26/06/2003: Difendiamo Cuba da ogni forma di aggressione e criminalizzazione imperialista
Da qualche mese, di concerto con l'edificazione del nuovo ordine imperialista in Irak, stiamo assistendo al riacutizzarsi della propaganda anti-cubana, la quale utilizza, come suo solito, l'arma della menzogna e della mistificazione per apparire credibile all'opinione pubblica.
Da una parte, infatti, i media occidentali gonfiano a dismisura le notizie riguardanti la repressione degli elementi controrivoluzionari, facendoli apparire come innocenti vittime colpevoli semplicemente di desiderare la libertà loro negata; quegli stessi presunti combattenti per la libertà sarebbero stati considerati pericolosi terroristi e avrebbero avuto un trattamento di gran lunga peggiore se avessero commesso atti ostili ed armati contro gli interessi dei paesi capitalisti, come ci insegnano Putin in Russia, lo stato di Israele, punta di diamante del neocolonialismo in medioriente e la strategia antiterrorismo yankee a Guantanamo; dall'altra parte ogni atto di rapina, di massacro e di genocidio viene sistematicamente sminuito, giustificato, edulcorato se non sfacciatamente cancellato dall'informazione internazionale in funzione degli interessi e del dominio borghese.
Sappiamo quanto sia - da lungo tempo - ingombrante per gli USA, la presenza di un'isola nell'area caraibica considerata storicamente come il patio trasero, il cortile di casa nordamericano, la quale grazie ad una straordinaria esperienza rivoluzionaria che ha rovesciato la dittatura filostatunitense di Batista, ha dato vita all'edificazione di uno stato basato sui principi del socialismo, quindi avente come obiettivo l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Un coro ipocrita si leva pressochè unanime ad indignarsi contro quella che per noi non è altro che una legittima autodifesa. Liberalismo e presunti "progressisti", neofascisti ed intellettuali radical-chic, governi reazionari come Berlusconi ed Aznar ed autorevoli esponenti del pacifismo filantropico, tutti sono uniti dall'ostilità verso l'esperienza cubana.
Da questo punto di vista la vicenda di Cuba rappresenta quello che è lo spartiacque reale tra imperialismo e antimperialismo, smascherando molti anticapitalisti a parole e ruote di scorta della borghesia internazionale nei fatti.
Coloro che lamentano una presunta negazione dei diritti e delle libertà a Cuba sono gli stessi che segnatamente negli ultimi 50 anni, e ancor più recentemente usando il pretesto dell'11 Settembre, attraverso guerre, miseria, sfruttamento e inquinamento, hanno ridotto in schiavitù interi popoli e hanno seminato morte e distruzione ai quattro angoli della terra.
La spudoratezza di questi "campioni della democrazia" è davvero senza limiti se si pensa come costoro siano ancora sul fronte iracheno a cercare di esportare la loro democrazia con le bombe e i cannoni e come solo nell'ultimo decennio abbiano democraticamente provocato milioni di morti tra le vittime "ufficiali" delle ultime operazioni militari (Iraq nel 1991 e nel 2003, ex-Yugoslavia nel 1999 ed Afghanistan nel 2001) e quelle non ufficiali legate a carestie, malattie provocate dai proiettili all'uranio impoverito, sanzioni, blocchi economici ed embarghi.
A proposito di embargo, si da il caso che la protesta della popolazione cubana sfociata in un enorme manifestazione sotto le ambasciate italiana e spagnola è stata causata dalla politica dei due governi in questione, i quali hanno esercitato in prima persona (ma presumibilmente a nome del loro padrone USA) notevoli pressioni affinchè l'intera Unione Europea rendesse ancora più rigide le sanzioni economiche contro Cuba, sul modello della legge Helms-Burton americana.
La mobilitazione che ha visto scendere in piazza circa un milione di uomini e di donne è la riprova oggettiva di come il tentativo di costruzione di una società socialista a Cuba goda del sostegno convinto del suo popolo, contrariamente a quanto sostenuto qui in occidente anche da presunti paladini della pace e di un "altro mondo possibile", i quali vorrebbero "spiegare" la grande partecipazione di massa alle manifestazioni attribuendola ad un imposizione dall'alto voluta da Fidel Castro e dal suo entourage.
Nel caso contrario, non si spiegherebbe la longevità di un esperienza che da circa 15 anni resiste nel quasi totale isolamento internazionale non solo ad un regime di sanzioni economiche asfissianti, ma anche ad un opera costante di sabotaggi, attentati dinamitardi, dirottamenti di navi ed aerei e tentativi di eliminazione fisica dei leader della Rivoluzione. Tutti i tentativi eversivi trovano, dall'altra parte dei fili a cui sono legati, ambigui personaggi collusi con gli interessi yankee che sono stati espressione e tutt'ora sono espressione dei diversi governi USA, repubblicani o democratici che siano. In queste condizioni, un governo che non godesse dell'appoggio e della dedizione del suo popolo, non durerebbe più di qualche settimana.
Ma perché il governo cubano gode di un forte sostegno popolare? Contrariamente a numerose dittature foraggiate con armi e dollari dagli USA in tutto il Centro e Sudamerica (vedi il caso esemplare dell'isola di Haiti, retta da una tirannia sanguinaria che nonostante l'appoggio statunitense non fa altro che produrre degrado e miseria), ciò che i nostri satrapi della democrazia a stelle e strisce non ci diranno mai è che nell'isola di Cuba si registrano tassi di alfabetizzazione, assistenza sanitaria e garanzie sociali, tali da fare impallidire i paesi capitalisti più avanzati, tassi di mortalità infantile inferiori agli stessi Stati Uniti, numero altissimo di laureati e specializzati nei diversi settori, bassissima percentuale di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà rispetto a tutti i restanti paesi latinoamericani.
E' chiaro che in un sistema siffatto non può esserci molto spazio per i profitti e le rendite speculative delle multinazionali, sulle quali si regge invece il nostro modello di sviluppo e i cui costi ricadono sui milioni di operai che, nell'occidente "civilizzato" come nei cosiddetti paesi "in via di sviluppo", vengono quotidianamente sfruttati ed espropriati delle ricchezze da essi stessi prodotte.
Questa è la libertà che a Cuba manca, ed è contro questa libertà che intendiamo opporci, a Cuba come in Italia.
Da parte nostra, sappiamo che il modo migliore per combattere contro l'oppressione e l'ingiustizia di un sistema socio-economico-politico in avanzato stato di decomposizione ed incapace, ormai da tempo, di soddisfare le esigenze ed i bisogni crescenti delle larghe masse del pianeta, è quello di opporci con tutte le nostre forze all'imperialismo di casa nostra, contro qualsiasi opzione governativa, reazionaria, conservatrice o falso-progressista, che in egual misura, seppur con modalità diverse, rappresenta un ostacolo per lo sviluppo dell'autonomia politica del proletariato e per la sua liberazione.
I cortei di massa contro Berlusconi che a Cuba si sono spinti fin sotto l'ambasciata italiana rappresentano per noi un invito ad esprimere la nostra solidarietà militante al popolo cubano nell'unico modo consono a chi intende praticare l'internazionalismo e non solo enunciarlo, ovvero proseguendo e radicalizzando la lotta nel nostro paese e nei nostri territori contro questo governo e contro tutti i governi dei padroni. Per riprendere le sagge parole di uno dei fondatori del Partito Comunista tedesco Karl Liebknecht: "il nemico principale dei lavoratori si trova nel proprio paese".
Napoli, 22 giugno 2003
Laboratorio Antimperialista
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