L’arcipelago dell’estrema destra si presenta, ad una prima superficiale osservazione, come un insieme di sigle, partitini, gruppuscoli e movimenti separati tra loro, dalle linee spesso divergenti (o piuttosto “parallele”), costellato da divisioni, litigiosità interne e diatribe puramente ideologiche.
Ad un’analisi più attenta ciò che emerge, invece, sono i “fili comuni” che collegano questa pluralità di formazioni più di quanto comunemente si pensi. Le fonti di finanziamento, le collusioni, le sedi logistiche, i nomi stessi dei vari capi carismatici, ad un’indagine più accurata, mostrano forti aree di contiguità, nonché legami con alcuni settori dello Stato.
In tal modo è possibile scoprire come gruppi radicali, che fanno la propria fortuna grazie alla linea “dura e pura”, fascista tout court, in critica aperta con le scelte “borghesi” della destra parlamentare, ricevano finanziamenti, ed aprano sedi, in virtù di sotterranei accordi con il partito di Alleanza Nazionale. Proseguendo l’indagine è inoltre possibile fare luce sul ruolo di ben determinate aree che fungono da “camera di compensazione” in cui le giovani reclute delle diverse formazioni, più o meno radicali, operano fianco a fianco
Così come possono emergere le “ambigue” origini di gruppi che tentano di accreditarsi nella sinistra antagonista, con una linea dall’apparenza confusamente anticapitalistica, ma che mirano, in realtà, a “contagiare” i sentimenti più genuini e giovani con ideologie puramente nazionaliste (o “nazionalitarie”), nascondendosi dietro la parola d’ordine del superamento della “divisione” destra/sinistra. O ancora come in alcune sedi della destra istituzionale e di “governo” agiscano elementi noti dell’estrema destra neo-fascista e stragista, organizzatori di “campagne” xenofobe e razziste o di attacchi a sedi dell’opposizione proletaria, dell’antagonismo diffuso o dei simboli del movimento operaio.
Infine come ancora oggi settori delle “forze dell’ordine” (polizia, carabinieri e finanza) si muovano coprendo le azioni di questi elementi, aspettando la legittima reazione di massa per reprimerla violentemente (vedi fatti di Milano dopo l’omicidio di Dax, le pesanti cariche allo spezzone degli immigrati ad una manifestazione antifascista a Torino ecc…).
Senza dubbio il riemergere di quest’area è uno degli effetti di una più forte e decisa istituzionalizzazione del partito storico del neo-fascismo italiano, Alleanza Nazionale. Questo spostamento ha provocato una reazione di recupero dell’identità fascista da parte di gruppi vecchi e nuovi e la ricomparsa di leader storici dell’estrema destra.
Del resto il partito di Fini svolge oggi in parte quel ruolo “incubatore” del neo-fascismo radicale che fu proprio del Movimento Sociale Italiano di Almirante e Rauti dal dopo-guerra agli inizi degli anni ’90.
Accanto alla linea liberista e “neo-gollista”, infatti, convive in Alleanza Nazionale la linea del populismo, del neo-corporativismo e della “destra sociale”, vera anticamera del radicalismo e “trait d’union” con le formazioni più radicali dell’extraparlamentarismo.
Per questo motivo pensiamo sia utile riprendere l’indagine e la conoscenza di quel settore del fascismo radicale (principalmente dell’area romana intesa come “laboratorio politico”) che, come nel ventennio, rispunta con forza ogni qual volta le contraddizioni e le tensioni economico-sociali aumentano.
In questo dossier, infatti, abbiamo ripreso i frammenti di un’indagine già in atto emergente dal lavoro di differenti comitati, di onesti giornalisti, ripreso da siti internet, riviste e fonti istituzionali, nel tentativo di ricomprenderlo sotto forma di bilancio complessivo. Questi tasselli, assunti interamente o rielaboranti, servono a ricomporre un collage che dia una visione unitaria sul ruolo della destra neo-fascista dal dopo-guerra ad oggi.
Obiettivo di questo lavoro non vuol essere la ricostruzione del ruolo della forma-fascismo nella storia dello stato borghese, poiché non crediamo che il pericolo principale sia rappresentato oggi da un possibile salto “indietro”.
C’interessa piuttosto capire la funzione odierna delle ideologie reazionarie, in primis quella fascista e nazista, come sostegno al contenimento delle aspirazioni più genuinamente anticapitaliste del movimento di classe.
Di fronte alla ripresa di forti mobilitazioni operaie, alle imponenti manifestazioni contro la guerra e con l’emergere di movimenti che cominciano a radicarsi nel tessuto proletario, la classe dominante schiera le sue “guarnigioni” contro ogni tentativo di trasformazione rivoluzionaria dello stato di cose presente, lanciandole all’assalto degli avamposti della classe antagonista per gettare scompiglio e favorire la repressione.
Per questo motivo, il migliore antidoto è quello, ancora una volta, di fondere il sentimento e la difesa dei valori della Resistenza antifascista con quello, principale, della lotta al capitalismo su tutti i fronti.
Fascisti, razzisti e tutti quei loschi personaggi al servizio (più o meno consapevole) del mantenimento del potere della classe dominante saranno ricacciati nelle fogne da cui provengono solo togliendo loro l’acqua in cui nuotano, conquistando posizioni di classe nel tessuto sociale, allargando le lotte per il lavoro, per il diritto alla casa, per il diritto a servizi sociali gratuiti, generalizzando queste lotte contro la natura capitalista della società e legandole strettamente alle lotte antimperialiste nel resto del mondo.
“Conoscere e trasformare” questa è la consegna che ci ha indotto a produrre questo piccolo lavoro che speriamo sia utile a quanti, d’accordo in toto o solo in parte con noi, sono motivati da una spinta di ribellione e di opposizione all’avanzata di quello che per noi rappresenta l’essenza della reazione su tutti i fronti: l’imperialismo.
La strategia della tensione
Qual è il filo nero che lega gli avvenimenti di qualche decennio fa con la cronaca attuale e le odierne attività dei gruppi della destra radicale italiana? Dare qualche elemento per rispondere a questa domanda ci sembra essenziale per cominciare questo lavoro.
Molti personaggi - che ancora oggi popolano e dirigono la destra radicale (da Pino Rauti a Paolo Signorelli, da Adriano Tilgher a Roberto Fiore, da Franco Freda a Maurizio Boccacci fino a Gaetano Saya) - hanno un passato rilevante nella storia dell’anticomunismo e del terrorismo nero, della politica golpista e stragista attuata in Italia dai primi anni ‘70 ad oggi.
Ciò accade proprio in un momento in cui la feroce battaglia per la ridefinizione degli equilibri tra fazioni della borghesia, in atto in Italia da almeno un decennio, ha favorito la parziale riapertura dell’iter giudiziario riguardo alcune stragi: da Piazza Fontana alla strage di Via Fatebenefratelli davanti alla Questura di Milano (avvenuta nel 1973), fino a quella di Piazza della Loggia. Non si può dire che il “vaso di Pandora” sia rovesciato, ma qualche goccia di verità travasa inevitabilmente.
Questa nuova stagione (chiamata “Seconda Repubblica”) ha portato ondate di indagini e processi contro questo o quel dirigente politico “corrotto” o “colluso”, con feroci campagne mediatiche a sostegno di questo o quel filone giudiziario, arrivando persino a contrapporre parte del potere politico a quello giudiziario.
Il risultato vero è stato quello di raccogliere e contenere la sfiducia delle masse (alimentatasi in cinquant’anni di governo democristiano “filo-atlantista” prima e di “unità nazionale” poi) nei confronti delle istituzioni della democrazia rappresentativa borghese deviando, in seguito, questa spinta a sostegno di nuove e più efficienti “riforme”, tutte in nome della governabilità e della competitività internazionale.
Il medesimo obiettivo perseguito, ai giorni nostri, anche dal cosiddetto “movimento dei girotondi”, tanto per esser chiari.
Questa strategia è stata utilizzata, quindi, per legittimare un più “moderno” sistema bipolare, distogliendo l’attenzione delle classi lavoratrici dal fatto che la cosiddetta “strategia della tensione” e il sistema “clientelare” fossero, in realtà, facce della stessa medaglia del sistema di governo della borghesia italiana.
In questo contesto, la stragrande maggioranza dei partiti e degli uomini politici, a destra come a sinistra, essendosi riciclati “gattopardescamente” nella nuova fase bipolarista, hanno ancora diversi scheletri negli armadi accumulati negli anni della “Prima Repubblica” in nome della “pace sociale”, della “stabilità” e della difesa dell’ordine “democratico”.
Quanto detto è stato oggetto, negli ultimi anni, di continue strumentalizzazioni politiche da parte di tutte le fazioni “bipolari” in campo, nessuna esclusa, provocando, anche in questi mesi, insistenti tentativi di delegittimazione di questo o quel settore della Magistratura, della Finanza e della stessa Commissione Stragi. A tutt’oggi, si assiste ad una nuova pesante offensiva per tenere insabbiate le scomode verità dei decenni trascorsi, cercando di riaccreditare, per quanto riguarda le stragi impunite, persino fantomatiche piste anarchiche o attribuendo ridicoli ruoli ai servizi segreti dell’Est, infangando ancora una volta la memoria delle centinaia di vittime delle stragi di stato.
Eppure dalle inchieste in corso (soprattutto dalla sentenza di primo grado relativa alla strage alla Questura di Milano e dal dibattimento del processo sulla strage di Piazza Fontana) emergono alcuni elementi che propongono, in una determinata prospettiva, la corretta interpretazione storica e politica della “strategia della tensione”.
Non, dunque, l’azione di presunti settori “deviati” o “corrotti” finiti fuori del controllo delle istituzioni “democratiche”, quanto piuttosto un vero e proprio disegno della borghesia italiana orchestrato per mantenere il consenso in una fase storica difficile, attraverso una retorica da “emergenza nazionale” per far fronte al pericolo “destabilizzatore”. Tutto ciò non suonerà nuovo nemmeno alle orecchie più giovani.
Nuovi, del resto, non sono neanche i personaggi, i terminali, della destra neo-fascista che si fanno portatori di questa politica di “controllo e scompiglio” tra le fila del movimento di classe. Basti vedere i protagonisti di allora per rendersene conto. Un esempio per tutti: Ordine Nuovo.
Quest’organizzazione, fondata da Pino Rauti, è stata considerata l’esecutrice materiale di molte delle citate trame; formazione neonazista, Ordine Nuovo è al contempo anche una creatura concepita all’interno degli apparati statali, la cui evoluzione è stata accompagnata, finanziata e diretta dai servizi segreti italiani e statunitensi.
Non un solo esponente di rilievo del citato gruppo nel Triveneto è risultato, infatti, estraneo a legami o a rapporti di dipendenza, anche finanziari, dai servizi segreti. Persino negli atti processuali compare il lungo elenco di nomi in codice utilizzato dai servizi italiani per identificare i propri uomini all’interno di Ordine Nuovo, lo stesso vale per i servizi americani.
L’intreccio tra Ordine Nuovo di Pino Rauti ed il Fronte Nazionale, ma anche Ordine Nero di Franco Freda e Mario Tuti, e settori degli apparati statali si è sviluppato in modo capillare nel Veneto, autentico laboratorio della “strategia della tensione”, essendo un’area colma di strutture e basi militari italiane e NATO, a ridosso del confine con l’Est, dove nel dopoguerra sono state reclutate, in funzione anticomunista, interi apparati del personale di sicurezza della passata Repubblica Sociale di Salò. Non a caso la maggior parte degli attuali imputati nei processi per le citate stragi sono rimasti a lungo nell’ombra, protetti da una “rete” anticomunista di carattere nazionale ed internazionale.
Il Movimento Sociale Italiano ha svolto, senz’ombra di dubbio, l’importante ruolo di “casa comune” dei principali gruppi eversivi; un ruolo di copertura e di protezione. Il M.S.I. ha, infatti, accolto Ordine Nuovo al proprio interno, prima della strage di piazza Fontana, così come il gruppo La Fenice di Milano, responsabile del fallito attentato al treno Torino-Roma del 1973. Oggi Alleanza Nazionale ricopre in parte il ruolo che fu del MSI delegandolo, perlopiù, ad una sua corrente interna, quella della “destra sociale” ed al suo organo d’informazione, la rivista Area.
Il compito della NATO, invece, non è stato solo di ispirazione politica. Attraverso le sue basi, e le sue diramazioni all’interno delle istituzioni italiane ed euro-atlantiche, la NATO ha fornito supporto logistico ed organizzativo ai gruppi fascisti.
Gruppi quali Terza Posizione e Avanguardia Nazionale - i cui legami con gli apparati dei servizi segreti, della P2 e dei carabinieri sono ben noti - sono stati protagonisti del medesimo “canovaccio”. Oltre ad essere il braccio armato dei progetti “eversivi” della borghesia italiana (ad es. attraverso la loro struttura illegale chiamata Legione), i menzionati gruppi hanno attuato un’opera costante di corruzione delle coscienze più confuse e “ribelli”, in particolar modo nei settori giovanili, attraverso un’ideologia basata da un lato sui tradizionali miti fascisti, dall’altro su confusi concetti “sociali, anticapitalistici ed antimperialistici”, una sorta di recupero del fascismo delle “origini”.
Non a caso è questa la fonte d’ispirazione principale (organizzativamente e ideologicamente) dei gruppi della destra neo-fascista oggi più intraprendenti, quali Forza Nuova ed il Fronte Sociale Nazionale.
Questi gruppi sono stati fondati e diretti da quegli stessi personaggi che riscopriamo protagonisti dell’attuale rinascita della destra radicale neo-fascista, in tutte le sue varianti. Tilgher, Fiore, Morsello, Adinolfi, Terracciano, Boccacci, Neri, Murelli, Signorelli, Delle Chiaie, oltre agli stessi Freda e Rauti, sono ancora oggi sulla “cresta dell’onda”.
La cosiddetta “strategia della tensione”, in conclusione, è stata una strategia politica il cui motore va ricercato sia all’interno dei vertici di delicatissimi apparati dello stato (Servizi Segreti, Arma dei Carabinieri, Stato Maggiore della Difesa) che in un ampio arco istituzionale e politico, formatosi negli anni del dopo guerra e supportato dalle strutture dell’alleanza atlantica.
Dalle numerose inchieste indipendenti svolte dal movimento di classe, e persino da molti dei successivi processi, emerge, come dato storico inquietante, la consapevole discesa nella “illegalità” operata da una parte decisiva dello Stato allo scopo di “stabilizzare” un quadro politico-sociale in fermento.
Tutto ciò getta luce non solo sulla storia dello Stato italiano, sulla sua formazione e “maturazione” in direzione imperialista nel secondo dopoguerra, ma anche sulla natura della nostra borghesia e sulla sua disponibilità a porsi su di un terreno eversivo.
Oggi, seppur in un contesto differente, a fronte del rinascere di forti movimenti di contestazione al capitalismo e alle sue leggi, la rinnovata insorgenza dell’estrema destra in tutte le sue varianti, e dei loschi personaggi che la popolano, è certamente un fatto che deve far riflettere sia per ragioni di memoria storica, ma ancor più di analisi e battaglia politica.
I COLLEGAMENTI TRA STATO, SERVIZI, MASSONERIA ED EVERSIONE NERA
Il periodo che corre tra il 1970 ed il 1974 registra la proliferazione di movimenti extraparlamentari neo-fascisti, la nascita di organizzazioni eversive paramilitari o terroristiche, la moltiplicazione dei delitti politici - secondo forme affatto nuove per il Paese - la rinnovata virulenza della malavita comune e delle sue organizzazioni criminali.
Sono questi alcuni elementi che formano il quadro entro cui si sviluppa quella che venne definita la “strategia della tensione”, alimentata da settori dello stato preoccupati dalla miscela esplosiva rappresentata dalle forti tensioni sociali generate dalla crescente crisi economica e dalla conseguente instabilità e delegittimazione del quadro politico ed istituzionale.
Quegli anni, oltre ad essere caratterizzati, come abbiamo già visto, dall’intensa opera di politicizzazione delle attività massoniche, si contraddistinguono anche per i collegamenti che ci è consentito di identificare tra Licio Gelli, la Loggia P2, i suoi “qualificati” esponenti, i servizi, gli apparati repressivi ed il complesso mondo dell’eversione nera e della malavita.
Dai materiali pubblicati dalle varie commissioni parlamentari emerge, infatti, la ragionata convinzione che la Loggia P2 ed i servizi italiani si “collegano” più volte con gruppi ed organizzazioni eversive neo-fasciste, incitandole e favorendole nei loro propositi, con un’azione che mirava ad inserirsi in quelle aree secondo un disegno politico proprio, da non identificare con le finalità, più o meno esplicite, che quelle forze e quei gruppi si proponevano.
Innanzitutto, tra le situazioni nelle quali appare documentato un coinvolgimento diretto di Licio Gelli e degli uomini a lui collegati, vi è il cosiddetto “golpe Borghese”, tentato nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, con l’appoggio degli esponenti oltranzisti del Fronte Nazionale, appoggiati da settori dell’esercito e delle istituzioni.
Come tutte le tappe maggiori della “strategia della tensione”, la vicenda ha registrato un lungo iter processuale, conclusosi con sentenza passata in giudicato, ma è interessante lo stesso sottolineare come molti dei personaggi, che nel golpe ebbero un ruolo principale, appartengano alla Loggia P2 o alla massoneria in genere.
Questi elementi fanno da cornice a situazioni ancora più eclatanti circa il ruolo che due personaggi come Licio Gelli ed il Direttore del SID, Vito Miceli, ricoprirono durante e dopo il golpe.
Recentemente alcune deposizioni di personaggi appartenenti agli ambienti dell’eversione nera consentono di indirizzare l’attenzione direttamente su Licio Gelli in relazione al contrordine operativo che paralizzò il tentativo insurrezionale. E’ stato altresì testimoniato che Licio Gelli teneva il contatto con ufficiali dei carabinieri e che tra i congiurati era diffusa l’opinione che ambienti militari sostenevano o quanto meno tolleravano l’operazione. Certo è che il principe Borghese si esprimeva nel suo proclama con estrema chiarezza: “Le Forze Armate sono con noi”.
Accanto alla figura di Licio Gelli, un altro elemento di spicco nell’analisi di questa vicenda è costituito dal generale Vito Miceli, direttore del SID dal 1970 al 1974. In proposito quello che a noi interessa è rilevare come sia accertata l’esistenza di contatti tra il generale Miceli, allora nella sua veste di capo del SIOS, Orlandini e Borghese, contatti risalenti al 1969, epoca nella quale il generale entra nella Loggia P2. Tali eventi si accompagnano significativamente alla sua nomina al vertice dei Servizi, che il Gelli si vantò, come è noto, di aver favorito e che precedono di poco il tentativo di golpe guidato dal principe nero.
Questi dati vanno letti in parallelo con la successiva inerzia del generale nei confronti delle indagini sul Fronte Nazionale, condotte dal “reparto D” guidato dal generale Maletti.
Il dato relativo all’appartenenza di Licio Gelli a quegli ambienti va considerato anche alla luce delle successive attività che vedono il Venerabile impegnato nel sostegno agli imputati, attraverso un’azione in perfetta sintonia con la documentata inerzia del Direttore del SID.
Altri elementi di estremo interesse emergono anche dall’inchiesta di Padova sul movimento denominato Rosa dei Venti, condotta dal giudice Tamburino, nel quale troviamo la presenza di uomini iscritti al “Raggruppamento Gelli”.
A proposito di questa inchiesta va ricordato che il giornalista Giorgio Zicari ha testimoniato di aver collaborato con l’Arma dei carabinieri e con i Servizi segreti, entrando in contatto nel 1970 con Carlo Fumagalli e Gaetano Orlando, elementi di spicco del gruppo dei MAR.
Quando nel 1974 lo Zicari venne riservatamente convocato dal giudice Tamburino, gli accadde di ricevere nel giro di poche ore l’invito ad un colloquio con il generale Palumbo nel corso del quale l’alto ufficiale gli si rivolse in maniera minacciosa: “...il tema centrale fu che io non dovevo parlare, che poteva succedermi qualcosa, dei fastidi, che io avevo tutto da perdere dalla vicenda, che i magistrati stavano tentando di sostituirsi allo Stato, riempiendo un vuoto di potere, che non si sapeva che cosa il giudice Tamburino volesse cercare, che non ero obbligato a testimoniare...”.
E’ di particolare interesse, nel contesto di tali deposizioni, quanto dichiarò anche il generale Siro Rossetti, uscito nel 1974 dalla Loggia P2 in posizione “polemica” nei confronti di Licio Gelli.
L’alto ufficiale, riguardo all’esistenza di un’organizzazione “parallela” ai Servizi affermò: “...la mia esperienza mi consente di affermare che sarebbe assurdo che tutto ciò non esistesse...” ed ancora “...a mio avviso l’organizzazione è tale e talmente vasta da avere capacità operative nel campo politico, militare, della finanza, dell’alta delinquenza organizzata...”.
Anche riguardo le inchieste sui gruppi neo-fascisti toscani che si macchiarono di diversi attentati (specialmente ai treni) che funestarono l’Italia tra il 1969 e il 1975, emergono forti legami tra carabinieri, servizi segreti, ambienti fascisti e massoneria. E’ il caso del generale Bittoni, comandante della brigata dei Carabinieri di Firenze, che assunse il compito di coordinare le ricerche dei comandi di Perugia e di Arezzo e che si rivelò appartenente alla P2, così come due degli ufficiali superiori del comando di Arezzo incaricati delle indagini (uno di essi parlò della propria iscrizione come di una “necessità”).
Si aggiunga a questo che la stessa situazione si verificava per la Questura della stessa città, essendo accertata l’iscrizione alla Loggia non solo di due dei suoi funzionari, ma addirittura del questore pro tempore.
In definitiva, sembra potersi concludere sul questo punto che le infiltrazioni piduistiche ad Arezzo nella Polizia e nei Carabinieri (ed il sospetto di infiltrazione anche nella magistratura, come si vedrà in seguito) servirono in quegli anni a conferire al Gelli un’aura di intangibilità, lasciandogli mano libera per le sue attività.
Un discorso a parte merita, poi, la strage del treno Italicus, perpetrata con la collocazione di un ordigno esploso nella notte fra il 3 ed il 4 agosto 1974.
La conclusione della Commissione è quella “che la strage dell’Italicus è ascrivibile ad una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana; che la Loggia P2 svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana; che la Loggia P2 è quindi gravemente coinvolta nella strage dell’Italicus e può ritenersene anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale”.
Mentre nella sentenza, seppur assolutoria, d’Assise 20.7.1983-19.3.1984 si legge (i numeri tra parentesi indicano le pagine del testo dattiloscritto della sentenza):
“(182) A giudizio delle parti civili, gli attuali imputati, membri dell’Ordine Nero, avrebbero eseguito la strage in quanto ispirati, armati e finanziati dalla massoneria, che dell’eversione e del terrorismo di destra si sarebbe avvalsa, nell’ambito della cosiddetta “strategia della tensione” del paese creando anche i presupposti per un eventuale colpo di Stato. La tesi di cui sopra ha invero trovato nel processo, soprattutto con riferimento alla ben nota Loggia massonica P2, gravi e sconcertanti riscontri, pur dovendosi riconoscere una sostanziale insufficienza degli elementi di prova acquisiti sia in ordine all’addebitalità della strage a Tuti Mario e compagni, sia circa la loro appartenenza ad Ordine Nero e sia quanto alla ricorrenza di un vero e proprio concorso di elementi massonici nel delitto per cui è processato”.
