16/07/2003: La solidarietà non basta
In Europa soffia sempre più forte il vento della repressione.
Anzi, forse non di vento si tratta ma solo di brezza, giacché il peggio - evidentemente - deve ancora venire.
L'ormai quotidiano stillicidio di perquisizioni, indagini, arresti, sequestri, violazioni... lo si può interpretare come si vuole. Come sintomo di debolezza o come sintomo di spavalderia dello stato e delle sue forze repressive.
Ma una cosa è certa.
Il potere non usa repressione e controrivoluzione preventiva per rinsaldare lo "spirito rivoluzionario" di chi viene colpito bensì per cercare di disperdere, di isolare, di indebolire ogni forma di opposizione politica e sociale, anche solo ipotetica o embrionale.
Ad ogni attacco ci ripromettiamo di "imparare la lezione".
Ma poi la impariamo veramente ?
Per noi, "imparare la lezione" vuol dire anzitutto costruire un fronte di resistenza contro le misure repressive dello stato che sappia coniugarsi con la costruzione di un fronte di resistenza contro le sue misure politiche, economiche e sociali.
Alla repressione non si risponde (solo) con la lotta contro la repressione, ma soprattutto con la lotta di classe (sebbene il suo sviluppo porti sempre altra repressione) perché l'estensione in ampiezza e in profondità della lotta di classe è il prezzo più alto che possiamo far pagare allo stato per la sua azione di intimidazione e di intossicazione.
La repressione politica non è cosa a sé stante dalla repressione sociale che decine di migliaia di proletari subiscono quotidianamente nei luoghi di lavoro, nelle carceri, nei quartieri dormitorio, nei centri di permanenza temporanea...
E come per la guerra imperialista o per le leggi contro gli immigrati oggi la moda è prevenire, ancor più che reprimere.
Il comunismo è morto, ma non si sa mai...
Quasi non si fa più in tempo a "combinare qualcosa" che ne siamo già indagati, processati, condannati. Preventivamente.
Siamo o non siamo nell'era della guerra - e dell'inchiesta - preventiva e permanente ?
Per anni ascoltano i nostri sospiri e i nostri rumori, leggono la nostra posta, studiano i nostri gesti, analizzano le nostre amicizie e abitudini, ci scrutano con milioni di occhi elettronici, ci schedano, realizzano profili psicologici, formulano teoremi politico-giudiziari...
Noi siamo già stati condannati per non esserci piegati ai dettami politici, sociali e culturali dominanti, per esserci ribellati all'accettazione passiva dello sfruttamento e dell'umiliazione, per avere organizzato il dissenso verso il sistema...
E ora siamo solo in "libertà" vigilata. "Molto" vigilata...
I "diritti civili e democratici" per i proletari non valgono e tanto meno valgono per i proletari che si organizzano per difendere e per "offendere".
Si dice che sempre di più si viene inquisiti non per reati, ma per "pensieri"; si dice che non abbiamo più la libertà di pensiero. In realtà la "libertà" di pensare ce l'abbiamo, basta che quello che pensiamo non lo diciamo a nessuno, basta che ci limitiamo a pensare.
Anche se "pensare" di trasformare in senso rivoluzionario il mondo e i rapporti sociali in cui viviamo è il reato più grande che possiamo commettere dopo... quello di provarci davvero.
A tutte le compagne e i compagni di ogni tradizione politica indagati, perquisiti, arrestati... il nostro saluto fraterno.
Le compagne e i compagni del Laboratorio Marxista
16 luglio 2003
http://www.autprol.org/