06/07/2003: MOLTO RUMORE PER NULLA


Da più parti si sono mosse voci di dissenso e condanna contro il gesto di
protesta che ha avuto come obbiettivo il portone retrostante del Duomo di
Lecce; voci che hanno solidarizzato con chi è ritenuto operatore di carità
cristiana, nel centro per immigrati di San Foca, gestito dalla curia di
Lecce. Evidentemente l’ipocrisia e la menzogna hanno le gambe lunghe per
questi individui, i quali sentendosi persone civili danno lezioni di morale
agli altri. Ma quale etica e solidarietà si possono trovare in leggi come la
Turco – Napolitano, e la Bossi – Fini poi, che hanno istituito carceri,
definiti eufemisticamente centri di permanenza temporanea, dove gli
immigrati vi sono rinchiusi e privati della libertà senza aver commesso
alcun reato? È proprio il rigore storico, che permette di definirli lager. I
lager nazisti erano luoghi in cui venivano rinchiuse persone in maniera
preventiva, considerate a priori pericolose per la sicurezza nazionale,
perché diverse (alcune di queste erano ebrei, omosessuali, zingari,
antagonisti politici), o stranieri in sovrannumero rispetto all’economia
nazionale. Chi vi veniva rinchiuso era privato di tutti i diritti civili e
politici. Il diritto stabiliva la propria eccezione, esempio lampante di
come anche l’aberrazione maggiore possa essere legale. Così avviene nei CPT.
La misura detentiva (non di accoglienza) è applicata preventivamente, al di
là di qualsiasi reato e colpisce anche i minori, che evidentemente non hanno
neanche scelto di varcare la frontiera. Essi diventano così luoghi di
attesa, che servono al contenimento di popolazione eccedente rispetto
all’economia e al mercato di lavoro, che dettando le regole equipara gli
uomini alle merci e come queste li accatasta. Si cerca di negare l’evidenza
del ruolo di istituzioni totali di centri di detenzione temporanea, ma nel
momento in cui si cercano di avere informazioni o contatti con le persone
che vi sono recluse all’interno, tutte le strade sono sbarrate per chiunque,
istituzioni di vario genere comprese, e ciò testimonia come chi continui a
chiamarli centri di accoglienza, giornalisti, politici, gestori dei centri,
lo faccia con consapevole inganno per deviare l’opinione pubblica dalla loro
vera natura e dai soprusi che in essi si possono perpetrare. D’altra parte
le rivolte che continuamente si ripetono all’interno di essi sono solo il
segno di quanto si sostiene. Si abusa del termine solidarietà, ma soltanto
in maniera perversa si può credere che essa abbia a che fare con una legge,
che ha trasformato la clandestinità in reato. La mancanza di un documento
non è altro che il frutto della volontà di chi promulga le leggi e impone
tante e tali condizioni e requisiti, da rendere impossibile il loro
rispetto. Come potrebbe avere un lavoro in regola già prima di arrivare in
Italia, chi fugge dalla guerra, dalla miseria, da un territorio minato
grazie alle mine “made in Italy”, che avranno messo completamente in
ginocchio l’economia della sua nazione. È evidente, che
la “clandestinizzazione” è un progetto preciso degli Stati. La migrazione
invece è uno spostamento naturale dell’uomo e chi lo nega non può poi
ergersi a difensore dell’umanità. Guardando attentamente si può comprendere
da che parte si trova il crimine, l’intolleranza, il razzismo, la colpa dei
numerosi morti nel mare che circonda il Salento e quello delle varie terre
di approdo. Tutto ciò si trova dalla parte di chi innalza le frontiere e
pone i suoi gendarmi, bene armati, a difenderle. Dalla parte di chi innalza
mura e filo spinato e vi rinchiude le persone, affermando che si tratti di
accoglienza; è come se il direttore di un carcere affermasse di ospitare i
suoi detenuti. Dalla parte di chi viola le sue stesse leggi, principi e
convenzioni internazionali e sostiene guerre atte ad occupare militarmente
dei territori per la facile estrazione delle loro risorse, mentendo ad arte
sui morti, le distruzioni e le catastrofi ambientali che ciò avrà apportato.
Dalla parte di chi, infine, ha indossato la divisa da carceriere sul suo
abito talare. D’altronde roghi e crociate sono stati condotti da chi in
passato indossava quegli stessi abiti e in nome dello stesso Dio. Si attacca
la rabbia di chi ha colpito un portone di legno e si celo la violenza di chi
uccide, massacra, annega in mare, bombarda, sfrutta uomini e natura nel nome
del profitto e infine nega agli individui la possibilità di fuggire, in
cerca di un’altra possibilità di vita.
Se questa è la carità e l’accoglienza non potrà che trovare l’opposizione di
chi crede nella libertà e dignità di tutti gli esseri viventi.
Nemici di ogni frontiera
c/o Spazio Anarchico
Corte dei Petraroli, 2 - LECCE
16/06/2003


http://www.autprol.org/