Atesia

Un piccolo passo

L’esperienza e le mobilitazioni nel call center di Atesia di Roma

 

Presentazione

 

Questo opuscolo nasce dall’esperienza che i compagni e le compagne dell’Assemblea Nazionale Anticapitalista e di Linearossa hanno avuto con alcuni lavoratori e lavoratrici del call center di “Atesia” di Roma, attraverso un incontro di cui il resoconto è gran parte di questa pubblicazione.

Sviluppare attività d’inchiesta con la classe operaia e i lavoratori è uno dei nostri compiti, convinti che, per trasformare noi stessi e la realtà sia necessario conoscerla, avere “un’analisi concreta della realtà concreta”, conoscere le condizioni di vita, di lavoro, come i lavoratori si organizzano, resistono e lottano, e non perdere occasioni di confronto e discussione.

Questo lavoro è rivolto principalmente ai lavoratori, alle lavoratrici, ai delegati di Atesia che abbiamo incontrato, è rivolto ai loro colleghi interessati, ad altri lavoratori e lavoratrici, delegati e attivisti, compagni e compagne che vogliono conoscere le condizioni e l’esperienza della giovane e nuova classe operaia precaria e supersfruttata che, seppur in condizioni difficilissime, si organizza e lotta contro la nuova schiavitù del capitalismo.

Invitiamo coloro che ne prenderanno visione a farci pervenire notizie, informazioni, critiche, suggerimenti e osservazioni.

I compagni e le compagne di Linearossa e dell’Assemblea Nazionale Anticapitalista

 

CRONOLOGIA DI UN ATTACCO

Per comprendere al meglio la situazione di Atesia sarà utile ripercorrere in breve le tappe che hanno portato all’introduzione, in Italia, di un numero sempre maggiore di contratti di lavoro precari. Vediamo, quindi, la cronologia dell’attacco alle condizioni di lavoro.

 

Un grosso colpo è stato inferto, oltre che con gli accordi del 1992 e 1993 con la definitiva abolizione della “Scala mobile”, nel 1997 con la ormai famigerata legge sul “Pacchetto Treu” (196/97), che sanciva l’introduzione del caporalato legale, ovvero il lavoro interinale (“in affitto”). Diverse condizioni a parità di lavoro, divisioni e ricatti sono le conseguenze di questa legge per i lavoratori, maggiori i profitti invece per le imprese. La legge 196, inoltre, rende più agevole, per le imprese, ricorrere al tirocinio e agli “stage formativi” per gli studenti, che lavoreranno gratuitamente attraverso falsi corsi di formazione. Con la legge 608/96 si era eliminato il monopolio del collocamento pubblico; il collocamento rientrava nell’ambito degli interventi dello Stato che imponevano ai datori di lavoro l’osservanza di una determinata procedura per l’assunzione dei lavoratori. Inizialmente, infatti, a protezione del lavoratore, con l’intento di eliminare la mediazione privata nel campo del lavoro, la disciplina originaria del collocamento (L.264/49) era fortemente limitativa del potere negoziale dei privati che era subordinato ad una vera e propria autorizzazione amministrativa. La richiesta del datore del lavoro poteva essere esclusivamente numerica e l’avviamento al lavoro avveniva secondo l’ordine di precedenza in graduatoria dei lavoratori nelle liste di collocamento. Con l’emanazione della L.223/91 è consentito assumere tutti i lavoratori mediante richiesta nominale; con la L.608/96 tutte le assunzioni possono essere effettuate direttamente. Nel 2001 le agenzie private hanno “collocato” 546.000 lavoratori contro 31.000 del collocamento pubblico.Un risultato eloquente è stata la riduzione della retribuzione media del 6% (nell’anno 2000). Gli effetti si riscontrano anche nelle amministrazioni pubbliche; i contratti part-time vengono utilizzati nel 90% delle amministrazioni, gli interinali nel 79% e le collaborazioni nel 55%. Il lavoro interinale viene utilizzato nell’80% dei casi nell’industria, il limite massimo dovrebbe essere l’11%, ma solo nella TIM siamo ben oltre il 15%; le differenti modalità contrattuali flessibili sono ormai ben 31. Un ultimo esempio, per comprendere la vastità del lavoro precario: tra il 2001 e il 2002, sono oltre 2,8 milioni i nuovi posti di lavoro precari ed oltre 80.000 famiglie vedono i propri membri tutti occupati con contratti flessibili. L’ultimo atto dell’ attacco viene condotto con il “Libro Bianco”, tramutato nella cosiddetta “Legge Biagi” (legge delega 848 e 848 bis) che prevede una completa destrutturazione del lavoro, estendendo ulteriormente flessibilità e precarietà, continuando,così, l’opera avviata dal passato governo di centro sinistra con il “Pacchetto Treu” del ‘97. Il collocamento viene completamente affidato ai privati; cade anche l’ultimo vincolo che permetteva alle società di svolgere solo fornitura di lavoro interinale; con la modifica dell’art.2112 del Codice Civile, qualsiasi pezzo di un’azienda potrà agevolmente essere ceduto all’esterno, insieme con i relativi dipendenti, senza più alcuna possibilità di opporsi alla cessione; modificate anche le regole del part-time, con forme flessibili ed elastiche del lavoro, senza che il consenso del lavoratore sia più indispensabile e abolizione dei limiti al lavoro straordinario. Gli altri punti cardine sono il “job on call”, il “job sharing” e lo “staff leasing”. Il primo caso prevede il lavoro a chiamata, il lavoratore quindi verrà “richiesto” dall’azienda solo in base alle necessità di produzione, anche solo per un giorno di lavoro, e rimarrà in attesa della chiamata successiva. Nel secondo caso, due o più lavoratori condivideranno un solo posto, rispondendone “in solido”, questo significa che in caso di assenza di un lavoratore, l’altro dovrà garantire la continuità dell’attività. E’ facile immaginare le conseguenze, per esempio, in caso di mobilitazioni e scioperi! Lo staff leasing prevede l’assunzione di gruppi di lavoratori per specifici progetti, terminati i quali si torna a disposizione del collocamento privato

