Segue il resoconto dell’iniziativa tenuta a Viareggio venerdì 18 marzo ’05 con il compagno avv. Vainer Burani. Viene riportato l’intervento iniziale, le risposte ad alcune domande e altri suoi interventi stimolati dal dibattito. Per ovvi motivi di spazio non sono riportati gli interventi dei compagni e delle compagne.
[Trattandosi della trascrizione di interventi parlati, il linguaggio ne risente; inoltre non sempre è possibile riportare, per scritto, quei significati che il complessivo atteggiamento di chi parla dà alle parole].
Viareggio, 18 marzo: dibattito su “La sentenza di Milano”
Il processo di Milano del 24 gennaio ci fa capire le tendenze, le situazioni, le contraddizioni, i problemi, che si sono manifestati. Mi richiamerò anche alla valenza dei reati contestati, dei reati associativi, ecc.
Faccio una premessa: il processo di Milano, per le sue caratteristiche, è un po’ diverso dagli altri processi contro gli islamici (uso questo termine per capirci) avvenuti in Italia negli ultimi anni. Dovrebbero essere 190 gli islamici accusati di far parte di “associazioni sovversive con finalità di terrorismo di eversione dell’ordine democratico internazionale”, associazioni con finalità secondo l’insieme di norme del nuovo 270 bis.
Ad oggi, due sono stati condannati per reati associativi e sono i due che hanno patteggiato nel processo di Milano; questo è significativo anche se c’è stata una pronuncia della Cassazione su un provvedimento della magistratura di Firenze sempre in relazione al reato associativo e alle sue caratteristiche.
Gli altri processi sono finiti con condanne per reati specifici ma con assoluzione per i reati associativi. In gran parte erano grosse montature, operazioni costruite ad hoc: in alcuni casi come quella di Roma (e risulta agli atti) con il classico agente provocatore: il tritolo messo lì apposta per poi farlo ritrovare il giorno dopo ai carabinieri. Non parliamo poi dell’inchiesta di Napoli contro i pakistani, finita miseramente perché come processo stava sull’orlo del ridicolo.
Il processo di Milano, invece, è un processo un po’ particolare perché ha storia ed esiti particolari. In Italia c’è un altro processo importante di tipo politico per questo reato che non ha niente a vedere con gli islamici ed è il processo che si sta celebrando a Perugia contro il Dhkp-c turco, contro due militanti (una compagna ed un compagno) di questa organizzazione ed io difendo la compagna. E’ un processo diverso perché lì non c’è il problema dell’Islam od altro, c’è un problema più complesso per certi aspetti e più semplice per altri.
Il processo di Milano segue altri due processi con indagini terminate nel 2002 e condanne a pene abbastanza pesanti non per reati associativi in 1° grado. Nell’agosto-settembre ‘02, i carabinieri iniziano a seguire un Imam della Moschea di Viale Jenner.
Lo controllano per alcuni mesi finché intercettano due curdi che vivono a Parma e che ritengono essere membri di Ansar Al Islam: un’organizzazione (O.) particolare rispetto a quelle di cui si sente parlare a proposito e a sproposito. Questa è un’O. che esiste, a differenza di altre che sono state sigle o poco più, che esiste (od esisteva) nel nord dell’Iraq, è un’O. curda per formazione e per aderirvi era necessario essere curdi. Il fondatore vive in esilio politico in Norvegia. E’ un’O. caratterizzata dall’essere fortemente nazionalista, di matrice islamica, ma non come per altre organizzazioni. Questo è uno degli elementi che segnano la sentenza; infatti questa O. si propone nel nord dell’Iraq, nel sud del Kurdistan, la resistenza. Nasce appositamente in previsione di quello che sarà l’attacco Usa che già avevano previsto. Questi islamici non si riconoscono nell’area del Pkk, tanto meno nelle organizzazioni di Barzani e Talabani. Aveva una differente matrice, ma ad un certo punto cambia perché possano aderirvi anche i non curdi.
Intercettano, quindi, l’Imam, i due curdi ed un egiziano che ha una storia particolare: è un giovane 30enne ed è stato in Afghanistan. Controllando queste 4 persone, si accorgono, dalle intercettazioni telefoniche, che sta arrivando una persona dall’Inghilterra, il famoso somalo che farebbe parte di un’O. che, secondo l’ipotesi accusatoria, ha fatto l’attentato alla portaerei Usa e quando questo arriva decidono di prenderli.
Siamo a marzo e nel frattempo è accaduta una cosa molto importante che in questo paese solo un giudice ha avuto il coraggio di dire e scrivere questa cosa curiosa oltre che scandalosa. Mentre i carabinieri controllano questo Abu Omar (l’Imam), dal 17 febbraio 2003 non viene più intercettato, non sanno più dove sia, fino a quando i carabinieri si accorgono che questo signore è stato sequestrato dai servizi segreti Usa e israeliani. Lo sono andati a prendere a Milano e lo fanno ricomparire in Egitto. Non solo hanno fatto questa cosa ignobile (il Patriot Act lo consente tranquillamente), in territorio che dovrebbe essere sovrano di un altro Stato di portarselo via, ma addirittura non l’hanno neppure detto ai carabinieri che stavano indagando, così che questi continuano a scrivere rapporti per 6-7 mesi in cui dicono “intercettazioni senza frutto” sempre alla faccia della sovranità nazionale!
Il somalo decidono di prenderlo quando arriva in stazione; l’egiziano ed il somalo non li conoscono e li identificano; scatta così l’operazione e viene coinvolto anche il mio assistito, Daki, che ora sta in Italia ma viene da Amburgo, dove è stato per anni e questa è la cosa che a loro fa accendere 750 lampadine in un colpo solo.
