Costellazione concentrazionaria

 

Note sull'ingranaggio delle espulsioni e la "geografia della paura" a Milano...

 

A cura di: "Contro ogni frontiera"

 

controognifrontiera@yahoo.it

 

 

...Adesso guarda che razza di forma

ha assunto questa costellazione.

Se ne sta lì come una cicatrice slabbrata,

imponente nell'imponente paesaggio.

Se ne sta lì come il rugginoso filo spinato

d'un recinto contorto e ricordato.

 

Lawson Fusao Inada, Costellazione concentrazionaria

 

Nel 1942, in piena seconda guerra mondiale, il governo degli Stati Uniti emetteva l'Executive Order 9066, in base al quale più di 120.000 persone di origine giapponese abitanti sulla costa del Pacifico venivano strappate alle loro case e occupazioni e rinchiuse in ventisei campi d'internamento, da cui la poesia dell'autore asiatico-americano sopra-citata prende spunto, luoghi sperduti in regioni per lo più desertiche, dove gli internati trascorsero più di due anni in condizioni di estrema precarietà.

Quando l'EO venne revocato nel dicembre del 1944, molte delle case e attività economiche degli internati di origine giapponese erano state irrimediabilmente danneggiate, e qualcosa come 50.000 persone, prive di un lavoro e d'un posto dove andare e terrorizzate dalle ripetute dimostrazioni di aperto razzismo, continuarono a vivere nei campi fino alla fine della guerra.

Per aggiungere la beffa al danno, nel 1943 l'esercito statunitense decideva di formare unità di combattimento di soli giapponesi americani, con meccanismi di reclutamento ricattatori che produsse ulteriori lacerazioni all'interno della comunità.

Ancora oggi, negli States, come in tutto il mondo, gli immigrati sono bersaglio della propaganda bellica e carne da cannone per le imprese belliche...

Per la prima volta la sento palpitare come la sola arteria gonfia dove potrei rendere l'anima senza perderla. Io non sono più un corpo sono una strada.

Kateb Yacine, il cadavere accerchiato

La detenzione amministrativa è probabilmente una delle più feroci politiche israeliane, se mai fosse possibile fare una graduatoria, di controllo dei palestinesi attraverso il carcere: consiste nell'arresto e la detenzione, sulla base di un ordinanza militare, senza un'incriminazione sostenuta da prove e la prospettiva di un processo. Può durare 6 mesi o un anno, in ogni caso la durata è marginale visto che può essere rinnovata, negli stessi termini, senza alcun limite. Nell'ottobre del '97, per esempio, è stato rinnovato per la decima volta l'ordine di detenzione amministrativa per Ahmed Qatamesh, intellettuale del movimento di liberazione. Per le detenzioni amministrative è possibile presentare il caso davanti alla Corte Suprema, ma la motivazione del procedimento è segreta e non è a disposizione della difesa. Agli avvocati difensori viene permesso di prendere visione del caso da 5 a 30 minuti prima di presentarlo. Queste misure sono state mantenute nell'ordinamento militare israeliano dalla "British Emergency Regulation" del 1945, che, quando veniva utilizzata anche contro gli ebrei, tante critiche aveva sollevato negli ambienti sionisti. Questo utilizzo della detenzione amministrativa infrange gravemente il diritto individuale alla protezione dagli arresti arbitrari ed è in palese contrasto con le leggi internazionali, secondo cui questa misura non può essere intesa come una forma di punizione, ma come misura eccezionale per gravi ragioni di sicurezza; tutti i rapporti delle associazioni per i diritti umani sull'alto numero di arresti, l'arbitrarietà e le pessime condizioni di detenzione, l'uso quasi sistematico della tortura, suggeriscono che questa pratica di arresto è riservata prevalentemente ai reati di opinione. Dopo i cosiddetti "Accordi di Pace" c'erano oltre 800 prigionieri amministrativi; per una ventina di loro l'ordine di detenzione amministrativa è stato rinnovato per più di 7 volte, e, in generale, i rinnovi quasi automatici sono diventati la regola.

 

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«E proprio nel momento stesso in cui scopre la sua umanità, comincia ad affilare le armi per farla trionfare»

Franz Fanon

 

Un lager è un lager.

