LETTERA DAL CARCERE DI NOVARA

 

Il 9 settembre 1985, con una fermata all’aria, la maggioranza dei prigionieri della sezione speciale di Novara sono scesi in lotta contro le pratiche di annientamento e differenziazione del ministero.

Si torna a parlare di carcere, e ancora una volta in occasione di nuove ristrutturazioni, cambiamenti, imposizione di nuovi e sempre più micidiali livelli di controllo e annientamento.

Del resto, a mano a mano che tramonta definitivamente l’epoca dello Stato assistenziale (la cui legittimità era legata alla capacità di assicurare “diritti” e “benessere”), sempre più lo Stato, nell’epoca metropolitana, impone una sua legittimità sulle capacità di “regolare” le contraddizioni sociali attraverso una iniziativa calibrata sempre più sulla capacità di “controllo e annientamento”.

Tutto ciò, e la necessità di mascherare lo scontro di classe e le lotte che si sviluppano nel carcere, richiede una “rappresentazione” e una “immagine”. E sul carcere si accendono i riflettori e le voci dello Stato.

L’offensiva propagandistica, che è stata ormai da mesi scatenata dal ministero, è centrata sulle “grandi e luminose prospettive”…e su qualche”sgradevole necessità”.

Una campagna stampa massiccia e articolata con cui il direttore delle galere Amato ha sparso ai quattro venti le ottime intenzioni del carcere: “Liberarsi dalla necessità del carcere”. Il culmine di questa campagna si è avuto a Milano al convegno ONU contro la “criminalità” con una vera e propria ufficializzazione di questo idilliaco progetto.

E tutto questo serve unicamente a rifare il trucco allo staff del ministero perché non risultino troppo laceranti le concrete attuazioni di quelle che vengono presentate come “sgradevoli necessità”. Necessità che si possono condensare così:

Per la borghesia l’unico prigioniero buono è quello che diventa affabile, dissociato, pentito…

Per questo, ogni prigioniero deve essere segregato, controllato, isolato, annientato.

Allora, tra quasi tutti i compagni che hanno lottato è maturata la necessità di evidenziare i nodi e le questioni posto dalla situazione attuale e dai movimenti di ristrutturazione del carcerario.

L’annientamento e la cooptazione, la “sicurezza” e la “normalizzazione” sono in realtà un solo movimento, è il prigioniero distrutto e annientato nella sua identità, nelle sue relazioni che può essere “cooptato” e “risocializzato”. E la cooptazione è il “naturale completamento “ alle strategie e pratiche di annientamento che sono dimensione costante del carcere metropolitano.

Così non stupisce che il nuovo salto di qualità della ristrutturazione carceraria, le “sgradevoli necessità”, il piano operativo di Amato sia una riorganizzazione del governo del carcere centrata su un ulteriore approfondimento ed estensione del trattamento differenziato e personalizzato e di un ulteriore sviluppo delle misure di “sicurezza” e “controllo” capillari della vita dei prigionieri. E che questo piano abbia come suo cardine la costituzione “per via legislativa” – e quindi permanente e definitiva – di un circuito superspeciale, dove il controllo sulla vita dei prigionieri, sui rapporti tra loro e con l’esterno, sia totale: colloquio coi vetri, controlli auditivi, massimo isolamento per 4000 “soggetti a rischio” già individuati, stabiliti in base al tipo di reato, e quindi in rapporto all’identità del prigioniero.

E la pubblica enunciazione di questo piano operativo, significa che nei progetti ministeriali tutto è più che maturo, ed è volto unicamente a sollecitare una sanzione legislativa ad un processo già in atto.

Questo non è solo un progetto annunciato, è già in atto!

- I braccetti con decreto amministrativo sono continuamente prorogati in attesa che la legge richiesta da Amato risistematizzi ed estenda le stesse condizioni di isolamento ed annientamento ai 4000 prigionieri di “massima pericolosità”.

-Continui blitz di “normalizzazione” e “bonifica” prolungati nel tempo guidati da squadroni mobili di AC, scadenzati da perquisizioni, provocazioni, pestaggi.

- Mantenimento di livelli di pressione fortissima e micidiale sui prigionieri di alcuni carceri, così da mantenere acceso in tutto il carcerario un generalizzato clima terroristico, da mantenere precisi poli di deterrenza, attraverso l’annientamento dei prigionieri di quelle carceri: Poggioreale, Buoncammino, Pianosa, Livorno, Cuneo…

- Instaurazione di nuovi livelli di isolamento, con l’apertura di una nuova sezione distaccata nell’isola di Pianosa per sei compagni completamente isolati dal resto dei prigionieri.