Nel giro di 3-4 giorni li prendono e fanno quattro ordinanze più una di custodia cautelare e arrestano le 5 persone. Il processo nasce, così, contro persone che non sono sprovvedute, ma che effettivamente, per qualche motivo, avevano un’attività che viene intercettata. Probabilmente stanno facendo un’attività di sostegno (si badi bene non al terrorismo come poi diranno) ma a questa O. che si sta preparando (siamo tra febbraio e marzo ’03) a resistere all’invasione Usa. Quando la guerra è iniziata hanno cominciato proprio a bombardare i campi di Ansar Al Islam, hanno bombardato la capitale, Bassora e questa zona della quale non se ne capiva il motivo in quanto sperduta tre le montagne.
Negli atti del processo, ed è uno degli elementi che ha fatto decidere il processo in un certo modo, ci sono intercettazioni in cui questi dicono: stiamo costruendo trincee e rifugi sotterranei per difendere 300 nostre famiglie e per resistere all’invasione. Questo per dire che è una forza militare organizzata in quel territorio, che si prepara a reggere l’urto di un bombardamento mostruoso come è stato e di un’invasione di terra.
Arrestano questi e pezzo pezzo aggiungono altri indagati fino ad arrivare a 14.
E’ pur strano che al gruppo dei “5” ne aggiungano altri 9 facenti parte di gruppi che niente hanno a vedere con questa vicenda. In effetti, poi verranno stralciati e spostati su altre indagini. Si va al processo con questa indagine che ha un punto di passaggio nodale quando scoprono che il Daki, viene da Amburgo ed il 30 settembre 2001 è stato interrogato per due giorni dalla polizia tedesca assieme ad altre circa 300 persone perché vivevano in quella realtà, che secondo l’ipotesi americana, sono quelli che hanno abbattuto le “Torri” di New York.
La cosa è molto rilevante perché è proprio lì che si connota diversamente, cioè uniscono l’ipotesi di sostegno ad Ansar Al Islam al discorso della cellula di Amburgo di cui era stato condannato uno solo (di quelli inquisiti) a 15 anni in 1° grado e poi è stata annullata, circa 6 mesi fa, la sentenza in Appello per cui si dovrà rifare tutto.
Amburgo, per loro, rappresenta un punto importante perché gli americani hanno poi altri due, ancora ricercati, che vivevano ad Amburgo e c’è un altra persona che hanno preso in Afghanistan e che ritengono il regista-organizzatore dell’attentato dell’11 settembre e che non si sa dove sia detenuto. Questo aveva avuto per due mesi circa la residenza postale a casa di Daki. Tanto che il fulcro diventa questo e Daki viene interrogato due volte alla mia presenza dalla polizia tedesca in carcere e due volte dall’Fbi che però impedisce la mia presenza. In pratica lo hanno preso dal carcere di Como, sbattendosene di ogni normativa, lo hanno portato alla Procura della Repubblica di Milano da Dambruoso e lì è stato interrogato il 6-7 ottobre 2004 nonostante che lui sostenesse che non aveva nulla da dire e che parlava solo alla presenza del suo difensore di fronte alle minacce di portarlo a Guantanamo.
Si arriva al processo, due patteggiano, sei vanno con il rito ordinario in corso di svolgimento e cinque con quello abbreviato perché non aveva alcun significato, dal punto di vista processuale difensivo, ascoltare poliziotti e carabinieri venire a raccontare le loro indagini; l’unica cosa era cercare di limitare i danni con una difesa-tecnica anche sulle carte, era l’unica spendibile.
Durante il processo il dottor Spataro accenna al fatto che questi sono terroristi e che a nessuno venga in mente di ipotizzare altre cose. La Forleo emette una sentenza ed una ordinanza. Con la sentenza assolve tre degli imputati perché il fatto non costituisce reato, con l’ordinanza dice che: posto che ho assolto gli altri tre dal reato associativo ritengo (dato che l’ordinanza va motivata subito) che gran parte degli atti sono patologicamente inutilizzabili perché frutto di puri e semplici rapporti di polizia o interrogatori o assunzioni di informazioni fatte senza alcuna garanzia difensiva. Questa scelta è molto coraggiosa.
Il 270 bis è frutto di due passaggi legislativi: il primo è la legge Cossiga del febbraio 1980 che introduce il 270 bis che è il reato di associazione sovversiva, il vecchio 270 del codice Rocco, in vigore dal 1931, con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico che è quello per il quale 5.000 compagni/e di questo paese ci hanno dovuto fare i conti.
In un processo di Bologna di alcuni anni fa ad un gruppo algerino della Gia è stato contestato il reato di associazione sovversiva per il 270 bis di allora. Successe che un abile collega che difese gli imputati, nonostante una battaglia accanita con un altrettanto abile Pm dell’epoca, la spuntò perché fece passare la tesi, in termini giuridici fondata, che protetta era la sicurezza dello Stato italiano e non di un altro Stato, per cui chi si organizzava in Italia per compiere attentati in Algeria come in quel caso non poteva essere condannato per il 270 bis (vecchia formulazione); lo poteva per il 416, cioè associazione per delinquere, per tutto quello che si vuole ma non per il 270 bis.
Il secondo passaggio: dopo l’11 settembre modificano la legge. La modifica inizialmente è un decreto che prevede un 270 ter e un 270 quater; il 270 ter viene poi ricondotto all’interno del 270 bis e rimane solo il 270 ter. Quale è la novità: in due passaggi si dice “associazioni con finalità di violenza, di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico anche in danno di una Stato estero”, sono queste paroline che hanno cambiato la questione.