Significativamente, poi, si precisa in proposito: “(183-184) Peraltro risulta adeguatamente dimostrato: come la Loggia P2, e per essa il suo capo Gelli Licio (dapprima “delegato” dal Gran Maestro della famiglia massonica di Palazzo Giustiniani, poi - dal dicembre 1971 - segretario organizzativo della Loggia, quindi - dal maggio 1975 - Maestro Venerabile della stessa), nutrissero evidenti propensioni al golpismo; come tale formazione aiutasse e finanziasse non solo esponenti della destra parlamentare (all’udienza in data 27.10.1982 il generale Rosseti Siro, già tesoriere della Loggia, ha ricordato come quest’ultima avesse, tra l’altro, sovvenzionato la campagna elettorale del “fratello” ammiraglio Birindelli), ma anche giovani della destra extraparlamentare, quanto meno di Arezzo (ove risiedeva appunto il Gelli); come esponenti non identificati della massoneria avessero offerto alla dirigenza di Ordine Nuovo la cospicua cifra di L. 50 milioni al dichiarato scopo di finanziare il giornale del movimento (vedansi sul punto le deposizioni di Marco Affatigato, il quale ha specificato essere stata tale offerta declinata da Clemente Graziani); come nel periodo ottobre-novembre 1972 un sedicente massone della “Loggia del Gesù” (si ricordi che a Roma, in Piazza del Gesù, aveva sede un’importante “famiglia massonica” poi fusasi con quella di Palazzo Giustiniani), alla guida di un’auto azzurra targata Arezzo, avesse cercato di spingere gli ordinovisti di Lucca a compiere atti di terrorismo, promettendo a Tomei e ad Affatigato armi, esplosivi ed una sovvenzione di L. 500.000”.
Scrivono ancora, infatti, i giudici bolognesi: “(13-14) Premesso doversi ritenere manifesta la natura politica dell’orrendo crimine di che trattasi (anche in assenza di inequivoche rivendicazioni), data la natura dell’obiettivo colpito e la gravità delle prevedibili conseguenze della strage sul piano della pacifica convivenza civile (fortunatamente poi risultate assai modeste per la “tenuta” della collettività) e dato l’inserimento dell’attentato in un contesto di analoghi crimini politici verificatisi in Italia negli anni 1974-1975 (si pensi alla strage di Piazza della Loggia ed alle bombe di Ordine Nero)”; ed ancora: “(15) è pacifica l’immediata ascrivibilità del fatto ad un’organizzazione terroristica che intendeva creare insicurezza generale, lacerazioni sociali, disordini violenti e comunque (nell’ottica della cosiddetta strategia della tensione) predisporre il terreno adatto per interventi traumatici, interruttivi della normale, fisiologica e pacifica evoluzione della vita politica del Paese. Ebbene, non è dubbio che, nel variegato quadro delle organizzazioni terroristiche operanti in Italia negli anni in cui fu eseguito il crimine al nostro esame, l’impiego delle bombe e la loro collocazione preferenziale su obiettivi “ferroviari” caratterizzasse, usualmente, gruppi di ispirazione neofascista e neonazista (si ricordino gli attentati sulla linea ferroviaria Roma-Reggio Calabria in occasione dei disordini di Reggio Calabria e dei successivi raduni, il mancato attentato in cui venne ferito Nico Azzi, l’attentato di Vaíano, rivendicato dalle Brigate Popolari Ordine Nuovo, gli attentati dicembre 1974-gennaio 1975, per cui furono condannati dalla corte di assise di Arezzo proprio Tuti e Franci) e che fra tali gruppi debba annoverarsi come già vivo e vitale, nell’agosto 1974, quello ricomprendente Tuti e Franci”.
Quanto detto potrebbe bastare per legittimare le conclusioni sopra anticipate. A ciò si aggiunga che sospetti di protezione dell’ultra-destra eversiva gravano su ben individuati uffici della magistratura aretina. Persino la sentenza di Bologna (pag. 191) ne riferisce, confermando il convincimento degli eversori neri di poter contare sull’importante protezione di un magistrato affiliato ad una potentissima loggia massonica; agli atti risultano dichiarazioni assai gravi relative ad autorizzazioni di intercettazioni telefoniche non concesse ed ordini di cattura non emessi (pag. 2).
Nel periodo compreso tra la fine del 1973 ed il marzo del 1974 viene alla luce un’ulteriore iniziativa che vede coinvolti uomini risultati iscritti alla P2 o indicati, nella più volte ricordata relazione Santillo del 1976, come aderenti alla stessa quali Edgardo Sogno, Remo Orlandini, Salvatore Drago e Ugo Ricci.
Dai documenti in possesso della Commissione si può avanzare l’ipotesi che il gruppo, facente capo a Sogno, pur non ignorando le iniziative più tipicamente eversive, abbia sviluppato sin dalla fine degli anni Sessanta, per proseguire nella prima metà degli anni settanta, una linea “legalitaria”, muovendo però sempre dalla premessa di un grave pericolo per le istituzioni provocato dagli opposti estremismi e dalla incapacità delle forze politiche di farvi fronte. Tale linea quindi si pone gli obiettivi di realizzare riforme anche costituzionali e mutamenti degli equilibri politici al fine di dar vita ad un governo forte, capace di resistere alle minacce incombenti sul paese. E’ possibile citare, in questo contesto, la costituzione dei Comitati di resistenza democratica, sorti nel 1971 per iniziativa di Edgardo Sogno, e le proposte avanzate nei periodici Resistenza democratica e Progetto 80.
Quello che più interessa ai fini della nostra indagine è che la complessa tematica legata al gruppo Sogno, le proposte di riforme costituzionali avanzate, come pure, in parte, la strategia adottata, rivelano punti di contatto con il Piano di rinascita democratica e la strategia di Gelli dopo il 1974.
Ricordiamo infine che nella busta “Riservata personale” che Gelli conservava a Castiglion Fibocchi era custodita la copia di un anonimo, per la quale ci fu richiesta di informativa su Gelli inviata alla questura di Arezzo nel marzo del 1975 dal giudice Violante che indagava sulla eversione di destra. Nell’anonimo leggiamo tra l’altro: “Il Gelli sembra inoltre collegato al gruppo Sogno e ad altri ambienti che fanno capo all’ex procuratore Spagnuolo oltre che ad ambienti finanziari internazionali”.
Un’ultima notazione sul delitto del giudice Occorsio, il quale avrebbe iniziato ad investigare sui possibili collegamenti tra l’Anonima sequestri ed ambienti massonici ed ambienti dell’eversione neo-fascista. Tale almeno fu la confidenza che Occorsio fece ad un giornalista il giorno prima di essere ucciso.
Nel panorama attuale, l’arcipelago dell’estrema destra si presenta vasto ed eterogeneo come non si verificava dagli inizi degli anni ’90 e, come allora, con una varietà di posizioni all’apparenza contrastanti.
Queste divisioni, più rivalità per il comando che diatribe di natura ideologica, sottendono però una certa volontà di ricomposizione dell’area neo-fascista sotto un’unica bandiera nera.
L’attuale parola d’ordine è quella dell’unità dell’area “nazional-popolare”, emersa da un’assemblea tenutasi ad Ostia il 9 e 10 novembre 2002, in cui si è tentato di lanciare questo processo ricompositivo tra le diverse fazioni alla destra di Alleanza Nazionale.
In realtà questo tentativo risponde più alle esigenze di sopravvivenza delle piccole formazioni, schiacciate dall’intraprendenza dell’unico gruppo che sembra avere una certa influenza sia sulle giovani potenziali reclute che sui settori della destra istituzionale: Forza Nuova.
Questa formazione politica è nata nel 1997 a Londra grazie all’azione ed ai finanziamenti (ne parleremo in seguito) di due elementi ben noti del neo-fascismo italiano ed internazionale: Massimo Morsello (ex-N.A.R.) e Roberto Fiore (ex-Terza Posizione).
Forza Nuova è un vero e proprio partito, collegato a livello internazionale con movimenti neo-fascisti in diversi paesi: l’Inghilterra (dove c’è la centrale di Terza Posizione Internazionale), la Spagna (con i falangisti), l’Austria (con gli Haideriani), la Germania (con l’NPD) e la Francia (con il Front National di Le Pen). Fonte d’ispirazione di questa formazione, oltre all’ideologia fascista, all’anticomunismo e alla xenofobia, è il tradizionalismo cattolico (nel programma politico è prevista, tra l’altro, la richiesta di ripristino del Concordato del ’29 e l’abolizione dell’aborto).
L’egemonia che Forza Nuova esercita nel panorama dell’estrema destra italiana (unica formazione, insieme a Fiamma Tricolore ad avere un’estensione realmente nazionale), si deve principalmente alla sua forte identità ideologica, alle capacità finanziarie ed al suo attivismo, che ne fa di fatto un polo d’attrazione anche per militanti di altri gruppi quali Fiamma Tricolore, Fronte Nazionale o Azione Giovani. Non a caso Forza Nuova non ha risposto all’appello all’unità lanciato nella citata assemblea di Ostia.
In questa sede è nato, invece, il Movimento Nazional-Popolare, come forma di coordinamento di quell’area che comprende Fiamma Tricolore, Fronte Sociale Nazionale, Rinascita Nazionale ed il Polo delle destre sociali, la cui prima iniziativa pubblica è stata un corteo il 30 novembre a Bologna, a cui Forza Nuova non ha preso parte.
Questi gruppi sono radicati solo in alcune città, ma le palestre del “laboratorio” della destra neo-fascista continuano ad essere, come in passato, Milano, Padova e Roma.
La capitale rimane comunque il punto dove si concentrano le sigle più significative. E’ il caso anche del movimento Fascismo e Libertà (presente anche in Lombardia e Sicilia) o della nuova versione di Base Autonoma, di cui avremo modo di parlare meglio in seguito.
Negli ultimi anni, alle sezioni di Azione Giovani, si è affiancata, inoltre, Gioventù Europea , un’associazione nata nell’intento di avvicinare i giovani alla politica con la parola d’ordine della riscoperta delle radici culturali italiane ed europee e nelle cui assemblee (ma anche in manifesti o volantini) si promuovono campagne a sostegno della bandiera tricolore o dei militari italiani all’estero. Seppur con una certa autonomia, si tratta sostanzialmente di un’emanazione della sezione giovanile del partito di A. N., sorta per contrastare l’evidente emorragia di giovani militanti attratti da gruppi più radicali e all’apparenza meno “compromessi” col potere istituzionale.
Il mondo associativo dell’estrema destra è sempre stato assai ricco e variegato e, di recente, sembra aver ripreso il suo attivismo.
A Roma riveste un certo rilievo la Raido, organismo che s’ispira fortemente al pensiero di Evola.
La Raido non fa riferimento ad una frangia specifica dell’estrema destra, ma è collegata a diverse aree e si occupa principalmente della formazione ideologica dei militanti, attraverso pubblicazioni, conferenze, presentazione di libri, incontri e dibattiti. Nello stesso settore si muove anche l’associazione Lepanto, esistente da vent’anni e molto attiva nell’ambito dell’integralismo cattolico (la Militia Christi, per intenderci).
In questo panorama va menzionata inoltre la Destra Nazionale (sigla già esistente nel 1972 come corrente fascista filo-monarchica interna al M.S.I.), formazione in forte contrasto con Forza Nuova, capeggiata da un’ex appartenente ai servizi segreti della NATO.
Anche la Destra Nazionale non ha aderito all’assemblea di costituzione dell’area nazional-popolare, ma i suoi leader dichiarano di lavorare per un confronto tra le diverse formazioni fasciste romane e, in effetti, in Sicilia alle amministrative 2003 hanno promosso un’alleanza elettorale con Fiamma Tricolore ed il Fronte Sociale Nazionale.
Sempre appartenente all’estrema destra, ma anch’essa in aperta critica con l’area di Fiore (tacciato di filo-americanismo per le sue posizioni anti-islamiche) ,c’è, inoltre, la Comunità Politica d’Avanguardia.
Da questo filone comincia, poi, quella zona grigia che va sotto il nome di “sinistra nazionale”. Sotto questa categoria vanno sussunte tutte quelle formazioni che, in nome dell’antiamericanismo e di un antimperialismo di facciata, sono riuscite ad accreditarsi in ristretti ambiti del movimento della sinistra antagonista, attraverso l’utilizzo di ambigue parole d’ordine quali “socialismo nazionale”, “comunismo nazionalitario” e tutta la terminologia ereditata dalla corrente proveniente dalla Linea Comunitarista, corrente fuoriuscita da una scissione del Fronte (Sociale) Nazionale di Adriano Tilgher. Non a caso una delle riviste di punta, fautrice di questa tendenza (già tristemente familiare dai tempi della formazione Lotta di Popolo che si muoveva in maniera simile negli ambiti del movimento del post-’68) si chiama Rosso è Nero.
Seppur ancor attaccati alla propria tradizione fascista, si rifanno alla stessa corrente ideologica anche le riviste Orion e Sinergie Europee.
A partire dai primi anni ‘90, sia a livello nazionale che internazionale, si apriva una nuova fase per l’estrema destra e, in particolare, per quei settori che in modo ormai esplicito facevano riferimento al passato nazista, un passato mai passato secondo la deformazione hitleriana del mito dell’eterno ritorno e che ora - con la cosiddetta “fine del comunismo” - simbolicamente rappresentata dalla caduta del Muro di Berlino - poteva tornare alla luce del sole.
Due circostanze significative testimoniano il passaggio dell’Italia attraverso la suddetta fase: la ricomparsa sulla scena nazionale di alcuni personaggi chiave della strategia della tensione, come Franco Freda e Stefano Delle Chiaie, capi storici rispettivamente di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale (il primo assolto, in maniera sospetta, dalla strage di Piazza Fontana e il secondo, a suo tempo incriminato per trame eversive, rientrato dall’America Latina) e, in secondo luogo, l’affacciarsi sul panorama musicale italiano, seppur tardivamente rispetto al resto d’Europa, del movimento politico-musicale bonehead, per intendersi quelli che la stampa definirà impropriamente naziskin.
A seguito di ciò vengono formandosi in tutta Italia gruppi e gruppetti all’ombra del Movimento Sociale Italiano, composti sia da militanti più o meno vecchi dell’estrema destra extraparlamentare - spesso reduci da esperienze degli anni ‘80, quali i N.A.R. o Terza Posizione - sia dalle nuove leve, provenienti o dalle organizzazioni giovanili missine (F.d.G. e F.U.A.N.) oppure cresciute tra le curve-ultrà e a suon di musica OI!.
In questa galassia, nasce nel ‘91 Base Autonoma, network nazionale, che raccoglie numerose formazioni tra le quali:
- Movimento Politico (già Occidentale) di Roma, di Maurizio Boccacci (ex-Avanguardia Nazionale) fondato nel 1984;
- Veneto Fronte Skinhead a Padova e Vicenza, fondato nel 1985 da Piero Puschiavo;
- Azione Skinhead a Milano, capeggiati da Duilio Canu.
Queste le sigle più importanti, ma numerose sono le formazioni minori tra le quali, a Milano, quella di Forza Nuova, il cui nome sarà ereditato in seguito (a partire dal ‘97) dall’attuale, omonimo raggruppamento.
Dietro le teste rasate e gli atteggiamenti da stadio di gran parte degli aderenti a Base Autonoma, ci sono anche teste pensanti.
Principale teorico di Base Autonoma è un certo Sergio Gozzoli, della provincia di Pisa, ideatore della rivista L'Uomo Libero.
Nello stesso periodo viene fondato da Franco Freda un nuovo Fronte Nazionale (poi disciolto per legge) e da Stefano Delle Chiaie un’effimera Lega Nazionalpopolare; nonostante i toni critici di entrambe le formazioni verso lo spontaneismo “naziskin” (non ancora veri soldati politici), le simpatie sono reciproche e i contatti non mancano; assoluta e generalizzata è ovviamente la sintonia in materia d’immigrazione, ovvero nell’avversione e nella lotta al “meticciato”.
Nei primi anni ‘90, altre formazioni d’estrema destra attive sono Meridiano Zero di Rainaldo Graziani (figlio di Clemente Graziani, ex-gerarca di Salò ed ex-Ordine Nuovo); la Comunità Politica Nazionale di Avanguardia, con la testata Avanguardia “Evoliana” fondata nel 1982 da Leonardo Fonte, su posizioni filo-islamiche; il Movimento Politico Antagonista, su posizioni “nazional-bolsceviche”, avente come riferimento le riviste Orion (Milano) e Aurora (Ferrara).
Nel ‘93 il ministero dell'Interno, in seguito ad una serie di aggressioni e attentati, dichiara (formalmente) fuorilegge Base Autonoma, ne chiude alcune sedi e incrimina diversi esponenti con l’accusa di “tentativo di ricostituzione del partito fascista”, “istigazione all'odio razziale”, etc.
Meridiano Zero invece, riesce a prevenire le prevedibili misure repressive, proclamando lo scioglimento dell’organizzazione.
In realtà l’attività delle formazioni neo-naziste continua, grazie all'ospitalità nelle sezioni del M.S.I., del Fronte della Gioventù, della CISNAL (oggi UGL), che viene ricambiata con aiuti, forniti in svariate occasioni, sottoforma di robusti servizi d’ordine per le manifestazioni missine, specie nel periodo in cui Pino Rauti è segretario del M.S.I.
Tale connivenza viene mantenuta anche da Alleanza Nazionale, almeno fino allo “storico” congresso di Fiuggi (1995), congresso in cui Fini dichiara l’abbandono del passato missino (ma non il simbolo della Fiamma mussoliniana, soltanto oggi messo in discussione) in favore di una linea formalmente “democratica” di centro-destra.
Dopo Fiuggi, la destra nazi-fascista è attratta dalla nascita del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore di Pino Rauti, ex-repubblichino, ex-Ordine Nuovo, ex-M.S.I.; ma dopo pochi anni, l’incapacità di seguire una linea politica coerente tra l’opposizione “dura e pura” ed il compromesso politico con il centro-destra, determina per Fiamma Tricolore la perdita progressiva di settori consistenti, a partire da intere sezioni della Gioventù Nazionale (come succede ad esempio a Padova), giungendo all’attuale grave crisi che, dopo la scissione del Movimento Sociale Europeo (del sindaco di Chieti Cucullo), vede oggi il partito di Rauti impegnato in un processo di riunificazione col Fronte Nazionale (movimento fondato nel ‘97 da un ex-dirigente di Avanguardia Nazionale, Adriano Tilgher, dopo la sua espulsione dallo stesso Movimento Sociale - Fiamma Tricolore).
A prendere il posto di Fiamma Tricolore, oltre al citato Fronte Nazionale, che al centro-sud ha avuto per qualche tempo una buona consistenza (anche elettorale), c’è Forza Nuova, mentre continuano il loro percorso indipendente i “filo-islamici” di Comunità Politica d’Avanguardia e sopravvive anche Fascismo e Libertà, piccolo movimento fondato da Giorgio Pisanò ed altri nostalgici della Repubblica Sociale Italiana, a suo tempo fuoriusciti dal Movimento Sociale Italiano.
La nascita di Forza Nuova permette in primo luogo la ricostituzione di quella che era stata, un tempo, Base Autonoma, ma con caratteristiche meno “movimentiste” e più “partitiche”; fin dalla sua nascita, infatti, ritroviamo al suo interno gli stessi personaggi e gli stessi gruppi che facevano riferimento, all’epoca, alla prima Base Autonoma, tra cui, anche, parte del Veneto Fronte Skinhead.
A questi gruppi si aggregano, inoltre, gli aderenti vicentini di Alternativa d’Azione e spezzoni, più o meno organizzati, di Fiamma Tricolore.
Forza Nuova si caratterizza subito per la sua abilità nel tessere rapporti con nuovi interlocutori politici e, allo stesso tempo, per la sua capacità nel raccogliere adesioni nei settori più disparati della destra: dal rampollo borghese di Azione Giovani ai “brutti ceffi” delle tifoserie con le svastiche, dalla “teste rasate” ai professori universitari, dagli integralisti cattolici ai fan del dio Thor, dalle “guardie padane” ai disoccupati napoletani (all’interno dei quali ha formato il proprio gruppo Forza Lavoro Disponibile).
MOVIMENTO SOCIALE - FIAMMA TRICOLORE
Dopo la frattura di Fiuggi e la nascita di Alleanza Nazionale, Pino Rauti - già combattente della Repubblica Sociale Italiana, fondatore di Ordine Nuovo negli anni ‘60 ed uno dei massimi dirigenti e segretario del Movimento Sociale Italiano - lascia il partito per continuare l’esperienza neo-fascista su di un altro percorso in grado di raccogliere tutto quello che di vivo era rimasto negli ambienti dell’estrema destra. “Non stiamo fondando niente di nuovo, vogliamo solo riaffermare la continuità della nostra storia - afferma Rauti. Sono gli altri quelli di Alleanza Nazionale ad aver operato una scissione, un tradimento, riconoscendo l’antifascismo e sciogliendo il vecchio partito”.
Il Movimento Sociale - Fiamma Tricolore si presenta nel 1995 come partito contenitore di tutto l’ambiente neo-fascista italiano, dai gruppi di più recente formazione, come quelli che ruotavano intorno al Movimento Politico, ai piùdatati, come nel caso degli ex di Avanguardia Nazionale riuniti intorno ad Adriano Tilgher e Stefano Delle Chiaie. Tra gli obiettivi prioritari del suo programma il Movimento Sociale - Fiamma Tricolore indica “la battaglia contro i poteri occulti e mondialisti”, la difesa della famiglia e la lotta all’aborto, ma soprattutto “l’opposizione totale” all’immigrazione.
Ma il tentativo di pescare nel contraddittorio patrimonio “anticapitalistico” di stampo fascista, recuperando lungo la strada i consensi dei delusi di quella che Rauti definisce la “berlusconizzazione” di Alleanza Nazionale, non paga. Tra il 1995 e il 2000 il partito di Rauti riesce a raccogliere soltanto tra l’1 ed il 2% dei voti anche se a livello locale alcuni accordi tra Movimento Sociale - Fiamma Tricolore e la Casa delle Libertà saranno determinanti per l’elezione di alcuni amministratori (sindaci, presidenti delle regioni e province).
Ma la formula Rauti manda in pezzi il partito, sancendo una serie di divisioni e fratture. I primi ad uscire sono Giorgio Pisanò e i vecchi camerati di Fascismo e Libertà. Arriva quindi il commissariamento del settore giovanile del partito, riunito intorno alla pubblicazione Foglio di Lotta che contribuirà, dopo il 1997, alla nascita di Forza Nuova. Anche Modesto Della Rosa, l’unico deputato che aveva seguito Rauti dopo la scissione, lascerà il Movimento Sociale - Fiamma Tricolore. Sarà poi la volta di Adriano Tilgher nel 1997 che, in seguito all’espulsione dal partito, darà vita al Fronte Nazionale. Poche settimane prima si erano riuniti a Roma quasi 200 dirigenti missini per protestare contro l’allora attuale presidenza. La risposta di Rauti fu una serie di provvedimenti di espulsione.
