RECENSIONE
CRITICA DELLA PIATTAFORMA DEI COMUNISTI ANARCHICI DEL DIELO TROUDA, 1926
In
quanto comunisti anarchici rivoluzionari consideriamo la Piattaforma una guida
al funzionamento della nostra federazione, delle nostre relazioni interne, dei
nostri collettivi, e dei nostri rapporti con altri anarchici. Il che non esclude
che si tratti di un documento da rivisitare criticamente. La Piattaforma venne
scritta in un contesto sociale molto diverso da quello che viviamo nella realtà
sociale del Nord America di oggi. Detto questo, il nostro approccio critico alla
Piattaforma tende a preservare i contenuti che hanno giovato ai nostri sforzi
organizzativi e contemporaneamente ad enuclearne le parti oggi irrelevanti.
Questa modesta recensione si iscrive perciò nel dibattito mai esauritosi che
riguarda la Piattaforma ed i comunisti-anarchici. La prefazione ed introduzione
storica del WSM è essenziale ed aiuta i lettori nel comprendere sia dove sono i
sostenitori di oggi della Piattaforma, sia le condizioni storiche in cui venne
scritto l'opuscolo. La storia della rivoluzione russa e del ruolo degli
anarchici, compresi gli autori, prima della repressione bolscevica, viene
tracciata a grandi linee, ma illustra chiaramente la temperie da cui provenivano
gli autori membri del Dielo Trouda. Ci viene anche fornita una breve
ricostruzione della tradizione piattaformista e di quanto fosse circoscritta. Va
dato atto al WSM di aver promosso e diffuso la Piattaforma negli ultimi 20 anni,
permettendole di avere un'influenza mai avuta prima d'ora nel movimento
anarchico internazionale. L'introduzione è incentrata sulla frustrazione degli
autori rispetto alla "disorganizzazione generale cronica" del
movimento anarchico. La Piattaforma sostiene che la carenza di organizzazione
sia dovuta a problemi teorici all'interno del movimento anarchico, di cui il
principale sarebbe l'assenza di responsabilità. Vi è pure una ferma presa di
distanza dal sintetismo in cui individualità che hanno differenti concezioni
delle filosofie anarchiche stanno nella stessa organizzazione eppure
"...concepiscono in maniera diversa i problemi del movimento
anarchico...". Invece la Piattaforma individua un'organizzazione che abbia
"...posizioni definite ideologicamente, tatticamente e organizzativamente,
cioè sulla base più o meno precisa di un programma omogeneo". La
Piattaforma venne pensata per essere "l'ossatura" di quel programma
che in base alle speranze degli autori una "Unione
Generale degli Anarchici" avrebbe diffuso ovunque. La parte generale
costituisce il cuore dell'opuscolo ed è suddivisa in varie parti. Il primo
paragrafo riguarda la lotta di classe e vi si legge che "Questa lotta di
classe fu sempre, nella
storia delle società umane, il fattore principale e determinante la forma e la
struttura di queste società". Quest'analisi può apparire oggi
semplicistica, stringata e una sorta di rozza sommatoria di relazioni sociali
molto più complesse. Per gli anarchici contemporanei si rende necessario dunque
rivisitare questo punto, analizzando il ruolo del patriarcato e della supremazia
dei bianchi nella stratificazione, oppressione e divisione del proletariato.
Ancora, nella Piattaforma, viene criticata la falsità della democrazia borghese
e viene respinta qualsiasi ipotesi di colaborazione con la classe dominante.
Comunque, non vi si distingue il concetto di democrazia diretta, uno dei
principi dell'anarchismo, per cui si rischia di farne un punto che genera
confusione, cosa che sarebbe stata evitata se invece di democrazia si fosse
usato il termine elettoralismo. Gli autori criticano severamente la teoria per
cui lo Stato può essere un'arma nelle mani del proletariato nella lotta per
l'emancipazione.
"Lo
Stato costituito fin dall'inizio per la cosidetta difesa delle rivoluzione,
finisce immancabilmente per gonfiarsi di necessità specifiche e congenite,
diviene esso stesso uno scopo, un prodotto di speciali gruppi privilegiati sui
quali si impernea; esso sottomette con la forza le masse alle sue necessità ed
a quelle dei gruppi di potere e restaura, per conseguenza, i fondamenti del
Potere e dello Stato capitalista: l'asservimento e lo sfruttamento sistematico
delle masse, mediante la violenza". La Parte Generale si concentra a lungo
sul ruolo delle masse e degli anarchici nella rivoluzione sociale. Si afferma
che la concezione anarchica delle potenzialità delle masse rivoluzionarie è
nettamente diversa da quella degli statalisti. Questi ultimi ritengono che le
masse debbano avere un ruolo distruttivo nella rivoluzione sociale, abbattendo
l'ordine sociale del capitale; invece gli anarchici attribuiscono alle masse la
piena capacità di autogestire la nuova società La Piattaforma si sofferma poi
sulla strategia di fondo per il movimento anarchico sia prima che durante un
sollevamento rivoluzionario. Nel periodo pre-rivoluzionario la strategia è
duplice. Occorre costruire organizzazioni specifiche comuniste anarchiche (come
la Nefac) per la produzione teorica, per la propaganda e per condurre la
battaglia ideologica all'interno del proletariato in quanto gruppo organizzato.