In un campo di concentramento per immigrati in attesa di espulsione viene scientificamente preparato e praticato l'annichilimento dell'individuo, esercitata arbitrariamente l'autorità dispotica dei carcerieri, negato ogni spazio di socialità e di comunicazione con l'esterno.

Ma un lager rimane tale anche se sia altrettanto coscientemente elaborata e applicata una impossibile "umanizzazione" - di un luogo che non può essere umanizzato, ma solo reso meno disumano - attraverso un intelligente gestione delle contraddizioni che non le porti sempre sul punto di esplodere e si cerchi di alleviare parzialmente le sofferenze senza risolvere a fondo le cause che l'hanno generate.

La politica di controllo dei flussi migratori la si decide a livello europeo e le forze partitiche che aspirano a governare nei vari pesi della UE, in tema di immigrazione, non hanno sostanziali differenze, ma solo sfumature sul processo di edificazione della fortezza europea. 

L'unica cosa veramente umana che scaturisce da un CPT è la reazione degli internati contro la loro stessa condizione dentro e la determinazione nel contribuire alla rivolta contro lo stato di cose presenti fuori...

 

Da un lager si cerca di fuggire e di creare le condizioni per le quali una evasione risulti possibile, e la si tenta ad ogni costo perché il destino a cui si va incontro – la deportazione – e la realtà detentiva che si sta vivendo, non sono sopportabili.

Soprattutto se si scappa da una morte certa in patria nelle mani di efferati torturatori o seppelliti vivi in un carcere, o ad una morte più diluita, quale una sopravvivenza economica risicatissima, a cui ci si può opporre solo con la resistenza contro i governi dei propri paesi e i burattinai che li dirigono, o lo influenzano, tra cui il nostro.

Affinché di questi luoghi non restino che macerie la solidarietà nei confronti delle lotte di coloro che vi sono detenuti non può che essere incondizionata qualunque sia la forma in cui trovi espressione, e l'ostilità nei confronti di coloro che perpetuano questo democratico universo concentrazionario non può che essere totale.

Allo stesso modo vanno mascherati i mistificatori che, pensandosi futuri gestori di questa barbarie, vorrebbero convincerci che questi carceri potrebbero avere un volto umano, magari se gestiti da cooperative sociali vicine alla sinistra istituzionale, governate da un management che comprende i problemi di queste "vittime" degli squilibri dell'economia globalizzata e magari introducendo attività ricreative tanto per far rimuovere dalle coscienze degli "internati" ciò che non può essere rimosso: una condizione detentiva che prepara l'espulsione.

 

Se si strapperanno condizioni migliori all'interno di un CPT, di un carcere, di una comunità di recupero, di un qualsiasi altra istituzione sociale totale lo si farà con la lotta, la pubblica denuncia delle condizioni di vita dentro questi luoghi, la creazione di un rapporto virtuoso interno-esterno, il collegamento con i familiari e le varie comunità d'immigrati, non certo accodandosi a coloro i quali aspirano alla loro gestione.

Non può essere che incondizionata la solidarietà con la resistenza che gli immigrati praticano nel proprio paese d'origine.

Le belle anime della sinistra non si sono mai completamente liberate di quel secolare razzismo che l'Occidente ha riservato alle lotte degli oppressi, dipingendoli come barbari, selvaggi, e oggi come "terroristi".

Mentre tutti vogliono imporre lezioni di civiltà agli oppressi della periferia integrata, sono loro che ci danno lezioni di «civiltà della liberazione/ Sulla civiltà della sfida e della grande resistenza», come scrive un poeta arabo della resistenza irachena. 

 

Questa istituzione totale inserita nella macchina inferiorizzante per i proletari immigrati è parte dell' ingranaggio delle espulsioni, questo si perpetua grazie al contributo di una serie di organizzazioni di interessi e di apparati che traggono profitto economico e legittimità politica dal fatto che questo meccanismo sia ben oliato e funzionante.

Dalle compagnie di viaggio che prestano i propri servizi per i rimpatri coatti, alle organizzazioni che gestiscono i CPT, agli istituti finanziari che li aiutano, fino a coloro che li legittimano politicamente e li propagandano mediaticamente come necessari, per non dimenticare le forze dell'ordine che rastrellano i proletari nelle proprie case o per le strade o i giudici che ne avvallano l'espulsione.