“Provengono dalla cultura della destra extraparlamentare, incapace di integrarsi davvero nella vita di un partito, per questo non potevano restare più nella Fiamma” commentò Rauti. Tra il 1999 e il 2000 se ne vanno anche il Sindaco di Chieti Cucullo, un importante dirigente nazionale Cospito e l’europarlamentare Bigliardo fondatore del Movimento Sociale Europeo, che per quanto ne sappiamo si è già sciolto. Attualmente Fiamma Tricolore vive un periodo di grande crisi. Le sue componenti giovanili sono state assorbite da gruppi più radicali quali Forza Nuova o Base Autonoma e, per non scomparire, sta tentando di dar vita al Movimento Nazional-Popolare. Luca Romagnoli, recentemente, è stato eletto nuovo segretario, Rauti rimane come presidente “garante della linea politica” e, in termini di sopravvivenza elettorale, è stata varata l’alleanza “funzionale” con la Casa delle Libertà nel rispetto dell’identità politica e storica del partito.
DESTRA NAZIONALE
“Prepariamoci a batterci al fianco degli USA in quella che, probabilmente, o meglio sicuramente, sarà la Terza Guerra Mondiale. La civilizzazione contro la barbarie: come le antiche legioni romane che fecero un deserto e lo chiamarono pace. E’ il solo mezzo di cui disponiamo per salvare la nostra cultura, la nostra libertà, le nostre famiglie”.
Dopo gli attentati dell’11 settembre, quest’appello, presente sul sito del partito della Destra Nazionale, scompare.
“Nei prossimi mesi, l’Italia potrebbe essere colpita da attacchi d’una violenza inimmaginabile da parte dei paesi islamici del bacino mediterraneo. La nostra nazione potrebbe essere distrutta, prima che le forze alleate possano intervenire in aiuto alle Forze armate presenti sul nostro territorio. Un milione e mezzo di islamici sono già presenti sul nostro suolo. Quanti di loro ci attaccheranno? Le Forze armate e la Polizia saranno sufficienti a proteggerci? NO. La nostra difesa, deve venire da noi stessi con i Reparti di Protezione Nazionale. In caso di grave pericolo, saranno un valido supporto alle Forze armate. Vieni a combattere con noi, diventa una Camicia Grigia!”
Quest’organizzazione dispone d’un regolare statuto. “I Reparti di Protezione Nazionale si pongono come un’organizzazione volontaria di liberi cittadini che con il loro impegno vogliono esaltare i valori mai estinti che, da sempre, sono presenti nel cuore d’ogni italiano: Dio, Famiglia, Patria”.
Nonostante questa “libera associazione di cittadini” disponga di proprie uniformi militari, viene specificato nel suo regolamento che “I Reparti di Protezione Nazionale escludono l’uso delle armi e della violenza così come tutti gli altri comportamenti riconducibili a delle organizzazioni militari o paramilitari...”.
Questa dichiarazione d’intenti, all’apparenza angelica, non impedisce tuttavia al gruppo di inserire sul proprio sito, in bella evidenza, un link che rimanda alla pagina web di un vero e proprio supermercato militare con sede negli Stati Uniti. Qui, di fianco al banner pubblicitario della “Smith & Wesson” si possono fare comodamente compere tramite cardita di credito.
Gli USA esercitano sicuramente un fascino particolare sui dirigenti di Destra Nazionale che hanno persino ripreso, con qualche piccola modifica, il logo ufficiale della CIA per farne il simbolo del loro partito, proprio come un marchio di fabbrica. Non a caso il leader della Destra Nazionale altri non è che Gaetano Saya, un personaggio che ha fatto carriera nella rete occulta della NATO, “Gladio/Stay behind”.
Gaetano Saya, messinese, viene cresciuto dal nonno Matteo Francesco, all’epoca membro del Regio Esercito e aderente alla marcia su Roma, che lo educa all’amore per la “Patria e per il Duce”.
Fin da giovanissimo, Saya simpatizza per il Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale e nel 1970, appena quattordicenne, partecipa alle famose “giornate di Reggio Calabria” (la rivolta per il capoluogo aizzate dai fascisti). Nel 1974, a soli diciott’anni, si arruola nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza e, dopo l’addestramento e una breve permanenza, viene ingaggiato dai Servizi Segreti della NATO come esperto in ISPEG, controspionaggio e antiterrorismo, da cui si congeda “ufficialmente” solo nel 1997.
Viene cooptato nella rete Gladio nel 1975 dal famigerato Generale Giuseppe Santovito, allora capo del SISMI e membro della P2, e, in seguito, iniziato in una Loggia Massonica riservata.
Da Apprendista di primo grado diviene, in breve, Maestro Venerabile della Loggia“Divulgazione 1”.
“Divulgazione 1”, loggia massonica ancor più segreta della P2, aveva una dimensione internazionale ed era parte integrante dei dispositivi sotterranei della NATO.
Nel Novembre 1997, viene citato come principale teste d’accusa della Procura della Repubblica di Palermo, nel processo contro Giulio Andreotti accusato dallo stesso Saya di essere il mandante dell’omicidio del Generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa (anche lui membro della P2) nel 1982.
E’ in questa occasione che Saya dichiara pubblicamente, davanti ai giudici, di essere un vecchio agente segreto dell’Alleanza Atlantica e di aver mantenuto rapporti stretti con ambienti massonici americani e con Licio Gelli. A testimonianza di ciò esibisce la sua corrispondenza amichevole, proseguita fino agli inizi degli anni ’90, col Maestro Venerabile della P2.
Riguardo alle accuse mosse ad Andreotti, Saya afferma di aver ricevuto questa informazione direttamente dal generale Santovito “il 16 giugno 1982”, se ne ricordava perfettamente poiché lo stesso giorno a Palermo “aveva avuto luogo un regolamento di conti”, un clan mafioso aveva assassinato Alfio Ferlito, capo d’un clan rivale, crivellandolo di colpi durante il suo trasferimento da una prigione ad un’altra.
Congedatosi dai Servizi, e messosi in “sonno” Massonico, Saya è uno dei protagonisti della contestazione alla “svolta di Fiuggi”, 27 gennaio 1995, ed, insieme ad un gruppo di fedelissimi, decide di ridar vita al movimento politico fascista-monarchico della Destra Nazionale, già voluto da Almirante e poi soppresso.
Per Saya, il cambiamento di nome in Alleanza Nazionale, è stato un tradimento. “Fini ha venduto la bandiera del social-fascismo e del corporativismo per diventare una corrente, e neanche la più radicale, di Berlusconi”.
A partire da quella data, Saya riunisce attorno a sè un piccolo drappello di guardiani del tempio mussoliniano che si proclamano i soli leggittimi eredi del fascismo“degli ideali che il mondo intero ci ha invidiato: la Storia ci darà ragione”.
Il movimento della Destra Nazionale si strutturerà in partito il 12 luglio 2000 presentandosi, con scarsi risultati, alle elezioni amministrative del 2003, in lista congiunta con il Fronte Sociale Nazionale.
FORZA NUOVA
Nel maggio 1993 quasi tutte le formazioni neonaziste italiane (Movimento Politico, Meridiano Zero, Azione Skinhead e tutti i gruppi che componevano la prima Base Autonoma) vengono sciolte o si sciolgono spontaneamente e le centinaia di militanti che gravitano attorno a quell’area vanno ad ingrossare le fila del Movimento Sociale Italiano, poi Movimento Sociale - Fiamma Tricolore. E’ qui che inizia l’incubazione di Forza Nuova intorno alla rivista Foglio di Lotta, finanziato dal latitante a Londra Roberto Fiore.
Nel 1997 il leader del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore, Pino Rauti, vieta la diffusione della rivista, intimorito dal consenso che questa incominciava a riscuotere, specialmente tra i più giovani. I militanti di Foglio di Lotta decidono allora l’uscita dal partito per dar vita ad una nuova creatura politica, Forza Nuova.
Forza Nuova nasce a Londra il 27 settembre 1997, e già nella data, giorno di Sant’Arcangelo Michele, fa riferimento diretto alla Guardia di Ferro, il movimento cattolico integralista, ultranazionalista e antisemita rumeno. Le attività di Forza Nuova saranno, durante i primi mesi, dirette da Londra, città in cui risiedono i due leader del partito, Roberto Fiore e Massimo Morsello. Sia Fiore che Morsello sono figure della destra neofascista anni ‘70. Fiore era uno dei capi di Terza Posizione mentre Morsello, in gioventù cantautore missino nei Campi Hobbit, proviene dai Nuclei Armati Rivoluzionari (N.A.R.) di Alibrandi e Fioravanti.
Fuggiti a Londra nel 1980 dopo la strage alla stazione di Bologna, inseguiti da mandati di cattura della magistratura italiana, i due hanno costruito un piccolo impero economico che ha offerto la base materiale per la creazione in Italia di Forza Nuova. Il giro d’affari delle società controllate da Fiore e Morsello si aggira intorno ai trenta miliardi l’anno. Al centro di questo piccolo impero economico l’agenzia di viaggi e società di servizi Meeting Point. In Italia esiste una rete di agenzie turistiche collegate a questo circuito imprenditoriale: la Easy London, che offre pacchetti casa-lavoro-studio a Londra.
Fiore e Morsello devono aspettare il 1999 per poter tornare in Italia, il primo dopo la caduta in prescrizione dei reati di cui è accusato, il secondo per motivi di salute (Morsello morirà, infatti, di tumore nel 2001).
A dare il benvenuto a Morsello, al suo rientro in Italia, vi è un comitato d’accoglienza composto da svariati deputati di Alleanza Nazionale come l’attuale presidente della Regione Lazio Francesco Storace, Alberto Simeone, oltre al parlamentare europeo di Forza Italia Ernesto Caccavale e all'ex sottosegretario alla giustizia Carlo Taormina.
Il programma di Forza Nuova è articolato in otto punti centrali, che mostrano la volontà di recuperare, un po’ in tutte le direzioni, il radicalismo di destra. Si va dalla richiesta di abrogazione della legge sull’aborto a proposte in favore di una legislazione che metta al centro la valorizzazione della famiglia e la crescita demografica. Si arriva a chiedere il ripristino del concordato tra Stato e Chiesa stipulato durante il fascismo.
Si propone, inoltre, la messa al bando della massoneria e di tutte “le sette segrete”; il blocco dell’immigrazione e un “rimpatrio umano” per gli immigrati, l’abolizione dell'usura e la formazione delle corporazioni dei lavoratori. Infine, Forza Nuova richiede l’abrogazione delle “leggi liberticide” Scelba e Mancino.
Nella propaganda ricorrono spesso parole d'ordine come “contro ogni droga”, nonché campagne in difesa dei prodotti made in Italy, intitolate “compra italiano”.
Oltre a ciò, numerosi sono i riferimenti al patrimonio caro a Terza Posizione, cioè a quella che fu la scuola quadri degli attuali capi di Forza Nuova, ad esempio, nell’esaltazione dello “stile legionario”, l’idea di un combattente politico sempre pronto e costantemente in azione.
Forza Nuova si presenta come partito (beneficiando in questo modo dei fondi pubblici), anche se, fin dall’inizio, aggrega attorno a sé elementi fuoriusciti dai più disparati movimenti: dal Movimento Sociale - Fiamma Tricolore ai sopravvissuti dell'esperienza politica di Base Autonoma dei primi anni ‘90. L’ultras calcistico padovano Paolo Cartossidis, l’ex leader di Azione Skinhead Duilio Canu, quello di Movimento Politico Maurizio Boccacci, sono solo alcuni dei personaggi che in questi anni sono stati veri e propri quadri all'interno di Forza Nuova.
I militanti vengono reclutati allo stadio tra le fila degli Ultras, negli ambienti dell’integralismo cattolico a destra di Comunione e Liberazione, tra i giovani delle altre formazioni di destra ormai in via d’estinzione (Movimento Sociale - Fiamma Tricolore, Fronte Sociale Nazionale di Adriano Tilgher ed il recentemente disciolto Fronte Nazionale di Franco Freda).
Nell’aprile 1999, Caratossidis, studente di Scienze Politiche, spiega la strategia movimentista di Forza Nuova in un’intervista a Repubblica: “Lo stadio, le discoteche, le birrerie e anche i centri sociali sono un bacino da sfruttare per la ricerca di voti e consensi…Se si fa propaganda con i volantini, mille distribuiti tra gli spalti hanno più valore che davanti a un supermercato. Con pochi soldi, uno striscione allo stadio ha una visibilità nazionale”.
Eppure, la xenofobia, l’omofobia, le continue rivendicazioni di discendenza diretta dal fascismo, non fanno di Forza Nuova un partito isolato. A livello locale numerosissime sono le collaborazioni intorno a tematiche specifiche (ad esempio raccolte firme contro l'immigrazione), ad iniziative di quartiere (spesso organizzate fianco a fianco ad Azione Giovani), così come gli accordi elettorali con il Polo delle Libertà (a Bologna, Padova, Milano..., Fiore stesso, invitato al congresso di Comunione e Liberazione, annunciò l’appoggio di Forza Nuova a Berlusconi per sconfiggere i “comunisti” alle elezioni).
Nel 2002, inoltre, viene saldato e consolidato il rapporto con la Lega Nord, in particolare con i suoi esponenti più radicali, costituendo un fronte comune nella lotta contro gli immigrati. Borghezio, ad esempio, è stato più volte invitato ad intervenire al termine di manifestazioni di Forza Nuova (anche a Roma il 2 novembre), mostrandosi perfettamente a suo agio di fronte a una selva di braccia tese.
Persino in occasione delle recenti polemiche medianiche che hanno visto Forza Nuova protagonista in seguito all’aggressione, in diretta TV, a Verona del presidente dell’Unione Islamici Italiani, Abdel Smith, che ha portato ai domiciliari 21 militanti dell’organizzazione (tra cui i dirigenti veneti), esponenti di Alleanza Nazionale e della Lega non hanno esitato ad esprimere solidarietà nei confronti degli arrestati; il solito Borghezio è andato a trovarli in carcere e il Sindaco di Treviso Gentilini (Lega Nord) ha auspicato proficue collaborazioni in vista delle elezioni.
In questi ultimi anni, a Roma, Forza Nuova è stato, senza dubbio, il gruppo più attivo a livello cittadino (senza contare i gruppetti di quartiere); il gruppo possiede persino un negozio, l’Emporio Italico con sede in via Luigi Ungarelli, nella zona della Batteria Nomentana. Ogni estate i forzanovisti riesumano la loro opposizione al Gay Pride, affiggendo manifesti omofobi e organizzando contromanifestazioni. In particolare nel 2000, quando Roma ospitò il World Gay Pride, Forza Nuova convocò una grossa mobilitazione, portando in piazza 600 neofascisti, che sarebbe dovuta culminare, il giorno del corteo del World Pride, in una contromanifestazione annunciata con minacce e paventati scontri. Ma la morte, qualche giorno prima, della giovane figlia di Morsello, e il lutto di tutto il partito, portano all’annullamento della provocatoria manifestazione (forse anche in previsione delle scarse probabilità di riuscire a sostenere quanto annunciato).
Agli appuntamenti fissi di Forza Nuova (28 ottobre, commemorazione della marcia su Roma, con visita alle tombe dei fascisti al Verano e 25 aprile, Festa della Liberazione, sempre al Verano per quello che loro considerano lutto nazionale) si sono aggiunti, quest’ultimo anno, banchetti, volantinaggi e raccolta firme in pieno centro (via del Corso) con cadenze quasi settimanali, oltre alla manifestazione a piazza Venezia svoltasi il 2 novembre 2002, con comizio finale dell'onorevole Borghezio della Lega Nord.
Del gruppo romano è anche Andrea Insabato, che nel dicembre 2000 rimase ferito nell’esplosione dell’ordigno che lui stesso aveva collocato davanti alla redazione del Manifesto. Insabato, fino ad allora “cassiere” di Forza Nuova, e anello di congiunzione con il movimento ultracattolico Militia Christi, viene, in seguito a questo episodio, declassato nelle conferenze stampa al rango di semplice simpatizzante del movimento, seppure “amico di sempre” di Fiore e Morsello. D’altronde, il primo a far visita a Insabato in ospedale è proprio un militante di Forza Nuova del quartiere di Primavalle, Giuliano Castellino (attuale capo di Base Autonoma). Per completare l’elenco possiamo infine menzionare Francesco Bianco, ex responsabile a Roma di Forza Nuova, nonché ex-N.A.R. protagonista di rapine e azioni insieme ai fratelli Fioravanti, Alibrandi e Anselmi. Bianco, pur rimanendo un personaggio minore della galassia N.A.R., è stato arrestato e condannato ad alcuni anni di galera per banda armata.
Da quasi quattro decenni la Gran Bretagna, in particolare Londra, è diventata il luogo in cui ex-terroristi neri e neo-fascisti, provenienti da ogni parte del mondo, possono trovare indisturbati rifugio dopo aver commesso le peggiori infamie.
Molti sono gli esempi, dal dopo guerra a oggi, cui si potrebbe far ricorso: dalla lunga latitanza in terra inglese di James Earl Ray, l’assassino di Martin Luter King, all’accoglienza che l’estrema destra locale offrì per diverso tempo a George Parisey, terrorista algerino, arrestato successivamente (grazie al lavoro di svariati militanti antifascisti) in compagnia di un comandante dell’Oswald Mosley’s Union Movement, vecchio gruppo ultra conservatore britannico.
I legami tra la destra internazionale e la Gran Bretagna sono, come ribadito, molto saldi; ma la connessione con l’Italia è sicuramente la più forte; sono italiani, infatti, i referenti dell’organizzazione meglio conosciuta come International Third Position ed è ancora grazie al contributo di italiani che la destra nazionale è riuscita a costruire, con l’appoggio di varie strutture locali, un enorme apparato finanziario capace di sostenere economicamente (in maniera più o meno nascosta) molte organizzazioni neo-fasciste in Europa ma, ovviamente, concentrando i maggiori sforzi e le maggiori sovvenzioni all’ Italia, dove il referente politico-militante si chiama Forza Nuova.
Se a qualcuno non fosse ancora chiaro i nostri manager in camicia nera rispondono ai nomi di Roberto Fiore - segretario di Forza Nuova- e Massimo Morsello (ora deceduto).
Cerchiamo ora di ricostruire la storia che ha portato due fascisti tout court dalla semplice latitanza alla costituzione di quel macro-apparato finanziario che trova la sua direzione nella società Meeting Point.
Quando Roberto Fiore e Massimo Morsello fuggirono dall’Italia, dopo la strage alla stazione di Bologna del 1980, erano i leaders riconosciuti dell’organizzazione d’estrema destra Terza Posizione.
Terza Posizione, organizzazione paramilitare, era sospettata fortemente di avere legami con la loggia massonica P2 di Licio Gelli, così come con gli ambienti dei servizi segreti e della malavita organizzata.
Dopo essere fuggiti in Libano, Fiore e Morsello riappaiono a Londra, all’inizio degli anni ‘80. Seguendo le relazioni pubblicate nell’agosto del 1998 su The Guardian, i due terroristi neri erano stati reclutati in Libano dai servizi segreti inglesi del Military Intelligence 6 (M16).
I due, sfruttando i consolidati agganci con il National Front (sciolto nel 1989) e con Nick Griffin (leader del British National Party, oltre che co-fondatore, con Fiore e Morsello di International Third Position) e, costruendo nuove alleanze, riescono nel 1986 ad inaugurare Meeting Point.
Meeting Point è una finanziaria che ha come maggior patrimonio una vastissima proprietà immobiliare (1300 appartamenti abitati esclusivamente da giovani, provenienti da tutta Europa, che per ragioni di lavoro o di studio o, semplicemente, per apprendere la lingua decidono di trascorrere un periodo in Inghilterra). La struttura che in Europa si occupa di reclutare giovani, inseriti poi a livello lavorativi tramite società di collocamento direttamente collegate a Meeting Point , si chiama Easy London (15 sedi in Italia).
Easy London propone a coloro che, ignari, vi si rivolgono un pacchetto pronto che offre viaggio, lavoro e alloggio ad un prezzo “interessante”. Quello che, però, viene omesso dall’accattivante brochure è che i malcapitati, al loro arrivo in Gran Bretagna, saranno accolti nelle cucine del West End e che buona parte delle già magre paghe andrà ad ingrossare le casse di Fiore e soci. Inoltre, le confortevoli camere, illustrate nei depliants, non esistono, ma al loro posto ci sono micro-alloggi super affollati, con letti nei corridoi e bagni in comune per 15 persone, il tutto gestito (in clima militaresco) da decine di nazi-skin non solo italiani; è, infatti, del quotidiano “Mail” del 20/9/99 la notizia che Fiore avrebbe fatto arrivare dalla Polonia un “esercito” di boneheads per meglio gestire i quasi seimila giovani europei che annualmente entrano in contatto con la società. Molti sono i racconti (alcuni di esperienze dirette) che parlano di pestaggi notturni ad affittuari in ritardo o semplicemente non in linea con la gestione.
Ma le grosse rendite per la Meeting Point non si esauriscono nella percentuale sottratta agli stipendi e dalla riscossione degli affitti molto alti, nonostante il mercato immobiliare londinese sia già caro di per sé; infatti, tra le molteplici attività della holding troviamo una catena di ristoranti, negozi alimentari di prodotti italiani, una casa discografica e alcune scuole di lingua, come quella di Westminster Bridge Road dove, secondo la magistratura italiana, si tengono periodicamente congressi di organizzazioni fasciste di tutta Europa e il cui contratto d’affitto era intestato direttamente a nome di Morsello.
Tutto questo, dal reclutamento di nazisti all’enorme impero finanziario, potrebbe per certi versi sembrare fantascienza, ma non lo è, soprattutto se teniamo conto che non si è ancora parlato dei maggiori sostenitori della coppia Fiore Morsello ed è giunto il momento di farlo.
Si tratta di due organizzazioni ultra-cattoliche (come potevano mancare) che fin dagli inizi della latitanza hanno offerto ai due protezione e, soprattutto, denaro; stiamo parlando del St.George’s Educational Trust e St.Michael’s the Arcangel Trust.
La prima organizzazione menzionata, di cui Fiore è l’amministratore, è direttamente collegata alla St.George League, un piccolo quanto ricchissimo gruppo nazista in contatto con personaggi e fondi delle ex-SS; la seconda, ma non quanto a ricchezza, prende il nome dall’Arcangelo Michele santo patrono dei miliziani della guardia di ferro del leader fascista rumeno Corneliu Codreanu. Le due organizzazioni sono proprietarie di una fitta rete di charity shop (letteralmente “negozi della carità”), la cui principale funzione è quella di fornire la migliore copertura possibile a International Third Position contribuendo comunque, in maniera determinante, a riempirne le casse.
Lo scopo ufficiale delle charity (la cui fitta rete conta 8 negozi solo a Londra) è quello di promuovere la diffusione della religione cattolica in un paese a maggioranza protestante, anche se il Vaticano ha sempre negato il proprio appoggio a questo tipo di forme caritatevoli; nonostante ciò migliaia di cattolici inglesi, per lo più ignari riguardo la loro reale attività, continuano a frequentare le charity dove tra immagini di madonne, abiti usati e dischi possono trovare testi revisionisti e varie pubblicazioni fasciste. Se la presenza di tali libri non fosse abbastanza esplicita riguardo l’ispirazione politica da cui traggono origine queste organizzazioni, basta spingersi a visitare i rispettivi siti internet su cui è possibile acquistare poster di Hitler e Mussolini, libri di propaganda nazista, pubblicazioni antisemite e inneggianti alla superiorità della razza bianca.
