DOSSIER FORZA
NUOVA E DINTORNI
A cura della
redazione de "La Nuova Alabarda"
NON SOLO HAIDER...
Da quando in Austria è andato al potere il partito di Jörg Haider i
“benpensanti” d’Italia (e di tutta Europa) hanno iniziato a gridare al pericolo
neonazista, ai “xenofobi”, ai “razzisti”.
Ma il nazismo ed il fascismo non sono solo xenofobia e razzismo, odio per gli
immigrati ed i “diversi”, è riduttivo per le sinistre limitarsi a considerarli
esclusivamente come tali. Scriveva Gabriele Ranzato: “non c’è vera ed efficace
lotta antifascista che non sia insieme lotta per il socialismo, una lotta, cioè,
che del fascismo cancelli la matrice di classe”. E’ questa matrice di classe che
purtroppo ultimamente la sinistra si è dimenticata di evidenziare nella propria
lotta antifascista ed è proprio questa “dimenticanza” che rende poco costruttivo
l’antifascismo degli ultimi anni. Così, quando sentiamo i rappresentanti di
Forza Nuova o della Fiamma Tricolore sostenere di essere loro i veri
“antagonisti alla globalizzazione capitalistica” non possiamo continuare ad
accusarli solo di “xenofobia”, dobbiamo riprendere la “matrice di classe” che ha
fatto del fascismo null’altro che il braccio armato del capitale, nell’Italia di
Mussolini come nella Germania di Hitler, come nel Cile di Pinochet. Se non
teniamo presente questo, cadiamo come pere cotte nella trappola di certi
“antifascisti” del tipo del sindaco di Trieste Riccardo Illy che metterebbe
volentieri fuorilegge sia i movimenti neonazisti che i partiti comunisti.
Scrive Michael Schmidt nel suo interessante testo “Neonazisti” [1]: < il
neonazismo 'non' è un problema tedesco. Certo, in Germania ci sono “radici”
molto profonde ma sarebbe una follia liquidare sbrigativamente l’avanzata
dell’estremismo di destra negli altri paesi come fenomeno passeggero. Ormai si è
creata una rete di estremisti che operano su scala internazionale: non hanno una
struttura gerarchica nè si muovono su un unico piano. Ogni gruppo, ogni
individuo, stabilisce collegamenti con i paesi vicini e mantiene il contatto con
elementi della destra “estrema” e “moderata”. E per diverse ragioni: per esempio
per “aiutarsi” a fare propaganda o per garantire un rifugio ai terroristi >.
A Trieste dovrebbe svolgersi a novembre un raduno dell’internazionale nera
promosso da Forza Nuova, e subito si sono levate voci di protesta contro questo
movimento e contro le simpatie che esso ha per il leader del FPÖ Haider. Ma
quasi nessuno ha battuto ciglio negli ultimi anni perché altre forze politiche
di destra o “centrodestra” (come Alleanza Nazionale e Forza Italia) hanno tutto
sommato portato avanti più o meno gli stessi contenuti eversivi di Forza Nuova.
In questo dossier intendiamo ricostruire un po’ la storia di Forza Nuova (ma non
solo di essa), analizzare le sue radici storiche e quanto da loro pubblicato
(sia nel loro sito Internet che su carta) e le loro attività correnti. Ma
assieme a ciò che dice Forza Nuova vi presenteremo anche ciò che dicono le altre
organizzazioni, neo o vetero nazifasciste, con particolare riguardo a ciò che
avviene a Trieste, città peculiare per molti aspetti e che non a torto il poeta
Umberto Saba definì “la più fascista d’Italia”.
COMINCIAMO
CON IL PARLARE DI TERZA POSIZIONE...
In una lettera apparsa sul quotidiano triestino “Il Piccolo” (25.2.2000) il
responsabile provinciale della sezione triestina di Forza Nuova, Fabio Bellani,
definì “evidente mistificazione” quanto scritto dallo stesso quotidiano in
occasione della manifestazione di contestazione della trasmissione “Circus” di
Michele Santoro (presente a Trieste, ricordiamo, per dibattere del “caso Haider”),
ossia l’avere rilevato la presenza di “Terza posizione”. Che “non esiste più da
20 anni”, scrive Bellani, il che è anche vero, però se Forza Nuova non desidera
essere confusa con Terza posizione dovrebbe evitare di scrivere, come invece fa
in certi suoi bollettini e documenti “Forza Nuova per la Terza posizione”. Ma
cos’era Terza Posizione?
Scrive Gianni Flamini [2] < ... Francesco Mangiameli, Roberto Fiore, Gabriele
Adinolfi (...) stavano fondando una nuova organizzazione e dando alle stampe un
giornale. Si sarebbero chiamati entrambi “Terza posizione” >. Era il 1979, e
Flamini cita un brano dei loro scritti: < “Terza posizione rimuove le stagnanti
acque della rassegnazione e si manifesta come polo per tutti coloro che vogliono
disegnare con noi il futuro del nostro sistema. Dobbiamo considerarci naturali
alleati dell’Islam, a cui non può non andare la nostra stima” >. Il 14.12.1979,
in una sede romana del movimento vengono arrestati tre esponenti di Terza
posizione, colti nel bel mezzo del trasporto di una cassa piena di bombe a mano.
Nella perquisizione successiva la DIGOS troverà divise da carabiniere e guardia
di finanza, documenti rubati e falsi, fucili ed esplosivi vari. Su possibili
legami tra Terza posizione ed i terroristi dei NAR indagò all’epoca il giudice
Mario Amato, che fu assassinato da Gilberto Cavallini, dei NAR, il 23.6.1980.
Ancora Flamini [3] a proposito di questo omicidio: < Da qualche settimana (si
parla dell’aprile del 1980, n.d.r.) viene dipanandosi nel carcere di Regina
Coeli una tetra storia di denunce, ritrattazioni e ricatti che ha come
protagonista un detenuto marchigiano, Marco Mario Massimi, arrivato alla soglia
dei quarant’anni provvisto di un solido passaporto di avventuriero e falsario,
oltre che di attivismo neofascista. A metà aprile il detenuto Massimi ha mandato
un circospetto messaggio al giudice Mario Amato (...) per avvertirlo che è
disposto a raccontargli qualche storia sepolta nell’archivio delle imprese
criminali dei NAR (...) Massimi ha parlato di vari misfatti e anche di un
omicidio (...) di Antonio Leandri (...) ucciso per sbaglio perché scambiato per
l’avvocato missino Giorgio Arcangeli, odiato come spia dagli affiliati ai famosi
Nuclei >. Secondo Massimi < ... quel delitto (...) era stato deciso durante un
incontro al quale erano presenti anche due professori >. Che sarebbero stati il
criminologo Aldo Semerari (psichiatra forense, massone, diplomatico del Sovrano
Ordine di Malta e “da sempre agente dei servizi d’informazione militare”) e
Paolo Signorelli (detto il “professore”, era “noto anche per l’abitudine di
arricchire le sue lezioni di storia e filosofia con discorsi sul fascismo, sul
nazismo, sulla purezza della razza e sulle prospettive di un nuovo fascismo in
Italia”; fu tra i fondatori di “Lotta popolare” nel 1976 e poi della rivista
“Costruiamo l’azione” nel 1978; arrestato nel ‘79, divise per un mese la propria
cella con il leader dei NAR Valerio Fioravanti). Dalla ricostruzione di Flamini
appare che le rivelazioni di Massimi, invece di rimanere riservate, si
propalarono e < Massimi aveva fatto presto ad accorgersene, se non altro per via
dell’agitato valzer di avvocati di destra che si era subito ritrovato intorno.
Tutti interessati a difenderlo >. Tra essi Nicola Madia, Francesco Caroleo
Grimaldi e Antonio De Nardellis, i quali si sarebbero ritrovati, assieme a
Semerari e Signorelli, la sera del 13 aprile 1980, perché c’era “un grave stato
di pericolo” per il professor Semerari, almeno stando a quanto risulterebbe
dalle intercettazioni delle telefonate fatte da Madia. In seguito, a richiesta
degli inquirenti sul perché di quel raduno, dopo negazioni e tergiversamenti, <
qualcuno dei convocati ammetterà che la riunione (...) serviva soltanto per
studiare eventuali misure perfettamente legali contro il giudice Amato, per
esempio presentando una querela contro di lui >. Querela che non verrà mai
presentata, ma nel frattempo Massimi aveva ritrattato le sue dichiarazioni ed
aveva anche denunciato il giudice Amato per abuso di potere.
Quaranta giorni dopo il giudice Amato cadrà ucciso nell’agguato tesogli dai NAR.
Semerari invece verrà ritrovato cadavere a Napoli il 1° aprile 1982 ed il suo
omicidio verrà attribuito alla camorra.
Torniamo a Terza Posizione. Dopo le perquisizioni del ‘79 Fiore e Adinolfi
lasciano l’organizzazione in mano a Giorgio Vale, ed in questo modo < avviene il
salto di qualità: l’attività deliquenziale non è più sporadica (...) Vale (...)
perfettamente a suo agio nel ruolo di capo legionario organizza campi
paramilitari dove allena gli altri terroristi... > [4]. Gli “ideologi” Fiore e
Adinolfi invece fuggono nel settembre del 1980 < secondo le accuse di Valerio
Fioravanti, all’estero, con la “cassa” del movimento... .>. Dopo quasi vent’anni
di “esilio” a Londra Fiore ricomincerà a costruire un altro gruppo di estrema
destra, Forza Nuova appunto, che si avvarrà di contatti con molti altri
movimenti simili che stanno nascendo un po’ qua e un po’ là in Europa. Altra
sorte avrà Mangiameli, che sarà ritrovato cadavere a Roma l’11.9.1980, ucciso
dai fratelli Valerio e Cristiano Fioravanti e Giorgio Vale dei NAR, perché
avrebbe tenuto per sè il denaro che questi gli avevano affidato con l’incarico
di organizzare l’evasione del terrorista Concutelli. Ancora Cingolani: < nel
corso degli anni, delle ricostruzioni, delle confessioni di alcuni pentiti, l’omicido
di Francesco Mangiameli assume tuttavia altri significati; secondo alcuni testi
e secondo i giudici di Bologna (...) il vero movente dell’omicidio (...)
andrebbe ricercato nel fatto che Mangiameli era venuto a conoscenza di
particolare inconfessabili e di oscuri rapporti tra Valerio Fioravanti e la P2;
del connubio cioè che secondo la sentenza di primo grado dei giudici di Bologna
è responsabile dell’ideazione e dell’esecuzione della strage del 2 agosto (...)
Valerio Fioravanti aveva conosciuto Mangiameli (...) agli inizi del 1980 ed era
stato proprio Roberto Fiore a presentarglielo. In quel periodo vi era una sorta
di “corteggiamento” di Terza Posizione nei confronti del capo militare dei NAR e
del suo gruppo... >. Ed ecco uno stralcio del volantino scritto da Francesca
Mambro per la rivendicazione dell’omicidio di Mangiameli: < ... abbiamo
giustiziato il demenziale profittatore Francesco Mangiameli degno compare di
quel Roberto Fiore e di quel Gabriele Adinolfi, rappresentanti della
vigliaccheria cronica... >.
< A proposito di Fiore e Adinolfi affermerà Valerio Fioravanti: “I capi di Terza
posizione erano abili perché non dicevano ai giovani militanti occorre fare
questa o quella rapina, ma nel corso di una riunione esponevano l’esigenza di
avere del denaro per delle iniziative e facevano in modo che i ragazzi
volontariamente proponessero un piano di rapina. In questo modo, molti ragazzi
erano stati mandati allo sbaraglio e poi arrestati” >.
DAL LIBANO A LONDRA E DI NUOVO IN ITALIA
Scrive Silvio Maranzana [5]: < Due terroristi dei NAR stanno orchestrando da
Londra lo sbarco in Italia di un nuovo movimento fascista >. L’articolo
ricostruisce l’attività di Fiore e del suo camerata, il cantautore Massimo
Morsello (conosciuto nel’ambiente come il “De Gregori di destra”) latitanti
nella compiacente Londra, dove sono diventati “imprenditori di successo”,
titolari della “Meeting point”, un’azienda che organizza concerti e turismo
scolastico, soggiorni e prevendite di biglietti per partite. Così pure, scrive
Maranzana, secondo la polizia inglese i Nostri avrebbero organizzato attraverso
la società “Trust of St. Michael the Archangel” delle vendite di beneficienza
per raccogliere fondi “destinati a fondare in Spagna un villaggio fascista”. Un
progetto per un villaggio spagnolo “dove i nazionalisti di tutta Europa possano
vivere nel nuovo ordine” appare anche, prosegue Maranzana, nel bollettino
interno dell’organizzazione “neonazista” “Third position international”, tanto
per riprendere le solite sigle. All’idea di questo “villaggio” < Morsello se la
ride. “Una città nera? Magari si potesse costruire, me ne andrei là di corsa.
Purtroppo però sono tutte invenzioni di un giornalista” >. Però nel novembre
1999 il quotidiano “Liberazione” riprenderà un articolo dello spagnolo “El paìs”
nel quale si legge che “il gruppo neonazista britannico Terza posizione
internazionale” (toh! coincidenza? n.d.r.) “si appresta a ricostruire un
villaggio abbandonato che ha comprato interamente due anni fa (...) nella
regione di Valencia”.
Quanto alla permanenza a Londra dei due condannati per associazione sovversiva
in Italia, troviamo che il quotidiano “Il Manifesto” del 5.11.1998 riprende un
articolo dell’inglese “Guardian”, il quale avrebbe sostenuto “sulla base di
nuove informazioni di un’ex agente della CIA in Europa” che Fiore e Morsello
sarebbero stati “reclutati” in Libano nei primi anni ‘80 (si erano lì rifugiati
subito dopo essere scappati dall’Italia) dal servizio segreto inglese MI6 e che
per questo motivo la Gran Bretagna non concesse mai la loro estradizione
all’Italia. Michael Schmidt [6] riferisce che la rivista inglese “Searchlight”
(giugno e luglio 1989) sostenne più precisamente che il MI6 riteneva <
sufficientemente importante quello che Fiore sa sui campi di addestramento di Al
Fatah in Libano, per permettergli di gestire anche tre ditte a Londra >.
Il Libano coi suoi campi paramilitari è un leit-motiv anche per alcuni triestini
che furono coinvolti nei primi anni ‘80 nel corso delle inchieste sui NAR: i
fratelli Livio e Ciro Lai, Gilberto Paris Lippi, Fausto Biloslavo ed Antonio
Azzano. Questi ultimi tre il 1° luglio 1981 < vengono arrestati per ordine della
magistratura di Bologna per reticenza e falsa testimonianza in merito a loro
soggiorni nel Libano, in campeggi paramilitari dei falangisti. Due giorni dopo
viene precisato che l’inchiesta si colloca nel quadro delle indagini sulla
strage del 2 agosto alla stazione ferroriaria > [7].