Ognuno ha un suo ruolo nella catena di comando e il contributo di tutti è necessario affinché questo tipo di dominazione e il sistema sociale che l'ha generata possa riprodursi, ognuno potenzialmente è un anello debole che se "incrinato" può contribuire alla rottura della catena. 

 

Se questi sono collaboratori attivi di questa moderna riduzione a schiavitù, tutti coloro che compongono quella massa silenziosa che resta indifferente a questi crimini non possono che essere considerati che complici indiretti, anche perché alcuni traggono beneficio dal sistema segregazionista che il razzismo istituzionalizzato nei confronti degli immigrati genera, e possono sperare di trovare un caldo cantuccio nella marea montante di merda che avanza.

Non si tratta solo di una questione culturale ma di una stratificazione che segna nette linee di demarcazione all'interno della classe tra chi è cittadino UE e chi no, tra chi ha un permesso di soggiorno e chi no, tra chi fa parte di una comunità forte e radicata nel territorio e chi no...

Come i coloni traevano e traggono beneficio dalla colonizzazione delle popolazioni autoctone - in Libia, nei territori che poi diverranno la Jugoslavia, nel "Corno d'Africa" per ricordarci un po' di storia patria - come parte degli sfruttati della metropoli dovevano e debbano la loro condizione di sempre più relativo benessere dalla soggiogamento dei popoli coloniali e dallo sfruttamento delle loro risorse, così alcuni sono in condizioni oggettivamente più tutelate degli immigrati e si tengono stretti tali garanzie da paria.

Vi è una questione di gradazione, ma la storia ci insegna che proprio coloro che vivevano più vicini alle parti della popolazione segregate sono stati mobilitati contro di loro.

Il linciaggio è una creazione della democrazia, mentre la mobilitazione reazionaria di massa è un secolare strumento degli stati.

In un momento come questo in cui l'Italia ha un ruolo centrale nell'occupazione dei Balcani, dell'Afghanistan e dell'Iraq, per i mezzi e gli uomini impiegati e i luoghi strategici di cui è custode, l'esigenza di un retroterra pacificato per continuare indisturbati le proprie imprese neo-coloniali è prioritario quanto mobilitare attivamente un consenso alla propria guerra agli immigrati.

Se non possiamo bonificare tutte le coscienze avvelenate possiamo almeno scuoterle e combattere la fascistizzazione crescente al fianco di coloro che in tempi di guerra e precarietà sociale sono le vittime designate.

Qualche anno fa alcuni proletari cresciuti tra riformatorio e carcere, formatisi nel ciclo di lotte degli anni '60-'70 hanno scritto:

«Assistiamo da tempo ai vostri tentativi di criminalizzare la lotta di classe, e se questo poteva essere pericoloso qualche anno fa, oggi non fa altro che smascherarvi ogni giorno di più. I proletari sanno ormai da quale parte stanno i veri banditi, e l'abuso di questo termine ci ricorda che anche i gerarchetti fascisti davano del «bandito» ai partigiani. In questo modo accettiamo di essere «banditi» per voi e faremo di tutto per meritarlo sempre.»

 

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«Per sopravvivere alle Terre di frontiera

devi vivere sin fronteras

essere un crocevia»

Gloria Anzaldua

 

Vogliamo ricordare alcuni episodi recenti in cui il CPT di via Corelli sarebbe dovuto essere al centro della nostra iniziativa e riflessione politica, che è stata del tutto assente o marginale, o, nonostante lo sforzo di alcuni, non ha rivestito quella centralità che avrebbe dovuto avere, proprio per impattare quel processo di criminalizzazione degli immigrati e delle loro lotte tuttora in corso.

Quest'estate, precisamente a Luglio,  alcuni immigrati del CPT di via Corelli, rifiutano la cena e protestano contro la legge Bossi-Fini. Sale la tensione e la Croce Rossa che gestisce il Centro lascia il campo alle forze dell'ordine. Si rompono vetri, infissi e tavolini, uno straniero salito sul tetto cade, si sloga una caviglia e viene portato all'ospedale San Raffaele, tre agenti rimangono lievemente contusi e 19 immigrati vengono arrestati, alcuni sono stati tradotti a San Vittore, mentre altri espulsi.