Non c’è da stupirsi quindi se proprio la St.Michael’s Trust ha deciso di “donare” 21 milioni di lire per la costruzione di una chiesa, che dovrà sorgere nel nuovo villaggio fascista a nord della Spagna (progetto di Fiore del quale ci occuperemo in seguito) e se la somma restante proviene da un assegno staccato dalla Barclays Bank e intestato a Meeting Point, il cui patrimonio economico, va ricordato, ammonta a più di 30 miliardi di lire.
Come ogni società che si rispetti anche Meeting Point necessita di reinvestire i propri utili (non potendo scaricare dalle tasse le sovvenzioni ai fascisti nostrani) e parte di questi Fiore ha deciso di impegnarli nella ricostruzione di un villaggio a circa 80 Km da Valencia, “Los Pedriches”; nel 1996, con la spesa iniziale di circa 40 milioni, Meeting Point acquista i primi quattro fabbricati all’interno del villaggio e da allora gruppi di fascisti di mezz’Europa hanno contribuito alla costruzione di alcune abitazioni, una cappella e un ostello per famiglie. In risposta alla valanga di critiche piovutagli addosso nell’ultimo periodo (da quando la frequentazione di elementi nazisti è nettamente aumentata), Fiore ha controbattuto che il loro è un semplice progetto turistico che gode, oltretutto, dell’avallo del ministero del turismo spagnolo che avrebbe offerto il proprio aiuto economico al progetto di rilancio del turismo in quel territorio.
Ovviamente le finalità di questa impresa sono ben altre; l’obiettivo è quello di creare un rifugio sicuro in cui ospitare fascisti in fuga da tutto il mondo, organizzare convegni e colonie estive; del resto, il villaggio viene reclamizzato come luogo in cui sperimentare l’esperienza di un “ordine nuovo” e dove i giovani europei verranno formati e rieducati in modo da non “parlare, muoversi, agire come dei negri”, e queste esternazioni da dove potevano provenire se non dai siti ufficiali delle già citate St.George e St.Michael Trust?
Dunque, i collegamenti internazionali di Forza Nuova si diramano attraverso il circuito dell’International Third Position in Germania, Polonia, Romania, Galles, Inghilterra e Stati Uniti; nonostante ciò, alle elezioni europee del ‘99 i candidati di Forza Nuova - presentatisi con la Lista Cito - hanno ottenuto poche centinaia di voti.
Quanto trattato in queste pagine non è altro che una panoramica sommaria sull’impero finanziario che Meeting Point, e più in generale International Third Position, è riuscita a costruirsi attorno, con l’aiuto di una fitta quanto complicata rete di contatti stretti con le peggiori strutture della destra radicale e dell’ortodossia cattolica presenti in Europa; ricordiamoci che Forza Nuova è, in Italia, il braccio militante di questa struttura. Non siamo, dunque, di fronte a fenomeni già conosciuti, riconducibili semplicemente a gruppi di boneheads tenuti insieme da una sigla poiché, oltre a questi personaggi, non sono pochi, all’interno dell’organizzazione, i fautori dell’azione (pensiamo alle rapine di autofinanziamento) e, senza dubbio, a molti tra i potenti amici di Forza Nuova non dispiacerebbe assistere al ritorno dello spontaneismo armato caro a Fiore.
Base Autonoma è tra le più recenti e attive formazioni dell’estrema destra romana; le sue prime apparizioni risalgono all’estate 2002.
In realtà il nome Base Autonoma fu già utilizzato negli anni ’90 per indicare un raggruppamento di realtà neo-fasciste presenti su tutto il territorio nazionale, tra cui il Movimento Politico di Roma capitanato da Maurizio Boccacci.
Boccacci è, infatti, anche il leader dell’attuale versione di Base Autonoma; il suo percorso politico inizia a metà degli anni ‘80, quando fonda, a Grottaferrata, il Movimento Politico Occidentale, poi Movimento Politico tout court (dopo la fusione con la Divisione Artistica del Fronte della Gioventù nel 1989).
Sono gli anni in cui avviene la trasformazione sociale di parte del mondo neofascista. Emerge anche in Italia il fenomeno erroneamente chiamato naziskin ed il formarsi di una sottocultura razzista ed estrema, in special modo nelle periferie delle grandi città e tra le curve degli stadi. La xenofobia, il rifiuto dell’immigrazione e l’antisemitismo, faranno da sfondo a questi gruppi che tenteranno, per accattivarsi consensi specialmente nei settori giovanili, anche la costruzione in Italia di un circuito nazi-rock.
A Roma il Movimento Politico riesce ad avere una certa risonanza, nel giro di pochi anni, grazie al clamore sollevato sui media da alcune sue azioni, emergendo come il settore meglio strutturato in questa nuova fase del neo-fascismo. Oltre agli incontri internazionali e al corteo nazionale del febbraio ‘92, conclusosi a Roma, a piazza Venezia, tra slogan e saluti fascisti, i militanti del gruppo si resero responsabili di una lunga serie di violenze, pestaggi e accoltellamenti ai danni di compagni e immigrati, nonché di svariate provocazioni culminate con l’affissione di decine di stelle di David gialle su negozi di commercianti ebrei.
Svolgendo un lavoro sotterraneo, il Movimento Politico sfruttava l’organizzazione di concerti e l’uso sistematico dello stadio come spazio di aggregazione giovanile. Lo stesso Boccacci sarebbe stato condannato per gli scontri e per l’aggressione, compiuta prima dell’incontro di calcio Brescia-Roma, nel ‘94 ai danni di un funzionario di polizia.
Attorno al Movimento Politico di Roma era, inoltre, nato un network nazionale, denominato già allora Base Autonoma, sciolto nel ‘93 in virtù del “Decreto Mancino” promulgato quello stesso anno per frenare il diffondersi di atti violenti e l’incitamento all’odio razziale; la cosa singolare in questa vicenda è che venne sciolto il network, ma non i gruppi e le associazioni che ne facevano parte!
Ecco un’intervista a Boccacci dal Manifesto del 1992 sulla strategia del gruppo: “Quantitativamente, a livello di militanti, il Movimento Politico a Roma avrà 400/500 persone, e in più, un insieme di simpatizzanti che lo sostengono. Una cinquantina sono skinhead, mentre in tutta Italia siamo nell’ordine di 4/5000 militanti suddivisi in varie realtà cittadine. Per esempio a Vicenza il Veneto Fronte Skinheads, a Milano Ideogramma ed Azione Skinhead ed altri gruppi in altre città. Abbiamo dato vita al Veneto Fronte Skinheads ed Azione Skinhead per contrastare l’equazione corrente di skin uguale teppista, ma entrambe sono associazioni culturali, mentre la linea politica è decisa dal Movimento Politico a Roma. Inoltre organizziamo concerti come mezzo di comunicazione verso l’esterno e per diffondere determinati prodotti musicali. I concerti sono anche un mezzo per finanziare le associazioni. Se sono razzista? Il valore che diamo a questa parola significa difesa della razza, della civiltà e delle tradizioni. Ne consegue un discorso sull’autodeterminazione dei popoli. E se per antisemita intendi antiebraico, si, sono antisemita. Dato che gli ebrei combattono per dominare sul mondo e sugli altri popoli, io sono antiebraico”.
Ma lo scioglimento del ‘93 non pone fine all’avventura politica di Boccacci e di altri quadri di Base Autonoma. Coinvolto in prima persona nelle aggressioni e nelle violenze che vedono protagonisti i militanti di Movimento Politico, la storia di Boccacci si può seguire sulle cronache dei giornali, che lo vedono alla guida di un centinaio di naziskin, il 16 aprile 1994, nell’assalto al centro sociale Break Out di Primavalle, successivamente arrestato negli scontri allo stadio di Brescia, il 20 novembre 1994, in seguito all’accoltellamento di un poliziotto e, infine, candidato sindaco nelle liste di Forza Nuova a Frascati.
Ma la nuova Base Autonoma non fa capo unicamente a Boccacci; l’altro leader riconosciuto è Giuliano Castellino, più volte presentatosi come il responsabile politico di tale formazione, e, anche lui, vecchia conoscenza del panorama neo-fascista romano. Frequentatore delle comitive fasciste di Primavalle nei primi anni novanta, elemento di raccordo tra coatti destrorsi, ultras di quartiere ed il Movimento Politico di Boccacci, lo ritroviamo in cima alla stele di Axum per protesta contro la restituzione dell’obelisco (da conservare in quanto “trofeo” fascista); è, successivamente, tra gli indagati per l’attentato al cinema Nuovo Olimpia di Roma del 25.11.99, dove fu ritrovato dell’esplosivo fuori dai locali durante la programmazione dell film sul nazista Heichmann (rivendicato, poi, da un misterioso Movimento Antisionista, insieme all’attentato al museo della Liberazione di via Tasso), infine anche lui nelle liste di Forza Nuova alle elezioni per il Comune di Roma. Attualmente sposato con la figlia del defunto leader di Forza Nuova, Morsello, continua a frequentare la tifoseria ultras romanista, anche se con poco seguito.
Sia Boccacci che Castellino ruotano attorno al centro convegni - libreria Laboratorio d’Idee, sito nel quartiere Ostiense, promotore di numerose iniziative e dibattiti che hanno visto la partecipazione anche di esponenti di Alleanza Nazionale.
La attuale Base Autonoma raccoglie in toto l’eredità del Movimento Politico, ponendosi in continuità con il discorso lasciato aperto nel ‘93. Le parole d’ordine sono “Patria, Socializzazione e Antagonismo”, un misto di fascismo socialisteggiante del primo periodo e di sottocultura xenofoba che li porta a descrivere una “millenaria civiltà italiana” minacciata dal mondialismo e dall’immigrazione, in cui l’ambigua sovrapposizione dei due concetti porta ad identificare nell’immigrato l’incarnazione della “dittatura mondialista” da combattere. L’immigrazione viene dipinta come il tentativo violento di cancellare le tradizioni nazionali, conseguenza di un preciso disegno di omologazione/annientamento delle culture, portato avanti da una confusa alleanza “americano-giudaico-massonico-comunista”. Questa lettura, in chiave cospiratoria, del fenomeno dell’immigrazione e, più in generale, della globalizzazione consente a Base Autonoma di portare avanti un discorso astrattamente antagonista e ribelle rispetto ai cosiddetti poteri forti (sostanzialmente l’America, ma anche il comunismo, colpevole di aver consegnato l’Italia agli Stati Uniti attraverso la Resistenza!) ed allo stesso tempo di propagandare il razzismo più becero individuando negli stranieri gli strumenti materiali di quel disegno.
A ragione di ciò, la prima vera apparizione pubblica di Base Autonoma nelle piazze, anticipata dall’affissione di alcuni striscioni contro gli immigrati nell’estate del 2002, si è verificata il 28 ottobre 2002, simbolica data degli 80 anni della marcia su Roma, quando Boccacci & co. hanno inteso convocare una provocatoria sfilata a piazza Vittorio, cuore multi-etnico del quartiere Esquilino, per “liberare gli italiani prigionieri in territorio straniero” e per “riappropriarsi delle strade”, annunciata da un capillare imbrattamento dei muri di Roma con scritte e manifesti e, in seguito, da uno striscione (“28 ottobre-marciare per non marcire”) innalzato, durante il derby, dal gruppo ultras romanista Tradizione Distinzione alla vigilia dell’evento. Peraltro, proprio nel settore di Tradizione Distinzione sventolava, nelle settimane precedenti la sfilata, la bandiera di Base Autonoma, un tricolore con al centro il fascio littorio stilizzato. La manifestazione si è poi rivelata un fallimento per chi pensava che i consensi raccolti allo stadio si traducessero automaticamente in militanza politica, la qual dovrebbe indurre ad un più approfondito ragionamento rispetto al retroterra socio-culturale del complesso fenomeno - ultras.
A prescindere da ciò, il 28 ottobre militanti e simpatizzanti di Base Autonoma si ritrovano in 80 a presidiare un angolo di piazza Vittorio, circondati dalla polizia, mentre centinaia di militanti antifascisti insieme ai diversi comitati di immigrati gli impediscono qualsiasi tipo di agibilità di piazza.
Ancora, il 14 dicembre, una trentina di militanti di Base Autonoma manifestano per l’indulto sotto il carcere di Regina Coeli per dare un senso al termine “antagonismo” che tanto gli piace utilizzare; ancor meno di trenta i militanti che, successivamente, fanno irruzione in un McDonald’s per protestare contro la “globalizzazione americana”.
Nell’anniversario della “strage” di Acca Larentia, Castellino e Boccacci sfilano in testa ad un corteo di 300 neofascisti, corteo al quale Base Autonoma ha aderito ufficialmente, ma che vede la partecipazione di tutte le realtà neofasciste cittadine, da Forza Nuova a Fiamma Tricolore. Di recente una manifestazione di Base Autonoma a Genzano di Roma, con tanto di bastoni e di disposizione “militare” dei partecipanti (schierati a modi di falange romana), ha visto, tra gli altri, la partecipazione di un consigliere comunale di Alleanza Nazionale.
In una città in cui Forza Nuova da qualche anno ha inglobato tutte le peggiori pulsioni xenofobe e neofasciste, finendo praticamente per diventare l’unico movimento di estrema destra organizzato e numericamente concreto, che sottrae militanti a tutte le altre formazioni di estrema destra (fatta eccezione per alcune realtà territoriali già radicate da anni nei quartieri, o per alcune realtà studentesche), l’apparizione di Base Autonoma è importante in quanto si situa “alla destra” di Forza Nuova e non in contrapposizione a quest’ultima, ma proponendosi, di fatto, come suo “braccio armato”, da stadio e stradaiolo.
Sebbene Boccacci e Castellino ci tengano a tenere distinti i due movimenti (specificando però che non vi è concorrenza), non è casuale che la carriera politica dei dirigenti di Base Autonoma in questi ultimi anni si svolge internamente a Forza Nuova, che i manifesti delle due formazioni appaiono nelle stesse zone e con gli stessi formati; infine non è casuale che quest’anno, per la prima volta da diverso tempo, Forza Nuova non ha organizzato parate commemorative in occasione del 28 ottobre, lasciando a Base Autonoma la paternità dell’unica iniziativa evidentemente condivisa.
La preparazione della citata manifestazione, con toni esasperatamente provocatori e con continui inviti allo scontro rivolti agli antifascisti romani, mostrano Base Autonoma per ciò che realmente è, vale a dire un’organizzazione militante nata e cresciuta nei settori del neofascismo da stadio, all’interno di gruppi quali Tradizione Distinzione della Roma o Banda Noantri della Lazioi, le cui scritte sui muri romani spesso si accompagnano a quelle della formazione dell’estrema destra neo-fascista.
“Cinque anni fa facemmo un’azione di preveggenza sulla questione dell’immigrazione rispetto a proposte che oggi vengono fatte da molte forze politiche ‘democratiche”.
Ha avuto facile gioco Franco “Giorgio” Freda nel difendersi dalle accuse di istigazione all’odio razziale nel processo di Verona che, insieme a quest’ultimo, vede il coinvolgimento di 49 militanti del Fronte Nazionale accusati, in ultima analisi, di ricostituzione del partito fascista. Al termine dell’iter processuale, il 7 maggio 1999, la prima sezione penale della Cassazione condanna Franco Freda a tre anni di reclusione per violazione della legge Mancino, detta anche “antinaziskin”, in seguito alla costituzione del Fronte Nazionale. Freda sconta sette mesi di carcere senza i benefici generalmente concessi per i brevi residui di pena.
Le indagini sul Fronte Nazionale erano iniziate nel 1992, a Verona, sotto la direzione del PM Guido Papalia, in seguito alla distribuzione di volantini di stampo apertamente xenofobo. La suprema Corte di cassazione, col patteggiamento, lascia cadere l’accusa di istigazione all’odio razziale, accogliendo la richiesta del legale di Freda, l’avvocato Carlo Taormina, e del PG della Cassazione di derubricazione del reato ascritto all’imputato – condannato, invece, dalla Corte di Assise di Appello di Venezia a poco meno di 6 anni di reclusione, per ricostituzione del partito fascista – in violazione alla legge Mancino.
Insieme a Freda sono stati condannati a pene minori 41 imputati, gravitanti attorno al Fronte Nazionale, tra questi Cesare Ferri (20 mesi) e Aldo Gaiba (16 mesi). Nell’autunno 1995 la ricetta apertamente razzista del movimento (“chiusura effettiva delle frontiere all’immigrazione extraeuropea, espulsione immediata degli stranieri clandestini, cancellazione graduale sino all’abrogazione totale della cosiddetta “legge Martelli” e il rimpatrio di tutti gli stranieri extraeuropei il cui soggiorno in Italia risulta finora consentito dalla stessa”) raccoglie insospettati consensi. “Non sono intollerante – si difende al processo di primo grado Freda – sono intransigente per quello che riguarda il destino delle future generazioni. Abbiamo il dovere di difendere le origini e l’essenza del nostro popolo italiano, di razza bianca e di cultura europea”.
Il sito Internet della libreria AR diffonde un significativo sunto del punto di vista del Fronte Nazionale sulla questione: “Il dovere di noi Europei, discendenti dalle genti arie d’occidente, è quello di destare le nostre coscienze, attraverso una sorta di ‘educazione militare dell’anima’: ricordare quella grandezza e divinità che costituisce il retaggio dei nostri avi indoeuropei – e che verrebbe annientata nella convivenza con una massa mondiale magmatica. Ricordare e insorgere. Lottare – senza tumulti, né violenze da noi provocati, ma senza transigere col dovere di contrastare la prepotenza degli allogeni – per la salvaguardia delle nostre comunità nazionali e razziali in Europa. Ricordare. Evocare e richiamare alla vita l’antenato ario che è in noi. Tornare alle origini dell’uomo di razza che è stato autore e generatore delle nostre stirpi – ovvero della cultura, dei costumi delle forme di vita della nostra specie. Insorgere. Difendere con generosità di cuore e perseveranza di opere quella terra e quel sangue che incarnano e manifestano, nell’ordine fisico e biologico, quelle potenze naturali, metafisiche e metabiologiche, che sono gli dei del Sangue e della Terra. ‘Consacrare’ a loro la nostra volontà significa purificarla dalla decadenza – e purificarla equivale a stabilire la condizione fondamentale dell’esito vittorioso del nostro agire. Saranno essi, infatti le guide – disincarnate e invisibili, ma presenti – del nostro ‘cammino di ronda’ nella fortezza europea”.
Tornato in libertà nel 1985, con la definitiva assoluzione per la strage di Piazza Fontana, Freda si è affannato per anni a spiegare che non aveva intenzione di fare politica, anzi (esagerando) ha ripetutamente negato di averla mai fatta. “Il mio – si è schernito – è solo allevamento pollitico”. Pedagogia rivoluzionaria, opera lenta di formazione di una nuova generazione di “uomini differenziati” per portare il testimone oltre il crepuscolo del Kali–yuga.
Sembrava aver accettato la critica feroce di Zani: “Freda? Tanto di cappello per l’opera di editore, ma nulla da vedere con la lotta rivoluzionaria”. Poi, improvvisa, la folgorazione. Inizio anni 90Col montare di uno stato d’animo xenofobo che dalle viscere del Paese affiora nelle prime ondate leghiste, Freda riscende in campo, raccontando la lezione di Evola (“Nell’Idea va riconosciuta la nostra vera patria. Non l’essere di una stessa terra o di una stessa lingua, ma l’essere della stessa Idea è quel che oggi conta”) si erge a paladino della civiltà europea minacciata dalla “invasione allogena”.
Al giornalista che crede di vedervi una regressione ideologica rispetto alle tesi rivoluzionarie della “Disintegrazione del sistema”, replica secco: “Sono stato chiamato...”.
Nel 1969 Il manifesto del militante del fronte europeo aveva demolito il mito dell’Europa Nazione, tanto caro ai giovani fascisti missini (ed ora di Alleanza Nazionale): “Agli inizi credevamo che l’Europa fosse veramente un mito, e rappresentasse un’idea forza: (...) gli stessi ragazzotti neofascisti guaiscono: Europa–Fascismo–Rivoluzione (...) senza verificare se esista in realtà un’omogenea civiltà europea (...) alla luce di una situazione storica mondiale per cui il guerrigliero latinoamericano aderisce alla nostra visione del mondo molto più dello spagnolo infeudato ai preti e agli Usa; per cui il popolo guerriero del Nord Vietnam, col suo stile sobrio, spartano, eroico di vita, è molto più affine alla nostra concezione dell’esistenza che il budello italiota o franzoso o tedesco–occidentale: per cui il terrorista palestinese alle nostre vendette dell’inglese (europeo? ma io ne dubito!) giudeo o giudaizzato (...). L’Europa è una vecchia baldracca che ha puttaneggiato in tutti i bordelli e che ha contratto tutte le infezioni ideologiche (...) una baldracca il cui ventre ha concepito e generato la rivoluzione borghese e la rivolta proletaria; la cui anima è stata posseduta dalla violenza dei mercanti e dalla ribellione degli schiavi. E noi, a questo punto, vorremmo redimerla?”.
Vent’anni dopo la risposta è positiva. Il programma del Fronte Nazionale, “sodalizio politico che intende custodire i lineamenti essenziali che formano lo Stato nazione...” è chiarissimo: “la lotta senza tregua all’immigrazione extraeuropea, la bonifica e il risanamento della vita nazionale dai vari agenti di disfacimento, la segregazione progressiva dei veicoli di infezione sociale, la difesa inattenuata del lavoro e dell’occupazione, la restituzione ai membri della comunità nazionale di spazi di vita sociale”. Che poi l’organizzazione raccogliesse una settantina di militanti in tutta Italia, nonostante la felice intuizione sul potenziale di massa della xenofobia, è la prova che Freda con la politica “non ci azzecca”.
La condanna dei militanti del Fronte Nazionale (e per Cesare Ferri è la prima condanna dopo le assoluzioni in serie collezionate per Ordine nero, il MAR di Fumagalli, l’omicidio Buzzi e la strage di Brescia) serve solo a confermare lo scollamento tra l’esercizio della giurisdizione e la realtà effettuale delle cose.
Il Fronte Nazionale era stato fondato al Solstizio d’Inverno 1990, e legalmente il 12 gennaio successivo da un notaio di Ferrara, da Freda, Gaiba, Enzo Campagna, Antonio Sisti e Ferdinando Alberti. La sede centrale è a Milano, a via Bergamo 12. Le funzioni di “rappresentanza, guida e coordinamento” sono affidate a Freda per i primi tre anni.
Nel primo anno il Fronte Nazionale - che ha sedi attive a Milano e Verona e presenze organizzate a Torino, Varese, Brescia, Ferrara e Battipaglia - si limita per lo più a fiancheggiare le edizioni di AR, che hanno la centrale operativo-editoriale a casa di Freda, a Casale di Brindisi e libreria e magazzino a Salerno. Il 2 dicembre 1992 il procuratore capo di Monza chiede l’archiviazione di una denuncia dei Verdi contro i dirigenti del Fronte Nazionale per manifesti apologetici di fascismo, nazismo e discriminazione razziale.