Gilberto Paris Lippi, negli anni ‘70 militante del Fronte della Gioventù,
diventerà negli anni ‘90 esponente di spicco di A.N. arrivando a ricoprire la
carica di vicepresidente della Provincia di Trieste e poi di consigliere
regionale.
Biloslavo (sulla cui figura ci dilunghiamo un po’ perché lo ritroveremo anche
più avanti in altre occasioni pubbliche) diventerà poi reporter di guerra per
conto dell’agenzia Albatross, fondata assieme a Giovanni Micalessin ed Almerigo
Grilz (questi, che fu negli anni ‘70 dirigente del Fronte della Gioventù e poi
del M.S.I., rimase ucciso in Mozambico nel 1987 mentre seguiva i guerriglieri
anticomunisti della Renamo, finanziati dal governo razzista sudafricano); negli
anni ‘80 andò più volte in Afghanistan; nel 1987 fu arrestato ed imprigionato
per alcuni mesi dalle autorità afghane perché sospettato di contatti coi
guerriglieri; ritornò ancora una volta a Kabul e fu investito da un camion,
restando vivo per miracolo. Si recò anche diverse volte nella ex Jugoslavia: nel
1993, durante un reportage nell’entroterra dalmata, rivelò [8] < l’esistenza di
un’esplosiva missiva di un generale italiano (...) da poco in pensione (che)
consigliava i serbi su come conquistare Zara... >, ed anche che < in Krajina un
ex mercenario serbo stava addestrando la “brigata Garibaldi” composta da uno
sparuto gruppo di italiani >. Questa notizia fu “smentita” sulle pagine del
“Piccolo” dove il giornalista Paolo Rumiz scrisse < di “bombe”, complotti e
disinformazione per “tirare l’Italia nella trappola balcanica” accusando
direttamente ed indirettamente il sottoscritto, l’Indipendente, altri
giornalisti oltre a politici vari, dall’ex senatore Arduino Agnelli all’ex
sindaco di Trieste Giulio Staffieri >. La polemica innescata sfociò in una
querela da parte di Biloslavo che la ritirò tre anni dopo a fronte della
pubblicazione sul “Piccolo” del testo dal quale abbiamo tratto i brani sopra
evidenziati. Biloslavo è inoltre uno dei giornalisti “specializzati”
sull’argomento “foibe”, ha pubblicato diversi articoli (sul “Borghese”, su
“Epoca”, “Il Giornale Nuovo” ed altri) sugli “infoibatori titini” che ancora si
troverebbero in Slovenia e Croazia. Fu lui a lanciare la campagna contro gli
“infoibatori” che percepiscono le pensioni italiane, raccolta poi dal P.M.
romano Pititto. Ha anche scritto degli articoli in cui riprendeva le (sbagliate)
ricostruzioni storiche di Marco Pirina, dando ad esse una patente di
legittimità. Pubblicò nel 1985 un’intervista che sostenne di avere fatto
telefonicamente al partigiano fiumano Oskar Piskulic, indagato per l’uccisione
di tre persone nel corso dell’insurrezione di Fiume, e rese testimonianza al
P.M. Pititto, che conduceva l’inchiesta, in merito a questo suo colloquio con
Piskulic. Però in altra sede Piskulic ha negato di avere concesso interviste a
Biloslavo, telefoniche o di persona che fossero.
Biloslavo in seguito fece le seguenti dichiarazioni (pubblicate sul “Piccolo”
del 27.11.97) in merito alla comparsa del suo nome tra quelli degli otto
triestini che sarebbero stati frequentatori di una campo falangista libanese
secondo quanto scritto da Giuseppe De Lutiis [9]: < E’ non solo falso, ma
ridicolo e difatti nessun organo inquirente mi ha mai chiesto informazioni. Io a
Beirut ci sono stato per alcune settimane tra il ‘78 ed il ‘79, ospite a casa di
alcuni amici cristiano-maroniti. (...) non ho mai saputo della partecipazione di
estremisti di destra triestini a campi di addestramento... >. Ma questa
affermazione è in netta contraddizione con quanto scritto dalla stampa
dell’epoca e poi riportato da Tonel: sul “Piccolo” [10] infatti leggiamo che <
sono stati interrogati ieri nel carcere di San Giovanni in Monte a Bologna i tre
triestini arrestati il 2 luglio scorso... >. Quindi non corrisponderebbe al vero
che “nessun organo inquirente” abbia chiesto “informazioni” a Biloslavo.
Ricordiamo anche che l’avvocato dei tre era quel Marcantonio Bezicheri che fu a
suo tempo difensore di Freda e che ritroveremo anche più avanti.
Torniamo ai fondatori di Forza Nuova. Massimo Morsello che, secondo Gianni
Barbacetto [11] si autodefinisce “fascista, cattolico, latitante e cantautore
politicamente scorretto” è rientrato in Italia nella primavera del ‘99 grazie
alla legge Simeone perché gravemente ammalato (si parlò di cancro in fase
terminale). Ma dopo qualche mese Morsello pare avere riacquistato la salute,
difatti va in giro a fare concerti e comizi ed è intervenuto pure ad una
manifestazione a Trieste nel maggio scorso.
Nello stesso articolo Barbacetto ricostruisce così la “genesi” di Forza Nuova,
nata all’inizio come una sorta di movimento d’opinione all’interno della Fiamma
tricolore, dove coagulava i militanti attorno al proprio bollettino, il “Foglio
di lotta” (che esce tuttora).
Nel 1997 lo stesso Rauti decise di mettere fine a questa fronda impedendo la
diffusione del “Foglio” e “richiamando i camerati alla disciplina”. Ma a quel
punto ci fu la scissione vera e propria e < Fiore e Morsello, da Londra,
indicarono la data - il 29 settembre, San Michele Arcangelo, protettore della
Guardia di Ferro di Codreanu, il leader del fascismo romeno - in cui, gettate
alle ortiche le vecchie prudenze rautiane, sarebbe finalmente nata una forza
nuova >. In contemporanea si formò, attorno ad un gruppo di giornalisti di
estrema destra (Mario Consoli, Piero Sella, Sergio Gozzoli, fondatori del
giornale “Uomo Nuovo”) un gruppo che, avendo un rapporto privilegiato con Le Pen,
cercava di costruire un “Fronte nazionale” anche in Italia.
Parte del nucleo dirigente di Forza Nuova è stato coinvolto nell’inchiesta sugli
Hammerskin italiani, facenti parte di quella rete neonazista internazionale
fondata una decina d’anni fa in Texas e poi diffusasi in Europa, presentantesi
come “l’elite dell’elite” degli skinheads. Il loro simbolo sono due martelli in
marcia (quelli che appaiono nel film “The wall” dei Pink Floyd), e si ritengono
< nuovi cavalieri di un medioevo postmoderno, crociati schierati in difesa
dell’Europa bianca >.
Anche Fiore fu coinvolto nell’inchiesta sugli “Hammerskin”, accusato di esserne
il finanziatore e fu per questo motivo che dovette rinviare di un anno il suo
rientro in Italia. Sia il leader milanese degli Hammerskin, Duilio Canu, che
quello di Padova, Alessandro Ambrosino, diventarono poi dirigenti locali di
Forza Nuova.
Altro dirigente di Forza Nuova è quel Maurizio Boccacci che fu per anni leader
del “Movimento Politico”, associazione dell’estrema destra che alla fine degli
anni ‘80 costituì [12] < il punto di riferimento e di organizzazione di
centinaia di estremisti di destra > a Roma < ... nata nel 1985 sulle ceneri di
Terza Posizione >. (Toh! chi si rivede). < Anche il simbolo è simile. E la
struttura semiclandestina è composta di giovani disposti a colpire comunque.
Frequentano le palestre, conoscono il karatè ed il full-contact. (...) Il leader
si chiama Maurizio Boccacci, 35 anni, che è passato dalle file di Avanguardia
Nazionale di Stefano Delle Chiaie, al FUAN di via Siena, la scuola di Paolo
Signorelli (ve lo ricordate? n.d.r.) dove sono cresciuti anche il giovane
Alibrandi, Francesca Mambro e Giusva Fioravanti. Le sedi (...) sono piene di
materiale di propaganda neonazista, stendardi e gagliardetti, magliette con le
riproduzioni di Hitler, anfibi con le punte di metallo e, naturalmente, le armi
per la battaglia contro i negri e gli ebrei >. L’articolo prosegue con un elenco
dei pestaggi compiuti dai naziskin del Movimento Politico. Nel 1992 fece
scalpore la notizia che una sede del Movimento Politico fu presa d’assalto da un
gruppo di giovani ebrei stanchi delle continue aggressioni dei neonazisti.
COSTRUIRE UNA 'FORZA NUOVA'
Viste queste premesse e vista la presenza assidua che Forza Nuova ha a Trieste
da due anni in qua (precisiamo subito che quanto a presenza numerica alle
manifestazioni contano dalle cinque alle trenta persone al massimo) siamo andati
a cercare notizie su di loro, ed ecco quanto abbiamo tratto dal materiale da
essi stessi fornito (sia su volantini e riviste che sul sito Internet www.
forzanuova.org).
Cos’è dunque Forza Nuova?
I loro “punti fermi” (come essi stessi li definiscono nei loro documenti) sono
otto, e precisamente:
1: abrogazione delle leggi abortiste;
2: famiglia e crescita demografica al centro della politica di rinascita
nazionale;
3: blocco dell’immigrazione e avvio di un umano rimpatrio;
4: messa al bando di massoneria e sette segrete;
5: sradicamento dell’usura e azzeramento del debito pubblico;
6: ripristino del concordato Stato-Chiesa del 1929;
7: abrogazione delle leggi liberticide Mancino e Scelba;
8: formazione di Corporazioni per la difesa dei lavoratori e della comunità
nazionale.
Sono di conseguenza fascisti, palesemente fascisti, non quelle cose
addomesticate come A.N. di oggi. Sono corporativisti, cattolici integralisti,
antiabortisti, odiano gli immigrati e i “non europei” (dove tra questi includono
pure, non si capisce a quale titolo, tutti gli ebrei); sono contrari al divorzio
e favorevoli “alla famiglia”; propugnano uno stile di vita “legionario”, cantano
le lodi della Decima Mas di Borghese come della Falange spagnola di de Rivera,
come della legione romena Arcangelo Michele (toh! chi si rivede) di Codreanu.
Così esprimono i loro ideali di lotta nel n° 17 del loro bollettino: < Oggi, a
dispetto di tutto, esistono ancora parti sane del popolo che aspettano solo di
incontrare una Guida militante per risvegliarsi, per liberarsi dalle strutture
di menzogna che la opprimono e la avvelenano, per sostituirle con gerarchie
naturali espresse dal popolo stesso. Ma questa guida militante potrà forgiarsi,
ergersi su tutto e farsi riconoscere dal popolo solo per mezzo dello spirito di
Sacrificio. La Storia insegna che senza sudore, lacrime e sangue non si arriva
alla Vittoria finale >. (Già, ma di chi sarebbero il sangue, il sudore e le
lacrime? non della Guida, di solito...).
Il punto di forza sul quale si fondano è “la sopravvivenza del nostro popolo”
(quello italiano, s’intende) minacciata da tre fattori “pericolosissimi”:
l’aborto (“ogni anno si uccidono”, dicono “200.000 futuri italiani”),
l’immigrazione ed il crollo demografico. Per risolvere quest’ultimo problema
suggeriscono di fare delle leggi che svolgano “un ruolo di incentivo alla
procreazione” sotto forma di “aiuti” che vadano a “premiare le famiglie che
arrivano al terzo figlio o vanno oltre”. (Pare che Roberto Fiore abbia sette
figli). Contro l’immigrazione che mina “l’identità del popolo italiano”
propongono due soluzioni: innanzitutto bloccare l’immigrazione e “qualora vi
siano richieste di mano d’opera dal nord si deve attingere al meridione italiano
o ai paesi di cultura europea o favorire il ritorno di quei numerosissimi
italiani emigrati e disposti a tornare temporaneamente o definitivamente nella
terra d’origine; poi “l’inizio di un umano rimpatrio degli immigrati” che dovrà
avvalersi, di “centri di sviluppo italiani nei paesi del terzo mondo che grazie
alla tecnologia europea favoriscano il progresso dei paesi in difficoltà creando
al tempo stesso occasione di lavoro per gli italiani”.
Dunque sono contrari all’immigrazione dei “non europei” in Italia, ma sono
favorevoli al colonialismo che favorisca l’emigrazione degli italiani nel mondo.
Del resto, se l’Italia accetta il loro discorso di boom demografico, da qualche
parte gli italiani dovranno pure andare a lavorare, dopo che l’Italia sarà
satura.
Sono contrari al “bilinguismo” (dove per esso intendono ogni forma di tutela di
qualsivoglia minoranza etnica) e nell’ipernazionalista Trieste trovano consenso
tra tutti coloro che negano alla comunità etnica slovena il diritto di
esprimersi nella propria lingua; così pure sono contrari alla legge Mancino dato
che essa proibisce di dire “s’ciavo” (epiteto dispregiativo che i razzisti
triestini usano per gli sloveni) ed altri insulti di marchio razzista e
considerano questa legge “un’arma puntata contro chi vuole esprimere le proprie
opinioni”, stando a quanto asserito più volte da Fabio Bellani.
Sono contrari alla massoneria ed alle organizzazioni internazionali come la
Trilateral ed il Bilderberg, quali esponenti del mondialismo capitalista, ma che
certe frange del terrorismo nero siano state usate in passato da certa
massoneria (P2) non sembra creare loro problemi di coscienza. O forse è anche a
cose come queste che si riferiscono quando parlano di “esempi di machiavellismo
negativi” quali “collusioni ambigue in funzioni di golpe (vero o presunto)” in
un articolo sul nuovo ruolo di A.N. (vedasi il n° 20 del loro bollettino “Foglio
di lotta”, che appare anche nel sito Internet).
Sono populisti, e lo dimostrano con tre delle loro più importanti attività: la
campagna “compra italiano”, la “Befana tricolore” e l’associazione “Italica” che
organizza campeggi estivi per “bambini provenienti da famiglie bisognose”.
Nel Bollettino n° 13 vediamo come si strutturano queste attività.
< Dal popolo per il popolo: la Befana tricolore.
Viene scelta la zona adatta ... un quartiere proletario o povero ... si
contattano con una lettera le famiglie dove il capofamiglia è senza lavoro o
sottoccupato... vengono poi coinvolti tutti i militanti ed i simpatizzanti del
movimento in raccolta di fondi, vestiario, giocattoli ... viene annunciata la
Befana Tricolore con volantini e manifesti ... si diramano poi comunicati ... le
manifestazioni vanno tenute preferibilmente nelle sedi di Forza Nuova. Il tutto
deve essere poi concluso con un’appello alla popolazione ... per la
ricostruzione del Patrimonio tradizionale e del tessuto sociale della città o
del quartiere >.