Il 270 ter diventa un reato nuovo, gravissimo da un punto di vista concettuale, meno grave dal punto di vista della pena, perché è il reato che punisce il dare assistenza, alloggio, vitto e ogni tipo di aiuto (senza farne parte) a membri di associazioni sovversive di cui al capo precedente (del 270 bis) ed è una pena che arriva fino a 4 anni di pena massima. E’ grave perché, ed io lo dichiaro anche qui, quando sono passati da casa mia compagni dalle Farc colombiane al Fronte Popolare palestinese, ho dato loro vitto, alloggio, assistenza e continuerò a farlo perché ritengo giusto farlo, non solo a livello umano, ma anche per solidarietà da compagno a compagno.
Per riprendere il ragionamento, cosa sostiene la dottoressa Forleo? La nuova formulazione del 270 bis ha come bene protetto la sicurezza anche dello Stato estero dall’attentato di tipo terroristico, ma dice faremmo un’ingiusta scelta di campo se estendessimo questa tutela dal terrorismo (all’azione che colpisce indiscriminatamente i civili) all’attentato o all’azione militare in uno scenario di guerra di una forza insorta contro un esercito ufficiale. In altre parole, se Ansar Al Islam, perché di questo stiamo parlando, è nel nord dell’Iraq e si prepara a fronteggiare l’attacco Usa e dei Peshmerga curdi di Barzani e Talabani, non possiamo considerarla un’O. terroristica perché non sta facendo azioni indiscriminate contro civili ma combatte contro militari e di conseguenza devono essere considerati legittimi combattenti se non altro ai sensi delle Convenzioni di Ginevra, là dove si dice che quando in un paese vi sono forze che combattono con le armi in vista, in divisa e sotto un comando unificato e responsabile, quelle sono forze, sono legittimi combattenti. E’ il problema per cui gli americani, che lazzaroni sono, ma hanno un rispetto formale superiore al nostro del loro diritto, rispetto ai prigionieri di Guantanamo per poter applicare loro la legge che negli Usa non sarebbe possibile, li hanno messi a Guantanamo. Formalmente non sono soggetti alla legislazione americana, ma hanno uno statuto speciale che è una porcheria per ovvi motivi, però formalmente attribuisce a questi un ruolo differente rispetto ad un prigioniero degli Usa.
La Forleo ha fatto questa distinzione e di conseguenza per il fatto che questi inviassero volontari a combattere in Iraq contro gli Usa, si potrà dire quello che si vuole, ma non possono essere considerati terroristi, bensì guerriglieri. Quindi non sono punibili seconda la lettura testuale e corretta della legge italiana. Ha detto giustamente: ho agito secondo scienza e coscienza, ed infatti ha valutato secondo un criterio tecnico. Ma la questione ha suscitato un casino per due motivi.
Primo. Nella Procura di Milano è emersa una contraddizione di non poco conto. Il dottor Dambruoso che, nel processo per il quale era stato inizialmente Pm (poi sostituito), ed in corso di celebrazione, ha scritto il libro “Milano-Bagdad” utilizzando gli atti di quel processo. Se lo avesse fatto un difensore sarebbe andato sotto processo ma questa è la realtà dei fatti. Nella Procura di Milano, il dottor Spataro, che certo non può essere sospettato come simpatizzante di terroristi, a tal proposito negli anni ’70 ha fatto le sue battaglie, in un intervista al “Corriere della Sera”, riprendendo in qualche modo il dottor Dambruoso che aveva detto che in sostanza i diritti umani vanno rispettati, ma sulla forma come diceva la Lega sulla tortura (tale se dura 3-4 giorni) risuonava un po’ all’orecchio; il dottor Spataro aveva detto un’altra cosa importante (tra i due c’è stata una diversa posizione e diversa anche dal Gip di Brescia), che l’inserimento di un’O. all’interno delle famose “liste nere” non è elemento sufficiente per ritenere chi fa parte di quelle organizzazioni un terrorista.
Peccato che queste cose dobbiamo sentirle dire da un Pm, e non da politici che pretendono di essere di sinistra. Non è automatico che un membro, in un processo fatto in Italia, come per quello di Perugia contro il Dhkp-c sia automaticamente un terrorista se fa parte di quella O. Potrà essere condannato per questo tipo di reato se dimostrano che voleva fare attentati contro civili, ecc. Questo è il primo passaggio importante che ha avuto riflessi sconvolgenti. Pensate che c’è una rivista dell’esercito italiano nella quale è testualmente scritto, proprio partendo da questa sentenza (un articolo di 2 pagine), che in Iraq quando si parla di scontro sul campo, non si può parlare di terrorismo ma di guerriglia. Quando si attacca un obiettivo militare si compie un atto di guerra o di guerriglia.
Chi ha attaccato la caserma di Nassiriya non ha compiuto un atto di terrorismo, ha compito un atto di guerra, poi potrà non piacerci, ma questa è la realtà dei fatti. Peraltro uomini di centro-sinistra come G. Bocca o di destra come M. Fini, due giornalisti che hanno il pregio di essere intelligenti, lo hanno detto chiaramente: o diciamo che siamo in guerra e li trattiamo come nemici e quindi non utilizziamo il codice penale, utilizziamo il codice di guerra oppure abbiamo il coraggio di dire che quando si è in guerra si muore anche combattendo. Ho sentito un Procuratore della Repubblica, durante la pausa di un processo, dire: chi mi può raccontare che quello che era dietro ad una mitragliatrice che sparava su una piazza fosse un terrorista, se sparassero a me rispondo anch’io al fuoco. Quello è morto dietro alla mitragliatrice combattendo contro altri militari.