Il blitz scatta a Verona. L’8 luglio 1993 il GIP ordina la custodia cautelare per i dirigenti nazionali Freda, Ferri, Gaiba, e per i quadri veronesi Trotti, Stupilli, Wallner. Maurizio Trotti, 36 anni, è lo psichiatra di Abel e Furlan, i due di Ludwig. Un altro degli arrestati è uno dei leader delle “Brigate Gialloblù”, uno dei raggruppamenti della tifoseria del Verona calcio.
L’ordinanza del GIP recita: «Il Fronte Nazionale persegue finalità antidemocratiche di stampo nazifascista, ponendosi come vero e proprio nucleo organizzato di ricostituzione del disciolto Partito Nazionale Fascista. Sono dichiarate le posizioni di “radicalismo razzista”, di salvaguardia dell’integrità etnico-culturale della stirpe nazionale dalle commistioni e contaminazioni derivanti dall’immigrazione con “formulazioni teorico-propagandistiche tese a suscitare odio razziale e avversione contro gli extraeuropei”, nel quadro di una più ampia visione secondo cui “spetterebbe alla razza bianca una funzione egemone”. Capzioso è l’argomento sostenuto da Ferri nel solstizio: il FN non odia l’altro, il diverso, ma difende la nostra razza e radice, al pari dell’altrui. Di inequivoca ispirazione nazifascista (...) l’adozione di un monogramma giocato sull’equivoco di una stilizzazione delle iniziali che, in realtà, corrisponde alla rappresentazione grafica di mezza croce uncinata, con significato di sintesi provvisoria di una palingenesi in divenire verso il suo completamento, il recupero con tutti i suoi ritualismi della celebrazione del solstizio di inverno (celebrato due volte, nel ‘91 e nel ‘92, a Bardolino) “adottando metodiche di controllo ambientale di tipo squadrista”».
L’inchiesta veronese è partita proprio dalla celebrazione del Solstizio di Inverno del 1992 all’Holiday Inn di Bardolino, concluso con il rogo di una pira e il canto dei Carmina Burana. Alla cerimonia hanno partecipato 50 militanti, con alla presidenza Freda, Ferri e Trotta. Per l’occasione, in vista dei maggiori rischi previsti nel futuro con il varo imminente della legge Mancino, Freda chiede una rinnovata adesione dei militanti e decide la rifondazione del Fronte Nazionale, sulla base di una più attenta selezione dei partecipi “da circoscrivere alle persone più convinte, determinate e motivate”.
Un reclutamento per altro già assai selettivo, se imponeva il filtro del responsabile di zona per tenere sotto controllo per un anno il candidato militante. Nell’appartamento veronese di Trotti, cade nelle mani degli inquirenti l’organigramma del gruppo: 4 coordinatori di zona, tra cui Ferri e Gaiba, dai quali dipendono i responsabili territoriali (tra i quali Trotti, a Verona) un addetto amministrativo a Milano, la libreria a Salerno.
Il 24 luglio il GIP concede gli arresti domiciliari a Wallner. Il collegio che respinge l’istanza di Ferri sottolinea il mancato passaggio dalla teoria alla pratica e l’inidoneità dei mezzi (meno di 107 milioni di bilancio annuale) alla ricostruzione del Partito Nazionale Fascista e conferma la custodia per la legge Mancino. A settembre solo i tre leader nazionali restano in carcere. Dei 64 imputati iniziali, 49 sono rinviati a giudizio e - nell’ottobre 1995 - 45 sono condannati: Freda a 6 anni, Ferri e Gaiba a 4 anni, gli altri a pene minori.
Dopo la condanna in appello, il Viminale dispone lo scioglimento del gruppo confermato definitivamente da una sentenza del 1999.
Il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher (per distinguerlo dalle omonime esperienze del principe Borghese e di Franco Freda) – oggi Fronte Sociale Nazionale - nasce da una scissione della Fiamma Tricolore nel settembre 1997, ma rappresenta a tutti gli effetti la continuità storica di un’esperienza politica, quella di Avanguardia Nazionale, che, attraverso innumerevoli rigenerazioni, vanta ormai 40 anni di storia.
Dopo il fallimento dell’esperienza organizzativa tentata con lo stragista Stefano Delle Chiaie agli inizi degli anni ‘90, la Lega Nazional Popolare-Alternativa Nazional Popolare, un gruppo di avanguardisti storici, guidati da Tilgher e affiancati dall’ex-parlamentare missino Tommaso Staiti di Cuddia, partecipa al processo di rifondazione missina, acquisendo un potere notevole all’interno del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore. All’espulsione di entrambi da parte di Rauti a metà del luglio’97, seguono, a catena, le dimissioni di tutti i quadri della componente.
L’operazione è ghiotta, così Tilgher decide di bruciare i tempi annunciando, il 28 settembre, la nascita del Fronte Nazionale.
Nel Fronte Nazionale confluiscono le esperienze, inizialmente transitate nella Fiamma, di Alternativa Nazional Popolare e della rivista La spina nel fianco (il cui primo animatore, Marcello De Angelis, ex-portavoce degli esuli di Terza Posizione, è poi passato nei ranghi della destra sociale di Gianni Alemanno e Francesco Storace).
Il programma privilegia la “lotta all’immigrazione” e alla “società multirazziale”, e in opposizione al “mondialismo”, invoca una “Europa unificata” e l’uscita dell’Italia dalla NATO.
Il Fronte, quasi inesistente al nord, riesce a raccogliere 25 mila voti alle elezioni provinciali di Roma nel 1998 (18 mila nella sola capitale). Nel 1999 subisce la scissione della componente “nazional-comunista” che si aggrega attorno alla rivista Rosso è Nero di Carlo Terracciano e Maurizio Neri. In occasione dell’anniversario della “strage di Acca Larentia” (il 7 gennaio 1978: due militanti della sezione missina, noto covo di squadristi, furono uccisi da un commando delle BR ed un terzo nei successivi scontri con i carabinieri), nel 2000, viene distrutta in un attentato incendiario la sede nazionale del Fronte di via Taranto, a Roma.
Leader del Fronte Nazionale incontrastato è Adriano Tilgher, delfino storico di Stefano Delle Chiaie, che nel movimento mantiene un ruolo defilato, prima alla testa dell’agenzia di stampa Publicondor e in seguito impegnato nella costruzione e gestione di un’emittente televisiva in Calabria.
Altre figure note sono: Paolo Signorelli (tra i massimi dirigenti di Ordine Nuovo, più volte inquisito per omicidio: tre ergastoli annullati in successivi gradi di giudizio e nove anni di carcere preventivo), Enzo Erra (il leader della prima corrente giovanile evoliana nel MSI dei primi anni ‘50, Imperium) e Rutilio Sermonti (autore, insieme a Rauti, di una Storia del fascismo in sei volumi).
A inizio giugno 2000 si svolge a Roma quello che gli organizzatori hanno definito “un forum nazionale per la costruzione del movimento unitario antagonista”. Partecipano un po’ tutti, eccetto Forza Nuova. Stefano Delle Chiaie, su Publicondor, così presenta l’iniziativa in cui il Fronte Nazionale ha un ruolo centrale: “Quella che pareva ai soliti disfattisti una scommessa impossibile sta diventando realtà. Sappiamo che ci vuole tempo...Ma è il momento di credere e costruire”. L’obiettivo è la Cosa nera, una Margherita della destra che possa dialogare col Polo.
Nell’attesa, il Fronte Nazionale organizza in Molise il “campo dei ribelli” dove i giovani del movimento possono vivere una vita sana e marziale: alzabandiera, tecniche di marcia e di movimento, con tanto di “rompete le righe” finale.
A dicembre 2000 la Conferenza Programmatica per “discutere di unità e di elezioni”, convocata dalla Direzione nazionale del Fronte, prende atto del sostanziale fallimento del progetto unitario. Enzo Erra rivisita le tappe del percorso “che avrebbe dovuto condurre alla costruzione del nuovo soggetto politico alternativo per il quale si era impegnato il Segretario nazionale del MS Fiamma Tricolore, Pino Rauti”. Erra constata con amarezza “dopo un’ennesima recentissima proposta avanzata dalla Presidenza collegiale del Fronte Nazionale intesa a realizzare il processo unitario, la mancanza di volontà concreta da parte della dirigenza del MS-FT a convenire sulla creazione del Movimento di alternativa antagonista al sistema di potere nazionale e sovranazionale”.
Dal Piaz e Silvestri, esponenti dell’opposizione interna al MS-FT, dichiarano la loro disponibilità futura ad aderire ad un eventuale nuovo soggetto politico, privilegiando al momento l’azione giudiziaria da loro promossa nei confronti della dirigenza del Partito.
Aderiscono, invece, subito al Fronte Nazionale i dirigenti siciliani del MS-FT, Maltese e Rao, a nome delle Federazioni di Palermo, Trapani ed Enna e poi Di Salvo, Melchiorre e Pecchioli, rispettivamente per le Federazioni di Isernia, Benevento e di Genova.
Il Fronte Nazionale, pur non riuscendo ad attingere al ruolo complessivo di polo unitario della destra radicale, finisce col diventare il catalizzatore iniziale della continua diaspora missina: tra i transfughi di Rauti, spicca la personalità di Clemente Manco, già deputato del MSI e infine presidente del disciolto Movimento Sociale Europeo, il gruppo nato nell’inverno 2000 intorno all’europarlamentare della Fiamma, Roberto Bigliardo (poi rientrato nell’estate 2001 in Alleanza Nazionale).
Dopo l’11 settembre, il Fronte Nazionale accentua i toni anti-americani e filo-islamici.
Il congresso costituente dell’autunno 2001, che trasforma il movimento in Fronte Sociale Nazionale, confermando la leadership di Adriano Tilgher, viene criticato da diverse componenti dell’area “nazional-rivoluzionaria”, poiché brucia le aspettative di un processo unitario, ambito da più parti, ma che necessariamente viene scontrandosi con la naturale rissosità e con lo spirito di scissione propri dell’ambiente.
Nel gruppo dirigente, emerso dal congresso, hanno particolare visibilità i fuoriusciti dalla Fiamma, come Silvestri e Del Piaz, ma ci sono anche nomi noti degli anni di piombo, come Manlio Portolan, già fiduciario di Ordine Nuovo nel Friuli-Venezia Giulia e indicato da Vincenzo Vinciguerra come componente della rete di sicurezza atlantica, e come Alfredo Graniti (un avanguardista, arrestato nell’aprile 1981 mentre tentava di espatriare con due latitanti dei N.A.R., Massimo Carminati (poi assolto in primo grado dall’accusa di essere stato l’esecutore nell’omicidio di Mino Pecorelli) e Mimmo Magnetta, recentemente coinvolto nelle indagini per l’omicidio di Alessandro Alvarez (un ex militante di Alternativa Nazional Popolare, ucciso nel marzo 2000 nel Milanese).
Nella primavera 2003 Roma è tappezzata dai manifesti del Fronte Sociale Nazionale che tenta di sfruttare le elezioni amministrative per avere maggiore visibilità. Anche questo raggruppamento è impegnato nel progetto di ricomposizione dell’area nazional-popolare (in apparente contrasto politico con Forza Nuova).
Fronte Sociale Nazionale poteva contare, inizialmente, anche sul quotidiano Rinascita, diretto da un altro nome noto dell’estrema destra del passato, Ugo Gaudenzi, ex militante di Lotta di Popolo.
Attorno a questa rivista nasce un’aggregazione su cui è il caso di soffermarsi: Rinascita Nazionale.
Si tratta di una delle più recenti formazioni dell’estrema destra italiana, pur avendo in realtà una lunga storia alle spalle. E’ necessario soffermarsi brevemente su Rinascita Nazionale essendo una formazione che segue con costanza i siti d’informazioni del movimento antagonista (tipo Indymedia), cercando di conquistarsi credibilità in questi settori .
Rinascita Nazionale nasce nel luglio del 2000 dalla Convenzione Nazionale organizzata da sei testate: Rinascita, Orientamenti, l’Uomo libero, Italicum, Avvento, Utopia configurandosi come confederazione di gruppi, testate “nazionalpopolari”, centri culturali, gravitanti attorno al quotidiano Rinascita.
Rinascita, prima legato al PSDI (riciclaggio dell’Umanità), poi riassorbito nell’organo informativo del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, diviene infine soggetto autonomo che andrà per l’appunto a dar vita a Rinascita Nazionale. Il leader del giornale e del movimento, Ugo Gaudenzi, ex Lotta di Popolo, gruppo “nazi-maoista” degli anni ‘70, è passato dai movimenti antisemiti ed antimperialisti alla sinistra socialista (esiste da qualche tempo anche un gruppo che si chiama Rifondazione Socialista, con tanto di falce e martello). Questo ambiguo personaggio, dopo un ventennio di militanza giornalistica nell’area della sinistra riformista (tra l’altro, corrispondente dal Libano per l’ANSA), fa, infine, ritorno all’equivoca area di appartenenza, che strizza l’occhio ai movimenti no-global per le loro pulsioni anti-americane ed anti-mondialiste, ma che scende in piazza tra croci celtiche ed braccia tese.
Il quotidiano è diffuso in edicola in Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Puglia e si avvale della collaborazione di quadri storici della componente tercerista, da Carlo Terracciano a Gabriele Adinolfi.
Il simbolo di Rinascita Nazionale riproduce, senza grandi variazioni, lo stemma utilizzato dalla divisione italiana delle Waffen-SS.
Nicola Cospito, un ex fedelissimo di Rauti, uscito dalla Fiamma Tricolore per aderire al Movimento Sociale Europeo e che poi promuove il Collegio Costituente per l’Unità e la Dieta delle Comunità Nazional-Popolari, spiega che lo scopo di Rinascita è di riaggregare i militanti dispersi dell’estrema destra.
Al Nord l’interlocutore privilegiato è la Lega. Pietro Sella, coordinatore nord di Rinascita, fa parte degli oratori dell’Università dei Giovani Padani , sorta a Erba il 10 settembre 2000. Nel ‘90 Sella pubblica un libro intitolato “Prima d’Israele” dove si legge: “Retrocedendo nei secoli ci s’imbatte in una serie di episodi che dimostrano come l’antisemitismo sia fenomeno tutt’altro che occasionale e tutt’altro che irrazionale...”.
Il 3 dicembre 2000 a Roma si svolge la prima assemblea dei quadri nazionali che si riuniscono: “per una larga, comune azione per la rinascita del nostro popolo, della libertà, della giustizia sociale in Italia e in Europa. Un laboratorio di uomini attivi ha rinunciato a trincerarsi in steccati nominalisti, per partecipare senza riserve ad una battaglia politica attiva sul terreno nazionale e sociale. Senza rinunciare alle proprie individuali e naturali differenze, un insieme di uomini liberi ha dichiarato la sua più totale disponibilità al "fare", a costruire giorno dopo giorno una macchina da guerra, un partito-movimento, una concentrazione di forze nazionali, socialiste e popolari capace di mandare in rovina il regime della liberal-democrazia, della schiavitù, del profitto e dell’usura”.
Il programma, un misto di antimondialismo, sindrome securitaria e nazionalpopulismo, è articolato in cinque campagne nazionali:
1) per l’immediato blocco dell’immigrazione extraeuropea;
2) per l’abrogazione delle politiche antisociali, delle svendite, delle privatizzazioni, delle delocalizzazioni delle attività produttive, del lavoro detto in affitto o precario o flessibile;
3) per la sovranità nazionale e, naturalmente, militare italiana ed europea, con l’abrogazione delle leggi e delle norme che rendono “sudditi” degli atlantici uomini e popoli;
4) in favore della produzione agro-alimentare nazionale ed europea;
5) per la sicurezza dei cittadini.
In questo contesto il quotidiano diventa “una potente cinghia di trasmissione del pensiero antagonista alla liberal-democrazia. Il luogo geometrico d’incontro di chi ritiene di non avere condotto il suo cervello all’ammasso della globalizzazione economica della miseria, del pensiero unico che ogni cosa e ogni persona livella e rende schiava di una società senza memoria e priva di avvenire”.
Per una breve fase Rinascita Nazionale entra nell’orbita del Movimento Sociale Europeo, la scissione di Fiamma Tricolore promossa dall’eurodeputato Bigliardo, che però ben presto si sfalda, liberando decine di quadri storici, da Nicola Cospito a Stefano Aiossa, che danno vita a un nuovo contenitore unitario, la Costituente per l’Unità, mentre Bigliardo rifluisce in AN.
Il convegno “Gli Stati Generali per l’indipendenza dei Popoli”, promosso a Napoli il 22 e 23 settembre 2001, con un massiccio investimento pubblicitario, punta sulla spinta emotiva dell’attacco agli USA, ma si rivela un clamoroso tonfo organizzativo, anche se è l’occasione per una netta presa di posizione filo-islamica e anti-americana.
Rivitalizzati, probabilmente, dal progetto Movimento Nazional Popolare hanno lanciato di recente a Roma un’ampia campagna mediatica. La direzione di Rinascita Nazionale a Roma dovrebbe essere a Prati, in Via Ottaviano 9, nell’ex sezione del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore, prima, e Movimento Sociale Europeo, poi.
Arriviamo ora ad un capitolo assai delicato di questa full immersion nell’arcipelago della destra neo-fascista, quello della vecchia anima nazional-bolscevica (che trae origine nell’esperienza repressa da Hitler nella Germania degli anni ‘30) della “sinistra fascista”.
Il movimento, tradizionalmente forte in area franco-belga - in continuità con l’esperienza storica della Giovane Europa di Jean Thriart - rifiuta d’essere collocato nello schieramento della destra borghese, si oppone al capitalismo e alla globalizzazione, prospetta la creazione di uno “spazio eurasiatico” in funzione anti-americana, sostiene i movimenti antimperialisti e gli “Stati Canaglia” che si contrappongono agli Stati Uniti. Dall’Iraq alla Serbia, da Cuba alla Corea del Nord.
In Italia la testata di riferimento è Orion, fondata agli inizi degli anni ‘80 ed oggi espressione della rete italiana di Sinergie Europee, in cui sono confluite precedenti esperienze organizzative: Nuova Azione di Marco Battarra e il Movimento Antagonista - Sinistra Nazionale, nato attorno al mensile Aurora, uscito per la prima volta nell’88, su iniziativa di ex-rautiani facenti capo alla Comunità Politica “B. Niccolai” con sede a Modigliana (Fo) e al Circolo “A. Romualdi” di Cento (Fe).
La nuova sintesi dell’area, che si aggrega attorno alla personalità carismatica di Maurizio Murelli, si propone sotto diverse sigle organizzative: dal Fronte Europeo di Liberazione a Sinergie Europee. L’internazionale rosso-nera, nata da una costola della nuova destra francese, ha caratteri di originalità: “una peculiare visione in chiave islamica della possibile alleanza con l’ex-Unione Sovietica ed il mondo islamico, appunto attraverso la mediazione dell’Islam”.
Nell’area “nazional-comunista” non esistono problemi di appartenenza religiosa e convivono tranquillamente cattolici tradizionalisti, pagani come Murelli, Battarra (che dichiarano però di avere da tempo abbandonato i riti del solstizio), Carlo Terracciano e Alessandra Colla (cultrice di Ipazia, la prima martire del paganesimo), agnostici come Chicco Galmozzi (ex di Prima linea) e musulmani convertiti come Claudio Mutti.
Sull’aggregazione esistente ha un peso culturale, almeno pari all’insorgenza “rosso-bruna” in Russia, il boom neo-celtico, che ha per altro ispirato il fenomeno della Lega, sviluppandosi negli anni ‘80 su scala europea e rompendo il tradizionale schema che vedeva un certo tipo di destra politica interessato unicamente alla Roma imperiale o ai primordi germanici in Europa.
Se negli Stati Uniti e in Germania rappresentanti significative del femminismo estremizzano il discorso sul simbolo della “strega”, dedicandosi al culto panteistico della Terra, nazionalisti bretoni o scozzesi riscoprono la religione dei padri nel quadro di un movimento di revival politico. Il neo-celtismo fa proseliti anche nella costellazione della destra radicale che si richiama all’esperienza dei nazional-bolscevichi, liquidata brutalmente dalle SS per le loro tendenze “sinistrorse”.
I “partigiani europei”, eredi di quella Giovane Europa di Jean Thiriart, si definiscono come “una fazione dell’estrema destra, che, passando attraverso il neofascismo si è evoluta verso il nazionalismo rivoluzionario e l’estrema sinistra anti-sionista, libertaria e non dogmatica”.
Da un “insieme eterogeneo di correnti ideologiche (dai neonazisti veri e propri ai corporativisti, dai teorici della rivoluzione conservatrice ai “cercatori del Graal”, dalla sinistra fascista alla corrente spiritualista e idealista dello stesso fascismo, dai razzisti ariani e celti ai semplici anticomunisti duri)”, questa scheggia “rivoluzionaria” approda ad una posizione “antimperialista” e antimondialista, di lotta dura alla “congiura delle élite” plutocratiche, sioniste e massoniche e dalla parte dei popoli.
Orion è, dunque, la punta di diamante di un composito schieramento di gruppi che manifestano “simpatia”, pur non appartenendo alla comunità islamica, per un’evidente identificazione nell’Islam teocratico e guerriero, cavalleresco e gerarchizzato, un idealtipo della società da costruire.
Orion non è riducibile alla “deriva islamica” che ha investito l’area su scala continentale, creando una spaccatura verticale con quei camerati che quando sentono parlare di arabi “mettono mano alla spranga”.
La traiettoria umana e politica di Maurizio Murelli è cominciata nella piazza più nera d’Italia per approdare alla Piazza Rossa più famosa del mondo. Una vicenda resa interessante dal fatto che Murelli, 11 anni di galera per concorso nell’omicidio del poliziotto Antonio Marino nel corso di durissimi scontri di piazza nell’aprile 1973, è riuscito ad evitare la trappola della criminalizzazione in cui sono caduti molti suoi camerati.
A differenza di tanti estremisti che hanno a lungo sofferto della crisi di abbandono dal MSI, Murelli non ha rimpianti: “Giudicai il comportamento del MSI vile e squallido, ma mi reputo responsabile di tutto quello che ho fatto. Sono scelte che io rivendico, e non rinnego nulla”.
All’uscita del carcere gli ultimi fuochi di guerriglia si sono spenti e Murelli individua la sua missione di “uomo di milizia”: con il Centro culturale Barbarossa di Saluzzo (un gruppo di ex appartenenti ad Europa Civiltà) dà vita alle omonime edizioni e alla rivista Orion.
Il gruppo - dopo un breve flirt con i leghisti - trae nuova linfa dalla nascita dell’opposizione nazional-comunista in Russia che lo folgora “sulla via di Damasco” nell’elaborazione di un rinnovamento della strategia di fase.
Murelli sottolinea con soddisfazione il dinamismo della nuova destra russa nel superare la contrapposizione che ha segnato il fronte della guerra civile europea: “Noi pensiamo - spiega Murelli - che all’interno dell’evoluzione del pensiero comunista, che non è solo quello marxista, ma che ha tradizioni diverse e antichissime, e all’interno di quella che è stata la sintesi fascista di valori tradizionali e nazionali, ci siano i presupposti per ricostruire un’ipotesi politica, economica e sociale”.
La rivista tira duemila copie ed è lo snodo di un piccolo circuito editoriale, con un centro studi, un bollettino monografico, Origini, la casa editrice Barbarossa e una libreria fantasy al centro di Milano, La bottega del fantastico, che dà anche da campare all’alter ego di Murelli, Marco Battarra.