A parte la strumentalizzazione politica che traspare da questo modo di fare
“carità pelosa” svolgendo le iniziative di beneficienza (?) nelle sedi del
movimento, c’è anche altro che dà da pensare. L’individuazione delle famiglie
che vanno contattate a questo modo richiede una forte presenza di controllo sul
territorio da parte dei forzanovisti, che del resto strutturano le proprie sedi
in maniera molto “funzionale”, quasi militarista, a leggere le loro indicazioni
per i militanti. Ma fino a che punto si spinge la loro attività? Fino ad una
sorta di “schedatura” della popolazione dei quartieri? E cosa può accadere ad
una famiglia, che pure “bisognosa”, magari decida per convinzione antifascista
di rifiutare la “Befana tricolore”? In quale “schedatura” potrà incorrere?
Il progetto “Compra italiano” (del quale sarebbe tra i maggiori organizzatori
l’ex Hammerskin padovano Ambrosino) invece funziona così: < è ... una campagna
lanciata recentemente dalla Corporazione Lucana ... i contadini riuniti sotto la
Corporazione Lucana spediscono il loro camion carico di arance verso le varie
città d’Italia dove vengono gestite in modo autonomo da individui o gruppi
legati alle sezioni di Forza Nuova ... le arance passano di mano una volta sola
e vengono distribuite direttamente dai piccoli distributori sparsi nelle varie
città > (logicamente tutti membri di Forza Nuova).
E cosa fa invece l’associazione “Italica”? Organizza i “pionieri d’Italia” la
cui “struttura è attualmente suddivisa in reparti, composti da quattro o sei
squadriglie con bambini da 6 a 14 anni, suddivisi in maschili e femminili; a
capo di questi reparti vi è un consiglio-capi composto prevalentemente da ex
appartenenti ad associazioni scoutistiche preesistenti. Attualmente si sta
pensando di creare anche un reparto di ragazzi più adulti, quale scuola di
preparazione per la formazione dei consigli capi di tutta Italia >.
Segue (Bollettino n° 17 del settembre ‘98) una descrizione delle “uscite” di
questi “reparti” e di queste “squadriglie”, < in preparazione del campo estivo
che si svolgerà in Francia ... il progetto ... è stato perfezionato durante le
colonie estive Evita Peron 1998 con le quali si è potuto sperimentare il metodo
che verrà utilizzato nelle attività pionieristiche >. Colonie queste che Forza
Nuova avrebbe organizzato per venire incontro alle “famiglie bisognose” (anche
qui vediamo una ricerca selettiva delle famiglie cui proporre un soggiorno
estivo per i figli). Iniziativa lodevolissima? Ma la giornalista Cristiana
Mangani del “Messaggero” ha raccolto alcune testimonianze che sono state
pubblicate in un articolo nel giugno ‘98. I ragazzini da lei sentiti sarebbero
stati “reclutati” nelle case ex Bastogi dalla sezione di Forza Nuova di Cave dei
Tirreni, per un soggiorno gratuito a Gressoney. I genitori, dopo avere inviato i
figli in montagna, allarmati dal tono di una delle telefonate a casa fatta da un
bambino, < hanno preteso che il gruppo tornasse a Roma e si sono trovati davanti
dei ragazzini spaventati, arrabbiati, pieni di graffi e lividi. Ieri hanno
chiamato la polizia e denunciato l’associazione Forza Nuova ... >. Raccontano i
ragazzini: < una volta due di noi sono stati portati nel bosco perché non
volevano dormire ... siamo dei bambini piuttosto vivaci, ma loro ci hanno
trattato come rifiuti. Dovete imparare a vivere, ci dicevano. Vi mettiamo a
posto noi >. E un altro: < Uno di noi ha reagito per la pasta che faceva schifo,
lo hanno preso e sbattuto contro il muro. Se non ti sta bene, gli hanno detto,
te ne puoi anche andare. E hanno aggiunto: vai a fare del bene a persone come
queste >. E via di seguito con racconti simili. Così conclude la giornalista: <
nessuno pensava di trovare piccoli lord sulle montagne di Gressoney. Tantomeno
però di imbattersi in una scuola di addestramento per marines >.
Un altro dei cavalli di battaglia di Forza Nuova è “l’opposizione
all’anticultura” (in effetti il loro linguaggio è molto “contro”, si dichiarano
ripetutamente “antagonisti”, ricalcando sia vecchie parole d’ordine di certa
sinistra che di altri “vecchi” fascisti alla Freda e Ventura). Sostengono ad
esempio (e purtroppo non hanno tutti i torti...) che l’insegnamento umanistico
nelle scuole, oltre a fare schifo, viene pure ridimensionato dalle riforme
scolastiche per lasciare più spazio ad altre materie “scientifiche”. Si
preoccupano molto dell’insegnamento della storia, sostenendo che lo studio di
essa è subordinato alle logiche del potere e che essendo questo in mano alla
sinistra vengono insegnati dei falsi storici funzionali a chi sta al potere
(tenendo presente che i libri di storia sono più o meno sempre quelli da trent’anni
a questa parte e che la “sinistra” è al potere da solo quattro, tutto il
discorso ci pare un po’ forzato...).
Ad ogni modo la loro risposta è di organizzare < corsi di Storia da tenere nei
propri locali ... tenuti da professori del movimento o d’area, che ricalchino la
struttura dei normali corsi scolastici e che quindi si rivelino utili agli
studenti nei loro studi. Al termine di questi corsi ... verranno stilate e
distribuite dispense del corso >.
PROGETTO CONTROPOTERE
Ci troviamo quindi di fronte ad un movimento politico che è organizzato in
maniera quasi militarista, che ha comunque una discreta disponibilità di fondi
finanziari (loro sostengono che si tratta di “autotassazione”, ma ricordiamo che
l’attività londinese della Meeting Point aveva fruttato un bel po’ di soldi ai
suoi titolari) e che si “autogestisce” (o quantomeno ha in programma di fare) un
mucchio di cose: dalla scuola alle colonie estive (che sembrano piuttosto campi
paramilitari), dalla distribuzione diretta di generi alimentari al controllo nei
quartieri. Sotto questa luce assume un aspetto particolare anche il nome del
loro “progetto Contropotere”: cosa intendono per “contropotere”? La creazione di
uno stato all’interno dello Stato?
Se ci limitiamo a leggere sui giornali e sui loro bollettini ufficiali, vediamo
che il “progetto Contropotere” appare sostanzialmente come la creazione di una
sorta di centri sociali ideologicamente schierati all’estrema destra. Uno spazio
per iniziative culturali (secondo il concetto che di “cultura” ha quel tipo di
persone, ovviamente), di socializzazione, per dibattiti, per i loro progetti
“compraitaliano” eccetera.
Nel sito Internet, invece, il progetto Contropotere viene descritto in ben altro
modo.
< L’esperienza degli ultimi anni ci insegna che se pur necessario, concentrarsi
su tematiche politiche del momento può non essere sufficiente; va compiuto uno
sforzo continuo per creare strutture durature che garantiscano la continuità del
movimento in caso di attacchi, tradimenti e atti repressivi ... alcuni movimenti
europei si sono adoperati negli ultimi anni nel gettare semi di contropotere ...
abbiamo visto il progetto villaggio in Spagna, progetto che potrebbe essere
seguito presto da nuove iniziative simili in altri paesi... >. Domanda: ma se
qui Forza Nuova “rivendica” il “progetto villaggio in Spagna” come mai Morsello
s’era tanto preoccupato di negare che esistessero dei progetti simili, se questi
“villaggi” sono iniziative del tutto innocenti?
Vengono poi descritti tre esempi di queste “nuove iniziative” in Inghilterra,
Normandia ed Irlanda, dove < vi sono tre proprietà aventi in comunte le seguenti
caratteristiche:
1) la presenza di vasti appezzamenti di terra;
2) l’appartenenza delle proprietà a militanti o associazioni non lucrative
gestite da militanti;
3) la presenza di attività economiche, di strutture politico-culturali, di
piccole Cappelle >.
In queste proprietà (quella inglese comprende 10 ettari di terreno ed una “casa
di notevoli dimensioni” che oltre al resto comprende anche 5 stanze “per i
residenti e gli ospiti”) le “strutture economiche” consisterebbero in “uno
studio per la produzione di video” e di “edizione, produzione e distribuzione di
libri”.
Dulcis in fundo questa considerazione sull’importanza dell’acquisto di tali
proprietà: < anche nei casi più estremi di repressione le strutture sono lì a
disposizione di chi continuerà la lotta politica. A questo proposito è di
particolare importanza la fisionomia giuridica delle associazioni non a scopo di
lucro che garantiscono l’uso delle proprietà per fini prestabiliti stabiliti
negli statuti e che proteggono il tutto da possibili atti persecutori >.
Il “progetto Contropotere” così come descritto somiglia più alla creazione di
una serie di basi logistiche che non ad un < laboratorio di idee dove poter
coniugare pensiero ed azione al di fuori degli schemi imposti dai burattinai del
sistema >, come dichiarato da Fabio Bellani al “Piccolo” del 26.5.1999.
Vediamo adesso come è diffusa sul territorio nazionale Forza Nuova. Nel febbraio
1999 era presente in 10 regioni (Sicilia, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana,
Abruzzo, Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), a settembre 2000 le regioni
erano diventate 17, con in più Marche, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Emilia
Romagna, Calabria, Liguria e Molise.
Ecco la situazione regione per regione. In Piemonte c’era una sezione a Torino
nel ‘99 ed è rimasta nel 2000; in Lombardia nel febbraio 1999 erano aperte le
sezioni di Milano, Brescia, Bergamo e Gallarate; nel 2000 risultano in più una a
Campione d’Italia ed una a Lodi, mentre non c’è più quella di Brescia; Veneto:
nel 1999 Vicenza, Padova e Schio, nel 2000 Padova e Verona; Toscana: nel 1999
Lucca, Casteldelpiano e Grosseto, quest’ultima non risulta nel 2000; Abruzzo nel
1999 una sede a Pescara e nel 2000 una a Vasto ed una a Lanciano; Lazio: nel
1999 Roma, Cave, Viterbo, Santa Marinella, Sora e Latina, nel 2000 non appaiono
queste ultime tre mentre abbiamo in più Gaeta e Montelanico; Campania: nel 1999
Napoli, Salerno e Fratta Maggiore, quest’ultima non c’è nel 2000 ma ci sono in
più Pianura e Caserta; Basilicata: nel 1999 Bernalda e nel 2000 Metaponto;
Puglia: nel 1999 Bari, Fasano, Brindisi e Taranto, la quale non risulterà nel
2000, però abbiamo in più le seguenti sezioni: San Michele Salentino, S. Vito
dei Normanni, Lecce, Carmiano, Martina Franca e Santeramo in colle; Sicilia:
Palermo nel 1999 come nel 2000; infine nel 2000 abbiamo in più le seguenti sedi:
Falconara e Macerata nelle Marche; Trieste e Udine nel Friuli Venezia Giulia,
Bologna in Emilia Romagna; Perugia in Umbria; Termoli nel Molise.
Come si può vedere il massimo dello sviluppo l’organizzazione l’ha visto nelle
Puglie, regione che negli ultimi anni ha assunto due peculiarità, collegate tra
di loro dai traffici degli “scafisti”: l’ingresso di “clandestini” in Italia e
l’attività di contrabbando che si è trasformata in una e vera propria guerra
contro lo Stato.
ANALOGIE ED AFFINITA’
Andando indietro nel tempo possiamo trovare delle interessanti analogie tra
Forza Nuova (che è stata fondata ufficialmente, lo ricordiamo, nel settembre
1997) ed altri raggruppamenti od organizzazioni di vario tipo.
Così il culto che professano per Codreanu, al punto da intitolare a suo nome un
sottosito internet ci ricorda che negli anni ‘70 Ordine Nero aveva fondato a
Trieste una “sezione Codreanu”, sigla con la quale venne firmato un volantino di
minacce inviato al giudice istruttore Coassin che indagava su una bomba piazzata
presso la scuola slovena sita nel rione triestino di San Giovanni nell’aprile
del ‘74. Nel gennaio del 1990 invece troviamo un’intervista fatta da una
giornalista del “Meridiano” di Trieste alla romena Maria Popa, stabilitasi a
Trieste nel 1972 in seguito al matrimonio con il triestino Claudio Bressan.
Maria Popa parla della situazione creatasi in Romania dopo l’abbattimento del
regime di Ceasescu e del “Comitato di solidarietà italo-romena”, da lei fondato
assieme al marito ed altre persone, tra le quali c’era pure Francesco Neami, che
ha in comune con Bressan la passata militanza in Ordine Nuovo. Nel 1997 Bressan
accuserà il suo ex camerata Manlio Portolan (ora dirigente della Fiamma
Tricolore) di avere collaborato coi servizi segreti fornendo loro informazioni
sull’ambiente dell’estrema sinistra triestina, accusa immediatamente smentita da
Portolan. Sulla cui appartenenza alla struttura Gladio si vociferò a suo tempo
(ne parla Giuseppe De Lutiis nel suo “Il lato oscuro del potere” [13] );
nell’elenco dei “gladiatori” fu segnalato (21.1.87) tale “Mario” Portolan che,
secondo alcune ricostruzioni del giudice Felice Casson di Venezia, andrebbe
invece identificato come “Manlio”. Non si è giunti tuttavia ad alcuna
conclusione ufficiale e definitiva.
Tornando al “Comitato di solidarietà italo-romena”, che inviò diversi “convogli”
contenenti aiuti materiali nella Romania della rivoluzione del’89/90, va ancora
ricordato il curioso “feeling” che si verificò nell’occasione tra Neami, Bressan
ed i loro amici ed il senatore del PSI Arduino Agnelli, noto a Trieste per le
sue posizioni nazionaliste e neoirredentiste nei confronti dell’Istria e della
Dalmazia, il senatore che abbiamo già trovato nella polemica tra i giornalisti
Biloslavo e Rumiz su questioni croate.
Altre affinità di Forza Nuova le troviamo con la meno nota associazione
denominata “Nuova Acropoli”, della quale ha parlato la rivista “Cuore” nel
numero del 3.12.1994.
Nuova Acropoli fu fondata in Argentina nel 1957 e si diffuse in Italia
all’inizio degli anni ‘80; così viene descritta nell’articolo sopra citato.
< ... 5mila membri nel 1989 (500 solo in Italia) ed un patrimonio dichiarato di
oltre 8 milioni di dollari, Nuova Acropoli è “esteriormente un’organizzazione
culturale e umanistica, ma nasconde (...) una struttura piramidale molto rigida
ed occulta ai propri adepti di base” (dal Manuale del Dirigente riservato ai
livelli superiori del gruppo). Al vertice della piramide c’è un Comandante
Mondiale, dal potere assoluto, che governa per “decreti” >.
(E’ interessante a questo punto rilevare come il termine “comandante” sia d’uso
ricorrente in certi ambienti: “comandante” era, per i suoi adepti, Junio Valerio
Borghese, il “principe nero” della Decima Mas; Marco Pirina, lo pseudostorico
revisionista di Pordenone che si dedica da anni a stampare libri pieni di
falsità storiche allo scopo di infangare la Resistenza ed il movimento
partigiano sostenne, una volta, di essere stato inquisito per il fallito golpe
Borghese solo perché il suo nome si trovava nell’agendina del “comandante”
Sandro Saccucci; Giorgio Rustia, il leader triestino di Contropotere, ha una
volta definito Roberto Fiore, in una conferenza pubblica “comandante
fondatore”).