É chiaro che quando la tensione sale e la situazione diventa ingestibile la risposta diviene immediatamente la militarizzazione, senza che sia dato sapere il reale operato della sbirraglia, e l'incarcerazione, con una copertura politica pressoché totale di questo tipo di operazioni.

É interessante riportare le dichiarazioni del responsabile della Croce Rosse, Alberto Bruno, che rimanda al mittente le accuse di chi da dentro denuncia la scarsa qualità del cibo e criminalizza le proteste dei detenuti: «Il menù è sempre lo stesso da anni con possibilità di variare. Chi non vuole la carne, può trovare alternative. Non solo: la carne di maiale non è mai esistita. Forse si cercava un pretesto per dare fiato alla protesta». «Una protesta annunciata - gli immigrati avevano detto che avrebbero rifiutato il cibo. Poi la situazione è degenerata, il nostro personale di assistenza al centro ha lasciato i settori ed è intervenuta la forza pubblica».

 

Ad inizio Dicembre scortati da 140 poliziotti 120 donne e uomini nigeriani per un giorno intero, si dice siano partiti da Bologna, sono passati dagli aeroporti di Milano, Roma ed ancora Milano. Ancora una volta lo scalo di Malpensa è il teatro di una deportazione di massa e il CPT di Corelli il luogo transito per questa operazione, che vede la compagnia aerea low cost "Eurofly" protagonista nel fare il proprio sporco business sulla pelle degli immigrati. Chi lavora in aereoporto sa quale sia il livello di militarizzazione di questi luoghi, quotidiani transiti per la traduzione di detenuti e il rimpatrio coatto di immigrati, con dei veri e propri CPT creati ad hoc in speciali zone dell'aereoporto stesso. «La zona transiti dell’aeroporto internazionale di Fiumicino (come quello di Milano Malpensa) – Ci informa Fulvio Vassallo Paleologo, dell'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione - funziona per brevi periodi come centro di permanenza temporanea (definito come centro di transito), subito dopo lo sbarco o in prossimità dell’imbarco forzato, ed è un altro luogo dal quale filtra pochissimo, dove le associazioni non riescono neppure ad informare gli stranieri trattenuti sulla possibilità di chiedere asilo (sembra che ad intermittenza possano accedervi soltanto operatori del CIR)».

Da qualche hanno per chi lavora in aereoporto, da chi lavora in biglietteria a chi sta al "check-in" fino alle altre figure dei servizi aereo-portuali, è stato istituito un corso di qualche ora in cui oltre a essere spacciata come obbiettiva la filosofia anti-terrorista della destra più reazionaria, si cerca di coinvolgere i lavoratori nella militarizzazione dell'areoporto consolidando la prassi razzista, il delirio xenofobo e i valori reazionari dello "scontro di civiltà", per fare passare sotto omertoso silenzio le deportazioni di massa e riservare un trattamento segregazionista ai passeggeri che vengono o vanno da paesi, in particolare quelli del mondo arabo, che sentono più pressante il tallone di ferro del giogo neo-coloniale. Non ci si può stupire della banalità del male della grigia burocrazia concentrazionaria nazista, esecutrice dei quotidiani orrori perpetrati nei confronti dei dissidenti politici, degli omosessuali, dei popoli slavi, dei nomadi e degli ebrei e fare finta di nulla e rimuovere le responsabilità morali di chi vede e non dice, oppure addirittura copre quest'infamia sociale. 

  

Corelli, come altri CPT, possono essere considerati le celle in cui vengono rinchiusi i detenuti prima dell'esecuzione della pena capitale, perchè il destino a cui vanno incontro alcuni di questi detenuti è quello di finire e scomparire nell'inferno carcerario di alcuni paesi fedeli alleati degli States e della UE nella lotta contro il terrorismo, o direttamente tra le mani del boia che li assasinerà.

Se la mancata condanna prima e la mancata espulsione poi di un kurdo di religione islamica accusato di reclutare combattenti che si battessero contro l'aggressione militare in Iraq e in Afghanistan, è stata al centro di una polemica politico-mediatica finita sotto il cono di luce della disinformazione per qualche settimana, altri casi di decretazione indiretta della pena di morte da parte dello stato italiano sono stati resi meno famosi.