 

L’esperienza e le mobilitazioni all’Atesia di Roma

Lo scritto che segue è scaturito da un incontro con un gruppo di lavoratori, lavoratrici e delegati dell’Atesia di Roma ai quali sono state formulate alcune domande. Le principali: che tipo di lavoro svolgono, qual è l’organizzazione del lavoro, quali rapporti esistono fra dipendenti ed azienda, come sviluppano l’attività di resistenza. Nel corso dell’incontro sono state, naturalmente, poste ulteriori domande. Quanto segue è il resoconto delle loro risposte. “Fino al settembre 2000, i contratti (come operatori telefonici) duravano un mese. Occorreva aprire Partita Iva, si era inquadrati come lavoratori autonomi e si doveva pagare l'affitto della postazione (videoterminale e telefono) a 1.500£ l'ora, circa 250.000£ al mese, tanto che chi in un mese lavorava poco, finiva per pagare più di quanto riceveva di salario. Se mancavi 5 giorni non pagavi la postazione, quindi conveniva tornare dopo il quinto giorno. In seguito alle lotte condotte, la situazione è migliorata, anche se lontana dagli obiettivi che delegati e lavoratori più coscienti si sono dati. Oggi il contratto è di collaborazione coordinata continuativa (co.co.co.), con il riconoscimento di alcune voci Inps e Inail. Abbiamo avviato un percorso, ottenendo alcuni risultati, che ad aprile ‘01 era stato votato dai lavoratori e che comprendeva: retribuzioni orarie, per avere la certezza di un salario anche se minimo; corsi di formazione; applicazione della 626 (si lavora davanti a un videoterminale e non viene assolutamente rispettata la normativa, di RLS neanche a parlarne, visto che non è riconosciuta la delegazione sindacale); diritti sindacali; il riconoscimento di un salario se il lavoratore viene tenuto a casa dall'azienda e non per volontà sua, oltre all'allungamento del contratto. Non abbiamo chiesto il diritto alla retribuzione delle ferie, né della malattia, ecc., pur essendo quella la mèta che ci prefiggevamo. Il contratto è a cottimo, a "contatto utile", si è pagati a cliente che chiama per stabilire un contratto con la società committente. La retribuzione è stabilita dall'azienda, ed è diversa per le diverse campagne che vengono affidate ad Atesia dalle diverse società committenti (Stream, Tim, Telecom, Alitalia, etc.). Nei tre mesi di contratto di lavoro può cambiare la retribuzione. Il 95% dei contatti sono informazioni per i clienti, l'azienda pretende che siano informazioni brevi. Occorre essere svelti, realizzare un certo numero di contatti, non perdere tempo: all'azienda del cliente non gliene frega niente. Ci sono lavoratori che riescono a lavorare con continuità, altri 10 giorni e poi a casa, poi ancora 10 e così via. La stragrande maggioranza dei lavoratori guadagna in media meno di un milione (di lire) al mese. Ci sono solo poche campagne che rendono fino a 2-3 milioni al mese. Per quanto riguarda l'assunzione: prima assumeva direttamente l'azienda, occorreva conoscenza informatica, venivano svolti test attitudinali e logici, la risposta positiva o negativa si aveva subito. Ora invece le assunzioni sono affidate a ditte esterne, la risposta non viene data immediatamente, neanche se è positiva. Non ti chiamano subito, ma quando hanno bisogno e passa anche diverso tempo. Inoltre i lavoratori devono svolgere corsi di formazione non retribuiti di 3-4 settimane. Per l’assunzione, almeno in apparenza, non fanno distinzioni su chi ha svolto attività sindacale o è impegnato nell'attività politica. L'incidenza del non rinnovo non è alta (a settembre non è stato rinnovato il contratto a due lavoratori), i periodi di maggior ricambio sono giugno e dicembre, mesi in cui vanno via