Al movimento - che ha diverse decine di simpatizzanti in tutt’Italia - aderiscono i due più noti discepoli di Franco Freda (in rotta da anni col “maestro”), Claudio Mutti e Carlo Terracciano e uno dei fondatori di Prima Linea: Chicco Galmozzi, dissociato dalla lotta armata e convertito al dannunzianesimo. Un melting-pot che consente a Murelli di affermare con orgoglio: “Tutti gli irriducibili, sia che provengano da destra che da sinistra, che siano pagani o fondamentalisti islamici, che siano cattolici vandeani o anarchici bestemmiatori di ogni dio, transitano per Orion”.
Quelli che vanno a fondare Sinergie Europee dichiarano apertamente che “la politica va intesa per quel che realmente è: la continuazione della guerra con altri mezzi” e annunciano la ridiscesa in campo in un processo di aggregazione su scala europea che richiama con forza l’esperienza degli anni ‘60 di Jean Thiriart, l’ex Waffen SS teorico del “nazionalbolscevismo”, che voleva costruire un partito europeo (armato) per la liberazione e l’unificazione del continente, da Brest a Vladivostock.
Negli ultimi anni a Sinergie Europee si sono avvicinati anche quadri storici di altra provenienza, dal fondatore di Terza Posizione, Gabriele Adinolfi, a Rainaldo Graziani, fondatore di Meridiano Zero e figlio di Clemente (ex-gerarca appartenente alla X Mas).
E’ proprio il professor Claudio Mutti l’intellettuale di punta e il garante internazionale dello schieramento nazional-comunista e della sua continuità politica ed ideale: tra una disavventura giudiziaria e un’altra (tutte finite nel nulla) è infatti transitato per Giovane Europa, Lotta di Popolo per poi ripiegare in un’indefessa attività pubblicistica ed editoriale. Convertito all’Islam, è l’animatore delle Edizioni all’Insegna del Veltro (80 volumi in catalogo, più altri 500 di case editrici minori in distribuzione e larga diffusione dei suoi scritti nelle caselle di posta di tutti i gruppi di solidarietà con la Palestina).
Specializzato in filologia ugro-finnica, Mutti si è visto stroncare una promettente carriera universitaria per le ripetute disavventure giudiziarie ed ora insegna latino e greco al liceo.
Profondo conoscitore del rumeno, dell’ungherese e dell’arabo, autore di decine di volumi, è traduttore di Khomeini e di Gheddafi, ma anche il responsabile del boom politico ed editoriale di Codreanu e della Guardia di Ferro romena nell’Italia degli anni ‘70.
I procedimenti giudiziari non hanno piegato la sua determinazione. Mutti continua a militare nei ranghi della area “rosso-bruna” che da trent’anni, sotto diverse formule e ipotesi organizzative, tenta la ricomposizione degli opposti estremismi in una nuova sintesi, “un polo analogo...a quello che in Russia aggrega comunisti e nazionalisti contro il governo filoamericano. In Italia dovrebbe trattarsi di un polo antagonista a quell’ideologia liberal-democratica e occidentalista che egemonizza sia la destra sia la sinistra”.
Il suo contributo originale a Orion è l’affermazione della centralità della geopolitica: i frequenti viaggi all’estero sono funzionali alla “visione imperiale” ereditata da Thiriart. L’obiettivo politico è sempre la liberazione dell’Europa. Nella fitta trama di rapporti internazionali (i “partigiani europei” dell’area franco-belga, i nazionalisti celti dalla Scozia alla Galizia), Mutti - mettendo a frutto la conoscenza delle lingue - allaccia contatti nelle ex repubbliche sovietiche e nei paesi islamici: l’opposizione russa unita nel Fronte di Salvezza Nazionale; il Movimento della Romania, erede della Guardia di Ferro; filoni vicini all’ideologia degli ayatollah iraniani.
L’ultimo segmento di questo quadro della destra plurale arriva dall’Università d’Estate 2000, organizzata da Sinergie Europee, presso un agriturismo della provincia di Varese di proprietà di Rainaldo Graziani, il figlio di Clemente Graziani, uno dei fondatori di Ordine Nuovo, che condivide con Murelli la passione per Junger.
Come ha spiegato uno degli organizzatori, Gabriele Adinolfi sulla rivista Orion:
“Vi è stata una coesione immediata di gruppi eterogenei: una trentina di realtà provenienti da oltre quaranta città italiane; realtà autonome, realtà metapolitiche e realtà militanti tra le quali spiccavano quadri nazionali di Forza Nuova, quadri della Fiamma, assessori di AN che non erano saltimbanchi del politichese ma espressioni di realtà militanti territorialmente radicate; il tutto condito dalla presenza leghista”.
Gran parte degli interventi sono stati già raccolti in un volume intitolato “Il pensiero armato. Idee-shock per una cultura dell’azione”.
Tra questi spiccano l’editore dell’Uomo libero, Mario Consoli, (autore de “Il denaro, grimaldello del potere mondialista”), il negazionista Jurgen Graf (autore de “Il revisionismo storico”), il leader del Veneto Fronte Skinhead, Piero Puschiavo, (autore di “Un senso di appartenenza. I valori della comunità skinhead”).
Anche considerando la giovane età di molti dei partecipanti, “si sono gettate le basi per l’opportunità - scrive Maurizio Murelli su Orion - di creare una rete antagonista oltre i normali schemi organizzativi; sarà il futuro a dirci se sarà messa a frutto”.
Come sopra detto, esiste da sempre a destra la ricerca di radici “rivoluzionarie”, ovvero di “sinistra”, del fascismo e del nazismo che porta alcuni militanti a rompere con il proprio ambiente di appartenenza per approdare su opposta sponda. E’ l’esperienza storica, ormai quasi secolare dei “fascisti rossi” o della “sinistra fascista”.
Le esperienze meno lontane ci riportano alle frange movimentiste di Università Europea, approdate al movimento “comunista rivoluzionario” nel ‘68; all’esperienza di Indipendenza, un gruppo di ex militanti di Terza Posizione passati attraverso l’esperienza della lotta armata degli ultimi N.A.R. e del carcere e approdati a posizioni di sinistra “nazionalitaria”.
Nella maggior parte dei casi - da Lotta di Popolo a Sinergie Europee - finisce per prevalere il senso di appartenenza tribale alle proprie tradizioni ed origini puramente fasciste.
Più di recente è da segnalare l’esperienza di alcuni militanti dei Circoli Comunitaristi provenienti dallo sviluppo della “Linea comunitarista”, componente organizzata del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher. Questi ultimi cominciano con il promuovere un Bollettino del Fronte Olista scegliendo come titolo Rosso è Nero, con un evidente richiamo ai “fascisti rossi”, la componente “socialistica” propria del “diciannovismo”, poi riemersa nella Repubblica Sociale Italiana.
Il riferimento al nazional-bolscevismo tedesco degli anni ‘20 e ‘30 traspare nella scelta dei primi simboli: l’aquila prussiana con la spada, la falce e il martello.
Il primo numero del novembre ‘98 espone la posizione “nazional-comunitaria”, partendo dal consueto superamento dei concetti di destra e sinistra: “Il fascista cattivo e nostalgico non mette paura a nessuno, anzi è utile e funzionale al sistema. Quello che mette veramente paura è il rivoluzionario. Questo non significa certo diventare di sinistra, perché questa sinistra ci disgusta quanto la destra. Significa oltrepassare i limiti imposti dalla cultura borghese e creare una nuova concezione della politica”.
Fin qui niente di nuovo: siamo alla semplice riproposizione delle tesi, allora innovative, di Costruiamo l’azione. Il leader della componente è infatti un quadro storico dello spontaneismo armato, quel Maurizio Neri, dal cui arresto dopo la strage di Bologna (insieme, tra gli altri, alla Mambro, a Fioravanti, a Fiore e Morsello) è scaturita la prima inchiesta giudiziaria contro la rivista ed il gruppo diretto da Paolo Signorelli e Massimiliano Fachini.
La spaccatura si consuma nell’estate del 1999, nel momento di massimo avvicinamento del Fronte Nazionale di Tilgher all’accordo elettorale con la Fiamma Tricolore di Rauti ed il Polo delle Libertà. A questo punto “l’area nazional-rivoluzionaria e nazional-comunista può e deve intraprendere una necessaria revisione dottrinaria ed ideologica (...) per trovare una sua strada del tutto autonoma”.
Il primo sbocco è un convegno (Febbraio 2000) che si svolge in occasione del primo anniversario dell’attacco della NATO alla Jugoslavia. All’iniziativa partecipa Luc Michel, presidente del Partito Comunitarista Nazionaleuropeo. Molti i relatori “nazional-comunisti”: oltre a Carlo Terracciano, della più volte citata rivista Rosso è Nero, Yves Bataille, Dragos Kalajic, Chicco Galmozzi (ex di Prima Linea), ma anche un ex missino doc come Tommaso Staiti di Cuddia.
Parte forse da qui (aprile-settembre 2000) il breve feeling politico dei Circoli Comunitaristi con il Partito Comunitarista Nazionaleuropeo, attivo soprattutto in Belgio, Francia e Germania. Si tratta di un gruppo transnazionale che rivendica la diretta filiazione dall’esperienza organizzata della Giovane Europa di Jean Thiriart. Il gruppo, dissoltosi alla fine degli anni ‘60, era stato rifondato come Parti Communautaire Européen in Belgio negli anni ‘80, ma il suo rilancio internazionale è collegato all’auspicio di un’alleanza in Russia tra nazionalisti e comunisti che hanno fatto tornare Thiriart alla politica attiva sino alla sua morte, avvenuta alla fine del ‘92.
Ed è proprio sulla base della critica dottrinaria al thriartismo ed al “comunitarismo europeo” che avviene la rottura dei Circoli Comunitaristi con Il PCN. Da questo momento i primi affermano con forza che il loro scopo è quello di perseguire una collocazione “in seno alla sinistra anticapitalista ed antimperialista”. A ottobre 2000 nasce la Rete Italiana dei Circoli Comunitaristi che trasforma la testata in Comunitarismo con il sottotitolo Democrazia diretta - Socialismo liberazione, e dichiara consumata la rottura con gli ambienti nazional-rivoluzionari.
Nel bilancio politico di “un anno di lotta” si sottolinea la centralità della proposta portata all’interno del movimento anti-globalizzazione e tra le forze antimperialiste “per la costruzione di un fronte di sinistra europea antagonista che si batte per il socialismo e che considera il dato nazionale un fattore imprescindibile”. Nel maggio 2001 – per loro stessa ammissione – l’esperienza dei Circoli Comunitaristi si esaurisce definitivamente. Essi si sciolgono e dichiarano la più totale rottura con gli ambienti della destra estrema per passare a quello che loro chiamano il “comunismo nazionalitario”.
L’ultima ridefinizione identitaria, è dell’estate del 2001: “per rafforzare la comunicazione con le altre realtà della sinistra anticapitalistica e antimperialista: autoscioglimento…per dare vita alla formazione dell’Unione dei Comunisti Nazionalitari, cambiamento del nome della rivista…in Resistere!, cambiamento del vecchio simbolo (falce, martello e spada incrociati ), apertura di un nuovo sito-internet”.
Il “comunismo” ed il “marxismo” sembrerebbero dunque essere l’ultimo approdo, con la nascita della Unione dei Comunisti Nazionalitari (dai quali si è allontanato Terracciano), che vanta alcuni circoli sparsi sull’intero territorio nazionale ed un sito internet. La Unione dei Comunisti Nazionalitari rivendica un’identità di sinistra radicale e, di fronte all’ostilità di gran parte del movimento di classe, adduce, a motivo di “legittimazione”, l’adesione ad alcuni campi antimperialisti.
La loro rivista Comunitarismo viene definita “punto di riferimento di una corrente di pensiero Comunista Nazionalitaria, punto di arrivo di una lunga elaborazione teorica il cui approdo irrevocabile è la totale collocazione all’interno dell’area di sinistra antifascista, anticapitalistica, antimperialista e marxista”.
A quei settori della sinistra antagonista che restano però convinti (a nostro avviso giustamente) che si tratti di un tentativo di infiltrazione, la Unione dei Comunisti Nazionalitari così risponde: “se alcuni settori della sinistra ancora dubitano di noi è anche per motivi legati alle analisi sull’imperialismo e sulle lotte di liberazione nazionale nel mondo. Siamo fiduciosi, comunque, che il tempo farà sfumare anche le ultime diffidenze”.
Ma anche quest’esperienza non ha fatto “breccia” negli ambiti sinceramente anticapitalisti ed antimperialisti ed ora è stata riciclata nell’esperienza di Socialismo e Liberazione (dal sottotitolo della vecchia rivista). Così il medesimo gruppo cambia gattopardescamente nome rilanciando il medesimo progetto: “l’UCN (Unione Comunisti Nazionalitari) si è sciolta un anno fa (marzo 2002) proprio allo scopo di facilitare il dialogo con le altre componenti comuniste, antimperialiste ed anticapitaliste e di eliminare ostacoli alla mutua comprensione con altre realtà politiche antagoniste; l’associazione "Socialismo e Liberazione" non è in nessun modo un organizzazione centralizzata e gerarchizzata, bensì è un associazione culturale aperta a tutte le libere individualità che intendono diffondere idee e tesi anticapitaliste ed antiimperialiste; l’associazione "Socialismo e Liberazione" per queste sue caratteristiche è composta da diverse anime, tra cui quella comunista e nazionalitaria e utilizza strumenti di diffusione come la Rivista, siti internet e forum di discussione”.
La fenice “nazional-comunista” traccia questa linea nel suo primo editoriale sul nuovo sito: “L’editoriale di questo numero lo vorremmo dedicare ad una spiegazione chiara e definitiva sulla linea politico - culturale che anima la Rivista ed il gruppo umano che la promuove. In questi ultimi mesi, abbiamo cercato di stabilire con altre realtà di compagni un dialogo costruttivo che ponesse le basi per una fattiva unione delle forze, posto che il settarismo e le granitiche certezze non hanno mai costituito, per fortuna, un problema per noi. L’esito, è bene dirlo apertamente, non è stato dei più felici, perché come spesso accade ci scontriamo con visioni vecchie quanto il cucco, come l’economicismo o il vetero-marxismo più pervicace, che ostacolano oggettivamente la nostra ricerca di un “pensiero nuovo” che si alimenti del contributo scientifico marxista, ma che, nel contempo, contenga in sé il fattore nazionalitario”.
Ormai smascherato, il gruppo (guidato sempre da Maurizio Neri che firma gli articoli principali) si trincera dietro una posizione da “incompresi” in un mondo marxista che sarebbe legato a “vecchi schemi” e dove la provenienza politica “differente” è sinonimo di “emarginazione”.
Una certa legittimazione politica gli viene dai contributi dell’unico filosofo “marxista” da loro considerato “moderno”, ovvero che da leggittimità alle tesi del “comunismo nazionalitario”: Costanzo Preve.
I suoi articoli ed i suoi contributi sono posti, infatti, in grande evidenza sul sito e sulla rivista del gruppo.
In particolar modo quelli su Comunitarismo e Comunismo dove Preve spiega le sue ragioni circa la legittimità ed il “diritto di cittadinanza” dell’idea di “comunismo nazionalitario” e della sua “collaborazione” coi gruppi che se ne fanno portatori. “Per queste ragioni, e per molte altre di questo tipo, ho personalmente deciso fin dal 1997 di collaborare con la rivista romana Indipendenza, che sostiene una versione democratica della questione nazionale cui ha dato il nome di nazionalitaria”.
Uno degli assi portanti a sostegno della teoria è, dichiaratamente, il pensiero delle correnti “neo-comunitariste” di Etzioni (“fulminato” dalla vita comunitaria nei Kibbutz israeliani) e Mac Intyre, idee di cui ci si può “nutrire” nelle riviste e nelle associazioni culturali legate al pensiero neo-fascista “celtico” come Ideazione e Diorama (di Marco Tarchi, altro personaggio della destra che ha cercato di accreditarsi negli ambienti, questa volta, no-global) o nei manifesti delle “Comunità Giovanili” (come, ad esempio, quella di Parma).
Ovviamente l’altro piatto forte di Preve, servito sulla tavola ben imbandita dai moderni seguaci del “nazional-comunismo”, è quello del superamento storico della dicotomia “destra-sinistra” che ci pone in termini “limitanti” di fronte agli sbocchi politici necessari per affrontare il moderno imperialismo e di fronte agli strumenti del marxismo “ortodosso” inadatti a leggere il fallimento del “comunismo novecentesco”.
Un superamento della “pregiudiziale” nei confronti della possibilità di uno spostamento di posizioni politiche “da destra a sinistra” che Preve auspica seppure, ammette, “…ne siamo ancora lontani. Fino a quel momento, non vedo come si possa negare a priori, senza neppure esaminarla e verificarla, la buona fede politica e filosofica di chi si sposta da sinistra a destra (come ad esempio Adriano Sofri) o di chi si sposta da destra a sinistra.”
COMUNITA’ POLITICA D’AVANGUARDIA
Nel panorama della destra neo-fascista, un’altra visione “geopolitica” originale, che colloca il faro del movimento nazional-rivoluzionario a Teheran, è quella che caratterizza la Comunità Politica di Avanguardia, la componente che si è aggregata intorno al progetto Eurasia-Islam, promosso nel 1991 dalla rivista Avanguardia, fondata nell’82 da un rautiano trapanese, Leonardo Fonte.
“Fautrice di un’alleanza spirituale e tradizionale con l’Islam rivoluzionario”, la rivista indica nell’Iran il baluardo e la sentinella della lotta antimondialista e si definisce come “lo spazio di riferimento culturale, il fronte di convergenza politica e il bando di mobilitazione totale della leva antisistema che fascinerà, raccoglierà, ordinerà e attiverà le migliori energie militanti dell’estrema destra, ricomponendole nel quadro della forma politica denominata Comunità Politica Nazionale d’Avanguardia”.
Le microcomunità locali dovrebbero esprimere “l’aristocrazia politica del futuro partito rivoluzionario di massa, nel quale si realizzerà l’unità politica del fronte antimondialista”.
Nonostante i propositi roboanti la rete militante è modesta: il Centro librario Knut Hamsun di Trapani, sede della redazione centrale, il Centro studi Cristianesimo e Islam di Marsala, guidato da Gioacchino Grupposo, il Circolo culturale Avanguardia di Pescara, che fa capo a Maurizio Lattanzio, già autore delle edizioni di Ar, oltre ad una serie di redazioni sparse che coincidono spesso con le abitazioni dei militanti.
Breve vita ha avuto la redazione emiliana (anche se il responsabile, Dagoberto Bellucci, continua a collaborare) e umbra (per dissensi ideologici), mentre nell’estate 1995 la redazione lombarda (costituita un anno prima) è “sospesa” per sei mesi.
A dimostrare l’alto tasso di “litigiosità” interna è la vicenda della comunità militante di Perugia, che proviene dall’esperienza del Fronte Europeo; guidata da Mario Cecere costituisce una redazione locale dall’autunno 1993 all’estate successiva, quando lo stesso Cecere viene espulso con l’accusa di slealtà, m avendo mantenuto rapporti con Stefano Delle Chiaie, Pino Rauti e una studentessa in contatto con Vincenzo Vinciguerra per una tesi di laurea sulla strage di Peteano.
Presenze si registrano anche a Viterbo, Tricase, dove Andrea Chiuri costituisce una comunità militante e realizza un opuscolo sul Chiapas, oltre che a Bari, a Bergamo, a Varese, a Massa Carrara, a Sassari (che poi dà vita a una redazione che cura un supplemento regionale), a Treviso.
Poco più di una decina di camerati partecipano al convegno nazionale di Perugia del gennaio 1994 e Lattanzio commenta amareggiato: “nonostante la geometrica perfezione politica delle coordinate progettuali da noi delineate, risulta oggettivamente asfittico il percorso antropologico”. Ne consegue la definitiva chiusura di ogni tentativo di realizzare alleanze culturali nell’area di estrema destra “al di fuori di Avanguardia – nell’area di estrema destra - non esistono dunque individui animati da un’autentica volontà politica di lotta al sistema”.
L’isolamento è il prodotto degli scontri successivi con gli skin e, in seguito, con il gruppo della rivista Orion.
Netta era stata la rottura - al convegno a Pacentro nel giugno 1992 - con l’area skin sul tema dell’Islam. Per Avanguardia, l’Europa del potere bianco non va difesa ma disintegrata, “premessa strategica assolutamente pregiudiziale”. Il violento antagonismo tra skin e arabi-musulmani è considerato un autogol a favore del potere mondialista.
La polemica prosegue dopo l’operazione Runa (il blitz contro Movimento Politico e l’area skin nel maggio 1993): Bellucci sbeffeggia gli ambienti - scioltisi come neve al sole dinanzi all’applicazione del decreto Mancino - e polemizza con i camerati del fu Meridiano Zero, colpevoli di ritenere la dottrina tradizionale islamica conforme al progetto mondialista.
Nonostante le evidenti affinità con Orion - che ha diffuso (e finanziato) a lungo la rivista nelle librerie di Milano e di Pieve di Cento - i toni dello scontro sono assai aspri. Dalla diversa centralità geopolitica (Iran versus Russia), si finisce beceramente sul personale. Mutti protesta per le adesioni di Avanguardia alle tesi di Vinciguerra (accusandolo di aver fatto parte della struttura di sicurezza atlantica). Lattanzio dà del “ruffiano” a Murelli.
Avanguardia attacca Orion per aver gonfiato il ruolo dell’opposizione nazional-comunista e il peso specifico dei gruppi fascisti. Il crescente isolamento accentua il delirio di onnipotenza: “La Comunità Politica di Avanguardia può essere giustamente definita come ultimo caposaldo planetario nella lotta contro il nuovo ordine mondiale, contro le lobbies palesi e occulte del giudaismo e della massoneria mondiale che trovano nell’usura e nell’Alta Finanza il loro monopolio di controllo e di dominio del mondo”.
Avanguardia è travagliata da una successiva crisi di leadership: in un trafiletto, senza soffermarsi sulla decisione, si rende noto che Lattanzio ha rinunciato alla responsabilità di coordinatore politico delle microcomunità. La sua scelta di “spostarsi di lato” non va comunque nella direzione di una ricomposizione “diplomatica” con gli altri gruppi. Anzi, la tensione è accentuata dalla decisione di ripubblicare vecchi saggi e memorie difensive del Vinciguerra, motivata con la totale adesione all’analisi del responsabile della strage di Peteano sull’asservimento dell’estrema destra ai servizi di sicurezza atlantici, proprio nella fase in cui la collaborazione di Vinciguerra con i magistrati ha portato al rilancio delle inchieste sul terrorismo nero e le stragi negli anni ‘70.
La rete militante resta sparuta: le redazioni sarda, lombarda ed emiliana coincidono con le abitazioni dei tre responsabili, Gino Scanu, Paolo Rada e Manuel Negri, mentre scompare dalla gerenza ogni riferimento a Lattanzio.
