Sulle limitazioni dei libri nelle sezioni a 41bis


Da alcuni mesi, ormai in maniera definitiva, chi sottoposto al regime carcerario 41bis (in vigore da 30 anni, ora riservato a oltre 700 persone chiuse in sezioni particolari ricavate nelle carceri di: Cuneo, Novara, Parma, Milano-Opera, Tolmezzo-Udine, Ascoli Piceno, Terni, Spoleto, L’Aquila, Rebibbia-Roma e Ferrara), non possono più ricevere libri, qualsiasi forma di stampa, attraverso qualsiasi tipo di corrispondenza, nemmeno attraverso i colloqui sia con parenti che con avvocati.

Questa realtà, come documentiamo più avanti, si sta avverando in seguito ad una circolare del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, in sostanza l’organo che governa ogni carcere) inviata nel novembre 2011. In base a questa le persone chiuse nelle sezioni 41bis possono ricevere libri soltanto acquistandoli per il tramite dei carcerieri.

Qui restrizione, aggressione all’essere di ogni prigioniera, prigioniero, alla socializzazione in carcere e con l’esterno di sentimenti, conoscenze, esperienze, saperi si sommano in maniera feroce, diretta, inasprendo la carcerazione. Avere libri in cella diventa un problema per tante ragioni, per es.: difficilmente gli uffici preposti del carcere andranno ad acquistare libri specifici necessari allo studio della crisi economica, delle guerre, delle lotte nelle metropoli; mette in seria difficoltà chi ha scarse possibilità di denaro; è altresì grave in quanto si aggiunge alle restrizioni sulla “quantità” di libri che è consentito tenere in cella, soltanto 3 (tre).

Contro la situazione che hanno ormai determinato i carcerieri siamo chiamati a muoverci, ci riguarda da vicino anche perché ogni restrizione adottata nelle sezioni del 41bis (per esempio l’impiego del processo in videoconferenza) prima o poi, con nomi e forme diverse, viene impiegata nelle sezioni dell’Alta Sorveglianza, contro prigionieri ribelli, compagni…

Diverse persone chiuse nel 41bis hanno inviato al giudice di sorveglianza competente sul carcere in cui sono rinchiuse un ricorso contro le conseguenze della circolare, cioè la mancata consegna di libri, opuscoli, stampe giunte per posta e colloqui. Qui teniamo come esempi di questi ricorsi quelli avanzati da Roberto e Nadia (compagni delle Br-Pcc), perché in entrambi i casi è stato a noi possibile raccogliere una documentazione più chiara e comprensibile. Roberto ha presentato reclamo quando si trovava a Terni (ora è a Spoleto), Nadia a L'Aquila dove è reclusa da oltre 10 anni nella sezione 41 bis.

In particolare abbiamo così seguito l’impugnazione del giudice di sorveglianza di Spoleto (competente anche sul carcere di Terni) e le impugnazioni del pm della procura dell'Aquila e due sentenze di Cassazione (tragicomiche se non fosse per le conseguenze sulle persone). Le sentenze di Cassazione sono diventate mezzo di riapplicazione della circolare Dap a tutti i detenuti in regime 41bis compresi quelli che attraverso reclamo avevano riottenuto il permesso di ricevere libri.


Le tappe dell’attacco del DAP: la circolare cosa comanda?

Nell’impugnazione del giudice di sorveglianza di Spoleto è riportata in sintesi la circolare del DAP, eccola:

[…] il reclamante si duole delle limitazioni impostegli nella ricezione di libri e stampa dall’esterno, nonché del divieto di passaggio di tali beni tra componenti del medesimo gruppo di socialità ed ancora dei limiti al numero di testi che si possono tenere presso la propria camera detentiva”.

Nella circolare, dopo un preambolo sulla fattispecie concreta che ha generato la necessità di rivedere alcune limitazioni imposte ai detenuti in regime differenziato, in senso restrittivo per esigenze di prevenzione, si dispone che:

1) siano eliminati dalle biblioteche degli istituti penitenziari libri contenenti tecniche di comunicazione criptata;

2) sia vietato l’acquisto di stampa autorizzata (quotidiani, riviste, libri) al di fuori dell’istituto penitenziario, compresi abbonamenti, da sottoscriversi direttamente da parte della Direzione o dell’impresa di mantenimento per la successiva distribuzione ai detenuti richiedenti, per impedire che terze persone vengano a conoscenza dell’istituto di assegnazione dei detenuti;

3) sia vietata la ricezione di libri e riviste da parte dei familiari, anche tramite pacco consegnato al colloquio o spedito per posta, così come l’invio del predetto materiale ai familiari da parte del detenuto;

4) sia vietato l’accumulo di un numero eccessivo di testi, anche al fine di agevolare le operazioni di perquisizione ordinaria;

5) sia vietato lo scambio di libri e riviste tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità.