decine e centinaia di persone (es. 400 a giugno e 400 a dicembre). Questa estate sono stati assunti 700 lavoratori. Quando l'azienda non rinnova un contratto, non deve rendere conto a nessuno, né è tenuta a specificare le motivazioni, non lo rinnova e basta. Fino a qualche tempo fa sembrava che, in generale, non ci fosse una particolare discriminazione sindacale fra coloro ai quali non veniva rinnovato il contratto, ma ad aprile ‘02 è stato licenziato il nostro più determinato delegato sindacale, in seguito al suo ruolo di promozione nella mobilitazioni e, in particolare, sulla campagna di “Alice”, e non è stato rinnovato il contratto ad alcuni lavoratori che si sono “esposti troppo”. Tutti quelli che lavoravano vicino a R. (2 file di postazioni) sono stati mandati via nel giro di pochissimo tempo. Oggi Atesia conta 6.200 lavoratori a co.co.co. e 70 capireparto assunti a tempo indeterminato che controllano i lavoratori alle postazioni, guadagnano circa 1.800.000£ al mese e svolgono turni pesanti. Fra i co.co.co non vi è omogeneità d'età, né di condizione: trovi il padre di famiglia, lo studente, la casalinga, il pensionato, chi lo fa come secondo lavoro, diversi hanno perso la precedente occupazione. Quindi è difficile trovare un linguaggio e un terreno comune, coinvolgerli in iniziative. Atesia ti fa credere di poter fare quello che vuoi (in quanto puoi andare a lavorare nei momenti possibili, senza dover rendere conto). Ultimamente, però, l'azienda chiede di dare la "previsione" della propria presenza per i giorni successivi, che il lavoratore dichiari, cioè, quando e in quali ore prevede di prendere servizio, anche se tiene a specificare che, da parte del lavoratore, non c'è impegno vincolante ad essere poi effettivamente presente. Questo sta creando malumore e preoccupazione, perché si percepisce questo come un inizio del venir meno di quello che è uno, se non l'unico, degli aspetti positivi di questo lavoro. Nonostante le grandi difficoltà dovute alla tipologia e all'organizzazione di questo lavoro (non c'è senso di appartenenza, soprattutto tra i giovani è normale andare da soli al rapporto con l'azienda, assenza di diritti e di una legislazione che protegga minimamente), quando i lavoratori sono stati uniti si sono ottenuti risultati. La mobilitazione più importante è stata quella che ha riguardato e bloccato la campagna "Alice" di Telecom.: quasi il 100% dei presenti ha partecipato allo sciopero bloccando la campagna. L'azienda ha dovuto portare la retribuzione di ogni contatto da 0,15 a 0,30 centesimi. Anche per la Stream, in alcuni casi, è avvenuto lo stesso. Per l'azienda il danno economico è stato enorme: ogni minuto di blocco per cliente corrisponde a 10 milioni di lire da dare a Telecom. Prima di indire questo sciopero, come delegati abbiamo "lavorato" un anno e mezzo. Noi annunciamo lo sciopero per la valenza politica, ma per l'azienda è impossibile controllare la partecipazione di un lavoratore (con le conseguenze che ciò può avere in termini di pressioni e intimidazioni), nel senso che ognuno di noi è sempre libero di presentarsi o meno alla postazione, come spiegato prima. Noi però sappiamo che in quel periodo in pochissimi si sono recati al lavoro rispetto alla norma, quindi la partecipazione alla protesta è stata altissima. E' chiaro che non è facile riuscire ad ottenere qualcosa di fronte ad un'azienda che appare potente e alla paura dei lavoratori di essere buttati fuori. Questo, insieme alla latitanza dei sindacati, ha contribuito a stoppare questo percorso di lotta. Vi è una situazione di terrore e incertezza che porta ad atteggiamenti contraddittori, in cui molti lavoratori