Continuiamo con l’articolo di “Cuore”.
< Il gruppo dirigente della setta è formato dall’ elite degli “asciati”, gli
unici a poter vantare un contatto diretto con il comandante mondiale. Vengono
quindi i semplici membri, suddivisi in tre strutture dai toni tipicamente
hitleriani. C’è innanzitutto il “Corpo di sicurezza”. Indossa divise nere che si
richiamano alle SS, simbolo della folgore compreso e svolge una funzione più o
meno mascherata (...) di vigilanza e di pronto intervento. In Italia ha preso da
qualche anno - subito dopo la “svolta ambientalista” avvenuta nei primi anni ‘80
- il nome di “Dipartimento di protezione civile”. ... si affiancano le “Brigate
Maschili” (...) e le “Brigate Femminili” (...) >.
Vediamo ora se quanto segue ricorda qualcosa di cui abbiamo parlato prima.
< Nuova Acropoli nel proprio sistema educativo prevede strutture anche per i più
piccoli: l’edificazione dell’Uomo Nuovo (“uomo nuovo”? come la testata a cui
collabora Gozzoli? n.d.r.) ha inizio sin dalla prima infanzia attraverso (...)
una sorta di asilo nido in cui tra l’altro si insegna la tecnica per riuscire a
vedere “Gnomi, elfi e fate”; quindi, dai 7 ai 14 anni, i bambini vengono divisi
tra la struttura maschile dei “Cavalieri della tavola rotonda” e quella
femminile della “Tavola di Iside”. (...) Nuova Acropoli insegna una dottrinaccia
filosofeggiante in cui l’umanità si divide in razze superiori ed inferiori (...)
si associa una malsana etica dell’“uomo forte”, che comporta l’obbligo di
“evitare l’iperprotezione dei più deboli a danno delle persone più
importanti...” > eccetera eccetera.
Nuova Acropoli, spiega ancora l’articolo, negli anni Ottanta, al seguito della
“moda” ecologista, si diffuse come associazione ambientalista che organizzava
incontri, seminari, corsi ed attività varie, spesso con il patrocinio delle
istituzioni (nel 1989 a Genova, ad esempio, le Ferrovie affidarono alla locale
sezione di Nuova Acropoli la gestione di un corso per annunciatori nelle
stazioni). Ma anche gite per anziani a Venezia col patrocinio del Comune e la
partecipazione del sindaco; un campo di addestramento “per l’ecologia attiva”
nel parco d’Abruzzo, sotto l’egida dell’Ente parco, dell’aeroclub dell’Aquila,
del Corpo forestale dello Stato e della Regione Abruzzo e via di seguito.
Infine, nell’ottobre del 1989 un “campo” di Nuova Acropoli (una cascina
acquistata qualche anno prima: ricorda niente?) fu perquisito dai carabinieri
della stazione di Montefiascone che vi trovarono “gagliardetti, labari,
coltelli, una radio ricetrasmittente priva di licenza e numerosi bossoli di
pistola” e vi arrestarono un giovane del “Corpo di sicurezza”. Armi da fuoco
furono invece trovate in altre sezioni non italiane: a Madrid e ad Atene (dove
la responsabile fu condannata a 12 anni di carcere).
Ed ecco i referenti internazionali di questi “militanti”.
< Il fondatore, Livraga Rizzi, ha rivendicato negli anni ‘70 i propri rapporti
con i circoli golpisti argentini ed uruguagi, con i cileni di “Patria y libertad”,
con la Falange spagnola. Ed anche la sezione italiana, almeno agli inizi,
sfoggia stretti rapporti di amicizia con quest’area: fondata a Roma nel 1975
(tra il 1976 ed il 1979 aprirà filiali in quindici città) viene inzialmente
aiutata da Serafino Di Luia, fondatore della nazi-maoista Lotta di Popolo,
mentre Gabriele Adinolfi (toh! chi si rivede, n.d.r.) uno dei padri di Terza
Posizione incoraggia i propri camerati a frequentare l’organizzazione >.
Ma come mai ad un certo punto è stata “scoperta” questa associazione? Grazie al
memoriale di Miguel Martinez, un italo-messicano che, dopo essere stato tra i
dirigenti dell’organizzazione se ne è staccato spiegando quali sono le effettive
finalità di essa. Dall’intervista pubblicata su “Cuore” stralciamo alcuni
passaggi particolarmente interessanti su come venivano “reclutati” gli adepti.
< Si inizia con un corso, all’interno del quale l’adepto viene seguito
individualmente. Lo si sonda, se ne capiscono gli interessi, lo si indirizza
verso un lavoro all’interno dell’organizzazione. All’inizio in maniera subdola,
fintamente assembleare. ... attraverso l’introduzione di argomenti militari,
abituandolo a eseguire gli ordini. (...) Si comincia con l’utilizzo di piccoli
codici (segnali particolari, gergalità, giochi di ruolo) e ci si ritrova
inquadrati, stretti in divise similnaziste, a fare il saluto romano. O a sparare
>.
A questo punto vengono in mente quelle associazioni (per lo più collegate al
circuito della “New age”) che stanno sempre più diffondendosi sul territorio e
che si occupano di esoterismo e di medievalismo, che organizzano campionati di
giochi di ruolo e magari anche le uscite di 'soft air', cioè i “giochi di
guerra” in cui ci si spara con armi vere anche se rese inoffensive (per il
momento). A Trieste si è svolto l’anno scorso un festival della “new age”,
interessante da visitare per conoscere certe realtà misticheggianti ed
esoteriche che non abbiamo però trovato nel festival svoltosi nel 2000.
Altro punto interessante dell’intervista di Martinez è l’accenno all’“uso dei
mass media che anno dopo anno si è affinato”, e cioè, dato che negli anni ‘80
l’argomento ecologia “tirava sui giornali” Nuova Acropoli ha iniziato “a pulire
parchi su parchi. Previa allerta dei cronisti, ovviamente”.
FORZA NUOVA A TRIESTE
La prima uscita “ufficiale” di Forza Nuova a Trieste ha avuto luogo il
28.3.1998, quando una dozzina circa di militanti, circondati da una notevole
quantità di forze dell’ordine in tenuta antisommossa, ha manifestato contro i
SERT e contro la droga. Si sono poi “presentati” il 9 maggio successivo, con una
conferenza alla quale ha presenziato pure Sergio Gozzoli.
Hanno poi proseguito con una conferenza contro l’immigrazione (novembre ‘98);
una contro il “bilinguismo” (dicembre ‘98), alla quale ha preso la parola anche
Giorgio Rustia (persona della quale parleremo più approfonditamente in altra
parte di questo dossier); diversi presidi contro il bilinguismo, contro
l’immigrazione e a sostegno del cosiddetto processo “contro gli infoibatori”.
Nell’aprile del ‘99 una loro delegazione (Paolo Karatossidis e Riccardo Baggio,
di Padova e Luciano Fragasso di Vasto) avrebbe dovuto partire da Trieste per
incontrarsi con Seselj a Belgrado, in piena aggressione NATO contro la
Jugoslavia, ma furono fermati al confine serbo.
Nel maggio del ‘99 hanno invece inaugurato la loro sede nelle case popolari di
Valmaura, quartiere dormitorio ad alto rischio teppistico (i due stadi ed il
palazzetto dello sport si trovano in quella zona, il che la rende appetibile
agli ultras); nel corso dell’estate hanno indetto varie conferenze anche con la
sigla di “Contropotere”. A settembre hanno indetto una “festa di contropotere”
con chioschi, musica, cabaret e le solite conferenze di Rustia sui “revisionismi
storici”.
Ad ottobre un’altra conferenza sui “revisionismi storici”, con Giorgio Rustia.
Era prevista pure la presenza di Marco Pirina, che però ha dato forfait,
deludendo i suoi innumerevoli fans. Il dottor Rustia, in compenso, ha presentato
un proprio “studio” teso a dimostrare le “falsità” scritte nei testi
dell’Istituto Regionale per la storia del Movimento di Liberazione ed il fatto
che in realtà le “foibe” non servirono tanto all’eliminazione degli italiani in
quanto tali, ma degli anticomunisti in generale, non importa di quale
nazionalità.
A novembre altra conferenza, questa volta sul tema “quando a Trieste si moriva
per l’italianità”. Relazioni dell’immancabile Rustia e di Sergio Gozzoli, che ha
dissertato per più di un’ora sui temi dell’europeismo visto come contraltare
alla colonizzazione nordamericana e sulla necessità di costruire una forza
politica organica in grado di coagulare i popoli europei in un’Europa delle
etnie e delle identità locali autonome piuttosto che delle nazioni. Ha poi
definito gli stili di vita dei militanti di questa forza politica: detentori di
una cultura che esalti il senso della virilità e della femminilità, dell’audacia
e della forza di carattere nei giovani; una cultura che protegga la famiglia e
sostenga la religione (ma “non ha importanza che ci si creda o meno”, secondo
Gozzoli, il che potrebbe anche apparire blasfemo); una cultura che insegni il
rigore, l’autodisciplina, l’orgoglio per la virtù; ed infine un paio di consigli
pratici ai militanti: “il vostro tempo sia sempre tempo di milizia”, “cercate
donne che vi diano tanti figli”, cosicché in questa battaglia tra un po’ di
tempo si potrà essere in molti.
Va detto che ad ascoltare questo discorso di Gozzoli alla fine erano rimaste
poco meno di dieci persone, oltre ad un paio di giornalisti ed alcuni
poliziotti.
Nello stesso periodo Forza Nuova ha inaugurato una nuova sede, abbandonando le
case popolari della periferia per stabilirsi in un ex negozio nella
centralissima zona di Barriera.
CAMERATI DI VIAGGIO
Il 2000 è stato l’anno in cui Forza Nuova è salita prepotentemente alla ribalta
dopo avere promosso manifestazioni di solidarietà con Haider ed il suo partito,
e visto che in Italia si tende ad essere più antinazisti che antifascisti, dato
che agli italiani si perdona di più che non ai tedeschi, anche gli antifascisti
più tiepidi si sono accorti che esiste un “pericolo” Forza Nuova. Ma non c’è
solo Forza Nuova...
Il 25 aprile del 2000 a Trieste ha visto, oltre alla solita commemorazione alla
Risiera di S. Sabba, anche una serie di iniziative dell’estrema destra. La
Fiamma tricolore ha compiuto il consueto “pellegrinaggio” alla foiba di
Basovizza (con corteo di macchine schiamazzante attraverso il paese, che è
abitato prevalentemente da sloveni) e poi ha convocato in mattinata un convegno
dal titolo “I crimini dei vincitori”, con il segretario Portolan e l’avvocato
Bezicheri, il noto difensore di estremisti di destra più o meno eversivi nonché
avvocato di parte civile al processo romano cosiddetto “per le foibe” (in realtà
c’è un unico imputato accusato dell’omicidio di tre persone a Fiume nel maggio
‘45) per conto di una non meglio nota associazione di “Amici e discendenti di
esuli”.
Altro convegno indetto da Fascismo e Libertà sul tema: “L’Italia dei grandi
processi ingiusti: severa e crudele con Priebke, assolutoria con gli assassini
delle Foibe”. Relatori: don Curzio Nitoglia (direttore della rivista “Sodalitium”),
Mario Spataro (giornalista e revisionista storico), l’avvocato Sinagra ed il
presidente nazionale del movimento Giuseppe Martorana. Chi si fosse aspettato da
un sacerdote un discorso di pace, amore e perdono, è rimasto deluso, dato che da
don Nitoglia abbiamo invece appreso che: “la guerra non si fa con le caramelle”;
che il comandamento dice “non uccidere gli innocenti” (noi sapevamo che dice di
“non uccidere” tout court, salvo i casi di legittima difesa) e che in guerra si
deve uccidere per non essere uccisi; che i fucilati alle Ardeatine non erano
“innocenti” perché tutti detenuti o politici o comuni, quindi Priebke non ha
commesso alcun peccato mortale; che le rappresaglie in guerra sono lecite, dopo
via Rasella la rappresaglia: “si doveva fare”, ha sostenuto il prete, altrimenti
“quante altre bombe sarebbero scoppiate il giorno dopo”? Oltretutto la
rappresaglia delle Ardeatine non è stata neanche la peggiore della storia, basti
pensare che Graziani (il governatore della Libia) fece uccidere per rappresaglia
3000 africani. Ancora secondo Nitoglia i tedeschi in questo caso furono “più che
corretti” perché “altri” avrebbero ucciso molto di più: difatti “proprio qui a
Trieste sono stati buttati nelle foibe circa 10.000 italiani solo perché
italiani”. Che non vi siano “proprio qui a Trieste” foibe sufficienti a
contenere diecimila corpi, non pare creare alcun problema a don Nitoglia (per
conoscenza storica diciamo che nella provincia di Trieste furono recuperati
circa una quarantina di corpi di persone gettate nelle foibe per vendette
personali nel maggio del ‘45).
Ancora: Priebke fu condannato per un “crimine fra virgolette” da lui commesso
per eseguire degli ordini; inoltre il battaglione Bolzano, bersaglio
dell’attentato di via Rasella non era delle S.S. ma della “polizia italiana che
doveva mantenere l’ordine pubblico a Roma sotto l’ordine dei tedeschi”; ed i
partigiani avevano commesso quell’attentato per attirare una rappresaglia
tedesca contro l’Italia e l’odio dei cittadini romani nei confronti dei
tedeschi, dato che fino a quel momento l’occupazione tedesca era stata
“pacifica” ed i romani simpatizzavano coi tedeschi.
Non vale la pena di riferire nei particolari l’intervento del giornalista
Spataro (autore di libri di revisionismo storico), ne citiamo solo un paio di
battute, tanto per far capire il livello intellettuale, giuridico e politico del
soggetto: su Pinochet ha detto che nessuno si preoccupa invece di dire ciò che
aveva combinato Allende, e cioè “stava per portare il Cile a livello di Cuba”
(cosa che, vista la bassa mortalità infantile di Cuba rispetto a quella degli
altri stati dell’America latina ma anche degli USA, non avrebbe dovuto
spaventare più che tanto i cileni); e poi se l’è presa con i “cervelli
cloroformizzati dalle televisioni” e dai vari Lilli Gruber e Mentana. Quanto
alle torture per cui fu accusato Priebke: “dato che il terrorista non parla la
tortura è necessaria”, posizione questa che farebbe rivoltare nella tomba
persino il non-comunista Cesare Beccaria.