La circolare si conclude poi rammentando che tali disposizioni non incidono sulle “possibilità offerte” ai detenuti dall’ordinamento penitenziario, poiché “vengono cambiate le modalità di acquisirne ma rimane garantito il diritto all’informazione”.

Le altre restrizioni, già esistenti, citate dal giudice a sostegno dell’accettazione del ricorso di Roberto, sono queste:

[…] è pervenuta inoltre nota della Direzione della Casa Circondariale di Terni in cui si dà atto dell’emanazione di ordine di servizio 965/2011, a seguito della detta circolare, e se ne allega copia, unitamente ad avviso alla popolazione detenuta con cui si precisano alcune puntuali limitazioni.

In particolare, si prevede che possano essere detenuti presso la propria cella un codice penale, un testo religioso ed un dizionario, tre libri di lettura, compresi quelli eventualmente in prestito dalla biblioteca, due riviste periodiche e tre quotidiane.

Circa gli studenti, è consentito detenere cinque libri di studio presso la cella e cinque all’interno di un armadietto esterno, da prelevare secondo necessità.

Al punto 5, infine, si aggiunge che “non sarà più possibile lo scambio di quotidiani, riviste e libri o altra stampa in generale”.

Sull’ammissibilità del ricorso delle persone colpite dalla circolare il giudice scrive:

Occorre preliminarmente dichiarare l’ammissibilità dell’istanza proposta ed infatti, alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale e dalle Sezioni Unite della cassazione, i provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria che incidano su diritti soggettivi della persona detenuta sono sindacabili in sede giurisdizionale mediante reclamo al magistrato di sorveglianza”.


Motivazioni” delle restrizioni previste dalla legge

Viene dunque in rilievo innanzitutto una incisione del diritto costituzionale alla libertà della corrispondenza, sancito nell’art. 15 […] In particolare, per i detenuti e gli internati, qualsiasi limitazione in tale materia è regolata dall’art. 18 ter ord. pen., come è noto introdotto con L. 95/2004 anche a seguito di alcune condanne della Corte Europea dei Diritti dell’uomo, che avevano censurato l’assenza di un puntuale controllo giurisdizionale e di precisi limiti temporali circa le limitazioni imposte in materia di corrispondenza alle persone detenute.

Nel predetto articolo si esplicita come tanto le limitazioni quanto la sottoposizione a visto di controllo possono avvenire con decreto motivato emesso dall’autorità giudiziaria competente, in presenza di richiesta da parte della Direzione dell’istituto penitenziario o del Pubblico Ministero procedente, per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto, per periodi non superiori a mesi sei, prorogabili, con provvedimento motivato, per ulteriori periodi non superiori ciascuno a mesi tre.

La corte di cassazione è intervenuta più volte a ribadire la portata dei precetti contenuti nell’art. 18 ter ord. pen. tra l’altro evidenziando come in presenza di sottoposizione a visto di censura qualsiasi scritto rientri nella nozione ampia della norma e come anche i testi che siano inseriti all’interno di pacchi contenenti beni di altro genere non possono essere trattenuti dall’amministrazione se non mediante le indicate procedure e sulla base della sussistenza dei presupposti esplicitati dalla norma.

Nel caso, dunque, di detenuto sottoposto, come il reclamante, a visto di controllo sulla corrispondenza, “il trattenimento di libri, ivi compresi i testi universitari o di altro tipo, spediti al detenuto, può ritenersi consentito se i testi celano al loro interno qualcosa o contengono scritti pericolosi per la sicurezza o l’ordine interno dell’istituto”.


Conclusioni del giudice

In forza dei principi sin qui riassunti, non può quindi essere imposta mediante circolare ministeriale nessuna limitazione alla ricezione della stampa ed alla sua trasmissione all’esterno, dovendo la stessa essere vagliata, in casi singoli e per periodi di tempo determinati, soltanto dall’autorità giudiziaria.