In nome del rifiuto del “mondo moderno”, della “democrazia e dell’egualitarismo”, le componenti del tradizionalismo cattolico si sono spesso intrecciate con l’articolato arcipelago neofascista. L’associazione di gran lunga più importante e longeva è, senza dubbio, Alleanza Cattolica che raccoglie attorno a sé numerosi intellettuali, da Marco Tangheroni, direttore del dipartimento di storia medioevale all’Università di Pisa, agli avvocati Mauro Ronco, docente di diritto penale all’Università di Modena e Benedetto Tusa, difensori nel processo per la strage di Piazza Fontana rispettivamente di Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni; dal magistrato Alfredo Mantovano, protagonista di una rapidissima ascesa in Alleanza Nazionale (da responsabile della giustizia a coordinatore nazionale e oggi sottosegretario degli Interni) a Massimo Introvigne, direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni).
Secondo una rivista “anti-massonica”, l’intero capitolo francese dell’associazione apparterrebbe alla minoranza di destra della massoneria: “La direzione del Cesnur France, associazione di studi sui ‘nuovi movimenti religiosi’ (chiamati anche sètte), filiale del Cesnur Italia diretta dal sociologo cattolico Massimo Introvigne, sembra controllata dalla Gran Loggia nazionale francese, con la presenza nel consiglio di amministrazione del professor Antoine Faivre, redattore in capo dei Cahiers Villard de Honnecourt, dell’avv. Olivier–Louis Séguy e del professore Roland Edighoffer”.
Séguy e il suo collega Jean–Marc Florand (quest’ultimo, sorprendentemente, un omosessuale militante) sono entrambi estremisti di destra e hanno fatto conferenze per il Front National per oltre dieci anni. Florand difende regolarmente i Testimoni di Geova nei processi. Un altro leader dell’estrema destra francese associato a Massimo Introvigne, per la comune appartenenza al Gruppo di Tebe (un gruppo di studio accademico sulle sètte, denunciato come superloggia esoterica dalla rivista tradizionalista Sodalitium) è Christian Bouchet, leader dell’ala tercerista, espulso da Troiseme Vie e oggi membro della setta antisemita americana della World Church of the Creator, protagonista, tra l’altro, di vari episodi di violenza razzista.
Lo stemma di Alleanza Cattolica ha l’aquila nera di San Giovanni e al centro il Sacro Cuore sormontato da una croce, il simbolo della Vandea reso popolare da Irene Pivetti.
Gli aderenti ad Alleanza Cattolica rivendicano con orgoglio la propria identità di destra («Se per destra si intende la reazione storica a quel grande processo di secolarizzazione che è stata la Rivoluzione francese, ebbene sì, allora noi siamo di destra. Ma il termine che preferiamo è “controrivoluzionari”»), ma negano di essere fascisti.
“Fino a cinque anni fa – precisa Marco Invernizzi, responsabile della sede di Milano, nel corso di un’intervista nel 1994 – mi sarei vergognato a dichiararmi antifascista: non volevo fare la figura di chi segue il vento (...) ma sono culturalmente, dottrinalmente antifascista, anche se mi sono preso del “fascista” per tutta la vita”.
Giovanni Cantoni, che ne è il reggente (“per conto della Madonna”), ha dato vita con altri militanti all’IDIS (Istituto per lo studio e l’informazione sociale), istituto che pubblica ogni settimana sul Secolo d’Italia (e sul proprio sito web) un Dizionario del pensiero forte, con un’evidente ambizione di pedagogia politica. Un pensiero ispirato alle dottrine controrivoluzionarie cattoliche della TFP, ma irrobustito dalla linfa vitale della nuova destra americana. Il curatore della pagina, Marco Respiti, è un esplicito apologeta del catto-capitalismo. Alleanza Cattolica non ha mai nascosto il proprio impegno politico, in uno spettro abbastanza ampio: se l’interlocutore privilegiato è Alleanza Nazionale, non mancano i rapporti con il C.C.D. (Introvigne e l’ex capogruppo alla Camera, ora membro laico del CSM, il torinese Vietti), ma anche con la destra radicale. Aldo Carletti, membro sia del CESNUR che di Alleanza Cattolica, è intervenuto ad un convegno organizzato a Varese dal Centro Studi Trans Lineam, animato da Rainaldo Graziani (ex-Meridiano Zero).
Scrivendo su Orion, Lucio Tancredi ha accusato Alleanza Cattolica di aver infiltrato la “destra radicale” nel tentativo di convertirla al neoconservatorismo di marca statunitense.
I più feroci critici di Alleanza Cattolica e dei complessi giochi di Introvigne e del suo Cesnur sono però i gruppi cattolico–tradizionalisti che non hanno deflettuto da posizioni intransigenti: la scismatica Fraternità Pio X e i sedevacantisti di Sodalitium, l’organo ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii, la comunità che ha sede a Verrua Savoia, non perdono occasione per rievocare le intense frequentazioni comuni con monsignor Lefebvre e le originali posizioni di estrema destra. Anche Introvigne, prima di scoprirsi apostolo della libertà religiosa di gruppi come Nuova Acropoli, non esitava a invocare ricette repressive contro il dilagare di droga e pornografia, considerate nel pensiero controrivoluzionario di Correa de Oliveira, manifestazioni della “quarta rivoluzione”.
Dello stesso segno è la riscoperta del pentecostalismo e la valorizzazione dei movimenti carismatici vent’anni fa collegati dal “profeta” brasiliano alla cultura della droga e liquidati da Alleanza Cattolica come manifestazioni della tribalizzazione della Chiesa.
L’organizzazione “si propone la propagazione positiva e apologetica, quindi anche polemica, e la realizzazione della dottrina sociale della Chiesa, applicazione della perenne morale naturale e cristiana alle mutevoli circostanze storiche. La sua azione si situa nel campo dell’instaurazione cristiana dell’ordine temporale; è mossa dalla carità politica” e si pone lo scopo di costruire “una civiltà che possa dirsi a buon diritto cristiana, in quanto rispettosa dei diritti divini e consapevolmente vivente all’interno delle frontiere poste dalla dottrina e dalla morale della Chiesa”. Ad ispirare il movimento è la promessa della Madonna a Fatima: “Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà”. Nell’attesa di inserire la società nelle “frontiere” della nuova civiltà, Alleanza Cattolica presta particolare attenzione “alle forze che mirano all’instaurazione dell’antidecalogo e della menzogna dottrinale e morale, con specifico riferimento al processo storico che va dalla crisi rinascimentale e protestantica al socialcomunismo e oltre, cioè alla Rivoluzione che si vuole intronizzare al posto di Dio e della sua legge”. Un posto di rilievo spetta anche al Centro Lepanto, nato da una scissione di Alleanza Cattolica, maturata su un primo cedimento dottrinario di A. C., una posizione non intransigente contro ogni tipo di aborto. In occasione del referendum indetto dal Movimento per la Vita nel 1981, Alleanza Cattolica si era dichiarata contraria, perché troppo permissivo sulla questione dell’aborto terapeutico poi, in seguito alle pressioni delle gerarchie vaticane, poche settimane prima del voto, aveva abbandonato l’astensionismo e propagandato il sì.
Il centro ultracattolico, che vanta aderenti in tutte le grandi città italiane e migliaia di simpatizzanti, ha sede in un minuscolo appartamento del Ghetto ebraico di Roma, a via dei Delfini. L’animatore del Centro Lepanto è un docente di storia dell’Università di Cassino, Roberto de Mattei, già assistente, assieme a Rocco Buttiglione, di Augusto del Noce, travolto da divorante passione per la Vandea.
Sulle questioni morali i lepantini sono di un rigore assoluto: tutti i celibi fanno voto di castità, “l’omosessualità è un peccato che grida vendetta davanti a Dio”. Numerose le campagne su questo fronte: da quella contro la bestemmia al boicottaggio della tournée di Madonna. Altrettanto intransigenti per quanto riguarda la ritualità: a Roma sono stati autorizzati a seguire la messa preconciliare in latino, la cui restaurazione era alle origini dello scisma lefebvriano: “Siamo legati ad una tradizione – spiega De Mattei – rigorosa e guardiamo con simpatia alle élite culturali, aristocratiche, religiose. Nel ‘82 i nostri avversari non erano gli islamici, piuttosto i comunisti, italiani e non. Oggi ci sono pericoli emergenti più gravi, il primo è l’invasione islamica. Noi non siamo politici, anche se facciamo tutti riferimento all’area del Polo delle Libertà. La nostra preoccupazione, sia allora nei confronti dei comunisti, sia oggi nei confronti dell’Islam è squisitamente religiosa”. Il timore del professor De Mattei è che, dilagando le conversioni all’islamismo, gli italiani rivendichino il diritto alla poligamia. Il vicepresidente del Centro Lepanto, Stefano Nitoglia, autore del volume “Islam. Anatomia di una setta” è lapidario: “Settario nell’accezione cristiana di separato. Alla luce di quanto sta accadendo (...) siamo stati profetici anche nella scelta del simbolo, il crociato a braccia conserte e il motto della Genesi che dice: ti schiacceremo, rivolto alla testa del serpente”.
Il Centro Lepanto è assurto a fama nazionale soltanto nel 1995 per il Rosario di riparazione dopo l’inaugurazione della Moschea di Roma, godendo, tra l’altro, dell’entusiastica adesione dell’allora presidente della Camera, Irene Pivetti, mossa allora da preoccupazioni di natura squisitamente politica. Scarso rilievo ebbe, nell’inverno ‘93, la sua dura e isolata presa di posizione contro la legge Mancino: l’allora presidente della Consulta cattolica della Lega Nord rivendicava il diritto di “pensare male” delle grandi ondate immigratorie e dei processi di integrazione. Sapeva bene che queste idee non erano circoscritte a qualche centinaio di teste rasate, ma innervavano il senso comune dello zoccolo duro leghista e avevano ampia circolazione in ambienti cattolici fondamentalisti. Un patrimonio collettivo che affonda le radici nella discriminante di fondo dei movimenti anticonciliari: il rifiuto dell’ecumenismo, l’affermazione perentoria del primato cattolico.
Nell’ottobre del 1993, in un convegno ufficiale della Consulta cattolica si teorizzò esplicitamente che non tutte le religioni hanno gli stessi diritti: “Gli altri devono convertirsi, non essere riconosciuti” dichiarò in quella sede la Pivetti. Nelle maglie della legge Mancino ha finito per incappare il tradizionalismo cattolico: nel febbraio del 1995, la procura di Verona ha ordinato decine di perquisizioni ad abitazioni di esponenti integralisti e attivisti di destra per “istigazione al razzismo”.
Tra i sospettati l’addetto stampa di A.N., Giovanni Perez e il consigliere comunale della Lega, Maurizio Grassi, già militante di Famiglie cattoliche, l’associazione fondata da Nicola Cavedini per “combattere l’infiltrazione dei catto-comunisti nella compagine ecclesiastica”. L’inchiesta del pm Guido Papalia – aperta dopo la distribuzione di centinaia di volantini con pesanti accuse al settimanale diocesano Verona fedele e al mensile dei Comboniani Nigrizia – interessa numerose associazioni cattolico–tradizionaliste: il Comitato Principe Eugenio dell’odontoiatra Marco Battei, ispirato al Savoia che difese Vienna dai turchi (“Attenti all’invasione musulmana, perché rischiamo di diventare la Mecca della Padania...Siamo reazionari e ci battiamo per il ritorno della società tradizionale”); Famiglia e civiltà di Palmarino Zoccatelli, sindacalista CISNAL (oggi UGL) e organizzatore di rabbiosi boicottaggi del film di Godard “Je vous salue Marie” e del concerto di Madonna, animatore del Comitato SOS Italia, promotore di due referendum contro la legge Martelli sull’immigrazione (“Vogliamo difendere la famiglia e la civiltà cristiana”); il monarchico Sacrum Imperium di Maurizio Ruggiero, dapprima noto come l’Anti-’89, che si batte contro “l’egualitarismo nato dalla rivoluzione francese, il risorgimento, per il ritorno dell’Italia preunitaria”.
Questo gruppo, fondato per il bicentenario della Rivoluzione francese da un’insegnante fiorentino, Pucci Cipriani, diffonde per abbonamento il trimestrale Controrivoluzione ed è presente anche a Genova, a Napoli e a Firenze: si caratterizza da subito per l’assoluta intransigenza in campo politico e per i durissimi attacchi ad Alleanza Cattolica, colpevole di cedimenti opportunistici nello scontro con la “setta democristiana”. Cipriani è tra gli animatori degli annuali raduni di Civitella del Tronto, ultima sacca di resistenza borbonica nel 1860.
La campagna contro la sfilata per il gay pride a Roma nell’anno del Giubileo - in cui gioca un ruolo da protagonista Forza Nuova - riporta alla ribalta i lepantini. I cattolici integralisti organizzano una “fiaccolata riparatrice”, che raccoglie un migliaio di persone, per “espiare l’offesa arrecata dal gay pride alla capitale del cristianesimo”.
Roberto de Mattei spiega le ragioni dell’iniziativa: “Proclamare l’esistenza di un ordine naturale e cristiano oggettivo e immutabile, come unico e necessario fondamento di ogni società bene ordinata”. L’iniziativa ha ampio sostegno politico nel centro destra. Alla conferenza stampa di presentazione partecipano autorevoli parlamentari, tra i quali il vicepresidente della Camera dei deputati Carlo Giovanardi (del C.C.D.), il presidente dei deputati e della Consulta per i problemi etico-religiosi di Alleanza Nazionale, Gustavo Selva, e Maria Burani Procaccini, segretario di presidenza della Camera e presidente della Consulta per i problemi etico-religiosi di Forza Italia. Alla fiaccolata integralista prende parte anche il deputato di A.N. Domenico Gramazio, che in precedenza aveva provveduto a far distribuire volantini in cui si invitavano“i cittadini ad aderire e partecipare alla manifestazione”.
Su posizioni estremamente radicali sono infine i gruppi di Militia Christi, gli ultra – fascisti - antiabortisti nei cui ranghi militano elementi di Forza Nuova come Andrea Insabato, l’autore dell’attentato al Manifesto, e Holywar, cattolici tradizionalisti antisemiti, il cui sito web è stato per un periodo oscurato per istigazione all’odio razziale: conteneva, tra le altre cose, anche l’elenco dei cognomi degli ebrei italiani.
I MOVIMENTI DI ESTREMA DESTRA IN EUROPA
Si chiama Euronat (affiancata da Euronat Giovani) ed è la rete europea che raccoglie organizzazioni di estrema destra cui aderiscono, oltre al gruppo italiano Forza Nuova, il Partito Nazionalista Slovacco, il Vlaams Block belga, il Fronte Ellenico e la spagnola Democracia Nacional. In questo circuito nero sono presenti anche il Movimento Patriottico Popolare Finlandese, il Partito della Grande Romania, il Partito Svedese Democratico, Aliancia Nacional portoghese, il Deutsche Volksunion ed il Partito Nazionalista serbo. Per quanto riguarda la Francia, è il Front National di Le Pen a mantenere saldi legami con la rete, finanziando gruppi dell’ultra destra antiebraica in tutta Europa. Allo stesso tempo, mediante la via parlamentare, mantiene nel suo paese un consenso del 10% circa.
Ovviamente, questi gruppi, aldilà delle peculiarità locali, condividono modalità d’azione violente e una serie di “punti fermi”: la riscoperta dell’identità nazionale, il blocco delle immigrazioni (accusate di mettere in pericolo le culture locali), la rivendicazione di uno stato forte con un unico partito al potere, il ritorno al “sacro”, l’abrogazione delle leggi abortiste e la concezione della famiglia come fulcro della crescita demografica. Periodici sono gli incontri di scambio e di coordinamento, alcuni dei quali si sono svolti proprio nel nostro paese.
Nel novembre del 1998, infatti, si è tenuta a Trieste una convention organizzata dal Fronte Unitario degli Italiani (associazione neo-irredentista diretta dal triestino Mario Ivancich), il cui ospite d’onore era proprio il francese Le Pen. “Crimini contro l’umanità in tempo di pace e mancata applicazione del diritto internazionale nella questione ancora aperta della Venezia Giulia a 50 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale”, questo il titolo che richiama alcuni temi ricorrenti in diversi settori della destra locale, dagli “estremisti” di Forza Nuova e Fiamma Tricolore, ai “democratici” di Alleanza Nazionale e delle varie associazioni degli esuli istriani.
Al fine di consolidare i contatti, lo scorso agosto, a Villa Umbra (Perugia), la rivista Orion ha organizzato un convegno dal titolo apparentemente innocuo, “Università Estate”, dove si sono incontrati diversi esponenti della destra radicale europea. Già nel maggio del 2000 si era tenuto un incontro a Groppello di Gavirate (Varese) al quale erano presenti vecchie conoscenze del circuito nero italiano: ex esponenti di Avanguardia Nazionale, di Meridiano Zero oltre, ovviamente, ai membri milanesi della rivista Orion.
Quello delle Sinergie Europee è un fenomeno che non va sottovalutato sia per l’adesione che queste sigle riscuotono nei loro paesi, che, in alcuni casi, per i successi elettorali ; emblematico l’esempio di Haider in Austria, dimostrazione del fatto che esiste per queste frange la possibilità di uscire dal minoritarismo. Una breve panoramica nei diversi paesi europei delle differenti formazioni della destra radicale può risultare utile a completare il quadro fin qui esposto.
Gran Bretagna
Qui il National Party è strettamente collegato a quei gruppi dell’estrema destra europea che fanno della “cultura bianca” il loro stendardo ed è, allo stesso tempo, affiancato dal minoritario mondo cattolico dell’ ultradestra, violentemente antisemita.
A Londra, vivono, inoltre, la maggior parte dei latitanti dell’ estrema destra europea; del resto, l’organizzazione extraparlamentare più consistente, è Third Position (Terza Posizione) di cui abbiamo già avuto occasione di parlare.
Third Position fa parte di un movimento internazionale chiamato “The International Third Position” (con sedi anche negli Stati Uniti e Messico e legami forti con ambienti dei servizi segreti). Il suo slogan è “For England and the English” ed i suoi punti fermi sono: la centralità della famiglia e la lotta all’aborto, il recupero della dimensione sacra, la difesa della “razza bianca”, la lotta all’omosessualità come degenerazione morale, il ritorno alla vita rurale, il tutto insieme alla richiesta di una legislazione più severa e della pena di morte. Esiste anche una sezione giovani, che conta diverse adesioni nelle scuole superiori e pubblica mensilmente la rivista, The Voice of St. George.
Spagna
Il più importante movimento extraparlamentare dell’estrema destra spagnola è, attualmente, Democracia Nacional (della rete Euronat), fondata nel 1995 da Juan Peligro, erede diretta della Falange spagnola. Il programma politico di Democracia Nacional sostiene i “valori” fondamentali a cui aderisce la rete nera europea, affiancati dall’interesse per l’ambiente e l’ecologia. Di frequente, promuove campagne, con l’appoggio di altri movimenti locali, contro l’aborto e l’uso di droghe leggere. Tra le pubblicazioni del movimento: “L’alternativa a la mundializacion. Bases políticas contra el pensamiento único” e “Aborto: Crimen Permitido. Acabemos con el genocidio que está sufriendo nuestro pueblo”.
Belgio
Nel dopoguerra si forma in Belgio il Mouvement d’Action Civique (MAC). Tra i dirigenti del movimento neofascista c’è Jean François Thiriart (che usa lo pseudonimo di Jean Tisch), ex collaborazionista durante la Seconda Guerra Mondiale e leader della corrente europea del nazional-comunitarismo. La formazione giovanile del MAC è Jeune Nation.
Negli anni ‘50 l’estrema destra belga era composta dal Movimento Sociale Belga, membro dell’Internazionale Nera, e dalla VolksUnie, movimento nazionalista fiammingo.
A tutt’oggi, il circuito nero in Belgio è diviso in due tronconi: la parte francese, dominata dal lepenista Front National (fondato nel 1985), e la parte fiamminga, egemonizzata dal Vlaams Block che nel ‘91 ha ottenuto il 6,6% di voti e 12 seggi in Parlamento.
Esistono inoltre diverse organizzazioni giovanili, per lo più violente e più o meno legate ai gruppi sopra menzionati, come Assault nella zona francofona e Vorstort (Avanguardia) nella parte fiamminga.
Austria
La vittoria del partito di Jörg Haider (FPO) non nasce solo su di un terreno elettoralista, ma si erge su un tessuto già articolato, formato per lo più da gruppi violenti.
Il più noto, tra questi gruppi, è Vapo, fondato nel 1986 da uno studente il cui obiettivo finale consisteva nel dar vita al quarto Reich.
I “naziskin” militanti in Austria sono circa duemila, divisi in una trentina di gruppi; loro organo di stampa è “Halt”, giornale neonazista con una tiratura di circa ventimila copie.
Alle ultime elezioni nazionali, il FPO, la cui leader è Susanne Riess-Passer, ha conseguito il 26,9% di voti e a Vienna numerosi quartieri, tradizionalmente roccaforti dei socialisti, sono ora passati all’estrema destra.
Germania
Nell’ambito della destra neonazista, troviamo: il DVU - Deutsche Volksunion (appartenente alla rete Euronat), i Republikaner ed il NPD (Partito nazionaldemocratico tedesco), formazioni marginali che hanno seguito soprattutto nelle lands orientali e tra i giovani. Il NPD, considerato tra gli ispiratori della violenza xenofoba che attraversa la Germania, rischia di essere dichiarato fuorilegge dalla Corte Costituzionale tedesca.
Polonia
In Polonia stanno crescendo i gruppi estremisti cattolici ed i movimenti naziskin. Inoltre, la Confederazione della Polonia Indipendente e la Nazionaldemocrazia non nascondono la loro fede neo-hitleriana.
D’altronde, in tutta l’Europa dell’Est, l’adesione alle organizzazioni di estrema destra è in vertiginoso aumento. Il partito polacco Movement for Poland’s Reconstruction di Jan Olszewski mantiene un consenso stabile attorno al 0,7%.
Svezia
In Svezia, come negli altri paesi scandinavi, l’estrema destra è rappresentata dal Partito del Progresso, di ispirazione lepenista, che negli ultimi anni ha riscontrato un forte incremento elettorale. Altri movimenti “neri” sono: il Partito Democratico (aderente a Euronat), il Partito della Madrepatria, Stop all’Immigrazione e il Fronte di Resistenza Ariana (semi-clandestino).
Francia
Nell’ambito della scena politica francese, accanto ai tradizionali partiti di ispirazione gollista, troviamo il Front National di Le Pen, nato agli inizi degli anni ‘80 ed affermatosi alle Presidenziali del 1992 con il 13,9% di adesioni. Le frange estremiste di quest’area sono: il FANE (i Fasci Nazionali Europei), TroisiemeVoie, Jeunesse Nationaliste Revolutionnaire e Skinhead de France.
Non tutti sono al corrente dell’esistenza di un ampio settore musicale con cd, dischi, demo-tape e concerti che si svolgono regolarmente in tutta Italia, che fa capo a gruppi di destra.
RAC (Rock Against Communism) e White Power Music, così si definiscono i primi generi musicali delle nazi-band a livello mondiale.
Essendo la musica un elemento di aggregazione giovanile, una destra radicale “movimentista” non poteva che creare un circuito proprio. I veneti Peggior Amico sono fra le prime band RAC italiane (primi anni ‘90). Li contraddistinguono voci basse e roche, testi razzisti e inneggianti alla violenza, una musica, per intenderci, più vicina all’heavy metal che non allo ska o all’Oi!.