E’ triste che queste cose qua dobbiamo sentirle dire da magistrati e non da gente che si professa di sinistra. Allo stesso livello è triste fare considerazioni su queste vicende non avendo il coraggio, di dire chiaramente come stanno le cose, perché in Italia neppure la sinistra lo ha fatto. Ho dovuto sentir dire recentemente su “La Repubblica” da Minniti (Ds), testuali parole: se fosse provato che gli Usa e il Mossad hanno sequestrato una persona in Italia, sarebbe un fatto gravissimo.
[Al riguardo la stessa “La Repubblica” del 26 marzo ’05 riporta: “Il rapporto conclusivo che la Digos ha consegnato alla Procura conferma le circostanze violente della scomparsa di Abu Omar da Milano il 17 febbraio ’03: il suo trasferimento coatto, a bordo di un furgone, nella base militare Usa di Aviano; le violenze subite durante l’interrogatorio notturno che ne ha preceduto il trasferimento, il 18 febbraio, all’aeroporto del Cairo, quando viene consegnato a quelle galere egiziane dove è tuttora detenuto …”, fugando i suoi dubbi.]
Il secondo motivo: la figura di Daki, condannato ad un reato al quale mai poteva essere condannato (1 anno e 10 mesi); gli è stata inflitta proprio questa condanna che già aveva fatto in carcere. Condanna che appellerò appena verrà depositata la sentenza.
Daki viene, così, scarcerato e alle sei del mattino, lo portano direttamente in via Coreglio a Milano per notificargli l’espulsione ed eseguirla immediatamente. A questo punto scoppia il grosso problema politico (di questo si tratta) ed una magistratura che ha svolto il suo mestiere indipendente, utilizza una porcheria di legge, come la “Bossi-Fini” nel dire: cari signori, questa persona non la potete mandare via dall’Italia, lo avete espulso ma non potete eseguirla perché non è che non vi concedo il nullaosta, non vi può essere dato perché l’art. 13, n.3 sexies della Bossi-Fini dice, ovviamente con finalità punitive, che chi è indagato per questo tipo di reati non può essere espulso perché deve scontarsi la pena in Italia. Al mattino quando arriva il giudice di pace per la notifica gli sollevo questo problema con il provvedimento già fatto: convalida, ecc. ecc. e lui deve aggiungere un non (a biro) convalido. Il giudice si è trovato, chiaramente, spiazzato di fronte a questa situazione.
Viene notificato il provvedimento di espulsione anche dal Ministro degli interni che rilascia una dichiarazione ignobile sotto tutti i punti di vista ed arriva a sostenere che bisogna cambiare la sentenza. Io stesso ho dichiarato: forse il ministro ha dimenticato che nel 1789 c’è stata una rivoluzione che quanto meno ha stabilito che i poteri devono essere separati.
Perché tanto accanimento nei confronti di Daki ? Perché è considerato, come ipotizza il Dambruoso nel suo libro, il 20° uomo dell’attentato alle Torri, quindi su questa figura si scatena una scontro politico enorme tra l’esecutivo e la magistratura; dall’altra esiste un problema reale: il fatto che questa persona si trovasse in una condizione di cittadino libero a tutti gli effetti, l’unica misura di prevenzione speciale (obbligo di firme), però, con tre uomini della Digos che lo seguivano costantemente ovunque andasse, non avendo alcun potere per controllarlo. Esiste un provvedimento che non ho mai visto ma c’è, ed era che avevano l’ordine di proteggerlo da possibili sequestri o attentati.
Anche su questo si è consumato un scontro che ha avuto grossi riflessi a livello europeo ed internazionale ancor più che in Italia. Mi ha molto colpito che i giornali della sinistra siano stati gli unici che non abbiano detto quasi niente sulla questione; la Bbc invece è venuta ad intervistarci con un servizio di quasi un’ora qualche sera fa (lo stesso “Washington Post” mi ha intervistato); il problema era farsi spiegare la legislazione antiterrorismo in Italia proprio perché in Inghilterra stanno discutendo la storia dei braccialetti, per cui hanno messo fuori una parte dei detenuti in detenzione amministrativa.
Spero di avervi illustrato il processo e gli aspetti importanti di questa vicenda, importanti perché è un processo che non è finito (come qualcuno voleva) con una condanna o al più con una assoluzione per non aver commesso il fatto; sarebbe stato più semplice per la Forleo dire: non ho le prove per condannare questi come membri di un’associazione sovversiva.
La Forleo, invece, ha fatto un discorso completamente differente e credo che riaprirà la battaglia in Appello. Noi dobbiamo prendere in mano queste cose perché è un modo per proiettarci in quello che è il contesto reale dello scontro. Oggi trovarci di fronte ad un riconoscimento, da parte di un Tribunale, del fatto che resistere ad un’aggressione militare, ad un’invasione, ad un’occupazione o ad un semplice regime dittatoriale non è necessariamente terrorismo, ma può essere guerriglia legittima secondo i canoni e i criteri del diritto internazionale non è da sottovalutare.
