tra manifestanti "buoni" e manifestanti "cattivi", tra coloro che manifestano coi coriandoli e i brutti ceffi da isolare perché "la polizia ci attacca perché voi li provocate".
Giunti al laghetto dell'Eur la sensazione era quella di un corteo visibilmente circondato, in ogni direzione, da un "cordone sanitario" repressivo nervoso e pronto allo scontro, innescato per precisa volontà d'offesa e non certo, come da più parti blaterato, in risposta alle pratiche d'azione diretta dei compagni, nei confronti delle quali va la nostra completa stima e il più profondo rispetto.
Che la volontà fosse quella di spezzare il corteo è parso chiaro a tutti quando, a manifestazione virtualmente conclusa, i lacrimogeni sono stati esplosi, in modo assolutamente gratuito, contro quei dimostranti che avevano il solo torto di non abbandonare l'area del Palazzo dei Congressi.
Le due cariche che sono seguite, completamente e assolutamente immotivate, sono state dettate dal più becero e fascista tentativo di "mostrare i muscoli". I manifestanti, sospinti centinaia di metri lontano dalla piazza (e dai mezzi che li avrebbero riportati a casa), potevano benissimo osservare la massa compatta dei "tutori dell'ordine" avanzare con passo cadenzato verso viale Cristoforo Colombo.
I tanto compianti cassonetti della spazzatura, mostrati in fiamme a più riprese, si inseriscono in questo contesto, in un quadro di difesa dei manifestanti all'avanzata delle forze dell'ordine, la quale proseguiva oltretutto incurante del traffico cittadino.
A questo punto in circa trecento sostavamo tra il piazzale antistante e l'interno della fermata della metropolitana "Marconi". Decidevamo di raggiungere il sottopasso per affidare ritornare al punto di partenza (la metro Laurentina) aggirando lo schieramento del blocco d'ordine, che continuava ad assestarsi bloccando l'unica via d'accesso.
Appena discesa la prima rampa la nostra attenzione si è dovuta spostare sul frastuono che proveniva dall'esterno. Dalle grate abbiamo potuto osservare la quarta carica poliziesca e voci convulse al piano di sopra ci annunciavano l'avvenuto assalto alla stazione. Dopo meno di un minuto una squadraccia sbirresca raggiungeva il marciapiede della linea B (direzione Laurentina) e fronteggiava la trentina di compagni e compagne che vi sostavano, mentre le altre proseguivano la caccia all'uomo al primo piano. I compagni rimanevano senza via di fuga, se si eccettuano le rotaie. Sull'altro binario sostava il treno che doveva procedere in direzione Termini-Rebibbia. Dall'interno centinaia di compagni potevano assistere all'assurda messinscena degli sbirri. Dopo qualche minuto di tensione (nonché di panico, visto il rischio alto, assurdo e immotivato dell'operazione da regime dei "tutori della legge") sfilava sotto i nostri occhi il treno. Ma ad un cenno di un solo, semplice poliziotto (cenno compiuto col manganello, fonte unica di pensiero ed espressione della "democratica" polizia) l'autista ignorava la fermata, sospendeva il servizio pubblico garantito, e chiudeva gli occhi sulla scena assurda che gli è apparsa per un attimo di lato. A quel punto non restava altro da fare che attraversare i due binari e ricongiungersi agli altri compagni, sul versante opposto, ignorando anche il rischio della corrente elettrica (anche se, in seguito, ci hanno fatto notare che, da tempo, la linea del metro non è più rischiosa da questo punto di vista). Nell'operazione rimaneva ferito un compagno, mentre ignoriamo tuttora le conseguenze del rastrellamento al piano di sopra.
Quanto avvenuto nella stazione "Marconi", così come alla "Laurentina" e a "San Paolo", e in piazza per tutta la giornata, dimostra, semmai ce ne fosse bisogno, l'assoluta volontà di repressione che guida e dirige le operazioni dello Stato, quando questo si trova a dover fronteggiare un movimento determinato e non riducibile ai minimi termini. Al tempo stesso, questa ostentazione della forza rappresenta il limite e paradossalmente la debolezza dello Stato nel dover affrontare le contraddizioni acute e irrisolte (e irrisolvibili a parità di sistema) in cui si contorce, anche quando si mette in posa felice per la foto di gruppo con gli altri carnefici d'Europa.
La propaganda di Stato, servile all'inverosimile, è un tentativo maldestro (anche quando riesce) di rattoppare le coscienze inebetite, ma non serve di fronte alla presa di coscienza che mutare lo stato presente di cose è una necessità sempre più vitale.
Siamo stanchi di fare da "preda". Di essere bollino di presenza per la carriera di ministri e questori, eversione eccitante per compensare le merdose vite dei servitori dello Stato.
Rovesceremo la nostra rabbia nel nostro quotidiano attivismo, così come di certo faranno tutti i compagni che ieri abbiamo incrociato e conosciuto.
Un saluto a pugno chiuso a tutti i compagni che si sono battuti e tutta la nostra solidarietà militante ai compagni arrestati e fermati durante l'infame giornata di auto-celebrazione dei boia d'Europa.

05.10.2003 - Collettivo Comunista AgitProp - Foggia





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