Nello stesso periodo nasce la band romana Intolleranza, vicina al Movimento Politico; il loro pezzo “orda nera” è un vero inno al razzismo: “Sui bus, nella stazione, nelle strade, nei quartieri / l’invasione degli immigrati, oggi sono più di ieri / Si professano sfruttati, ma a me non fanno pena / sono pronti ad infilarti un coltello nella schiena / orda nera orda nera” (sic!).
In realtà, in Italia, già a partire dagli anni ’70, nasce e si sviluppa un ristretto circuito di cantautori e band di destra, sotto l’etichetta “musica alternativa”, che senza troppa fantasia imitavano la musica d’autore del momento. Oltre al già citato Massimo Morsello (chiamato il “De Gregori Nero”), c’erano gli Janus e La Compagnia dell’Anello che si esibivano prevalentemente durante i Campi Hobbit e le feste del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano prima e di Alleanza Nazionale poi, l’attuale Azione Giovani.
Oggi, il nuovo orientamento musicale di destra prende il nome di “rock identitario” differenziandosi dal rock “white power” per sonorità più orecchiabili, voci più pulite e per testi “meno espliciti”. Basta con il razzismo becero e spazio alla difesa dell’identità nazionale, allo spirito comunitarista ed al ribellismo giovanile al fianco di un “sano” anticomunismo ed uno pseudo-anticonformismo.
I gruppi più popolari al momento sono gli Zeta Zero Alfa ed i 270Bis, entrambi romani. Suonano alle feste di Alleanza Nazionale, ma anche ai raduni di Forza Nuova, e in locali, birrerie o dove trovano spazio. Esistono etichette indipendenti, la Rupe Tarpea Records e la Tuono Records con accattivanti siti internet dove è possibile leggere recensioni musicali e informarsi sui concerti (www.perimetro.com), nonché web-radio che trasmette solo “rock identitario”. Gli Zeta Zero Alfa sono probabilmente la band italiana più importante nel settore della destra musicale, coloro che riscuotono maggior consenso e vendono più dischi. Il gruppo ha, inoltre, una birreria a Colle Oppio, poco distante dalla “gay-street”, e fa parte dell’occupazione di Casa Montag, uno spazio occupato dai fascisti alle porte di Roma, nel luglio 2002. Gli adesivi del gruppo sono sui muri di tutta Roma.
Nel loro sito non ci sono simboli riconducibili direttamente al fascismo, anzi tra i testi consigliati troviamo Chomsky e Marcos, ma questo non deve trarre in inganno, essendo evidente la loro appartenenza.
Sui 270Bis il discorso è più ampio. Il nome del gruppo ha come riferimento l’articolo del codice penale sull’associazione sovversiva.
Il cantante del gruppo, Marcello De Angelis, è anche il direttore di Area, la rivista politica di Alleanza Nazionale, ed è fratello del defunto Nanni De Angelis, morto in carcere dopo il suo arresto, con cui ha condiviso la militanza in Terza Posizione. Dopo la latitanza, Marcello De Angelis è rientrato in Italia per scontare la condanna per associazione sovversiva. E’ stato l’unico quadro intermedio di Terza Posizione condannato per “reati politici” senza nessun fatto materiale. Di nuovo in libertà, De Angelis collabora con Italia Settimanale, è tra gli animatori di Spina nel Fianco e, infine, compone la band. E’ tra gli ideologi del Fronte della Gioventù prima e di Azione Giovani poi, fa parte della corrente sociale di Alleanza Nazionale di Alemanno e Storace e nel 1996 da vita alla rivista propria di questa corrente: Area. De Angelis è la voce più nota della destra neofascista e le sue canzoni sono cantate a memoria sia dai giovani skin che dai quadri del partito. Gli arrangiamenti del gruppo sono ben curati, un rock facilmente orecchiabile e testi diretti. “Bye bye, spara sulle posse” recita il ritornello di una canzone dedicata ai gruppi di sinistra, ma il top lo troviamo in “Claretta e Ben” canzone omaggio alla Petacci e a Mussolini: “Han Ballato sui loro corpi / han sputato sul loro nome / han nascosto le loro tombe / ma non li possono cancellare...piovono fiori su piazzale Loreto...io ho il cuore nero / e me ne frego e sputo / in faccia al mondo intero”.
Colleghi in Alleanza Nazionale, e vecchi amici del De Angelis, sono Piso e Dimitri, quest’ultimo, insieme a Fiore e Adinolfi, fondatore di Terza Posizione.
Ancora, tra i gruppi romani, ricordiamo gli Aurora (rock identitario), i Dente di Lupo (band boneheads, musica rac oi!), i Londinium SPQR (di recente sciolti), Innato Senso d’Allergia (“streetpunk”) ed i Janus (rock identitario).
Proprio gli Aurora sono tra i fondatori di Musicazione, etichetta musicale e non, legata ad Azione Giovani. Da quanto detto, è evidente come gli ambienti giovanili, per quel che concerne il versante musicale, non siano affatto frammentati.
Questo fenomeno, anche se non propriamente di massa, non va certo considerato marginale o poco pericoloso. Per dare un’idea della portata del fenomeno, ricordiamo che nel mese di gennaio i 270 bis hanno suonato nel quartiere Torrino, in ricordo di Alberto Giaquinto; ad Anzio, vicino Roma; al locale “Avalon”, sulla via Nomentana, in ricordo di Acca Larentia; presso la Casa Montag, contro lo sgombero, insieme agli Innato Senso d’Allergia, i Dente di Lupo, gli Aurora, i Rock’n’Roll Soldiers ed, ovviamente, gli Zetazeroalfa; infine presso il locale “Cafè de la Paix” in via Evandro 8 (dietro alla sede di Acca Larentia).
“Le folle che vanno allo stadio fanno parte del tessuto sociale e là noi costruiamo il nostro lavoro politico. Noi non siamo i padri degli hooligans, ma siamo disposti ad adottarli”. (Roberto Fiore e Massimo Morsello su L’Espresso del 17.02.2000).
Legami e contatti tra gruppi ultras ed elementi del neofascismo romano esistono da sempre, sia nella curva nord laziale, storicamente di destra, che in quella romanista, più sinistreggiante e sostanzialmente apolitica. Dagli inizi degli anni ‘90 ad oggi, però, la curva sud è decisamente passata a destra. La maggior parte dei gruppi ultras è “culturalmente” di destra o apertamente fascista. Anche se è necessario fare dei distinguo.
I famigerati “scontri di Brescia” del 1994, considerati lo spartiacque della politicizzazione fascista della curva romanista, mettono in evidenza come, in alcuni gruppi ultras, esistono delle componenti neofasciste organizzate che, prendendo a pretesto la partita domenicale, compiono veri e propri addestramenti, con raid nei confronti delle forze dell’ordine, grazie anche all’appoggio di ultras neofascisti di altre tifoserie. In quel periodo i gruppi di Opposta Fazione e dei Boys Roma sono i gruppi più politicizzati in curva sud. Alcuni esponenti di spicco dei Boys saranno candidati nelle liste del Movimento Sociale Italiano durante le elezioni amministrative a Roma, quelle del confronto Fini-Rutelli.
Dopo l’escalation dei primi anni ‘90 con scontri, aggressioni e violenze in varie in città italiane, la situazione si normalizza fuori e dentro gli stadi. La cacciata del gruppo storico romanista, il CUCS (Commando Ultrà Curva Sud), nasce da motivazioni ben più affaristiche che politiche, sulla falsa riga di quanto accade nella curva nord della Lazio. A differenza delle tifoserie laziali, nella curva romanista esistono svariati gruppi fondamentalmente di destra ma diversi nella “mentalità ultras”. Attualmente il gruppo più politicizzato, tra le fila della tifoseria romanista, è Tradizione Distinzione Roma che non fa nulla per nascondere la sua appartenenza.
Evidenti sono, infatti, i legami con Base Autonoma, visto che spesso e volentieri è possibile notare una bandiera tricolore con tanto di simbolo di Base Autonoma che sventola sopra il loro striscione. Durante il derby del il 27.10.02 il gruppo ha esposto uno striscione con la scritta “28.X.02 Marciare per non marcire”, evidente riferimento al corteo che avrebbe tenuto Base Autonoma il giorno dopo a Roma a Piazza Vittorio.
In una intervista al gruppo, un suo esponente spiega: “Tengo a sottolineare il rapporto dei ragazzi di Tradizione Distinzione con il Laboratorio di idee, un’associazione culturale impegnata nel sostegno di quanti vivono situazioni di difficoltà ed anche il fatto che molta parte dei soldi ricavati dalla vendita del materiale del gruppo sono utilizzati per sostenere alcuni amici attualmente detenuti”.
Promotrice di una fanzine dal nome Blackshirt (camicia nera), il gruppo Tradizione Distinzione conduce tutti i pomeriggi una trasmissione su Radio Flash dove, tra discorsi qualunquisti e dai toni accesamente razzisti, con sottofondo musicale nazi-rock, si parla anche di calcio.
Nella stessa intervista, esponenti del gruppo sintetizzano così la scelta del loro nome: “La parola Tradizione o gli uomini della tradizione li troviamo, infatti, soltanto nei rari, ma proprio per questo preziosi, testi destinati all’uomo della Milizia, un uomo di provata ed elevata spiritualità che se occorre si lancia al combattimento richiamato dalla fedeltà della propria natura e della propria immagine del mondo. Si veda Evola, Eliade o Spengler. La complessità delle tematiche così profonde non ci permette di andare oltre anche perché conosciamo i nostri limiti umani e riuscire a vivere come i maestri sopracitati non è per niente semplice. Tuttavia c’è chi, come noi, prova ad avvicinarsi. Da qui il significato Distinzione. Queste in sintesi le ragioni della nostra denominazione. Il nostro gruppo, a differenza di altri, ha scelto questo nome mai visto negli stadi italiani, proprio perché ci sentiamo rappresentanti di verità ancestrali, innate dentro di noi che poco hanno a che vedere con la moda di essere destra”.
Gli appartenenti a Tradizione Distinzione provengono in grossa parte dalla zona di Piazza Bologna, luogo storico dei neofascisti romani.
Il merchandising del gruppo (venduto nel loro negozio, nel quartiere Nomentano) presenta cappellini con il tricolore ed il fascio littorio o con lo stemma della divisione belga delle SS “Charlemagne”. Sul sito è apertamente dichiarata la matrice fascista del gruppo e, del resto, i libri consigliati sono prevalentemente di Evola o di Freda. Da segnalare, inoltre, che durante la partita Roma-Brescia del gennaio 2003 era presente in curva un banchetto di raccolta firme pro-Priebke, retto da esponenti del gruppo. Durante una loro trasmissione radiofonica, giovedì 27.02.03, è intervenuto direttamente Giuliano Castellino per pubblicizzare la manifestazione, organizzata da Base Autonoma, che si sarebbe tenuta a Roma due giorni dopo, manifestazione a cui il gruppo ha aderito ufficialmente. In aggiunta a ciò, nelle ultime partite si è notato sopra il loro striscione, uno stendardo raffigurante il logo di Casa Montag, simbolo di una “amicizia” confermata anche dai microfoni della radio.
Negli ASR ULTRAS, invece, nonostante la presenza di alcuni forzanovisti e fascisti di varia provenienza, si ha ancora la sensazione di un gruppo poco politicizzato e più concentrato sulla cultura ultras in senso stretto.
Altri gruppi che gravitano intorno all’area neofascista sono gli Ultras Roma Primavalle e gli Asr Clan anch’essi aderenti al corteo anti-immigrazione, promosso da Base Autonoma.
Un discorso a parte meritano Boys e Ultras Romani, storicamente e culturalmente di destra.
Queste formazioni utilizzano un’iconografia decisamente di destra ma, probabilmente, più per la vendibilità dei “marchi” che per progettualità politica vera e propria, anche se la loro appartenenza viene manifestata in maniera evidente, come testimonia la bandiera con l’ascia bipenne, simbolo che fu già di Ordine Nuovo. Boys è, senz’altro, il gruppo ultras più vecchio della curva sud e da sempre politicamente di destra. Per Ultras Romani il discorso è simile. Nati da una costola dei Boys, provengono dal litorale laziale (Ostia e zone limitrofe). Formazione essenzialmente giovane, si è distinta ultimamente per aver difeso gli ultras laziali dopo l’aggressione ad un marocchino nel quartiere Ostiense e per i numerosi striscioni contro la repressione poliziesca, i giornalisti e le tifoserie di sinistra.
Infine c’è il Gruppo Monte Verde schierato più decisamente a destra.
Nella partita Roma-Chievo questi ultimi hanno esposto uno striscione con la scritta: “Totti: tu no, noi si”, in aperta polemica con il giocatore che ha prestato il volto allo spot antirazzista promosso dal Comune di Roma.
Relativamente più semplice il discorso per quanto riguarda la tifoseria laziale, essendo la curva nord egemonizzata da almeno 15 anni da un unico gruppo: gli Irriducibili Lazio.
Gli Irriducibili Lazio sono un gruppo Ultras “moderno” con una catena di negozi, una linea di merchandising, Original Fans, ed una trasmissione radio molto seguita, La Voce della Nord (dal nome della loro fanzine che distibuisce più di 5.000 copie a numero). Gli Irriducibili, nonostante la loro attiguità a gruppi della destra radicale romana, formano loro stessi un gruppo politicizzato a sé stante. Infatti, nella curva nord hanno trovato spazio, con bandiere e striscioni, un po’ tutte le formazioni della destra radicale e questo non sarebbe stato possibile senza il loro assenso. Tra l’altro, uno dei capi storici della formazione si è presentato alle amministrative tra le fila di Forza Nuova.
Nonostante ciò, il gli Irriducibili non sembrano voler tirare le fila a nessuna formazione, essendo già di per sè stessi formazione fascisteggiante, razzista, antisemita, omofobica, formalmente attenta al sociale, comunitarista e “ribellista”. Basti pensare agli striscioni “contro la repressione”, “contro la polizia”, “in ricordo di amici ultras morti per rapina”, “ai carcerati”, “al fianco della “Tigre Arkan”, “contro le guerre “imperialiste” e per finire allo striscione sulla morte di Carlo Giuliani che recitava: “ideali diversi, onore a Carlo Giuliani”.
Sempre appartenenti alla tifoseria laziale, Viking Lazio ed i Commandos Monteverde Lazio ‘74 sono due gruppi ultras storici molto vicini alla destra radicale, ma marginalizzati dall’egemonia incontrastata degli Irriducibili. L’incendio di qualche anno fa del Lazio Point di via Portuense, gestito da figure storiche della tifoseria laziale di Monteverde, sembra stato un “segnale” a non mettersi in concorrenza con la catena dei negozi degli Irriducibili.
La Banda Noantri, invece, è il gruppo emergente in curva nord. Composto prevalentemente da giovani, nascono dalla scissione della componente più radicale e politicizzata degli Irriducibili. Probabilmente stufi delle gestione affaristica dei “fratelli maggiori”, vogliono rappresentare l’ala dura della tifoseria laziale. Il loro legame con Base Autonoma è evidente; alcuni del gruppo ne fanno ufficialmente parte ed all’interno girano volantini di questa formazione (come per la manifestazione anti-immigrazione del 28 ottobre 2002). La città è tappezzata da scritte della Banda sistematicamente accompagnate da celtiche o svastiche. Spesso le scritte di Base Autonoma e Banda Noantri, compaiono a pochi metri di distanza, tratteggiate con la stessa mano.
Negli stadi, denuncia il deputato diessino Roberto Sciacca, “s’intravede sempre più chiaro un piano della destra estrema per egemonizzare le curve e reclutare militanti. Non è solo un fenomeno italiano, ma europeo. Con evidenti agganci con analoghe esperienze neonaziste inglesi”. Gli risponde Fabrizio Piscitelli, 33 anni, alias Diabolik, considerato la mente degli Irriducibili della Lazio, un’aggregazione di tifosi nata nel 1987 e che nel 1993 ha preso il sopravvento sui più apolitici Eagles Supporters. “Noi siamo di destra”, spiega, “ma la politica deve restare fuori dallo stadio. Non capisco perché si possono tollerare giocatori che espongono tatuaggi del Che e non la curva nord che sventola qualche celtica. Che cosa c’entriamo con il nazismo? Il problema è un altro: i militanti di destra non hanno cittadinanza con questo governo. Sono stati cacciati dalle scuole, dai centri sociali e adesso si vorrebbe buttarli fuori pure dalle curve”.
Anche Diabolik è un simpatizzante di Forza Nuova, movimento fondato in Inghilterra nel 1996 dai “rifugiati” Roberto Fiore e Massimo Morsello, due estremisti di destra già condannati per appartenenza ai NAR e diventati ricchi in Gran Bretagna grazie all’attività della loro Easy London: una sorta di agenzia di viaggi che manda ogni anno migliaia di giovani a lavorare all’estero. A Roma la Easy London è diretta da un altro ex leader degli Irriducibili, Maurizio Catena, e forse proprio per questo il gruppo dei supporter della Lazio è stato il primo a introdurre nel nostro paese il tifo all’inglese, niente tamburi, solo voci e mani, stendardi e sciarpe colorate. Accanto all’attività di tifo vero e proprio, questo gruppo di ultras ne ha però un’altra, molto più commerciale.
Soprannominati con cattiveria dagli avversari “Irriducibili spa”, i tifosi laziali (5 mila iscritti e 100 attivisti) pubblicano una fanzine patinata, “La voce della Nord” (l’editore è Diabolik), hanno un sito Internet sempre aggiornato e dispongono di cinque punti vendita del loro materiale firmato “Original fans”. In più possono contare su angoli riservati nei negozi ufficiali Lazio Point e una sorta di banchetto allo stadio durante le partite. Fatturano insomma decine di milioni. Con la loro presenza massiccia, la compattezza e l’aggressività gli Irriducibili hanno finito per costituire un problema per la Lazio di Sergio Cragnotti. La dirigenza ha tentato di tagliarli fuori dalla gestione delle trasferte, ha chiuso il rubinetto dei biglietti omaggio, ha revocato a uno a uno una serie di benefits.
Ma dopo due mesi di faccia a faccia a muso duro è stata costretta a fare marcia indietro.
Tutto è iniziato nell’agosto del ‘99, quando Cragnotti ha deciso di far pagare 4 mila lire il biglietto d’ingresso al centro sportivo di Formello dove si allena la squadra e ha fatto sapere che chi voleva andare in trasferta doveva acquistare il pacchetto dal tour operator Francorosso. “Per esempio per la trasferta organizzata a Montecarlo per la partita di Champion’s League, contro il Bayer Leverkusen, un tifoso spendeva 750 mila lire, mentre organizzata da noi costava solo 350 mila”. Iniziano le proteste, sia degli ultras che dei club Lazio.
Alla presentazione all’Olimpico della nuova formazione appare uno striscione “Noi non siamo pomodori”. A Formello fanno capolino scritte offensive contro la figlia di Cragnotti. La società manda in avanscoperta Guido Paglia, dirigente Cirio. “Faceva l’amicone, promesse su promesse che regolarmente non venivano mantenute”. A ottobre, si arriva allo scontro finale. La Lazio annuncia che non permetterà più agli ultras di assistere agli allenamenti. Gli Irriducibili come risposta organizzano a Formello una festa del tifoso con porchetta. “E proprio quel giorno diramiamo anche un comunicato firmato dai tifosi biancocelesti (club e ultras insieme) in cui proclamiamo lo sciopero del tifo. Paglia all’hotel Summit, dove sono riuniti tutti i tifosi, dice che non esiste un vero malcontento e che siamo solo noi, gli Irriducibili, a montare il tutto”. “È stato più forte di me”, racconta Diabolik: “Quando l’ho visto gli ho dato due pizze in faccia e un calcio nel sedere”. Il risultato? Nella trattativa Paglia viene sostituito dal deputato di Alleanza Nazionale, Gigi Martini (storico terzino della squadra scudetto del ‘74). Il biglietto d’ingresso a Formello è abolito “almeno per ora”, i costi del pacchetto offerto dalla “Francorosso” vengono ridotti, e una quota di biglietti, variabile a seconda della partita, vengono gestiti, in pratica venduti, dagli ultras. La Lazio ha calato le braghe.
Le frange più estreme delle tifoserie sono insomma in grado di condizionare le dirigenze delle squadre. E se poi possono agitare anche lo spauracchio dell’appartenenza a formazioni di destra, con tanto di cori, saluti romani e striscioni razzisti (per i quali le società sono costrette a pagare salatissime multe), tanto meglio. I presidenti, da nord a sud, capitoleranno ancora più facilmente. Il fenomeno è emerso in tutta la sua evidenza il 20 novembre del ‘94, in occasione degli scontri che a Brescia portarono al ferimento del vice-questore Giovanni Selmin. Nel ‘96 le indagini della Digos hanno permesso di stabilire che quel giorno gli incidenti non scoppiarono a caso. Il raid di Brescia era infatti stato deciso a tavolino e vi avevano partecipato non solo ultras della Roma, ma anche della Lazio.
Alla base di tutto, secondo l’accusa, c’era la volontà di ricattare la nuova dirigenza giallorossa che, con l’avvento alla presidenza di Franco Sensi, aveva tentato di revocare le agevolazioni concesse dal vecchio patron, l’andreottiano Giuseppe Ciarrapico. Ma non basta. Al blitz aveva preso parte anche Maurizio Boccacci, interista, leader dei naziskin italiani, fondatore del disciolto Movimento Politico Occidentale, intenzionato con la violenza a recuperare popolarità. Gli andrà male. Verrà condannato insieme a un gruppo di pregiudicati per reati comuni. Sempre nel ‘96, a Roma, finiscono in manette altri 7 capi ultras della curva giallorossa. Sono accusati di aver minacciato funzionari della società per ottenere pacchetti di biglietti da rivendere a caro prezzo alle spalle dei tifosi veri: lo dimostrano le intercettazioni telefoniche. Ma la Roma, timorosa di contestazioni, subisce senza denunciare nulla. Il processo è in corso. Tra gli arrestati del ‘96 vi sono, tra gli altri, Fabrizio Carroccia, detto “Er Mortadella”, grande amico del direttore generale della Juventus Luciano Moggi (ancora oggi invitato ad assistere gratis alle partite dei bianconeri) e Mario Corsi, popolare speaker romanista di Radio Incontro, l’emittente privata della Capitale che oggi ha ottenuto in sub-appalto da RDS le radiocronache delle partite dei giallorossi. Anche Corsi ha un passato di estrema destra. Ora lo rinnega.
Molti dei dati e dei testi presenti su questo dossier sono stati estratti - interamente, sintetizzati o rielaborati - da dossier ed articoli presenti nei seguenti archivi:
Indymedia - http://italy.indymedia.org
Misteri d’Italia - http://www.misteriditalia.it/
Altre Mappe - http://www.altremappe.org
Amnistia.net - http://www.amnistia.net/librairi/amnistia/n06/gladmil.htm
StranoNetwork - http://www.strano.net/stragi/tstragi/relmp2/rel14p2.htm
Corte costituzionale, sentenza 231/75: Deposizioni Cherubini e Carlucci. Vedasi anche deposizione Filastò, 3 luglio 1981, resa al dott. Cappelli della Procura della Repubblica di Arezzo. Vedasi la deposizione Zanda, 23 novembre 1982, al sostituto procuratore della Repubblica di Bologna e Carlucci, 10 febbraio 1982, alla Assise di Bologna.
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