17/06/2003: Quorum non raggiunto. Partita referendaria a monte.


È la sconfitta. La sconfitta di tutti coloro che danno tutto per scontato.
Di tutti coloro che parlano di ciò che non conoscono. Di tutti coloro che parlano a nome di chi non li riconosce come guide e profeti. È la crisi dei movimenti sociali?
Se lo è, in quanto “crisi” può essere anche “opportunità”. Opportunità di cambiamento.
Per coloro che vegetano nelle sedi “proletarie” nei salotti buoni delle città e preferiscono il chiacchiericcio intellettuale all’impegno diretto nei luoghi sudati del capitalismo.
Per coloro che legavano meccanicisticamente “la classe operaia in lotta” alla vittoria del “si” e si prenotavano per un posticino sul carro dei vincitori. Una volta nella vita.
Invece…Fortunatamente la classe operaia non reagisce a comando.
Noi abbiamo detto “con o senza referendum” e “indipendentemente dall’esito delle urne” e siamo sinceri quando diciamo che non credevamo nella via democratica domenica mattina e non ci crediamo tuttora. Noi non abbiamo votato ma ancor prima di essere additati come “estremisti” e “disfattisti” vogliamo – in questa sede – tracciare il nostro primo approssimativo bilancio.
Per questo appuntamento, di cui solo ottusi ed imbecilli non rilevavano il doppio taglio, ci siamo confrontati con altre posizioni reali e tangibili. Con militanti e attivisti, con anarchici e iscritti a Rifondazione, con sindacalisti, operai e lavoratori, con giovani disoccupati e precari. Abbiamo volantinato le fabbriche, affisso manifesti e partecipato ai comizi del “si”. Scambiato le nostre convinzioni con le convinzioni altrui.
Siamo cresciuti. “La battaglia contro lo smantellamento delle conquiste non potrà che rafforzarsi, anche attraverso la mobilitazione referendaria”. Adesso che è finita l’attrazione fatale con le urne possiamo dire che questi insegnamenti ci sono serviti.
Ritorniamo alla lotta accresciuti. Da subito. Diffidando di coloro che vorranno attribuirsi meriti inesistenti per il fatto d’aver chiamato alla consultazione popolare e che – in tutta fretta – accuseranno l’ignoranza dilagante per il suo fallimento, senza necessarie analisi di coscienza.
Nessuna involuzione della lotta. Di più: nessun atteggiamento paternalistico nei confronti della classe alla quale apparteniamo. Ribadiamo, nel piagnisteo generale generato dal crollo d’utopia: Nessuna delega alla lotta! Nessun inchino! Estendere la lotta alle infamie della legge Biagi! No al precariato, alla nuova servitù, al disimpegno!
Torniamo alla battaglia.
Subito.

collettivo comunista AgitProp – 16 giugno 2003 –

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