Deve dunque disapplicarsi la circolare ministeriale in tutte le parti in cui impone alla Casa Circondariale di Terni di limitare, mediante divieti, il diritto del detenuto a ricevere tramite corrispondenza qualsiasi stampato, o a ritrasmetterlo all’esterno […]

In conseguenza di ciò devono ritenersi da disapplicarsi anche i provvedimenti conseguenti assunti dall’istituto penitenziario.

Quanto alla doglianza circa l’obbligo di contrarre gli abbonamenti alle riviste mediante l’istituto penitenziario e non invece anche tramite i familiari dall’esterno, in grado di manlevare l’interessato degli oneri economici legati all’abbonamento, la circolare ministeriale appare priva di adeguata motivazione e perciò illegittima, poiché non precisa quali rischi per l’ordine e la sicurezza, o quali vantaggi di prevenzione, derivino da tale limitazione. Viene unicamente citato un generico riferimento al pericolo che terze persone vengano a conoscenza dell’istituto di assegnazione dei detenuti, circostanza che si verifica comunque ordinariamente, posto che della ubicazione degli stessi sono a conoscenza i familiari e la difesa.

Appare inoltre non credibile che tale strumento consenta ai familiari di veicolare informazioni fraudolente, intanto perchè la stampa deve comunque essere sottoposta a visto di controllo e poi perchè la sottoscrizione di abbonamento da parte dei familiari non prevedrebbe la consegna diretta delle riviste (comunque consentita tramite posta) ma il mero pagamento del costo relativo […]. Il numero dei libri e delle riviste incide infatti sul diritto allo studio del detenuto, che non può vedersi limitato nella consultazione dei testi richiestigli per il corso di formazione cui attende.

Dovrà dunque disapplicarsi l’ordine di servizio nella parte in cui limita il numero di testi di studio che il detenuto studente può tenere presso la camera detentiva”.


41bis, carcere in sé azzannatori della socialità, della reciprocità…

(DAP, direzioni delle singole carceri, gruppi di guardie, giudici di sorveglianza, legislatori, digos, carabinieri…)

Quanto al divieto di scambio di riviste, la disposizione contenuta nell’avviso comunicato ai detenuti, facendo riferimento ad una sopravvenuta impossibilità, non può che riferirsi, univocamente, allo scambio tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità (essendo da sempre vietato lo scambio tra appartenenti a gruppi di socialità diversi).

Occorre affermare che la Casa Circondariale si è in questo discostata dalla circolare DAP che ribadiva il comprensibile divieto di passaggio tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità.

In tal senso l’ordine di servizio dell’istituto penitenziario va censurato, e quindi disapplicato, poiché non sorretto da adeguate ragioni di ordine e sicurezza.

Il legislatore del novellato 41 bis ha infatti limitato espressamente le dimensioni dei gruppi di socialità, ponendo particolare attenzione alla loro composizione, con ciò di fatto distinguendo le possibilità di comunicazione tra i membri del gruppo e tutti gli altri detenuti in regime differenziato.


Decisione finale del giudice

ACCOGLIE il reclamo proposto dal detenuto sopra generalizzato, e per l’effetto:

dispone che la circolare DAP n. 8845/201 sia disapplicata nella parte in cui inibisce ai detenuti in regime differenziato la ricezione dall’esterno e la trasmissione all’esterno di libri e riviste ed impone loro di acquistare gli stessi soltanto mediante l’istituto penitenziario invece di poterli ricevere anche mediante abbonamenti sottoscritti dai familiari;

dispone che siano disapplicati gli ordini di servizio emessi dalla Casa Circondariale di Terni in conseguenza delle disposizioni DAP sopra richiamate, nonché quelli che limitano il numero di testi di studio che il detenuto in regime differenziato può tenere presso la propria camera detentiva e che impediscono il passaggio, salvo visto di controllo, di libri e riviste tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità…

(in data 31 gennaio 2012)


Quello che è successo a Nadia

Sappiamo dagli atti che a Nadia nell'ottobre del 2013 è stato accolto dal Magistrato di sorveglianza dell'Aquila il suo reclamo contro la circolare del Dap. L'ordinanza del Magistrato ricalca quella del suo collega di Spoleto.

