28/09/2003: Un contributo dei compagni pisani al dibattito sulle contraddizioni interimperialiste USA /UE
Nel suo ultimo libro, Giorgio Bocca accusa gli Stati Uniti di non essere più una potenza occidentale ma di porsi come un altro Occidente, il solo baluardo della libertà, del mercato e della lotta contro il terrorismo. Dopo gli anni novanta, l'ubriacatura Americana e americanista è ormai in crisi, una volta dimostrato che gli interessi materiali della superpotenza Usa possono essere in antitesi con quelli Europei e più in generale del Vecchio Continente.
Nel 1999 il PIL Europeo aveva raggiunto quello Usa, la locomotiva del vecchio continente tirava, la gran parte dei governi di centrosinistra presentava programmi internazionali comuni; non si fece i conti con la natura espansionistica del capitalismo quando a partire dal crollo del Muro di Berlino, Germania e Vaticano in primis iniziarono rispettivamente una politica aggressiva per annettersi economicamente l'est Europeo e per rafforzare la presenza cattolica nei paesi dell'ex blocco sovietico.
Il nazionalismo è stato il vero cavallo di troia con cui gli Usa hanno occupato aree nevralgiche dell'Europa traendo la legittimità per intromettersi nella vita di quei paesi con basi militari e accordi economici a proprio vantaggio. Il sostegno acritico alla guerra "umanitaria" contro la ex Jugoslavia ha permesso agli Usa di conquistare una forte supremazia economica soprattutto nei settori industriali e in quelli tecnologico militari che hanno ripercussioni su tutta la ricerca a scopi civili.
Contemporaneamente registravamo una delegittimazione dei vecchi Organismi internazionali come l'Onu (per altro nelle mani degli Usa, il paese maggiormente debitore verso gli organismi internazionali) già di per sé screditato, la Fao, i protocolli sulla difesa dell'ambiente e quelli per la non proliferazione di alcune armi. Gli Usa hanno agito con le caratteristiche dell'imperialismo (supremazia militare, tecnologica e politica), l'Europa ha sostenuto le guerre falsamente umanitarie (con sistemi terroristici ai danni dei serbi e della popolazione turca contro la quale l'esercito turco ha usato ogni mezzo necessario).
I nazionalismi poi implosi hanno scaricato sul vecchio continente alcuni elevati costi economici e sociali come la immigrazione, la disoccupazione, i piani di rilancio e di sviluppo economico per la ricostruzione di paesi distrutti e per il mantenimento in essi di guarnigioni militari.
L'Europa ha mostrato palesi debolezze sotto il profilo finanziario (le banche Usa dispongono di maggiori capitali da investire nei corridoi strategici e nelle nuove infrastrutture) e militare\tecnologico. Le prime conseguenze politiche sono state il passaggio organico della Gran Bretagna al ruolo di principale partner Usa, seguita da Spagna e Italia e l'indebolimento dell'asse Franco-Tedesco. Se la Germania provava a costruire un asse con i paesi dell'ex Urss, gli Usa dal canto loro coprivano di dollari staterelli dell'Asia per dislocare basi militari, rafforzavano l'intesa, in funzione anti russa per non rafforzare troppo un pericoloso alleato\concorrente, con la Polonia e la Romania. Il modello di sviluppo Usa anche per moderati esperti di diritto internazionale come, il gruppo Limes, può divenire una seria minaccia per la democrazia ed imporre un modello imperiale con una riorganizzazione della propria società dove la lotta contro il terrorismo è funzionale al rigido e assoluto controllo sociale. Alcune migliaia di cittadini Usa sono stati incarcerati senza alcuna prova perché sospettati di terrorismo, il coinvolgimento americano nelle guerre sporche e nei colpi di stato dell'ultimo secolo sono praticamente sconosciuti al 99% della popolazione statunitense e le sole eccezioni sono intellettuali alla Chomsky che hanno molta presa in Europa ma sono praticamente sconosciuti in America al di fuori di ristrettissime cerchie dei campus universitari. Questo modello sociale viene oggi importato in Europa specie nei paesi vassalli, come Polonia, Gran Bretagna e Italia dove guarda caso, c'è stata od esiste una forte opposizione sindacale e sociale egemonizzata da comunisti e socialisti. In questa ottica vanno colte le quotidiane invettive di Berlusconi contro i comunisti, a torto liquidate come "maniacali esternazioni di un corrotto".
Non solo divergenze nella visione geopolitica e nella idea di civiltà, i conflitti Usa/Europa sono conflitti interimperialistici tra due potenze che si contendono la supremazia, per questa ragione i dissensi riguardano tutti i campi strategici dall'economia, al ruolo della Finanza Internazionale con la costituzione di monopoli e concentrazioni (in Italia si vedano le fusioni tra banche e la scomparsa delle casse di risparmio), con la lotta attorno ai brevetti e la costante ricerca di impunibilità da parte degli Usa che rifuggono ogni giudizio sul comportamento dei propri governanti e del proprio esercito.
Dopo la guerra in Iraq il Pil è cresciuto del 2,3% ma rimane al di sotto di quel 3% indicato come la soglia minima per la ripresa dello sviluppo capitalistico. La guerra e il ricorso ai conflitti sono ormai il solo motore di sviluppo e di sostegno dell'economia capitalistica, una sorta di neokeynesismo di guerra visto che quel 2,3 % è sostenuto da una spesa bellica incrementata del 45%, cifra superiore ai tempi del Vietnam e analoga al periodo del conflitto coreano.
In Europa visto che i progetti militari e industriali hanno creato divisioni interne all'UE, si veda a tal riguardo la crisi attorno all'affaire Airbus, non rimane che contrarre la spesa del lavoro e riformare un Welfare che assicura ancora elevati standard di protezione sociale e di salvaguardia da parte dello stato in settori nevralgici come scuola e sanità. Da qui nasce la santa alleanza dei governi europei che pur divisi tra di loro e governati da differenti coalizioni rispondono con la stessa moneta alle lotte operaie tedesche per le 35 ore settimanali, a quelle metalmeccaniche italiane e alla lotta contro la riforma delle pensioni in Francia.
Riflettiamo quindi sulle sconfitte recenti subite dalla classe lavoratrice europea e dai loro sindacati riformisti e così moderati da non accorgersi che dietro all'Ue ci sono interessi imperialistici ed economici che con i popoli e la classe lavoratrice hanno poco da spartire.
Sono i terreni del conflitto sociale e sindacale, la lotta contro le riforme pensionistiche, gli accordi contrattuali al di sotto della inflazione reale, contro le privatizzazioni e le precarietà, la resistenza diffusa all'imperialismo e alle politiche repressive nei singoli paesi il terreno sui cui ragionare insieme per cementificare una comune lettura critica e conseguentemente strategie conflittuali, classiste, antimperialiste. Questo è il terreno su cui i comunisti debbono iniziare a misurarsi.
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