sono consapevoli della situazione di sfruttamento, precarietà e mancanza di diritti, ma non riescono, e in parte non vogliono, opporsi. La gente si sente di passaggio e nel contempo vuole rimanere. Coloro che sentono maggiormente il disagio sono i lavoratori sui trent'anni, che lavorano in Atesia da sei o sette anni, per i quali questo è il loro vero e unico lavoro. Sono anche quelli che si sentono più frustrati. Il 10% circa dei lavoratori è iscritto ai sindacati, il grosso diviso fra Cgil e Cisl, il resto (leggermente inferiore) è iscritto alla Uil. Sono assenti i sindacati di base. Attualmente l'Ugl sta facendo tentativi per introdursi. Per gli iscritti viene fatta trattenuta sindacale sulla busta paga. I delegati, che sono stati eletti dai lavoratori, sono in realtà spalmati al di là delle sigle. I delegati erano inizialmente 12: 4 per la Cgil, 4 per la Cisl e 4 per la Uil; oggi sono solo 8 per 6.200 lavoratori (4 li abbiamo persi, perché non è stato rinnovato loro il contratto o perché licenziati, come il delegato di cui si diceva precedentemente). La delegazione dei rappresentanti dei lavoratori non è mai stata riconosciuta dall'azienda e i sindacati l'hanno sempre mal digerita. Nonostante ciò, gli scioperi promossi dai delegati sono stati, finora, controfirmati da Cgil, Cisl e Uil. Ma il momento in cui i sindacati hanno maggiormente indurito le loro posizioni verso la delegazione sindacale, è stato quando la delegazione ha promosso la vertenza per respingere il licenziamento del delegato. All'inizio, e per un certo periodo, c'è stata più coesione fra i delegati, è stata ottenuta una saletta sindacale dove è possibile riunirsi e prendere decisioni. La delegazione riesce, in linea di massima, pur se è in fase di arretramento, anche perché i margini di indipendenza si stanno restringendo, a portare avanti iniziative di "stimolo" anche verso i sindacati. Gli ultimi fatti hanno avuto ripercussioni, si registrano comportamenti schizofrenici. Ora ci sono, rispetto al passato, più vincoli e controllo da parte dei vertici sindacali, che pretendono che l'input debba partire dai loro organismi. I sindacati sono riusciti a sostituire alcuni delegati con altri meno combattivi. In questo momento c'è sbandamento e lotta in corso. Dopo la firma del Piano Industriale Telecom, Telecom Italia e Cgil, Cisl e Uil parlano di necessità di affrontare una ristrutturazione nel nostro comparto. Sono arrivate notizie circa l'intenzione di assumere una parte di lavoratori a tempo indeterminato e un'altra sempre a tempo determinato. Cgil, Cisi e Uil stanno togliendo la gestione sindacale dei gruppi esterni a Telecom dalle mani delle associazioni sindacali per concentrarla direttamente nelle mani delle categorie. Così ci sono le posizioni da conciliare all’interno della delegazione sindacale, la necessità di rapportarsi con i sindacati e, in previsione, con le categorie. Tre soggetti, a paragone di un'azienda forte e sorretta dalle istituzioni. E’ probabile che si verifichi una spaccatura interna alla delegazione sindacale sulla valutazione del nuovo accordo Telecom: pensiamo che la direzione sindacale possibile per il futuro sia quella di una struttura indipendente, di base. Riguardo alla possibilità di creare una struttura interna di attivisti, compagni, che intervenga e sensibilizzi rispetto a quello che avviene nella società, ai problemi che probabilmente stanno a cuore alle lavoratrici e ai lavoratori di Atesia (possibilità di un posto di lavoro per i propri figli, di studiare per i giovani, salute e assistenza sanitaria, droga, sicurezza personale per sé e i propri cari, la guerra, ecc.), siamo solo ai primi passi”.