Sono anche polemico con tanti compagni. A volte, sottovalutiamo questi fatti con un snobismo che non ha niente a che vedere con la cultura rivoluzionaria. Spiego perché dico questo. Pensate per es. alla rilevanza che ha l’uso, la capacità di utilizzare il diritto internazionale e le sue contraddizioni nei conflitti che si svolgono nel mondo e dei quali come militanti siamo, temo qualche volta, più dei tifosi che dei solidali; se volessimo essere davvero militanti e compagni che sostengono questi movimenti dovremmo imparare ad usare gli strumenti utilizzabili. Spiego cosa voglio dire. Io sono stato al processo di Barghuti, a suo tempo a quello di Ocalan, come facente parte dell’Associazione “Giuristi democratici”. Andiamo a questi processi e all’ultimo in Turchia, ancora in svolgimento, all’udienza di gennaio, e di fronte al fatto che gli imputati denunciavano di essere stati violentati, torturati ed altro, alla fine abbiamo chiesto ai tre giudici: scusate abbiamo udito cose abbastanza gravi, voi come vi rapportate. Forse perché la Turchia oggi è in una fase particolare, si sono fermati e sono stati per un’ora con noi, eravamo 4 avvocati italiani, a discutere e a dire ma guardate …
Questo per dire che è utile per quegli imputati che poi in carcere ci devono ritornare, perché noi possiamo anche denunciare l’imperialismo … i diritti umani … ma poi concretamente se quelli non li torturano è perché qualcuno gli pianta un casino e pretende spiegazioni rispetto a determinate affermazioni o come abbiamo fatto al Presidente della Corte per la difesa dello Stato in Turchia: sono andato a bussare, al tempo del processo Ocalan, quando processarono due giovani accusati di attentato all’integrità allo Stato perché avevano fatto cadere una bandiera turca in un Palasport, ho bussato e gli ho regalato di fronte ai giornalisti la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” dicendogli: la guardi e se la ricordi quando emetterà la sentenza che esiste ancora questa cosa qua.
Allora vale la pena di porsi il problema di creare gruppi di specialisti, persone, compagni che si occupano di queste cose; pensate per es. ad un’altra vicenda lontana geograficamente, ma vicina politicamente: come “Giuristi democratici” abbiamo sollevato un casino in Colombia inviando una lettera aperta alle Farc ed al governo, ovviamente previe discussioni opportune e necessarie, dicendo: secondo voi in quel conflitto sono applicabili le Convenzioni di Ginevra ? Le Farc hanno risposto dicendo che erano d’accordo a discutere di queste cose, il governo ha detto: guardate bene che le Farc, 20.000 uomini in armi, sono una forza politica ai margini della legge (pensate agli artifizi a cui arrivano), ma una forza belligerante. Perché nel momento in cui riconoscono questo fatto, ovviamente è possibile lo scambio di prigionieri, che è quello che noi poi proponevamo. Noi abbiamo detto: sono forze belligeranti e ci proponiamo come mediatori per lo scambio di prigionieri.
Lì si è raggiunto un risultato, almeno una prima volta, ed ora stiamo lavorando per una seconda, sporcandoci le mani anche in quello che è il diritto, ed al di là delle necessarie dichiarazioni e dei proclami rispetto all’imperialismo e al resto, andandoli a stanare nelle cose concrete, abbiamo detto: è stato usato non il diritto internazionale di guerra ma il diritto umanitario, per cui sono stati scambiati 15 guerriglieri prigionieri con 151 soldati che le Farc avevano avuto l’intelligenza di catturare attaccando la base di Mitù, filmando l’attacco e la cattura dei soldati. Quindi abbiamo presentato all’Onu e a Ginevra il filmato nel quale si dimostra che questi sono prigionieri di guerra perché vengono fuori dalla caserma attaccata con le mani in alto (e non che sono stati sequestrati per strada) ed in quel caso il risultato è stato molto grosso. Voglio pensare a cosa si potrebbe fare in questo senso, in Palestina, in Iraq o in altre parti per il riconoscimento della guerriglia e della sua legittimità come forza belligerante.
Questi sono passaggi su cui, secondo me, dovremmo riflettere anche per quanto riguarda l’Italia. La Campagna che i compagni stanno facendo contro il 270 e i reati associativi alla quale mi sento di aderire appieno anche se non ho potuto partecipare, per la stanchezza accumulata in questo periodo, è una battaglia importante perché noi possiamo metterla come vogliamo, ma fino a quando questi reati associativi esisteranno saremo in totale ed assoluta balìa del potere. Abbiamo un bel dire che poi noi capovolgiamo i rapporti di forza e tutto quello che volete. In questa fase col cazzo che li capovolgiamo, vedete l’inchiesta su Genova, magari girano 10 procure, come capitato finché trovano (Cosenza) quello che emette l’ordinanza di custodia cautelare. Fintanto che hanno queste armi in mano, noi siamo in balìa di loro; non voglio dire che riusciremo a togliergli queste armi con le petizioni, certo lo si può fare con le battaglie, che secondo me vanno fatte con intelligenza e l’elasticità di giocare su tutti i tavoli possibili, e a tutti i livelli, la partita.
Concludo, dicendo che una straordinaria indicazione di come si fanno queste battaglie l’hanno data le Farc proprio in quella occasione. Il giorno prima dello scambio dei 151 soldati con i 15 guerriglieri avvenuto alla Macarena, zona scelta per lo scambio, le Farc hanno assaltato un carcere liberando 159 loro compagni prigionieri. Per dire: siamo disposti a trattare, ci sporchiamo le mani su questo, ma valgono anche i rapporti di forza. Con le dovute differenze tra quella e la nostra situazione, anche noi dobbiamo imparare ad usare tutti gli strumenti possibili e necessari a coinvolgere tutte le forze coinvolgibili in queste battaglie, sto parlando ad es. del 270 bis, che è un problema certamente della sinistra, dei compagni rivoluzionari, ma è un problema sul quale si può coinvolgere una parte di persone fuori dai nostri ambiti coinvolgendoli in qualche misura nella lotta più generale contro la repressione.