Questo immigrato sospeso in un limbo dove i contorni delle residuali garanzie democratiche dell'individuo si sono dissolti nella reale sostanza totalitaria di questo ormai vuoto simulacro che è lo stato di diritto è stato rinchiuso nel CPT di Corelli, in attesa di una espulsione che gli avrebbe garantito un futuro da desaparecido del XXI secolo.

É chiaro che anche in questa vicenda i CPT sono un rotella nell'ingranaggio della "guerra al terrorismo" e anche come tali trovano la propria ragion d'essere.

Alcuni immigrati vengono rapiti dai servizi segreti in pieno giorno e fatti scomparire, come è successo a Milano a poca distanza dalla moschea di viale Jenner; altri, rinchiusi fino ad un certo momento in carcere, non si hanno più notizie, per poi scoprire che sono stati tradotti in un CPT, come Aouadi Mohamed, che dal carcere dell' Ucciardone a Palermo, è stato scarcerato venerdì 26 novembre e direttamente trasportato e internato nel CPT di Caltanisetta.

Gli è stato comunicato il decreto di espulsione e convalidato dal giudice di pace di Palermo, per poi essere espulso in tutta fretta verso un paese retto da una dittatura militare.

 

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Al crocevia...

 

«Al fine di dar voce alla frontiera, non è sufficiente traversarla: dobbiamo collocarci su di essa, con facile e simultaneo accesso a entrambi i versanti.»

Juan Flores, George Yudice

 

All’indomani di un vertice alla Prefettura milanese, che formalmente doveva risolvere “il problema della merce rubata e contraffatta”( alla Fiera di Senigallia, questo tipo di merce è venduta da immigrati di origine magrebina dalla parte del mercato abusivo e da senegalesi e nigeriani dalla parte del mercato coperto) vigili e Nonaria (agenti in borghese riconoscibili per i loro metodi da aspiranti mafiosi che sequestrano la merce o “semplicemente” cagano il cazzo) si presentano alla fiera e cominciano a portar via sui loro mezzi la merce degli ambulanti abusivi senegalesi.

 

Borse, cinture e fronzoli vari che, grazie alla tossicodipendenza diffusa dalle griffes, gli permettono di sopravvivere. Dolce&Gabbana, NAPAPIJIRI (o come merda si scrive) di sicuro non saranno contenti di questo mercato del “falso”, ma se contribuiscono a costruire una società che si basa sui falsi bisogni, poi non si lamentino che i loro perduti clienti si accontentano di una contraffazione!

Tantissime sono le persone che vengono ad acquistare i jeans dei loro sogni dagli agognati spacciatori del trendy rubato e contraffatto. La Fiera è luogo di incontri, crocevia di razze ed esperienze, un modo per campare per chi non è “regolare”, come la stazione centrale e i parchi. E’ uno di quei luoghi scampati alla devastazione causata dalla ristrutturazione metropolitana che vede amministratori ed industriali giocare con le nostre vite e i nostri quartieri come se giocassero al LEGO. Non a caso il progetto per la Fiera è quello di spostarla in un’area molto più piccola, meno centrale, più controllabile: per un’amministrazione delle città impostata sul controllo totale è inconcepibile che continui ad esistere uno spazio come questo.

 

Eccoli allora all’opera i controllori: ad inizio novembre, spavaldi e sicuri, fanno “il loro lavoro”.

Ma, come sempre più spesso succede, gli spossessati  si ribellano all’arroganza della Legge e tentano di riprendersi le loro cose. Ne nasce una colluttazione e gli sbirri hanno la peggio tanto da dover chiedere l’intervento degli Antisommossa. Sui giornali leggiamo che, “ poverina, la vigilessa è stata circondata e malmenata”: < Ho avuto molta paura; ho letto tanto odio negli occhi di quei ragazzi!>.E cosa si aspettava: che li ringraziassero perché gli stavano togliendo il pane di bocca?!

Era ora che qualcuno li disabituasse a questa passività che vorrebbe costringerci a reagire all’ingiustizia della Legge pregando il nostro aguzzino di non farci troppo male, relegandoci per sempre al ruolo di vittime bisognose di protettori! Questa volta gli “immigrati” si sono tolti di dosso il “poverini” che qualcuno gli ha appiccicato per poterli “difendere” e si sono difesi da soli!