 

Dall’intervento di un compagno dell’ANA, facente parte della delegazione sindacale di Atesia di Roma (Atti dell’Incontro Nazionale del 2 giugno 2002 “Ruolo dei comunisti nelle lotte della classe operaia e dei lavoratori” a cura dell’ANA e Linearossa)

 

(…) Il nostro intervento inizia nel ’99. Stanti i rapporti di forza completamente a favore del padrone e della mancanza di un intervento precedente, il primo passo è consistito nell’interpellare varie organizzazioni del sindacalismo autorganizzato, per verificare la possibilità di ottenere un minimo di agibilità, completamente assente in quel periodo. La risposta negativa di queste organizzazioni, è stata motivata dall’impossibilità di garantire anche la minima possibilità di sostenere un intervento. A fronte di questa risposta, e in considerazione del fatto che i lavoratori sono, nella maggior parte, privi di qualsivoglia precedente esperienza di lotta sindacale, si scelse di avviare contatti con un’organizzazione sindacale borghese, la UIL, alla quale vengono date indicazioni sui punti da mettere al centro di una trattativa con la Società. L’intento è comunque quello di determinare un progressivo livello di coscienza dei lavoratori e, quindi, un sempre maggior distacco di questi dal sindacato confederale. Nel settembre 2000, dopo circa sei mesi di trattativa, si giunge all’introduzione di contratti di “collaborazione coordinata e continuativa” in luogo dei precedenti a Partita Iva e al riconoscimento, da parte della proprietà dell’azienda, della possibilità di indire assemblee all’interno di Atesia e di avere bacheche sindacali. La durata dei contratti veniva aumentata da uno a tre mesi e l’affitto della postazione telefonica, estorto ai lavoratori per 10 anni, abolito. Il dato più importante va individuato certamente nella possibilità di iniziare un’opera di agitazione sindacale più ampia. Nel novembre 2000, tramite tre assemblee, vengono eletti dodici delegati, quattro per organizzazione sindacale [tra questi dodici, che Atesia si rifiuta di ammettere come parte in causa, ci sono due militanti anticapitalisti (diventeranno tre nel 2002)]. Attraverso un lavoro mirato ad evidenziare la necessità di unità, si sceglie di avviare un percorso che porterà le tre delegazioni ad assumere sempre più decisioni in sede di confronto comune, fino alla costituzione della Delegazione Sindacale Unitaria, in contrasto con il sindacato, che vede in questo passaggio un effettivo segnale di sganciamento dalla loro influenza. Viene formulata una proposta di integrazione contrattuale che, sottoposta a referendum tra i lavoratori (forzando nei confronti del padrone che non intende riconoscere lo strumento della consultazione) è approvata con il 70% dei consensi. Questa prevede, principalmente, tre punti: il passaggio a salari calcolati su base oraria, l’introduzione del diritto di eleggere rappresentanze dei lavoratori e una forma di controllo dei rappresentanti dei lavoratori circa il “turn over” forzato. A fine giugno 2001, 400 lavoratori vengono licenziati attraverso il non rinnovo del contratto, in scadenza il 30 del mese. Ha luogo la prima manifestazione dei lavoratori Atesia. Nei mesi successivi si intensifica l’opera di agitazione e vengono avviati i primi tentativi di collegamento con i lavoratori di altre realtà produttive, soprattutto in occasione del licenziamento di altri 400 lavoratori, il 27 dicembre 2001. Nei primi mesi del 2002, nel contesto di forti mobilitazioni sindacali a livello nazionale, si attuano le prime partecipazioni dei lavoratori precari di Atesia alle manifestazioni in forma organizzata. A marzo 2002, altri 200, operanti nel settore Stream, subiscono la stessa sorte e viene indetto il primo sciopero organizzato; tra i lavoratori della campagna interessata dai licenziamenti si giunge al 90% di adesione. Meno di un mese dopo, Atesia sposta 200 operatori sulla promozione di “Alice”, il servizio ADSL di Telecom Italia, annunciando compensi di 15 centesimi per telefonata. Viene proclamato uno sciopero di una settimana, che nel 1° giorno registra l’adesione del 100%. Il sindacato rimane fortemente spiazzato dall’iniziativa della Delegazione Sindacale e tenta di revocare le mobilitazioni già in corso e di impedire quelle successive. Le reazioni dei vertici di Atesia si concretizza pochi giorni dopo con un innalzamento delle tariffe, (il compenso per i lavoratori passa da 0,15 a 0,30 centesimi) ma, soprattutto, con il licenziamento in tronco del delegato più determinato e rappresentativo (…)