Infine l’avvocato Sinagra (asserito ed orgoglioso affiliato alla loggia P2, noto
per essere stato il difensore di fiducia di Gelli come pure del governo turco
all’epoca dell’'affaire' Ocalan, come dell’ex ufficiale Olivera, torturatore
agli ordini del dittatore argentino Videla, nonché per essere stato il
“promotore” del cosiddetto “processo per le foibe”, per cui, come dice egli
stesso, il suo nome è collegato “al genocidio degli italiani” delle regioni che
lui considera “italianissime” d’Istria, Dalmazia e Carnaro), che dopo avere
rivolto un caloroso saluto ai “camerati” Cauter e Martorana, ha più o meno
ripetuto le stesse cose da lui dette in altre occasioni (di cui abbiamo
riferiremo più avanti), ed ha infine esposto un’interessante teoria. Il fascismo
in Italia, dice, era nato dall’esigenza di saldare assieme la soluzione di due
problemi: la giustizia sociale e l’unità nazionale, ed è in seguito cessato per
sconfitta militare e non per verifica economica, come invece è successo col
comunismo (che rimane per Sinagra la “tragedia di questo secolo”), ed il
problema del fascismo in Italia è che è durato troppo poco. Che è sì
un’esperienza passata, ma da quel simbolo (cioè il fascio littorio) escono due
filoni che rappresentano i due problemi che devono essere risolti ancora oggi
(la giustizia sociale e l’unità nazionale) “gli spunti per non dimenticare che
ciascuno di noi è parte di un tutto”, e sarebbe questo il significato profondo
del concetto del “fare la guardia al bidone di benzina”: il fascismo era una
esperienza che accomunava tutti in un’unico fascio.
Ancora nella medesima occasione il “commissario federale” di Fascismo e Libertà
per il Veneto, Foti, ha dichiarato che “questo regime ci ha dato poco o niente
se non la possibilità di combattere” e che ora “è il momento di alzare il
livello dello scontro”. Senza precisare di quale tipo di “scontro” intenda
parlare, se politico o di altro tipo.
Curiosamente ritroveremo Nitoglia e Spataro come oratori pure in una conferenza
indetta da Forza nuova, svoltasi nella serata (dopo avere “reso omaggio” alla
foiba di Basovizza ed alla targa in onore di tale Ennio Beltramini), “Quale
liberazione?”, assieme ai soliti Bellani e Rustia e certo Franco Damiani.
Il concetto di Sinagra in merito ai due significati del fascismo potrebbe
ricordare vagamente quel “fas e jus” che un altro curioso personaggio, Pietro
Molinari, usa come simbologia per il proprio movimento, l’Alleanza Dio e Popolo,
da lui definito “partito etico politico onniconfessionale ed ambidestro”. Da
qualche anno Molinari si presenta sulle piazze di Trieste con questo suo
movimento che trae spunto (egli sostiene) innanzitutto da Mazzini, ma anche da
Gesù Cristo, e che “Marx, Lenin, Stalin, Mussolini e Hitler operarono con
intuizioni unidirezionate, ma tradotte in pratica con modi diversi”. Molinari,
che distribuisce sia opuscoli patinati che ciclostilati apparentemente scritti
con un’anacronistica testina rotante, si pone come obiettivo “l’arresto” dei
politici che, secondo lui, avrebbero tradito i dettami costituzionali. Hanno con
lui contatti gli esponenti locali del comitato contro l’uranio impoverito che
fanno riferimento al sito Internet gestito da Marco Saba.
SUL REVISIONISMO STORICO E LE “FOIBE”
Abbiamo visto che le “iniziative” di Forza Nuova sono spesso incentrate su temi
storici o pseudo tali, e dato l’accenno ai “corsi di storia” che l’associazione
organizza, è a questo punto necessario fare una (non molto breve...) digressione
per affrontare il tema del revisionismo storico come è stato portato avanti
negli ultimi anni, e non solo da “estremisti” di destra, ma dagli stessi
rappresentanti della storiografia “democratica”.
Il revisionismo storico italiano è diverso da quello spiccatamente europeo,
soprattutto inglese e tedesco, che si pone lo scopo di riabilitare il nazismo
negandone le parti peggiori, ad esempio sostenendo che le camere a gas di
Auschwitz non sono mai esistite, che non vi fu un genocidio del popolo ebraico,
che i documenti esistenti in merito sono dei falsi storici, come ad esempio lo
stesso diario di Anna Frank.
In Italia più che di riabilitazione del fascismo ci troviamo di fronte ad una
denigrazione del movimento partigiano, forse perché, essendo già passata nella
coscienza popolare l’idea che il fascismo di Mussolini fu una dittatura
“all’acqua di rose” (cosa che è più difficile da sostenere per Hitler), è
necessario “alzare il tiro” e quindi capovolgere le parti. Trasformare gli
antifascisti da oppressi che si erano ribellati ai propri oppressori in
“terroristi”, “eversori”, “fuorilegge”, dando per assodato dunque che la legge
fascista fosse giusta e da rispettare. “Dimenticando” che il fascismo non era
andato al potere con libere elezioni ma mediante un colpo di stato, e che i suoi
metodi di governo non erano propriamente democratici.
Significativa è da questo punto di vista l’esistenza di una “Consulta per
revisione storica” della quale farebbero parte, secondo l’ANSA del 5.1.1999, i
“nazisti Merlino e Signorelli” e l’avvocato Sinagra. Di quest’ultimo abbiamo già
parlato e parleremo ancora; Signorelli l’abbiamo precedentemente incontrato e
“Merlino” è forse quel Mario Merlino di Avanguardia Nazionale che fece
l’infiltrato nei gruppi anarchici romani alla fine degli anni ‘60? Ed è lo
stesso Mario Merlino che l’avvocato Sinagra ha citato come teste di parte civile
nel cosiddetto “processo per le foibe” del quale parleremo più avanti?
Trieste, essendo stata dopo l’8.9.1943, direttamente annessa al Terzo Reich
(sotto la denominazione di Adriatisches Küstenland, Litorale Adriatico), ha
avuto sul proprio territorio un forno crematorio annesso ad un campo di
concentramento e sterminio: la Risiera di San Sabba. I revisionisti sostengono
che tale campo non fu di sterminio ma di smistamento (come se da un punto di
vista morale le cose fossero diverse!), il che corrisponde solo parzialmente al
vero, perché, se è esatto che gli Ebrei rastrellati e portati in Risiera furono
poi per la maggior parte deportati nei lager tedeschi (dove del resto trovarono
quasi tutti la morte), d’altra parte nella Risiera furono assassinate, si
calcola, circa cinquemila persone, per lo più partigiani sloveni e croati ed
italiani.
Nel 1992 il Movimento Fascismo e Libertà diffuse un volantino nel quale
affermava che nella Risiera < non è mai esistito un campo di sterminio, non è
mai esistita una camera a gas, non è mai esistito un forno crematorio > fu <
solo parzialmente campo di transito per prigionieri politici. Durante tutto quel
periodo, nella ex risiera, morirono per mano nazista e per cause naturali, una
decina di persone. (...) La verità è che il “campo di sterminio” è stato
inventato negli anni sessanta per contrastare la tremenda realtà delle foibe
nelle quali i comunisti slavi, con la complicità di quelli italiani. avevano
massacrato oltre diecimila triestini, istriani e goriziani... >. Per la
diffusione di questo volantino il Movimento fu assolto dall’accusa di apologia
del fascismo: difatti non si riesce a capire perché furono denunciati per quel
reato e non per quello di diffusione di notizie false ed incitamento all’odio
etnico. Ma è purtroppo così che si muovono le cose in Italia.
Le “foibe”, dunque, cioè il grosso cavallo di battaglia della storiografia
nazionalista sul confine orientale. Con questo termine si intendono le pretese
esecuzioni sommarie che sarebbero state operate dai partigiani jugoslavi dopo la
liberazione di Trieste e Gorizia e della regione istriana. La propaganda
nazionalfascista, dal 1945 in poi, ha sostenuto che “migliaia di persone”
sarebbero state “infoibate” (cioè gettate nelle “foibe”, le cavità naturali
presenti nel Carso triestino ed istriano) “sol perché italiane”. Col passare
degli anni la storiografia “progressista”, invece di fare chiarezza sulle
menzogne di marca fascista e neoirredentista, si è invece appiattita su di esse,
e troviamo oggidì sindaci “progressisti”, storici “democratici” ed esponenti del
centrosinistra sostenere le stesse tesi che fino a dieci-quindici anni fa erano
patrimonio esclusivo degli ambienti della destra più retriva, con l’unica
differenza che dalla “causale etnica” (“infoibati sol perché italiani”) si è
passati a quella “politica” (“infoibati perché contrari al comunismo titoista”).
Tutto ciò ovviamente è strumentale alla nuova demonizzazione del comunismo,
quella in atto da una decina d’anni a questa parte, dopo la “caduta del muro di
Berlino”: mentre prima l’anticomunismo viscerale era patrimonio esclusivo dalle
destre, da una decina d’anni in qua abbiamo assistito ad una “conversione” su
questi temi da parte di certi settori che potremmo definire i “pentiti” della
sinistra, proprio per questo ancora più fanaticamente anticomunisti. In questa
trasformazione della storiografia “democratica” in funzione anticomunista
abbiamo assistito addirittura a delle rivalutazioni dell’operato di Stalin in
chiave antititoista.
Per quanto concerne le foibe va detto che in realtà di esecuzioni sommarie alla
fine del conflitto nella cosiddetta “Venezia Giulia” ve ne furono, ma in misura
molto inferiore a quanto accadde nelle altre città d’Italia, come a Milano o nel
famoso “triangolo rosso”. Lo storico Mario Pacor così descrisse il “malcontento
operaio” nel maggio del ‘45, quando Trieste era sotto amministrazione partigiana
jugoslava:
< Fu così che agli operai insorti non fu permesso di procedere a quelle
liquidazioni di fascisti responsabili di persecuzioni e violenze, a quegli atti
di “giustizia sommaria” che invece si ebbero a migliaia a Milano, Torino, in
Emilia e in tutta l’Alta Italia nelle giornate della liberazione e poi ancora
per più giorni. “Non ce lo permettono” mi dissero ancora alcuni operai
“pretendono che arrestiamo e denunciamo regolarmente codesti fascisti, ma
spesso, dopo che li abbiamo arrestati e denunciati, essi li liberano, non
procedono. E allora?” ne erano indignati... > [14].
Basiamoci sulle fonti della stessa destra, Luigi Papo, ad esempio, figura
carismatica del negazionismo storico nazionalista e neoirredentista. Oggi
sedicente ricercatore storico, fu comandante del presidio della Guardia
Nazionale Repubblicana di Montona, in Istria, che si rese responsabile di
rastrellamenti ed azioni contro partigiani e contro civili, combattendo sotto
comando tedesco (ricordiamo che dopo l’8 settembre del ‘43 le provincie di
Trieste, Udine e Gorizia, l’Istria e Fiume erano state annesse al Reich tedesco
sotto la denominazione di “Litorale adriatico”); fu arrestato dai partigiani a
Trieste dopo la liberazione ma venne rilasciato dopo due mesi di campo di
prigionia, perché, presentatosi sotto falso nome, non era stato riconosciuto.
Indicato tra i criminali di guerra per i quali la Jugoslavia aveva chiesto
l’estradizione, così descrive il modo in cui riuscì a cavarsela:
< L’on. Mario Scelba, allora ministro degli Interni, sollecitato dall’on. Nino
de Totto (uno dei fondatori del M.S.I. triestino, n.d.r.) e dall’A. (cioè lo
stesso Papo, n.d.r.), si adoperò per l’archiviazione della richiesta di
estradizione presentata dalla Jugoslavia. La Magistratura aveva, peraltro, già
dato corso alla procedura, ma fu soltanto il prof. Bruno Artusi (...) ad essere
estradato (...) fu rimesso in libertà alcuni mesi dopo...> [15].
Papo ha compilato un ponderoso “Albo d’Oro” con ventimila nomi di
“giuliano-dalmati” morti durante la seconda guerra mondiale. Nonostante la
copertina riporti il disegno dello spaccato di una foiba, i ventimila nomi non
sono tutti di “infoibati”, anzi lo sono in minima parte. Papo ha preso in
considerazione tutta l’area che comprende le vecchie provincie di Trieste e
Gorizia (che allora avevano un vasto retroterra oggi compreso nella repubblica
di Slovenia), l’Istria, Fiume, la Dalmazia, ed ha elencato tutti i nomi dei
militari originari di queste zone morti in combattimento sui vari fronti
(Africa, Russia...) oltre che tutti i militari caduti in combattimento nella
zona, i caduti civili sotto i bombardamenti, una buona parte dei deportati dai
nazisti nei lager tedeschi, molti partigiani, ed infine anche coloro che, dopo
la Liberazione, furono arrestati dalle autorità jugoslave, processati e
fucilati, oppure morirono nei campi di prigionia per militari, oppure ancora
furono vittime di giustizie sommarie e regolamenti di conti. Il numero degli
scomparsi appartenenti a queste tre ultime categorie ammonta, per la provincia
di Trieste, a circa 500 persone.
Ciononostante sia la propaganda nazionalista che i rappresentanti “democratici”
istituzionali continuano a parlare di “migliaia di infoibati”.
E tutta questa mistificazione propagandistica contro gli “infoibatori” viene
usata in maniera strumentale dalle destre per avallare sia i propri discorsi
neoirredentisti che quelli razzisti di rifiuto di riconoscere alla comunità
slovena il diritto ad una legge di tutela.
Altro epigono del negazionismo storico, e più famoso di Papo, è il pordenonese
Marco Pirina, che, dopo aver fondato con la moglie Annamaria D’Antonio un centro
studi denominato “Silentes loquimur”, ha dato alle stampe diversi libri
(stracolmi di errori marchiani, ma che importa, tutto fa brodo, e come diceva
quel proverbio, diffama, diffama, tanto qualcosa resta) tesi a dimostrare la
barbarie partigiana (non solo slava). Pirina fu dirigente del FUAN a Roma negli
anni ‘60 e come dirigente del Fronte Delta fu inquisito (poi prosciolto in
istruttoria) per il tentato golpe Borghese; per un periodo militò nella Lega
Nord e fu pure assessore alla cultura a Pordenone. In seguito passò a Forza
Italia, ma non è dato sapere oggi a quale partito faccia riferimento. Nella sua
carta intestata sostiene di essere “dep. Parlamento Mondiale per la Sicurezza e
la Pace”, una strana organizzazione che pare abbia sede in Sicilia ed il cui
nome trovammo sui giornali nell’estate del 1999 come coinvolta in un traffico di
barre d’uranio: la notizia scomparve subito dai “media” e non se ne seppe più
nulla.
ANCHE NEOIRREDENTISMO
Forza Nuova ha, com’è logico, molti collegamenti internazionali. Fa capo, come
gli stessi suoi dirigenti affermano, ad “Euronat”, la rete europea di quella
destra radicale che dovrebbe convergere a Trieste in novembre e che si è
ritrovata in Umbria nell’agosto scorso in un convegno organizzato dalla rivista
Orion edita da Maurizio Murelli. Ad Euronat fa riferimento, oltre al Partito
Nazionalista Slovacco, il Fronte Ellenico, Democracia Nacional (gli “eredi”
della Falange spagnola), il Movimento Patriottico Popolare finlandese, il
Partito della Grande Romania, il Partito Svedese Democratico, Alianca Nacional
portoghese, la Deutsche Volksunion ed il Partito Nazionalista serbo, anche il
più famoso Fronte Nazionale francese di Jean-Marie Le Pen.
