AL GOVERNO e ALLO STATO I CARCERATI INTERESSANO

SOLO SE RESTANO DOVE SONO: RINCHIUSI A MARCIRE IN GALERA

 

Sabato 24 dicembre - PRESIDIO (ITINERANTE) DI SOLIDARIETà

coi detenuti/e del carcere di SAN VITTORE

(concentramento in via degli Olivetani angolo via Papiniano ore 16.00)

 

Nelle carceri italiane l’estate non è mai finita, ci sono state e continuano ad esserci lotte e proteste un po’in tutta Italia. Ultime in ordine di tempo ricordiamo le recenti rivolte nel carcere di Ancona e di Parma. Ad Ancona, ad esempio, sono rinchiusi 440 detenuti a fronte di una capienza di 178 persone, i detenuti dormono su materassi per terra e in più manca il riscaldamento. A Parma e nelle altre carceri d’Italia la situazione è pressoché identica, le carceri sono ormai al collasso. Per non parlare di San Vittore, carcere ben oltre ogni margine di “umanità”.

La situazione generale non solo non è cambiata ma si è aggravata con l’introduzione di nuovi reati, con gli aumenti delle pene, con il maggiore ricorso alla carcerazione preventiva e con l’estensione dei regimi detentivi punitivi.

Nel 2001 i detenuti erano circa 55.000 e sono cresciuti fino ad arrivare alle attuali 68.047 presenze, il dato più alto mai registrato. Stesse statistiche al rialzo valgono per i “suicidi” e in generale per coloro che muoiono in carcere.

 

Si capisce quindi che non c’è alcuna volontà di risolvere i problemi né tantomeno le cause.

L’esito di una recente discussione al Senato conferma del resto che l’unica forte spinta è quella a costruire nuove strutture carcerarie, nella convinzione che l’elevato numero dei detenuti sarà inevitabilmente destinato a salire.

Una realtà tanto drammatica ed esplosiva da giustificare lo “stato di emergenza”, dichiarato dal governo fin dal gennaio 2010 e tutt’ora in corso. Un’emergenza che però non riguarda le condizioni di vita dei quasi 70 mila detenuti nelle carceri italiane, più qualche migliaio di persone nei centri di espulsione. E’ certo che l’ampliamento del numero delle celle non servirà a distribuire in più spazio lo stesso numero di detenuti ma a rinchiudere un numero crescente di persone.

E così con le emergenze compaiono i vari decreti “svuota carceri” che l’ultima ministra della giustizia Paola Severino “spera” possa essere adottato entro Natale dal Consiglio dei ministri.

Il decreto legge punta alle pene alternative, amplificando gli effetti del decreto “svuota carceri” varato nel dicembre del 2010 dal ministro Angelino Alfano che ha portato fuori dal carcere soltanto 3 mila persone in quasi un anno, lasciando completamente inalterata la situazione.

Ora il governo Monti riprende quella formula (si passa a 18 mesi di residuo pena da scontare a casa), stimando che ora saranno 3.300 i detenuti destinati con effetto immediato ad uscire dal carcere per passare alla “detenzione domiciliare”: un numero ridicolo rispetto alla drammaticità della situazione. La ministra ha precisato inoltre che tra le misure non ci sarà il braccialetto elettronico. I braccialetti elettronici rimangono uno strano e misterioso argomento che per altro è costato e continua a costare 110 milioni di euro in dieci anni, cioè 11 milioni di euro l’anno, incassati da Telecom, mentre pare che siano in funzione soltanto 9 braccialetti.

 

Consapevoli di tutte le menzogne e gli affari che ruotano attorno al “problema carcere”, siamo convinti che la soluzione possa arrivare solo dalla lotta dei detenuti unita a chi fuori si batte sui luoghi di lavoro per non essere ridotto a schiavo, nei quartieri contro la sanguisuga del mutuo e dell’affitto, nel vesuviano come in Val di Susa contro le sopraffazioni dello stato neri confronti dei bisogni della gente. La solidarietà e l’unità sono la vera forza di ogni lotta!

 

Dicembre 2011

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