Il 20 Dicembre dello stesso anno il procuratore dell'Aquila presenta ricorso in cassazione contro l'ordinanza che in sostanza disponeva la disapplicazione della circolare del Dap. In sintesi il procuratore sostiene invece: “che le misure limitative stabilite con la circolare oggetto di disapplicazione siano del tutto rispondenti al regime 41bis [...] non limitativa dei diritti costituzionali [...] in quanto contempera quei diritti con le esigenze preventive.”

Inoltre richiamandosi ad una precedente sentenza della Cassazione favorevole al Dap (Parma 2013*) sulla stessa questione argomenta: “la circolare non limita in alcun modo i diritti del detenuto ma sottoponendo ad un più rigoroso controllo la provenienza di libri e stampe impedisce al detenuto di effetuare scambi sospetti i libri che potrebbero detenere messaggi criptici...”

Il 9 Giugno 2014 il Sostituto Procuratore Generale della cassazione nella requisitoria chiede alla corte di rigettare il ricorso sostenendo che: “[...] la giurisprudenza evidenzia come l'ordinanza (emessa dal Magistrato di sorveglianza) impugnata dal Procuratore della Repubblica di L'Aquila abbia invece dato una corretta intepretazione del principio costituzionale della libertà della corrispondenza che può essere limitato solo da un provedimento dell'autorità giudiziaria e non da un provedimento amministrativo” (quale la circolare Dap).


Il Pilato di turno

Come raramente succede, nonostante la requisitoria favorevole la Corte di Cassazione, il 16 Ottobre 2014 con una sentenza ultrarapida (insolita alla Cassazione), vigliacca e pilatesca riesce comunque a pronuciarsi a favore del Dap. In sintesi la sentenza dichiara:

1) Che il reclamo della compagna è “innammissibile [...] perchè la circolare del Dap è da considerarsi circolare interna”.

2) “Le circolari contenendo istruzioni, ordini di servizio [...] impartite dalle autorità amministrative centrali esauriscono la loro portata ed efficacia giuridica nei rapporti fra i suddetti organismi e i loro funzionari [...] quindi non possono spiegare alcun effetto giuridico nei confronti di soggetti estranei all'amministrazione essendo esclusivamente destinate ad esercitare una funzione di direttiva nei confronti degli uffici dipendenti.”

In conclusione la persona in carcere (come già sapevamo) è considerata dalla massima magistratura alla stregua di uno schiavo, indegna della minima attenzione e tanto meno di essere ascoltata. Il loro obiettivo perseguito è ridurre la persone prigioniere totalmente sottomesse e rassegnate al sistema carcere (di cui il Dap è parte importante).


(*) Riportiamo qui per maggiore informazione stralci della sentenza di cassazione richiamata dal Procuratore della Repubblica di L'Aquila, citata per dar forza al respingimento del reclamo di Nadia.

Sentenza del Novembre 2013 n°46783 che ha accolto il ricorso della Procura di Reggio Emilia e del Dap contro l’ordinanza con la quale il magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, lo scorso 10 gennaio, aveva autorizzato, Giuseppe Gullotti (53 anni), recluso nel carcere di massima sicurezza di Parma, a ricevere libri e riviste inviategli dai familiari anziché attraverso i canali dell’amministrazione penitenziaria, a tenere più volumi in cella e a restituirli ai parenti.

Secondo il magistrato di sorveglianza competente, la circolare del Dap, ha introdotto "gravose limitazioni" che violano "norme di rango costituzionale quali il diritto all’informazione del detenuto ed anche alla rieducazione, di cui la lettura e l’istruzione sono elementi fondanti, nonchè il diritto allo studio che veniva limitato dal divieto”.

La sentenza della Corte di Cassazione si esprime attraverso questo “inno” al Dap:

[...] risulta evidente che le regole introdotte dal Dap hanno l'espressa finalità di impedire che, attraverso la ricezione o la consegna di testi, il detenuto sottoposto a regime speciale possa ricevere o comunicare all’esterno messaggi cifrati [...] Con l’introduzione delle suddette regole non viene limitato in alcun modo il diritto del detenuto ad informarsi o studiare attraverso la lettura di testi, ma si sottopone a un più rigoroso controllo la provenienza dei libri o delle stampe e si impedisce al detenuto di effettuare scambi sospetti con familiari di libri che potrebbero contenere messaggi criptici, non facilmente individuabili dal personale addetto al controllo".


maggio 2015, OLGa - Milano