Seguono le risposte del compagno Burani ad alcune domande
1^ domanda: pensi che dopo questa sentenza vi sarà da parte dello Stato la volontà di modificare la legislazione vigente e - secondo te - quali saranno queste mosse?
2^ domanda: quanto il Patriot Act di Bush abbia inciso sulla strategia internazionale della repressione e se può accrescere anche lo scontro tra i vari imperialismi?
R. Ritengo che la sentenza rimanga un grido nel deserto e che addirittura l’Appello possa riformarla in altro senso, perché è stata una sentenza secondo un ragionamento di scienza e coscienza di un giudice. Per es. la Corte di Cassazione sul processo di Firenze ha detto che effettivamente questa distinzione va fatta; la realtà, però, è che uno spazio apertosi con l’imprevista svolta di quel processo non ha trovato la capacità di sviluppare il dibattito: io sto partecipando ad iniziative come queste promosse da una minoranza di compagni, di forze che si professano rivoluzionarie. Temo che questa sia un’occasione importante che nuovamente rischiamo di farci sfuggire perché non abbiamo il coraggio di discutere di queste cose e di farlo in modo che può sembrare un passo indietro rispetto all’approccio rivoluzionario del problema. Come “Giuristi democratici” abbiamo proposto un Seminario nazionale da farsi su queste questioni con invito a giuristi, professori universitari, studenti di giurisprudenza, ecc. Ci sono stati magistrati incuriositi che hanno richiesto il provvedimento della sentenza prima che venisse pubblicato, non c’è stato un compagno a chiederlo. Questo mi fa pensare ad un atteggiamento snobistico del tipo: siamo superiori perché siamo rivoluzionari. E’ un atteggiamento che rischia di fregarci per l’ennesima volta.
Quanto ai reati 270 bis e gli altri, Pomarici (Pm per tanti anni) ha detto chiaramente che il 270 bis così come è formulato va modificato; d’altra parte il reato associativo è un reato difficile da contestare perché provare l’associazione in termini concreti non è sempre semplice. Tenete conto che negli anni ’70 hanno introdotto anche il reato di “banda armata” che prevedeva una pena superiore a quella della vecchia associazione sovversiva, diventata un doppione, quando il decreto prima e la legge Cossiga poi l’ha modificata. Per difendersi, non vi sono strumenti reali perché obiettivamente la legge l’ha creata il fascismo appositamente; quando dice il 270 bis è un reato di pericolo, punisce il solo fatto che ci si associ per rovesciare un sistema sociale o per distruggere il potere. Quello punisce, non il fatto che tu lo faccia o lo realizzi. Di conseguenza il semplice fatto associativo è un reato che ha un senso più politico che giuridico, perché dove sta la ipotizzabile associazione sovversiva che poi non compie attività di tipo sovversivo ? E’ evidente che l’associazione sovversiva in senso classico è quella che si propaganda con il volantino o altro e quindi il reato più grave è proprio quello associativo.
Negli anni ’70, le esperienze di quegli anni legavano al reato associativo le armi perché quella esperienza non è stata un’invenzione della borghesia, ma il tentativo di cambiare questo mondo (necessario allora come adesso), non in quel modo e in quei termini. Comunque, quella esperienza ha avuto quel tipo di caratteristiche tanto che si discuteva sulla strategia del processo politico. In Italia comparve il processo-guerriglia che era una delle esperienze possibili; ad es. il processo dei patrioti algerini da una parte rifiutavano, ma dall’altra assumevano il comportamento di voltare la schiena alla Corte dicendo: mi difendo sullo specifico ma vi volto la schiena; poi vi sono quelli che hanno accettato la difesa solo tecnica; sul reato associativo c’è un dibattito molto ampio perché se non lo confessi tu è abbastanza difficile provarlo.
In Turchia, nell’ultimo processo che, inizialmente riguardava 85 imputati, cosa hanno ipotizzato ? Durante una perquisizione avrebbero trovato un dischetto nel quale è vi è l’organigramma del Dhkp-c. che sarebbe il partito clandestino, l’organizzazione militare e poi il responsabile del Dhkp-c del giornale legale, per il circolo culturale, per l’attività delle donne, ecc., che se ci pensate è la struttura tipica del partito Terza Internazionalista: il partito comunista era un partito clandestino con il gruppo parlamentare, il giornale l’Unità, ecc. prima di essere messo fuorilegge. In questo modo hanno costruito l’associazione sovversiva perché dicono che sta nel fatto che anche chi svolge un’attività legale in realtà è legato al reato di pericolo. Quindi il reato associativo in quanto tale è difficile, se non lo confessi, provarlo; per questo è anche un punto debole nel senso che in realtà anche se non mi processi, per il fatto di aver io voluto rovesciare questo Stato, mi processerai se compio dei reati. Ecco perché è un punto debole per loro e pericoloso perché intanto con un reato del genere ti fai tre anni di custodia cautelare. Quindi, guardate bene che questo tipo di reato a Bologna lo hanno contestato ai senza-casa che avevano occupato una chiesa; voglio dire attenzione, si fa presto a cascarci dentro se troviamo un magistrato particolarmente ligio e rigoroso.
Obiettivamente quando un’intercettazione telefonica, come per il processo di Cosenza, in cui viene detto dobbiamo impedire a Genova di funzionare per i giorni in cui ci sono questi, dal punto di vista rigorosamente giuridico in termini di pericolo fai un’operazione che integra quel tipo di reato. Mi voglio difendere tecnicamente nei limiti del possibile, il nodo è che ci sono dei passaggi che se tu passi dal puro e semplice dire: sono per rovesciare questo Stato e sostituirlo con un altro rischi davvero che la carta straccia di un codice penale diventi uno strumento che ti mette le manette.