Nel novembre del ‘98 si è tenuto a Trieste, organizzato dal “Fronte Unitario
degli Italiani” (associazione neoirredentista diretta dal triestino Mario
Ivancich), un convegno (il cui ospite d’onore era proprio Le Pen) dal ponderoso
titolo: “Crimini contro l’umanità in tempo di pace e mancata applicazione del
diritto internazionale nella questione ancora aperta della Venezia Giulia a 50
anni dalla fine del secondo conflitto mondiale”. Temi questi ricorrenti in tutta
la galassia della destra locale, dagli “estremisti” di Forza Nuova e Fiamma
tricolore ai “democratici” di Alleanza Nazionale e delle varie associazioni
degli esuli istriani.
Giova a questo punto aprire una parentesi sul neoirredentismo, riportando alcune
delle posizioni espresse sull’argomento negli ultimi anni, non solo da quella
che viene comunemente ritenuta la “destra radicale”.
Iniziamo con l’intervento fatto dal giornalista Fausto Biloslavo (ve lo
ricordate?) nel corso di un convegno organizzato da Azione Giovani per
presentare un libro di revisionismo storico dal titolo “Il rumore del silenzio”
(10.9.1997). Dopo essersi presentato come “nipote di infoibato e figlio di
esule” s’è chiesto perché non sia mai esistita un’organizzazione per la
liberazione dell’Istria come invece è esistita una organizzazione per la
liberazione della Palestina ed ha poi concluso auspicando che “il mare Adriatico
diventi pacificamente, culturalmente quello che è sempre stato: un lago
italiano”.
Il discorso dell’organizzazione per la liberazione dell’Istria ci rimanda ad uno
scritto di Forza Nuova diffuso nel dicembre ‘98, dal titolo “La questione del
confine orientale”, che inizia così: < l’Italia a differenza di molti altri
paesi nel mondo si trova circondata da confini ben delineati non da situazioni
politiche contingenti posti non dall’uomo, ma dalla natura stessa >. (Ci
scusiamo per la sintassi, ma gli elaboratori politici di Forza Nuova sono quello
che sono). < I mari da una parte, le Alpi dall’altra le danno infatti la sua
conformazione. vi è soltanto una eccezione: quella che riguarda il cosiddetto
“confine orientale”. (...) E’ forse chiedere troppo il rispetto dei confini
NATURALI? Sono forse pretese di genti guerrafondai (sic) quelle di abitare le
terre dei loro padri? (...) in questi ultimi anni si è parlato molto di
autodeterminazione dei popoli (spesso a sproposito). (...) sono vivi i propositi
di rivalse di popoli e genti che spesso lottano per la loro sopravvivenza
etnica, tradizionale, linguistica, culturale ecc... Spesso queste lotte
sanguinosissime sono oggetto di articoli giornalistici, servizi televisivi,
films ed altro. Per quanto riguarda le genti della Venezia Giulia il discorso si
fa diverso o meglio non si fa. Il silenzio regna sovrano, soprattutto da parte
delle autorità italiane che “teoricamente” dovrebbero tutelare le nostre genti.
Ciò fa venire il sospetto che senza un po’ di bombe e gente che salta per aria
(es. Irlanda o Palestina) l’opinione pubblica e le autorità italiane non si
sentono particolarmente stimolate (...) >.
Invece l’avvocato Augusto Sinagra, sempre nel corso della conferenza del
10.9.1997 indetta da Azione Giovani, ha sostenuto che “lo stato italiano
rivendica un diritto storico su regioni che sono italiane anche se
provvisoriamente non lo sono”; poi è partito per la tangente con affermazioni
del tipo “il presidente Pertini, a cui sono grato solo per il fatto di essere
morto”, e “dovrà tornare un governo duce nel senso di guidare”. Ha anche detto
che le foibe sono il prodotto di “una barbarie antica che viene da lontano”
perché i popoli “slavi” sono privi di civiltà, come s’è visto poi anche con le
vicende della Bosnia.
Successivamente (in una conferenza tenutasi a Gorizia il 6.4.2000, di cui
riferiremo più ampiamente dopo) Sinagra ha ripreso gli stessi concetti
specificando che il senso del suo lavoro (cioè della costruzione di quel
processo, dove, ricordiamo, non si parla più di “foibe”) è del tutto politico.
Perchè, egli dice, si sta ricostruendo una “coscienza nazionale”, lo dimostra il
fatto che dappertutto in Italia si stanno intitolando vie e piazze ai “martiri
delle foibe” e che lo stesso senatore Pellegrino (presidente della commissione
parlamentare stragi) gli aveva chiesto in quei giorni una richiesta formale per
potersi occupare anche della “strage” delle foibe. Tale fatto però assume una
valenza particolare se ricordiamo che nell’estate del ‘97 Pellegrino aveva
rilasciato al periodico d’estrema destra “Area” queste dichiarazioni: < una
volta chiarite le foibe si riuscirà a capire la storia interna del Paese: perché
uomini della destra radicale e partigiani bianchi si sono uniti in gruppi
clandestini anticomunisti”. Ovvero “giustificare” la Gladio mediante le “foibe”?
Certo allora che è un bel pericolo dimostrare che le “foibe” non sono state
quello la destra radicale ha ribadito per decenni: quali giustificazioni avrebbe
a questo punto la Gladio?
Tornando a Sinagra, vi sono altre sue dichiarazioni degne di nota: ha dichiarato
“traditori” perché ignorano “cosa sia la dignità nazionale”, tutti i governi
passati, tranne quello di Berlusconi (membro della P2 come Sinagra) perché il
ministro Martino era stato l’unico a ribadire i “diritti storici” dell’Italia
sull’Istria, ed ha poi concluso che “piaccia o non piaccia a qualcuno, in futuro
quelle regioni torneranno alla madre patria italiana”.
Riprendiamo in mano le dichiarazioni del geometra Ivancich al convegno con Le
Pen. Ivancich che ha un passato di militanza nella Lega Nord triestina,
all’interno della quale aveva fondato, nel 1991, una “Lega Venezia Giulia” la
cui “proposta politica del 2000” era (citiamo dal “Meridiano”) “una regione
unica da Trieste a Fiume, secondo i confini della Venezia Giulia prebellica”.
Teniamo presente questa proposta, perché qualcosa di simile lo ritroveremo anche
successivamente.
Ecco ora il succo dell’intervento di Ivancich al convegno con Le Pen: dato che,
secondo lui, gli “infoibati” per mano del “regime comunista jugoslavo” furono
ventimila, allora Slovenia e Croazia devono “pagare i danni”, visto che come
stati si ritengono eredi della Jugoslavia; e, come “Al Capone è stato preso
perché non pagava le tasse”, così “noi vogliamo il nostro, vogliamo l’Istria,
Fiume e la Dalmazia”; e, bontà sua, Ivancich si premura di aggiungere che si
augura che “le cose si risolvano pacificamente”. Come se Slovenia e Croazia non
aspettassero altro che ritoccare i propri confini per “restituire” all’Italia
l’Istria, Fiume e la Dalmazia.
Del resto il giorno prima lo stesso Le Pen, nel corso della sua conferenza
stampa, aveva dichiarato di sentirsi onorato di essere a Trieste, punto di
arrivo dell’unità d’Italia e per l’avvenire punto di partenza... ma l’Italia non
dovrebbe essere “unita” a tutt’oggi?
Infine riportiamo come nota di colore parte dell’intervento che tale Mariantoni
(non sappiamo se si tratti dello stesso Alberto Mariantoni che fu rinviato a
giudizio per il tentato golpe Borghese) fece nel corso del dibattito con Le Pen.
Secondo lui la nostra (cioè “loro”, di quelli come lui) contrarietà alla cultura
proveniente dall’America deve essere motivata dal fatto che “i popoli europei
diedero la civiltà al mondo”, mentre gli Stati Uniti hanno basato la loro
potenza dapprima sul genocidio delle popolazioni native, dopo sullo sfruttamento
degli schiavi importati dall’Africa. Mariantoni s’è però “dimenticato” che la
cultura americana che ha prodotto quei crimini è la stessa cultura che è stata
esportata nel mondo dai “popoli europei” che andavano in giro a “civilizzare”
gli altri popoli.
BILINGUISMO, MAI!
Tornando alla situazione specificatamente locale, a Trieste Forza Nuova ha un
cavallo di battaglia in più da portare avanti: la lotta contro il cosiddetto
“bilinguismo” (più correttamente la legge di tutela per la comunità etnica
slovena che è presente, ricordiamo, nelle provincie di Trieste e Gorizia e nel
Friuli orientale storicamente da diversi secoli). Nel corso di questa
“battaglia” Forza Nuova ha trovato l’adesione di uno strano personaggio, tale
Giorgio Rustia, triestino vissuto per trent’anni a Milano prima di rientrare
nella città natale agli inizi degli anni ‘90. Rustia, che si è avvicinato a
Forza Nuova dopo avere fondato un “Comitato spontaneo di triestini che non
parlano lo sloveno” è diventato il referente locale di “Contropotere” per il
quale tiene regolarmente conferenze pseudo-storiche dove tratta della storia
recente di Trieste. In realtà egli non è uno storico, è laureato in scienze
biologiche, ma sulle pagine dei giornali locali appaiono spesso sue lettere in
merito alla questione delle foibe e ai rapporti tra italiani e sloveni in queste
terre. Il modo che ha Rustia di fare “controinformazione” su questi argomenti è
quello di estrapolare frasi e spezzoni da vari documenti per darne poi
un’interpretazione di parte (come si suol dire, prendendo una frase di qua ed
una di là si può riuscire a dimostrare che il Papa ha celebrato anche una messa
nera...). Il tutto teso a dimostrare una presunta “cattiveria” del popolo
sloveno che da decenni non ha pensato ad altro che cercare di eliminare
“l’italianità” di queste terre; che Rustia faccia ciò in perfetta malafede è
dimostrato dal fatto che, più di una volta, sulle pagine dei giornali sono
apparse chiarificazioni e smentite delle interpretazioni da lui date a frasi
stralciate di qua e di là, ciononostante Rustia insiste nel riscrivere sempre
gli stessi concetti.
Questo personaggio a Trieste rappresenta anche il Centro di studi storici della
Guardia Civica (la Guardia Civica fu un gruppo militare creato dai nazisti a
Trieste dopo l’8 settembre ‘43, riconosciuto dagli storici come corpo
collaborazionista), pur non avendo militato nel suddetto Corpo ed è anche
segretario dell’Associazione Congiunti Deportati in Jugoslavia, pur non essendo,
a quanto è dato sapere, imparentato con alcun “deportato” (a Trieste si usa
questo termine impropriamente per definire i prigionieri di guerra che furono
condotti in Jugoslavia subito dopo la liberazione della città nel maggio ‘45);
ha inoltre stretti contatti con le varie associazioni combattentistiche comprese
quelle dei reduci della Repubblica di Salò, unite nell’Associazione Grigioverde.
Tanto per inquadrare il personaggio, vediamo come ha presentato, il 6 aprile
2000 a Gorizia, il suo libro di “risposta” ad “Operazione foibe a Trieste” [16],
testo che ha tentato di ridimensionare un po’ le mistificazioni storiche sulle
foibe. Con Rustia c’erano Angelo Lippi (fratello di Paris) rappresentante
dell’associazione “Novecento”, il quale ha ricordato di averlo conosciuto un
paio d’anni prima ad un raduno di veterani della Decima Mas “presso una foiba” (nè
Rustia nè Lippi hanno l’età per essere “veterani” della Decima, il che può far
pensare che vi si fossero recati per “comunanza ideologica”), certo Apollonio
(rappresentante dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia di Gorizia) e
l’avvocato Sinagra. Rustia, dicevamo, non è uno storico e neppure un ricercatore
“al di sopra delle parti”. Essendo animato da potente livore antislavo ed
anticomunista, ha raccolto per questo suo libro (intitolato “Controperazione
foibe”) un’enorme quantità di informazioni sul movimento di liberazione, sulle
formazioni collaborazioniste, sui fascisti e sui comunisti. Questo sarebbe in
teoria un lavoro encomiabile, ma bisogna tenere conto innanzitutto che egli si
basa per lo più su notizie tratte dalla stampa dell’epoca (e già qui andrebbe
detto che non si può “fare storia” basandosi unicamente su articoli di giornale
che magari vengono smentiti il giorno dopo essere stati pubblicati, ma non pare
che di questo Rustia abbia tenuto conto) e che tutto il suo lavoro pare
finalizzato a dimostrare che il movimento partigiano, soprattutto quello
“slavocomunista” non era null’altro che un’associazione criminale che odiava
tutto quanto c’era di italiano. Mentre i fascisti, poveretti, forse avranno
anche fatto qualcosa di male, ma non ci sono paragoni fra la cattiveria dei due.
Nella presentazione della conferenza abbiamo sentito innanzitutto Lippi
sostenere che ultimamente sono usciti alla ribalta degli “storici da strapazzo”,
poi Apollonio ha aggiunto che questi storici “con la complicità dei mass-media”
cercano di dimostrare che “le foibe non sono esistite o quantomeno è stato fatto
bene a buttarvi dentro la gente”. Rustia ha poi proseguito dicendo che “questi
storici non sono che l’avanguardia dello slavocomunismo che si sta
ripresentando” e che hanno dietro di sè “persone ben più importanti” che portano
avanti da anni un “piano concertato di mistificazione della storia”, ma qui lo
“studioso” non è entrato nei particolari, a parte lanciare i soliti attacchi
all’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione..
Si può qui notare l’abilità mistificatoria di questi sedicenti storici
dell’estrema destra che, dopo avere per decenni imperversato con le loro
menzogne sulla Resistenza e sul nazifascismo, oggi accusano gli altri studiosi,
quelli che hanno semplicemente cercato di ripristinare un minimo di verità
storica, a partire dalla reale entità delle esecuzioni sommarie avvenute dopo la
Liberazione, di essere loro i “mistificatori”, gli “storici da strapazzo”. Dove
per storici “seri” evidentemente intendono i Pirina, i Rocchi ed i Laperna che
danno per “infoibati” dai partigiani anche i martiri della Resistenza ed i
deportati nei lager tedeschi; in compenso insistono nel negare i crimini
nazifascisti, al punto da affermare, come ha fatto Rustia, che il campo di
sterminio di Gonars (dove, ricordiamo, furono internati dal fascismo nel corso
di un anno e mezzo circa seimila civili, donne vecchi e bambini, 410 dei quali
morirono di stenti) “è una bufala ancora più clamorosa della Risiera di
Trieste”.