 

Volantino distribuito in Atesia in risposta al licenziamento del delegato

Atteggiamento antisindacale da parte di Atesia spa

 

Venerdì 26 aprile la direzione aziendale di Atesia attraverso una sua dirigente-responsabile, ha licenziato un rappresentante degli operatori telefonici.

Perfino il meccanismo utilizzato è al di fuori del LORO regolamento aziendale.

Infatti il lavoratore-delegato è stato licenziato senza che neppure fossero rispettate le normative sottoscritte nel contratto, ossia i termini di “preavviso scritto a mezzo raccomandata con preavviso di 15 gg.”  Ma è da tempo che l’azienda aveva assunto un atteggiamento fortemente discriminatorio nei confronti di questo lavoratore. Ciò si era manifestato più volte con continue pressioni da parte degli assistenti di sala, “molto probabilmente” proprio per il ruolo che questo lavoratore svolgeva nel rappresentare le istanze dei lavoratori.  L’attacco è da inserire in un tentativo generale finalizzato ad impedire che si riesca ad avanzare rispetto, sia all’organizzazione dei lavoratori, sia nelle istanze di diritto che stiamo manifestando. Nell’ultimo periodo siamo riusciti a far modificare, ancora probabilmente in maniera insufficiente ma comunque aumentandoli, i compensi di alcune campagne partite con corrispettivi veramente indegni, e ad avviare un percorso di contrapposizione sui mancati rinnovi. La risposta dell’azienda è evidente: vogliono dividerci e spaventarci, vogliono continuare ad esercitare la loro arroganza e il loro potere sui lavoratori, ma ciò non passerà! In una battaglia di carattere generale che vede il padronato impegnato in un tentativo di riduzione dei diritti dei lavoratori, riduzione sostenuta dall’attuale governo e avviata dal precedente schieramento governativo, c’è la volontà di porre in essere un peggioramento e la riduzione della possibilità di opporsi alle istanze dei padroni. Si vuole cercare di ridurre i diritti e l’agibilità politica dei lavoratori tutti. L’azienda con questo passaggio si schiera sulle posizioni indicate da Confindustria: chi non è compatibile con i LORO interessi deve essere licenziato e ciò deve essere fatto senza intralci, vedi l’attacco sull’articolo 18. Viceversa, secondo noi oggi è sempre più improrogabile una battaglia per l’estensione dei diritti nei posti di lavoro aldilà delle specificità contrattuali. La parola d’ordine più volte da noi manifestata: «STESSO LAVORO STESSI DIRITTI» è sempre più obbligata. Non è possibile accettare supinamente che chi lotta e si oppone, possa essere licenziato impunemente. Proprio ritenendo questo processo di ricomposizione obbligato a fronte del momento che stiamo vivendo in generale, come lavoratori invitiamo tutti i lavoratori di Atesia ma in generale anche tutti i lavoratori che comprendono che dietro quest’attacco c’è un disegno di carattere generale siano essi, atipici, interinali, al nero o “garantiti”,a partecipare e ad esprimere la loro solidarietà a chi oggi è sotto attacco, all’assemblea che si terrà presso il locali della X municipalità in Piazza di Cinecittà, venerdì 3 maggio ore 17.00 per decidere insieme le modalità generali per contrastare tutto ciò. Se il padronato ci vuole divisi è per batterci meglio. Rispondiamo favorendo l’unità sempre più estesa dei lavoratori tutti. Chi lotta può perdere chi non lotta è già sconfitto.