 

L'episodio ci ha ribadito che era giunto il momento di schierarsi praticamente, coi fatti, dalla parte di questi sfruttati. La nostra presenza non doveva essere vissuta come una forma di assistenzialismo, ma voleva essere Solidarietà; volevamo essere lì per lottare fianco a fianco, stare dalla loro/nostra parte; non essere gli “educatori” di nessuno ma apprendere  il senso di una solidarietà che tra i cittadini, i cives della  metropoli tecnologica, sembra scomparsa.

La prima volta che ci siamo recati in fiera con il nostro banchetto controinformativo era il sabato successivo alla rivolta. Lo schieramento di Polizia non era vistoso, ma i vigili compivano delle veloci e frequenti mini-retate che causavano la fuga dei venditori, costretti tutte le volte a smontare la loro bancarella e correre coi borsoni. Nel frattempo venivano distrutti i cartoni usati come banco e frugati gli angoli alla ricerca di merce da sequestrare. Era avvilente che 2 sbirri stronzi causassero cosi tanto affanno a così tante persone e che nessuno riuscisse a far alcunchè. Evidentemente i metodi democratici degli sbirri antisommossa del sabato precedente dolevano ancora.

Non di certo perché li consideriamo un referente, ma per permettere a qualche ritardatario di occultare “il corpo del reato”, abbiamo brancato un agente tirandogli un pippone democratico.

La sua risposta era ovviamente che “lui non è razzista”, che “con quelli che rispettano la legge lui non ha problemi”, che “questa merce proviene dalla mafia e dalla camorra ed è per questo che non è giusto che questi ragazzi la vendano”; che “se trovassero un lavoro onesto sarebbe meglio…”.

Già!..Facile!..E poi parla proprio lui di lavoro onesto!

I birri vanno avanti con i loro giochetti di potere finchè non arriva l’ora della ressa in fiera, ora in cui se scattasse un inseguimento o una carica sarebbe un delirio: si crea una una folla così densa con fiumane di senso opposto che è quasi impossibile fermarsi alle bancarelle. E di fatti i bancarellai, sia i regolari che alcuni di quelli che godono del “diritto di metter giù” per anzianità, sono incazzati neri!

Uno dei nostri volantini in italiano esprimeva solidarietà alle 120 persone di nazionalità nigeriana che, ad inizio dicembre, ribellandosi alla loro deportazione avevano appiccato il fuoco alla toilette dell’aereo nel quale erano rinchiusi nell’Aereoporto di Malpensa, e si schierava altresì dalla parte dei senegalesi che la settimana precedente avevano dato una lezione alle Forze dell’Ordine.

Dopo averlo letto, uno dei venditori ambulanti italiani al quale la polizia aveva lasciato il permesso di vendere, ci ha chiesto se sapevamo dalla parte di chi ci stavamo schierando. <Sì, dalla nostra!> gli abbiamo risposto. Così lui ci ha propinato le stesse stronzate dello sbirro, con le stesse parole: “lui non è razzista”, ma “ questa è merce che arriva dalla camorra”; “lui invece è un artigiano” ci dice mostrandoci le mani. Ma le ha guardate, lui, quelle mani che vengono da molto lontano e che ora lavorano qui “a casa sua”, nei cantieri, nelle imprese di giardinaggio per 12 ore al giorno, le mani indolenzite dal freddo dell’uomo-semaforo dell’ESSELUNGA, le mani di questi moderni schiavi di cui ha tanto bisogno l’economia italiana!?

 

Per i sabati successivi abbiamo preparato del materiale tradotto in francese, inglese e arabo.

Uno dei testi in arabo parla dell’origine delle migrazioni, delle guerre scatenate nella maggiorparte del Globo, delle aspettative disattese di popoli sradicati,della moderna tratta degli schiavi.

“Ci trattano come animali!” ha urlato qualcuno quando un paio di volanti sono riuscite a trasformare il parchetto adiacente al mercato degli abusivi (quello “delle biciclette” per intenderci) in CPT Temporaneo: chiusi i cancelli , pretendevano i documenti di tutti i malcapitati rimasti rinchiusi! Noi ci siamo accorti che qualcosa stava accadendo perché i volti ormai familiari dei nostri vicini di banco si sono dapprima incupiti e poi spariti. Ci siamo avvicinati ai cancelli e li abbiamo spalancati urlando di uscire e di sottrarsi a questo arbitrio. Gli sbirri hanno richiuso i cancelli, ma questa volta altri immigrati li hanno riaperti ed hanno urlato ai loro compagni di uscire. Così, quelli che erano rimasti sospesi tra la paura di fare il passo più lungo della gamba e la paura della sorte di chi i documenti non ce li ha sono corsi fuori. “Basta, ci trattano come animali! Ci rinchiudono pure nelle gabbie adesso!”. “Via la Polizia!”. Gli sbirri si sono resi conto che non era aria e sono retrocessi verso le loro auto dove sono rimasti per un bel po’.