Sulla questione slovena non possiamo però sostenere che solo gli “estremisti” di
Forza Nuova hanno delle posizioni di una certa gravità. Facciamo ora un rapido
excursus delle affermazioni dette nel corso degli ultimi due anni da esponenti
sia della destra più radicale che del cosiddetto “centrodestra” (ovvero Forza
Italia ed Alleanza Nazionale).
Volantino diffuso dal “Comitato spontaneo di cittadini che non parlano sloveno”
(novembre 1998):
< Fra poche settimane, dopo l’imminente approvazione della LEGGE DI TUTELA
GLOBALE DEGLI SLOVENI, tutti gli uffici pubblici e molte attività private
dovranno mettersi in grado di dare immediata risposta (...) in lingua slovena,
anche a chi capisce l’italiano. Tutte le nuove assunzioni saranno riservate
esclusivamente a migliaia di nostri concittadini di MADRELINGUA SLOVENA e,
probabilmente, anche a sloveni d’oltre confine. Non di TUTELA si tratta, bensì
di inaccettabili privilegi. Che cosa rimarrà per te, cittadino che non parli
sloveno e per i tuoi figli? SOLO LA DISOCCUPAZIONE O L’EMIGRAZIONE! (...)
Triestino che non parli sloveno, tra pochi giorni il governo dell’Ulivo
approverà la legge dei privilegi ai cittadini italiani di madrelingua slovena. A
loro saranno riservate tutte le future assunzioni negli uffici pubblici (Comune,
Provincia, Regione, Finanza, Polizia, Carabinieri, Scuole, Ferrovie, Telefoni,
Nettezza Urbana, Ospedali, Trasporti ecc. ) perchè essi pur parlando tutti
l’italiano, avranno il diritto di ricevere negli uffici e servizi pubblici,
risposta verbale immediata in sloveno. Questo perchè ai pochi mestatori di
professione della minoranza slovena, la lingua che tu parli ed anch’essi
parlano, fa schifo! L’articolo 8 di questa legge, condanna te ed i tuoi figli
alla disoccupazione, così come tanti italiani, tra cui i nostri padri ed i
nostri nonni sono stati condannati alle foibe! > Ed infine la parte migliore: <
... il “Piccolo” (...) ed il sindaco Illy insieme a tutti i cattocomunisti servi
degli sloveni, vogliono di nuovo pugnalarti di sorpresa e a tradimento!!! Essi
(...) si preoccupano perché ci sono pochi treni per andare oltre l’Isonzo! (...)
vogliono che tu ed i tuoi figli, quando sarete obbligati ad emigrare per fare
posto a carsolini e lubianesi, possiate viaggiare belli comodi!>.
Ancora da un intervento del dottor Rustia (12.12.1998), il quale ha rilevato che
la legge di tutela sarebbe “un cappio al collo” per la gioventù italiana. Con
questa legge, ha sostenuto, gli sloveni riusciranno ad ottenere per mano legale
ciò che non riuscì loro “manu militari” nel ‘45 con i carri armati: cioè
occupare i “nostri” territori. E come? Semplice, spiega Rustia: con questa legge
di tutela a Trieste ci sarà bisogno di circa 250/300 interpreti che dovranno
giocoforza venire qui da oltre confine perché “a Trieste non ci sono sloveni
disoccupati”; questi interpreti si porteranno dietro la propria famiglia
(“moglie, due figli, genitori, fratelli”), cosicché in men che non si dica a
Trieste ci saranno un migliaio di sloveni in più, dal che nascerà un ulteriore
bisogno di interpreti, che dovranno nuovamente venire “importati” da oltre
confine e via di seguito, si svilupperà una “catena di Sant’Antonio” per cui
Trieste si riempirà di sloveni e gli italiani saranno costretti ad emigrare.
In un volantino di Forza Nuova diffuso nello stesso periodo troviamo più o meno
gli stessi concetti: < ... una legge di tutela è inutile, anzi dannosa per
Trieste e per i triestini (...) si parla di posti di lavoro che spetterebbero di
diritto ad appartenenti della minoranza (...) una legge discriminatoria per gli
italiani ecco l’ultimo regalo del governo catto-comunista per Trieste... >.
Ancora da riportare le affermazioni di Bellani (12.12.1998) in merito al loro
modo di scendere in piazza contro il “bilinguismo”: “lo faremo nella totale
legalità e compostezza come è nostra abitudine” (ma quali sono le “abitudini” di
Forza Nuova?); affermazioni che, se collegate a quanto detto da Rustia nella
medesima occasione “in città vi saranno dei torbidi quando i triestini si
accorgeranno della pericolosità della legge sul bilinguismo”, pongono quantomeno
degli interrogativi in materia di ordine pubblico. Fatti questi di stretta
attualità nel momento in cui stendiamo queste righe e vediamo come a Trieste
stia montando la canea “antibilinguismo”, travestita da malintesi sentimenti di
“amor di patria” e “italianità”.
Sull’ argomento della legge di tutela abbiamo sentito anche un intervento del
generale Riccardo Basile, presidente dell’Associazione Grigioverde, fatto nel
gennaio del ‘99 durante un convegno organizzato da Alleanza Nazionale (e qui
siamo nel sedicente “polo delle libertà”, non nell’ambiente “estremista”). Così
Basile < ... questa proposta grida vendetta al cielo (...) l’Italia non ha mai
operato pulizia etnica nei confronti degli sloveni... > (“dimenticandosi” delle
migliaia di cognomi e toponimi sloveni e croati “ridotti in forma italiana” dal
fascismo, delle scuole slovene e croate chiuse d’imperio dopo il 1918, della
proibizione di parlare sloveno e croato in pubblico, chiese comprese, n.d.r.),
ed ha concluso, in un profluvio di applausi < ... ci batteremo fino all’ultimo
perché si finisca di ammainare il tricolore >, come se riconoscere ad una parte
di cittadini italiani i propri diritti civili significhi essere meno italiani.
Sempre nell’ambito del “polo delle libertà” vale la pena di ricordare cosa
sostiene il deputato di A.N. Roberto Menia. Nel febbraio ‘98, proprio pochi
giorni prima del convegno “pacificatore” tra Violante e Fini svoltosi a Trieste,
Alleanza Nazionale aveva indetto una conferenza con Menia e con l’avvocato
Augusto Sinagra. In quell’occasione abbiamo sentito Menia affermare che, se
passa questa legge per “minoranze inventate”, < ... noi italiani saremo
costretti all’esodo >, mentre Sinagra, tra applausi scroscianti, ha ribadito il
proprio orgoglio di essere nazionalista ed irredentista perché è necessario <
recuperare regioni e terre che sono state italianissime > (riferendosi
all’Istria ed alla Dalmazia), ed ha concluso con discorsi dai contenuti
eversivi: < ... questo parlamento va chiuso (...) bisogna nutrire il più
profondo disprezzo per questo stato (...) bisogna avvertire vergogna di
appartenervi >. Concetti questi che, esposti da un asserito membro della P2,
hanno una valenza particolarmente inquietante.
Ancora il 3 luglio 2000 nel corso di un’altro convegno sul “bilinguismo”
convocato da Alleanza Nazionale, che ha visto la partecipazione di molti
rappresentanti del “polo”, anche istituzionali, abbiamo sentito ribadire i
medesimi contenuti. Paris Lippi (ve lo ricordate?) ha ribadito la voglia comune
di AN e del Polo di “combattere l’ultima battaglia” per la difesa dell’identità
italiana di Trieste; Menia ha ripetuto più volte che “un doloroso futuro, un
futuro denso di nubi” si sta preparando per le giovani generazioni “e questo ci
fa paura”, perché, con la legge di tutela “domani se tu non conosci la lingua
slovena non trovi lavoro (...) si condannano alla disoccupazione” coloro che
nelle provincie di Trieste e Gorizia non parlano sloveno, cioè tutti coloro che,
sentendosi italiani, si rifiutano di imparare la lingua slovena dato che nella
“grande Europa” che si sta preparando sarebbe “più intelligente che i bambini
studino altre lingue (...) l’inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo, pure
il finlandese prima dello sloveno”.
Altro intervento degno di nota è stato quello del presidente della Provincia
Renzo Codarin, eletto nelle fila della Lista per Trieste (presentatasi alle
elezioni assieme a Forza Italia). Codarin ha esordito dicendo che “è tremendo
(...) che un parlamento in agonia” debba fare delle leggi per “pagare delle
marchette elettorali”. Ha inoltre asserito di avere detto al neoinsediato
Prefetto che Trieste non è una città multietnica e che non c’è mai stato “odio
di maggioranza sulla minoranza”, perché Trieste si è sempre “difesa in modo
civile”. Difesa da che? E sarebbero “civili” i modi di quella serata, con la
gente del pubblico che di tanto in tanto si metteva ad inveire gridando
“maledetti” e “disgraziati” nei confronti degli sloveni, senza parlare della
corpulenta signora sulla sessantina che ad un certo punto s’era messa a scandire
in triestino “bombe, bombe, xe ora de finirla”? E’ fondamentale poi la
conclusione di Codarin riguardo alla “pericolosità” di certe leggi che, secondo
lui “ricreano instabilità” come in Jugoslavia, dove s’è visto com’è finita dato
che c’erano tutte quelle tutele nei confronti delle minoranze etniche.
Ancora nel corso della stessa serata da riportare le posizioni del senatore
Camber (Lista per Trieste, già eletto nelle file del PSI di Craxi ed ora in
Forza Italia) il quale ha proposto agli sloveni di chiedere che sia il Polo a
fare la legge di tutela visto che “noi sapremmo farla senza iniquità (...) dato
che questa è uno sconcio pernacchio al buon senso”.
Viste le posizioni del “centrodestra” nei confronti della questione slovena, non
possiamo aspettarci che la “destra radicale” abbia altro linguaggio ed altri
contenuti da quelli che ha.
EUROREGIONI E MITTELEUROPE
E’ poi interessante (e si può forse ricollegare a quanto detto da Camber) che
Forza Nuova abbia rilevato (ancora in merito alla questione slovena) che <
all’interno della stessa minoranza ci sono delle divisioni: infatti, PDS e RC
mantengono il monopolio come interlocutori per la minoranza, mentre vengono
sistematicamente fatti da parte quelli che fanno parte ad altre organizzazioni>.
Sorvolando sul fatto che gli “italianissimi” forzanovisti non sanno scrivere in
italiano, vediamo che nella primavera del 2000 il consiglio regionale ha
stanziato 11 miliardi di finanziamenti ad un “Istituto per gli sloveni del
Friuli Venezia Giulia”, iniziativa che ha visto il plauso di un’unica
associazione slovena, la Comunità economico culturale slovena che fa capo a tale
Boris Gombac (il quale si richiama politicamente alla Lega Nord ed alcuni anni
fa aveva sostenuto che gli sloveni potevano aspettarsi la legge di tutela solo
da Forza Italia); Gombac e la sua associazione a loro volta starebbero prendendo
contatti con un altro “istituto” per le minoranze etniche, analogamente promosso
dalla Regione Carinzia, ed alla cui presentazione hanno partecipato uno stretto
collaboratore di Haider, Karl Anderwald, vicedirettore dell’ufficio di
presidenza della Regione Carinzia e lo stesso Gombac.
E, tanto per verificare come certe cose non sono nate oggi, ripeschiamo un
articolo apparso sul “Meridiano” di Trieste il 29.8.1985, firmato dal
rappresentante del Movimento Trieste (il referente politico dell’associazione
“Civiltà Mitteleuropea”) Paolo Parovel. In questo articolo vengono riportate le
analisi del Ministero degli interni austriaco sul Kärtner Heimatdienst
(“servizio patriottico carinziano”) apparse nel 1981 in una pubblicazione dal
titolo “Rechtextremismus in Österreich nach 1945” (“L’estremismo di destra in
Austria dopo il 1945”).
Questo dossier fu pubblicato in seguito ad una polemica sorta tra Parovel e gli
esponenti della Lista per Trieste, la cui organizzazione femminile, il Movimento
Donne Trieste, aveva invitato il presidente del KHD Josef Feldner ad un incontro
pubblico (avvenuto il 25 maggio 1985) con l’avvocato Giorgio Bevilacqua del
Comitato Difesa dell’italianità di Trieste.
Ecco come viene descritto il KHD nel volume: < si tratta di una delle grandi e
consolidate organizzazioni dell’estrema destra austriaca (...). Le sue
proposizioni centrali sono il “mantenere tedesca la Carinzia” e la lotta contro
la minoranza slovena che pretende “privilegiata”, e precisamente contro i suoi
diritti riconosciuti dal Trattato di Stato. Manipola la maggioranza di lingua
tedesca contro la minoranza slovena alimentando la cosiddetta “Urangst” (timore
ancestrale della slovenizzazione). Denuncia gli Sloveni carniziani come
“stranieri” e “comunisti di Tito. Nelle sue pubblicazioni il KHD tenta di
strumentalizzare, monopolizzandoli per i propri scopi, concetti come “patria”,
“patriottismo” e “carinziani”. Nel 1972 (...) si oppose più volte duramente
all’apposizione di tabelle bilingui di località che furono poi rimosse
illegalmente (...). Il censimento delle minoranze era stato continuamente
preteso (...) >. Questa descrizione, come fa notare Parovel, mostra un “perfetto
parallelismo, strutturale e concettuale del modello KHD con l’operazione
Comitato Italianità a Trieste e Gorizia”. I contenuti sono sempre gli stessi, i
metodi... si assomigliano. Parovel denuncia inoltre che Feldner già nel 1978
aveva tentato di “sbarcare” in Italia cercando collegamenti con l’associazione
“Civiltà mitteleuropea” ed alcuni “autonomisti” triestini, operazione al tempo
smascherata come di estrema destra e quindi fallita. Sette anni dopo
evidentemente con la Lista per Trieste la cosa era riuscita meglio. Ancora al
‘78, sostiene Parovel, risale il “contatto diretto con neofascisti veneti
dell’area di Ordine Nuovo, tramite questi con i neofascisti del Fronte della
gioventù a Trieste”.
Teniamo presente che buona parte della base elettorale del partito di Haider si
basa oggi su associazioni come il KHD.
Esistono in Regione diverse associazioni che fanno riferimento alla “Mitteleuropa”.
Oltre alla già citata “Civiltà Mitteleuropea”, che si richiama ai valori più
positivi del concetto di Mitteleuropa, cioè il rispetto delle etnie e la
convivenza tra i popoli, abbiamo anche “Trieste Mitteleuropa”, fondata nel
settembre del ‘98 dopo la chiusura della sezione locale dell’associazione
“Mitteleuropa” (cioè l’associazione che ha sede a Cervignano e che organizza i
festival di Giassico per il “genetliaco” dell’imperatore Francesco Giuseppe,
dalla quale si staccò a suo tempo anche “Civiltà Mitteleuropea”), chiusura
causata da dissidi interni alla sezione triestina. Tra questi dissidi anche il
fatto che ad alcune riunioni “mitteleuropee” in Austria prendevano parte pure
associazioni di ex combattenti delle S.S. con i rispettivi labari. “Trieste
Mitteleuropa” ha molti contatti con gli indipendentisti sudtirolesi ed ha più
volte organizzato assieme a loro manifestazioni e cerimonie con sfilate di “Schützen”.