- Tutto ciò che il ministero propaganda come “umanizzazione” delle condizioni di detenzione, “non più unicamente punitiva” , maschera i sempre più diretti caratteri scientifici dell’individualizzazione del trattamento, della segregazione spinta ai massimi livelli, della imposizione “regolamentata” di un sistema di “premi-punizione” che dovrebbe scandire e regolare ogni attimo di vita dei prigionieri in buoni/cattivi, che una volta accettato dovrebbe spingere ogni prigioniero all’autodifferenziazione. È un processo che marcia a suon di circolari, l’ultima quella che subordina la concessione di colloqui straordinari e degli spazi di socialità interna alla disponibilità del “detenuto a collaborare attivamente alla osservazione scientifica della personalità e del trattamento rieducativi attuato nei suoi confronti”.

- Una intera rete di nuovi carceri sorge come funghi, dotati delle strutture necessarie e funzionali ai contenuti di questo progetto: “complessi-gioiello, in cui la struttura cunicolare, cellularizzata, gli impianti di controllo visivo, l’isolamento dei prigionieri, a gruppi o individuale, permettono il massimo controllo, violente pressioni, l’individualizzazione estrema del trattamento, in una parola, il più scientifico “macello” psico-fisico dei prigionieri. Busto A., Aosta, Ivrea, Vercelli, Avellino, Como, Spoleto, Sollicciano, Cosenza, Belluno…: sono stati costruiti più di 25000 posto detenuto coi più avanzati livelli di annientamento negli ultimi 5 anni…non c’è davvero male come “abolizione del carcere”!

Contro questa ristrutturazione, contro queste condizioni occorre lottare, e da subito!

Perché la lotta è l’unico terreno che permette la socializzazione (comunicazione, organizzazione, confronto, decisioni) necessaria per opporsi ad un movimento così articolato e accelerato, per non farsi fare a pezzi, per liberarsi.

Perché solo la lotta permettere di mettere un freno e fissare i singoli passaggi di questa ristrutturazione.

Perché solo la lotta riporta sul terreno concreto e costruisce la coscienza e la pratica proletaria della distruzione del carcere metropolitano.

Perché rimanere passivi all’incalzare di queste pratiche significa renderle più attive.

Contro il carcere occorre lottare e da subito dentro e fuori le galere.

Per questo ci sentiamo uniti e solidali ai compagni di Cuneo che venerdì 30 agosto sono scesi in lotta contro il blitz, i pestaggi, le perquisizioni, le provocazioni delle squadre speciali degli AC, anche nelle condizioni più dure, anche solo in otto.

Come dicono i compagni:

“Infine, perché in otto? Non ci interessa con questo comunicato esporre le ragioni politiche degli altri prigionieri. Intendiamo invece affermare che il carcere è un terreno di lotta, che non è pacificabile, e quindi la nostra volontà di lottare sempre”.

Lottare dentro, con tutti i proletari che si trovano a doversi misurare con queste condizioni e strategie di annientamento, che vivono la stesa dimensione “sociale”, che sentono le stesse tensioni a resistere all’annientamento, a lottare, a liberarsi, e che si organizzano per questo.

Lottare fuori, con tutti i proletari che nelle metropoli vivono il carcere come nemico diretto. Il carcere metropolitano non si limita a “contenere”, è ATTIVO. Produce modelli di controlli e annientamento di valenza generale (come il “pentitismo” e le “dissociazioni”). Invade materialmente la metropoli organizzandosi e integrandosi nelle sue strutture (rapporto con Enti locali, “misure alternative”, reti di controllo tossicodipendenze, ecc). Agisce sempre più direttamente come ricatto e pressione verso tutti i proletari che in numero sempre maggiore vivono quotidianamente nella metropoli in condizione di extralegalità e antagonismo.

Il carcere nella metropoli è una macchina di morte che minaccia non più solo indirettamente (minaccia potenziale), ma direttamente tutto il proletariato metropolitano.

La distruzione delle galere è interesse e obiettivo di lotta di tutti i proletari nella metropoli.

 

Novara, Settembre 1985

 

Tratta da

“Atti del Convegno “Anarchismo e progetto insurrezionale” – Milano, 13 ottobre 1985” (Edizioni Anarchismo, 1993)



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