Per quanto riguarda il Patriot Act penso sia quello il punto di partenza di questa svolta successiva, penso sia uno degli elementi più pericolosi e non a caso, sottovalutato anche in questo caso, pensate soltanto al fatto che sancisce il diritto degli americani, nella loro legge, di arrestare chiunque sia pericoloso per i loro interessi (ed io personalmente spero di esserlo); quindi chiunque integri queste posizioni possono prenderlo e processarlo sulla portaerei Usa, cioè in territorio Usa. Forse non tutti lo sanno, ma queste cose sono concrete, il compagno Simon Trinidad, membro della direzione delle Farc è stato sequestrato (come adesso il compagno Rodrigo Egranda sequestrato in Venezuela) due anni fa in Ecuador mentre si recava ad un appuntamento con Kofi Annan, non certo con un sovversivo, per discutere la questione dei prigionieri; preso, condotto in Colombia e a dicembre di questo anno negli Usa perché accusato di reati legati al famoso narcotraffico di cui accusano le Farc, considerato pericoloso per gli interessi americani e recluso in un carcere Usa.
Come “Giuristi democratici” intendiamo iniziare una campagna in sua difesa. Anche su questo avete sentito qualcuno a sinistra dire e fare qualcosa nel nostro paese ? Temo, invece, che non crei contraddizioni all’interno del campo imperialista perché vi sono imperialismi talmente succubi che alla fine non gli frega niente di quello che accade, come i carabinieri italiani che stanno lì a controllare i telefoni, mentre gli americani gli portano via la persona ed il nostro governo non prende alcuna posizione, neppure formalmente. Il Cermis è sotto gli occhi di tutti …
Sai dove può nascere il problema ? Forse in situazioni particolari che non possiamo sottovalutare; a volte mi viene la nostalgia quando penso a Craxi che schierò i carabinieri davanti ai marines a Sigonella, magari se qualcuno oggi in questo paese avesse una dignità del genere; allora c’era una contraddizione reale, perché l’Italia di Andreotti e di quella dimensione guardava al mondo arabo con un interesse che poteva essere bivalente rispetto agli Usa, ma temo che per un po’ di tempo subiremo uno strapotere tale da parte degli Usa anche se non mi consolerebbe un bilanciamento da altre parti, però sarebbe un elemento, comunque, di contraddizione.
Intervento di un compagno del Comitato Promotore contro il 270 …
Burani. A margine di questa vicenda c’è stato un episodio che mi ha coinvolto direttamente. Dopo la serata di “Porta a porta”, “Libero” è uscito con una pagina intera dedicata a me, l’articolo titola: “La strana vita dell’avvocato salva-terroristi”. Sopra il titolo ci sono due riquadri: il curriculum di Daki e quello di Burani, uno di fianco all’altro e l’articolo dice sostanzialmente questa frase: quando ai piani alti del Quirinale hanno scoperto chi era l’avv. Burani è iniziato un nuovo interesse per quanto sta accadendo e termina dicendo che si deve impedire la saldatura tra il vetero marxismo-leninismo (di cui sarei un esponente) e l’estremismo islamico. Io farò la mia bella querela, ma che a sinistra non vi sia stato alcuno che mettesse in discussione non tanto il fatto che Vainer Burani si assuma la responsabilità di quello che ha fatto, fa e farà, ma che si fosse posto il problema che attaccare il difensore in quanto tale è una violazione gravissima, non certo della mia persona, ma del diritto di difesa. Anche questo fatto la dice lunga su quello che è il livello reale da una parte di una atteggiamento qualunquista e opportunista di sedicenti uomini di sinistra, dall’altra fa parte anche di una forma di snobismo di tanti che si dichiarano rivoluzionari, perché c’è la paura di sporcarsi le mani con il legalitarismo; ma quando si scade in questo si arriva al punto di dire che il difensore è connivente con l’imputato, è un film già visto. Vi sono stati compagni avvocati, non lontano da qua uno si è sparato mentre lo arrestavano, altri sono stati in carcere, altri sono andati per anni in esilio …
E’ giusto pretendere dai compagni avvocati che si impegnino e si mobilitino su queste cose, ma è anche giusto che ci sia la capacità poi di farsi carico di una battaglia seria perché io la solidarietà oggi la trovo nel Foro dove opero anche da avvocati lontani politicamente (sicuramente sarà uno spirito di corpo), però è scandaloso che a sinistra nessuno si ponga il problema di capire le cose che sono capitate e temo capiteranno anche in futuro, è già capitato: infatti il signor Dambruoso ha fatto un’intervista al “Corriere della Sera” all’inizio dell’inchiesta: stiamo attenti a che non succeda come negli anni di piombo che gli avvocati diventino i fiancheggiatori del terrorismo.
Intervento di un compagno
Burani. Il Giudice (Gip) di Brescia ha detto: anche ammettendo che questi facessero attentati suicidi da kamikaze contro militari, sarebbe comunque terrorismo perché in sé l’atto di un attentato suicida è indiscriminato, cioè può colpire chiunque. Ma questa è una stupidaggine perché se uno si lancia contro una colonna militare colpisce militari ed in ogni caso, e questo è il vero passaggio duro e drammatico, questi attaccano le forze della coalizione quindi anche il nostro esercito. Qui nessuno ha alzato la voce per dire: scusate, se il nostro esercito è là per fare canali o per opere civili inviamo idraulici, elettricisti e non carabinieri che non servono a niente se, invece, siamo là armati quello è un obiettivo militare ed in una guerra un armato lo affronta un altro armato. Su questo, neanche a sinistra, nessuno dice niente, perché altrimenti si andrebbe a stuzzicare il problema del patriottismo …
Credo che da parte nostra ci sia un deficit: un conto è affrontare in una sala come questa la discussione dove ho ragione di pensare che le sensibilità in questo senso ci siano già tutte, altro conto è avere il coraggio di discutere di queste cose non solo con i compagni, bensì anche in altri e più larghi ambiti.