Alcuni delegati e lavoratori di Atesia

 

Alcune considerazioni

 

Il lavoro flessibile, precario, comporta conseguenze pesanti sui lavoratori; infatti si hanno evidenti ricadute sulle condizioni di lavoro e di vita, con salari miseri, impossibilità di progettare minimamente il proprio futuro e quello dei propri cari, di mantenere un tenore di vita accettabile, nessun tutela in caso di malattia o garanzia previdenziale. Ci sono, invece, ricadute “strategiche” per i padroni: infatti i lavoratori difficilmente rimangono nello stesso posto per più di un anno, anzi spesso sono costretti a cambiare lavoro più volte nell’arco di dodici mesi, di conseguenza non riescono facilmente a socializzare, “fare gruppo” stabilmente. E’ evidente cosa significa questo per la possibilità di organizzarsi all’interno del posto di lavoro, i lavoratori riscontreranno grandi difficoltà nel difendersi, dovendo, ogni volta, socializzare con gli altri e con il lavoro. La precarietà del rapporto, inoltre, fornisce al datore di lavoro un’altra potente arma di ricatto; a causa del forte stato di necessità, si sviluppa, da un lato, una forte soggezione in gran parte dei lavoratori e, dall’altro, i lavoratori più determinati sono maggiormente esposti alla repressione aziendale. Il licenziamento del delegato di Atesia è un esempio lampante: se questo accade in luoghi di lavoro “stabili” (per quel che oggi può significare), figuriamoci in luoghi come Atesia


Le conseguenze dell’introduzione della flessibilità, unita alle esternalizzazioni, comporta anche l’uso, da parte dell’azienda, dei lavoratori precari contro quelli “stabili”. Un esempio ci viene dall’operato di TIM in una vicenda che ha coinvolto anche Atesia; dovendo ristrutturare un servizio su turni di 24 ore, ma riscontrando una forte resistenza dei suoi lavoratori dipendenti, TIM sta utilizzando i lavoratori di Atesia per sperimentare la nuova turnazione. In questo modo tenta di indebolire la resistenza dei lavoratori, dal momento che, sottoposti a maggior ricatto, i lavoratori di Atesia non si possono opporre con forza.

In conclusione, l’esperienza insegna che avviare un percorso di organizzazione tra lavoratori precari presenta aspetti di grande difficoltà; è tuttavia possibile, tenendo sempre presenti gli aspetti particolari già evidenziati e, soprattutto, lavorando per stabilire contatti e legami con tutti gli altri lavoratori.

 

Maggio 2003