L’aria che si è respirata da quel momento era un misto di rabbia e soddisfazione: persone che si ringraziavano e si stringevano la mano. Eccola, la Solidarietà.

 

Questa esperienza ci ha confermato che la frequentazione di quello spazio ci avrebbe arricchito e potuto creare altri spazi di rottura.

Così siamo tornati ancora. In uno dei sabati, la Polizia lascerà il permesso a 10 bancarelle senza permesso di vendere, dopo aver caricato gli altri causandone la fuga all’interno della fiera e mettendo a repentaglio l’incolumità di tutti i passanti: ai meno abusivi tra gli abusivi andrà bene così! I meno abusivi sono quelli che infilandosi la coscienza sotto le scarpe (per dirla pulita…) vanno ad accordarsi con la Polizia invece di stare dalla parte di tutti gli sfruttati!

Per accordarti con la Polizia devi innanzitutto “esistere”, essere un cittadino, avere uno sporco pezzo di carta che ti concede diritti, per poi toglierteli quando più gli aggrada.

Insomma chi approfitta di questa sua “posizione di superiorità” fa un lavoro veramente meschino.

Bisogna ricominciare da qui: siamo tutti illegali!

 

Alcuni responsabili nel business delle deportazioni:

Eurofly: compagnia di viaggi low cost responsabile della deportazione di immigrati da Malpensa, ex compagnia charter di Alitalia. Ora posseduta controllata al 100% dal fondo di private equity Spinnaker sponsorizzato da Banca Profilo. Augusto Angioletti, ex membro del Comitato Esecutivo dell'Alitalia,ed ex capo dell'Anpac (Associazione Nazionale Piloti Aviazione Commerciale), è l'amministratore delegato.  

www.eurofly.it

Via Ettore Bugatti, 15
20142 Milano
Telefono: 02 826881

Club Air: Agenzia viaggi coinvolta nell'ingranaggio delle espulsioni

 

Club Air spa
Via Mazzini 18 20123 Milano
E-mail: info@clubair.it
pressoffice@clubair.it
Tel.: +39 02801581
Fax +39 02867010

Croce Rossa Italiana: gestrice di numerosi CPT tra cui quello di via Corelli a Mi

Comitato locale CRI e Comitato Provinciale CRI
Via Marcello Pucci 7
20145 - Milano - (MI)

Comitato Regionale CRI
Via Caradosso 9
20123 - Milano - (MI)

 

L’Associazione City Angels Lombardia Onlus

L’Associazione City Angels Lombardia Onlus è l’unica associazione autorizzata ad operare all’interno del Centro insieme alla Croce Rossa Italiana;

Coordinatore Rosy Genova, Piazza Gobetti, 19 Lambrate: Tel. 02 26 68 40 56, 02 23 60 094

email: cityangels@cityangels.it

via Benedetto Marcello, 10: tel. 02 29 52 22 02

Adecco, ex agenzia interinale ora agenzia per il lavoro che somministra precarietà tra le file del proletariato in tutto il mondo e manda i proletari al macello, in una moderna tratta di schiavi che li porta a lavorare inconsapevolmente per l'occupante in Iraq, dai paesi del Sud-est Asiatico in particolare dal Bangladesh e dall'India.

In Nepal, a settembre, dove la guerriglia ha circondato e ha messo in quarantena più volte la capitale, a seguito della morte in Iraq di undici operai nepalesi, una insurrezione urbana ha distrutto tra le 300 e le 500 agenzie ritenute responsabili di mandare al macello i proletari nepalesi.

 

 

  Obiettivo Lavoro, anche lei agenzia per il lavoro ha fornito lavoratori per l'espletamento delle pratiche di regolarizzazione agli Uffici Immigrazione delle Questure.