Come presidente di “Trieste Mitteleuropa” fu nominata Laura Tamburini, esponente
di punta (è consigliera comunale) del Fronte Giuliano, già “Nord Libero”, il
movimento politico che propugna l’indipendenza del Territorio Libero di Trieste
come previsto dal Trattato di pace, poi cancellato da quello di Osimo). Questo
movimento, dopo avere fatto parte della Lega Nord, corre ora da solo, proponendo
però di tanto in tanto delle alleanze “anomale”. Nel 1997, ad esempio, aveva
trovato il consenso di vari esponenti delle associazioni degli esuli istriani
sulla proposta di ricreare il Territorio Libero da San Giovanni di Duino a
Cittanova in Istria, e non solo: < quanto poi al resto dell’Istria, a Fiume e
alla Dalmazia, se diventassero delle Repubbliche indipendenti, gli esuli
potrebbero tranquillamete farvi ritorno assumendone anche la rispettiva
cittadinanza, finalmente liberi dal giogo colonialista zagabrese > [17].
Nel 2000 risentiamo parlare di “euroregione istriana”, proposta lanciata da
settori governativi italiani e di amministratori di alcuni comuni istriani, ma
pensiamo anche alle 'avances' di Haider per una “grande Carinzia”,
“macroregione” (termine questo caro pure alla Lega Nord) che comprenda anche il
Nordest italiano e la Slovenia.
E LA LEGA NORD?
Riguardo ora ai rapporti tra Lega Nord e Forza Nuova troviamo un’interessante
affermazione apparsa nel n° 20 del “Foglio di lotta” (estate 1999): < ... il
fenomeno forse più interessante (delle elezioni europee, n.d.r.) è il crollo
verticale della Lega dell’ormai screditato Bossi. Forza Nuova è pronta ad
accogliere tra le sue fila la base di quel partito costituita da uomini da
sempre anticomunisti, attaccati alle tradizioni e nemici dei poteri forti
sovrannazionali >. In seguito, il 16.10.1999 Haider è intervenuto “a sorpresa”
al comizio che Bossi stava tenendo a Vicenza; tale notizia è stata data dal
periodico “Padania. Lega Nord” (dicembre 1999) con questo titolo < Il pendolo
della storia sta andando verso la riscoperta dei valori della famiglia e delle
radici. Mitteleuropa: incontro Bossi, Haider. Una lotta comune contro la
globalizzazione dell’Unione Europea e a favore dell’Europa dei popoli > .
Nell’articolo vengono anche riportate le posizioni del leader austriaco, in
sintesi che egli intende lavorare, a livello europeo, solo con la Lega. A queste
affermazioni Bossi avrebbe risposto sostenendo il bisogno di costruire una “casa
comune mitteleuropea” allo scopo di difendere i popoli dai pericoli della
globalizzazione”. Ed ancora dall’articolo citato: < ... la stampa di regime
cerca in tutti i modi di demonizzare questo nuovo flusso che porta il pendolo
della storia ad oscillare nella direzione dei valori cioè della salvaguardia
della famiglia e delle radici dei popoli (....) la Mitteleuropa ha in comune una
storia significativa e comuni valori cristiani... >.
Europa dei popoli, famiglia, cristianità: gli stessi “valori” che abbiamo
sentito porre come fondamentali anche da Forza Nuova. In una conferenza indetta
da Forza Nuova e tenutasi a Trieste il 6.11.1999, il direttore della rivista
“Uomo libero”, Gozzoli, ha ribadito la necessità di portare avanti un concetto
di Europa quale ordine etnico tra popoli affini per radici di lingua e di
sangue, di affinità storiche e di un ordine ideale di Europa come civiltà da
contrapporre alla globalizzazione imposta dagli Stati Uniti. Così Forza Nuova e
Lega Nord hanno in comune le posizioni in materia di immigrazione e sono da
subito scese in piazza assieme in molte città (prime fra tutte Padova e Como)
per esprimere il loro sostegno a Haider.
Del resto quel Franco Rocchetta che è stato a lungo esponente di spicco della
Liga Veneta a Padova (oltre che sottosegretario della Lega Nord nel governo
Berlusconi del 1994) è lo stesso Rocchetta che nel 1968 si recò in Grecia, a
spese del governo golpista dei colonnelli, per un viaggio d’istruzione sulle
tecniche di infiltrazione. Tra gli altri 51 suoi compagni di viaggio, tutti
esponenti dell’estrema destra romana, c’erano pure Stefano Delle Chiaie,
fondatore di Avanguardia Nazionale e Mario Merlino, l’infiltrato fascista nei
gruppi anarchici. Pare anche che Rocchetta si sia recato nell’aprile del ‘99, in
piena aggressione NATO, a Belgrado assieme ad una delegazione inviata dal comune
di Venezia con un messaggio del sindaco Cacciari. Della delegazione avrebbero
fatto parte anche gli esponenti dei centri sociali del Nordest Casarini, Caccia,
Bettin e don Vitaliano Della Sala. Rocchetta sarebbe stato inviato in maniera
ufficiale per parlare col ministero degli Esteri, mentre gli altri pare abbiano
incontrato il sindaco di Belgrado ed un esponente dell’opposizione a Milosevic,
facente riferimento al partito di Draskovic, i quali avrebbero loro affidato un
documento della “società civile” serba contro Milosevic da portare “in Europa”
[18].
UN TERZO POLO?
Prendiamo ora in esame il progetto politico proposto del Fronte Giuliano per le
prossime elezioni comunali triestine. Leggiamo da “Trieste Oggi” [19].
< Il Fronte Giuliano sta costituendo un Terzo Polo per presentarsi alle prossime
elezioni amministrative e propone a Jörg Haider di candidarsi a sindaco di
Trieste o, in subordine, a presidente della Provincia. I due punti fondamentali
del programma saranno il distacco di Trieste dal Friuli e il rilancio del Porto
Franco. Al nuovo soggetto elettorale dovrebbero aderire, oltre agli
indipendentisti, anche il Movimento sociale Fiamma Tricolore, Forza Nuova e un
gruppo di istriani, mentre sono in corso contatti con gli Amici della Terra e
con altre realtà >. Ed ancora < la proposta di candidarsi a Trieste è stata
avanzata di persona da Marchesich a Haider nel corso di un incontro ufficiale
svoltosi recentemente a Klagenfurt. >. Ed ecco quanto dichiarato dal segretario
Marchesich in merito al suo incontro con Haider: < Peraltro la sua proposta di
Grande Carinzia comprendente anche Friuli-Venezia Giulia e Veneto si concilia
benissimo con la nostra di “Euroregione europea delle piccole patrie”. In quest’ambito
Trieste può starci a pieno titolo >.
Un “Terzo Polo”, un concetto che può ricordare una “Terza Posizione” o qualcosa
del genere? E prendiamo in esame anche questi possibili “alleati” del Fronte
Giuliano: oltre alla Fiamma, a Forza Nuova e al non meglio identificato “gruppo
di istriani” (probabilmente gli stessi che già tre anni fa avevano approvato le
proposte di Nord Libero per il ripristino del territorio Libero di Trieste) ci
sono anche gli “Amici della Terra” che si sono recentemente ricomposti dopo
alcuni anni di assenza dalle scene e a Trieste lavorano in collegamento più con
l’associazione “ambientalista” di Alleanza Nazionale “Ambiente e/è vita” che non
con gli “storici” WWF e Lega Ambiente.
Ogni loro azione di “pulizia” dei boschi o manifestazione è sempre molto ben
pubblicizzata (ricordate il “previa allerta dei cronisti” descritto per Nuova
Acropoli?); durante una di queste azioni sono persino giunti agli onori della
cronaca per avere rinvenuto, in un bosco della provincia di Trieste, una “bomba
a frammentazione jugoslava nuova di zecca” [20].
Anche gli Amici della Terra sono entrati nella polemica su un’eventuale presenza
di Haider al convegno di Forza Nuova. Chissà perché, dato che un argomento del
genere non è proprio ciò di cui di solito si occupa un’organizzazione
ambientalista che dovrebbe essere apartitica. La loro proposta è quantomeno
singolare: una contromanifestazione senza bandiere o slogan politici aperta da
uno striscione “con uno slogan che decideranno i cittadini, magari attraverso un
mini-referendum (...). Inviteremo diverse personalità (...) tra le quali anche
Haider. Crediamo che Haider debba decidere a quali delle due manifestazioni si
sente più legato, se vuole partecipare al raduno dei neonazisti o se invece
vuole partecipare al raduno di chi ha come ideale principale l’Europa della
civiltà” [21]. (Noi ricordiamo che Europa civiltà era un vecchio slogan
dell’estrema destra, ed anche il nome del movimento fondato nel 1967 da Loris
Facchinetti, che aveva proclamato guerra “alle istituzioni
farisaico-parlamentari e borghesi”).
La maggiore attività degli Amici della Terra (dopo le pulizie dei boschi...) è
rivolta alla protesta contro l’elettrosmog e le antenne sistemate dappertutto
tra le case. Nel corso di una loro conferenza stampa (18.9.2000) su questo
argomento ha preso la parola pure Angelo Cauter, che oltre ad abitare in una
casa presso la quale è stata eretta una mega-antenna, è conosciuto anche come
esponente locale di Fascismo e Libertà.
MARIONETTE E BURATTINAI
Nelle pagine che precedono abbiamo visto come le idee che gli “estremisti” di
destra portano avanti non differiscano di molto da quelle del cosiddetto “polo
delle libertà”, che molti continuano a definire di “centrodestra” (ed i partiti
del Polo, vengono considerati quali possibili interlocutori politici)
benpensante, populista, giustizialista, liberista.
Xenofobia, razzismo, disprezzo dei diritti delle minoranze, tutela di interessi
particolaristici, difesa della “famiglia tradizionale”, attacco al diritto
all’aborto, difesa dei diritti dell’impresa capitalistica, creazione di
sindacati di tipo corporativo (e la involuzione dei sindacati tradizionali in
fondo non fa che favorire questa linea): ecco le posizioni di fondo che essi
hanno in comune. Il recente intervento di Roberto Fiore alla festa di Comunione
e Liberazione, che gli è valso il plauso sia di questa organizzazione che dello
stesso Berlusconi per le posizioni antiabortiste da lui espresse e comuni agli
altri due schieramenti è un chiaro segnale di come possono evolversi
politicamente i rapporti tra questo tipo di integralisti reazionari.
Riteniamo che sul piano “politico” difficilmente i gruppi estremistici potranno
occupare uno spazio dominante prendendo in prima persona il potere. A questo, ed
a realizzare il loro programma, ci penseranno personaggi in doppiopetto, come si
diceva una volta, quei personaggi ai quali la “sinistra di governo” ha da tempo
offerto una patente di “democrazia” e di credibilità politica e per i quali la
gente tipo Forza Nuova potrà costituire qualcosa di simile a quello che erano le
S.A. per il partito di Hitler.
Non per questo però bisogna sottovalutare la pericolosità dei gruppi
dell’estrema destra, che costituiscono un facile polo di aggregazione per le
aree sociali più insoddisfatte e frustrate: giovani disoccupati, precari,
dequalificati o anche, semplicemente, prodotto della subcultura dominante oggi,
basata sull’assenza di valori, sul culto dell’egoismo (“il migliore avanza e
peggio per gli altri”) e via di seguito. In questo polo possono creare un “brodo
di coltura” nel quale far crescere e sviluppare persone portate alla violenza,
senza alcun rispetto per la vita umana, pronte a tutto per “il trionfo
dell’ideale”, “legionari” fanatici e facilmente strumentalizzabili per azioni di
varia natura. Già in un passato, non troppo remoto, ci furono organizzazioni di
questo tipo: Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, Terza Posizione: e, come
abbiamo visto, i personaggi sono più o meno sempre quelli.
In un momento di grande instabilità politico-economica mondiale, quale quello
che stiamo vivendo, con un’Europa in formazione e gli Stati Uniti che non
intendono perdere il ruolo di predominio mondiale questi “brodi di coltura”
possono fornire a personaggi senza scrupoli (di cui sono pieni tutti i servizi
segreti) una comoda manovalanza per azioni non “ortodosse”, finalizzate al
mantenimento dell’egemonia dell’uno o dell’altro schieramento. Se non si vigila
attentamente, se non si toglie loro l’erba sotto i piedi, andiamo a rischiare
una nuova stagione delle bombe, come trent’anni fa, Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus,
Bologna, la strage di Natale.
Ma, come dicevamo all’inizio, il solo e vero modo per essere antifascisti è fare
politica di sinistra, anticapitalista, ritrovare i valori di solidarietà, di
rinnovamento, di lotta per migliorare le condizioni di vita. Non possiamo
lasciare a Forza Nuova le contestazioni ad organismi come la Trilaterale e non
denunciare il fatto che al governo in Italia come in Europa ci sono proprio
membri di questa organizzazione o delle sue sottobranche: Amato oggi come Prodi
ieri, come addirittura quel Nerio Nesi che fa oggi parte dei Comunisti italiani
dopo essere stato in Rifondazione e prima ancora nel P.S.I. di Craxi.
Se la “sinistra” non riesce ad uscire da questa spirale di contraddizioni ed
incoerenze, sarà sempre più facile per le destre riprendere il potere, e, quel
che è peggio, col consenso della gente.
NOTE
Rizzoli, 1993.
“L’ombra della piramide”, Teti, 1989.
op. cit.
Questa citazione e le seguenti di questo passo sono tratte da Giorgio Cingolani, “La destra in armi”, Editori Riuniti, 1996
“Il Piccolo” del 27.11.1997.
Op. cit.
Claudio Tonel, “Dossier sul neofascismo a Trieste”, Dedolibri, 1991.
I brani citati sono tratti da un testo dello stesso Biloslavo apparso sul “Piccolo” del 27.12.1997.
“La strage”, Editori Riuniti.
14 luglio 1981.
“Diario” del 19.5.1999.
Paolo Petrucci su “Avvenimenti” del 23.9.1992.
Editori Riuniti, 1996.
Documento conservato presso l’Archivio dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste, XXX 2227.
Luigi Papo, “E fu l’esilio...” ed. Italo Svevo,1997.
Claudia Cernigoi, Kappavu Udine 1997.
Da un volantino dal titolo “Trieste, Istria, Fiume e Dalmazia libere!”, distribuito da Nord Libero il 15.9.1997 nel corso del convegno degli esuli giuliani a Trieste.
Queste notizie le abbiamo sentite da Radio Sherwood nei giorni in cui si sarebbero svolti i fatti per cui non abbiamo avuto alcuna conferma ufficiale di tutto ciò, per questo l’abbiamo descritto in forma dubitativa.
18.8.2000.
“Il Piccolo”, 27.10.1999.
Da una intervista pubblicata su “Trieste Oggi” del 24.8.2000.