Quando sono stato in Iraq, due mesi prima dell’inizio della guerra, e sono tornato ho detto: ho l’impressione che fino a che bombardano dall’alto sarà una cosa, ma quando scendono giù cominceremo a vedere bare a stelle e strisce: sono stato a Saddam City e ho visto cosa vuol dire: appena siamo arrivati la gente ci ha circondati e ho sentito cosa ci diceva; Saddam Hussein (preciso che i comunisti appesi ai lampioni di Bagdad mi danno ancora da pensare) ha distribuito 7 milioni di kalashnikov e se lo ha fatto era certo che non si sarebbero rivoltati contro di lui, questo dimostra che comunque ha un consenso popolare e quindi dobbiamo prenderne atto.
Quando, però, all’indomani dello scoppio della guerra ho parlato di resistenza irakena, dai Verdi a Rifondazione, agli altri, sembrava avessi detto “sono gli islamici”, ma cosa me ne frega se sono gli islamici, è gente che difende casa sua, sono sulla porta a difendere la propria casa, è questo che sta accadendo in Iraq; poi siano islamici, siano i Baathisti che credo siano la maggioranza di resistenti. Ancora oggi, e se vedete alla manifestazione di domani a Roma, non si parla di sostegno alla resistenza irakena, si parla di legittimità della resistenza. Lo scandalo vero è che non abbiamo il coraggio di uscire fuori da un minoritarismo da una parte e da un opportunismo dall’altra, che spesso si sposano molto volentieri.
3^ domanda: l’articolo in questione (il 270 bis) definiva la “finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico”. Con la nuova definizione si tende a equipararli o a distinguerli?
R. Il 270 bis distingue per i reati svolti all’estero tra terrorismo ed eversione. Perché ? Il terrorismo non è definito da alcuna parte, l’unica cosa è prendersi un dizionario ed andarselo a vedere, a meno che non consideriamo terroristi tutti coloro che sono contro la nostra presenza in Iraq integra il reato di terrorismo. Il problema dell’eversione dell’ordine democratico resta invece un problema interno, in quanto fu introdotto dalla legge Cossiga nel febbraio dell’80. Sono due strumenti e due situazioni completamente differenti.
Il problema vero è proprio che l’esistenza di questi reati è una spada di Damocle. Faccio un es.: il processo di Perugia che tutti dovrebbero seguire quando si farà a giugno perché sarà un passaggio importante. Quando inizia la storia sono 8 indagati: 5 turchi e 3 italiani. Fanno numerose perquisizioni in tutta Europa, ma poi non arrestano nessun altro. Si tratta di fermi che finiscono in nulla. In Italia gli arrestati sono 5: tre italiani, un turco che vive in Italia da due anni circa ed una ragazza turca che è stata in Italia nel periodo precedente all’arresto in due diverse occasioni.
I tre italiani vengono rinviati a giudizio con citazione diretta dopo 20 giorni di carcere per il 270 ter che equivale a dire che non fanno parte dell’associazione perché se ne avessero fatto parte non potevano contestargli il 270 ter, bensì il 270 bis. Rimangono in 5 di cui: due che dicevo prima, uno stabilmente in ipotesi d’accusa in Siria a Damasco dove fa da tramite, perché l’ipotesi sarebbe che i due in Italia facevano da ponte di comunicazione con le organizzazioni che sulle montagne della Turchia, in diverse regioni, fanno la guerriglia. I tre italiani non sono più membri dell’associazione, uno è a Damasco che sarebbe la sede del Medioriente di questa cosa, gli altri due imputati sarebbero sulle montagne della Turchia come comandanti di gruppi di propaganda, quindi gruppi armati, peraltro è emerso che sono stati uccisi entrambi in scontri con l’esercito nelle ultime settimane.
Il paradosso è che 5 persone in Italia fanno l’associazione sovversiva con finalità di terrorismo internazionale, ma in realtà sono soltanto due perché gli altri sono in altri paesi. In due non si può costituire un’associazione, perché per costituirla ci vogliono almeno tre persone; la tengono insieme attaccandocene altre tre: due in Turchia, uno in Siria e due in Italia. Vedete come diventa pericolosa l’esistenza stessa dell’articolo del codice perché non sta in piedi, infatti o tu mi dici (e questa è l’eccezione che ho sollevato) che l’associazione che agisce è in Turchia e allora non c’è competenza di questo Tribunale a giudicare oppure se è stata costituita qua da noi come fa a farne parte uno che è a Damasco, allo stesso modo, perché ci siamo sentiti per telefono, potrebbe farne anche uno che si trova a New York.
Però, purtroppo, l’articolo del codice penale esiste e lo applicano. In termini giuridici può essere anche che lo vinciamo questo processo, perché
effettivamente non sta in piedi. Se troviamo un tribunale che ragiona secondo il diritto, intanto, però, questi si sono fatti due anni di custodia cautelare che è la stessa cosa del carcere preventivo. Ecco l’importanza di questa battaglia.
Intervento di una compagna
Intervento di un compagno