Il secondo compito per gli anarchici è quello di organizzare operai e contadini
nei luoghi di produzione e consumo. In altre parole, costruire una forza di
classe rivoluzionaria capace sia di strappare il potere economico dalle mani
della classe dominante, che di riorganizzare la produzione, la distribuzione ed
il consumo durante e dopo la rivoluzione.
"Il
compito degli anarchici durante il periodo rivoluzionario, non può limitarsi
alla sola diffusione delle parole d'ordine e delle idee libertarie" E
l'opuscolo prosegue coi compiti del collettivo anarchico:
"Esso
dovrà prendere l'iniziativa e spiegare la sua piena partecipazione in tutti i
campi della rivoluzione sociale: in quello dell'indirizzo e del carattere
generale della rivoluzione, in quello della guerra civile e della difesa della
rivoluzione, in quello dei compiti positivi della rivoluzione nel campo della
nuova produzione, del consumo, della questione agraria e via di seguito. Su
tutti questi problemi e su molti altri, le masse pretenderanno dagli anarchici
risposte chiare e precise. Orbene, al momento che gli anarchici si fanno
assertori di una determinata concezione della rivoluzione e della struttura
della società, essi sono tenuti a dare a tutti questi problemi risposte
precise, a ricondurre la soluzione di questi problemi alla conezione generale
del comunismo libertario e ad impegnarsi con tutte le loro forse per la
realizzazione dello soluzioni date".
La
Piattaforma sottolinea la netta insensatezza di qualsiasi tipo di "periodo
di transizione" o di "programma minimo": "...gli anarchici
hanno difeso sempre l'idea della rivoluzione sociale immediata, che priverà la
classe capitalista dei privilegi politici ed economici, e rimetterà i mezzi e
gli strumenti di produzione così come tutte le funzioni della vita economica e
sociale, nelle mani dei lavoratori".
Si
coglie che nella Piattaforma "programma minimo" è equivalente di
riformismo. Il che non significa che lottare per le riforme sia sbagliato (vedi
casa, salari, sanità e salute), ma che esse non ti fanno fare molta strada
poichè vengono riassorbite dal capitalismo e nella divisione di classe.
Si
prosegue col paragrafo dedicato al sindacalismo. Qui ci si accorge di come le
condizioni storiche siano drasticamente mutate in questi 76 anni. Quando la
Piattaforma venne scritta vi era una vasta esperienza di organizzazioni
sindacali rivoluzionarie di massa in tutto il mondo. Nulla del genere esiste
oggi, specialmente negli USA ed in Canada, ove il sindacalismo rivoluzionario è
sempre stato inferiore al trade-unionismo e non ha più avuto dimensioni di
massa a partire dagli inizi del 20° secolo. Persino i sindacati rivoluzionari
europei di oggi non sono che ombre di quello che erano in passato, prima di
essere abbattuti durante il periodo fascista.
Detto
questo, la Piattaforma presenta 2 punti essenziali riguardo il sindacalismo. Uno
dice che "Raccogliendo i lavoratori sulla base della produzione, il
sindacato rivoluzionario, come del resto ogni movimento di carattere
professionale, non possiede una determinata ideologia, non possiede una
concezione del mondo che risponsa a tutte le complicate questioni sociali della
realtà contemporanea. Esso riflette sempre l'ideologia di diversi gruppi
politici, e precisamente di quelli che operano più intensamente fra i suoi
aderenti". Ad ogni modo, ben lungi dal respingere il sindacalismo a causa
del suo deficit teorico nella Piattaforma si legge:
"Noi
consideriamo artificiosa e priva di ogni fondamento e di ogni buon senso, la
tendenza che oppone il counismo anarchico al sindacalismo e viceversa". Vi
si sostiene che "noi riteniamo che il compito degli anarchici nei ranghi di
questo movimento debba consistere nel tentativo di diffondervi le idee
libertarie, di orientarlo anarchicamente, per trasformarlo in uno strumento
attivo della rivoluzione sociale. Occorre comunque non dimenticare mai, che se
il sindacalismo non troverà al momento opportuno il sostegno dell'ideologia
anarchica, esso ripiegherà, volente o nolente, sull'ideologia di un qualsiasi
partito statalista". Fin qui l'orientamento di fondo del piattaformismo
verso i sindacati. La domanda a cui dobbiamo rispondere è: dobbiamo concentrare
i nostri sforzi in piccoli sindacati rivoluzionari come l'IWW oppure in
sindacati più grandi ma terribilmente riformisti? Senza dubbio la nostra
influenza sarebbe maggiore nell'IWW, dove i nostri piccoli numeri conterebbero
per il 10% degli iscritti dell'IWW, ma vale veramente la pena sforzarsi di
entrare ed organizzarsi nell'IWW, quando le trade-unions tradizionali contano
milioni di iscritti? Non avrebbe più senso diffondere le nostre idee verso il
maggior numero possibile di lavoratori? Il paragrafo finale della parte generale
riguarda la difesa della rivoluzione. Qui gli autori sostengono che la peggiore
minaccia per la rivoluzione non sta nell'iniziale rovesciamento della classe
dominante, quanto nella susseguente reazione e contrattacco. Del resto erano
reduci dall'esperienza diretta di una guerra civile tra i rivoluzionari e
l'esercito dei capitalisti. E' per questa ragione che vi si sostiene la
creazione di un esercito con un comando comune (eufemismo al posto del più
appropriato termine "centrale"). Credo sarebbe difficile sostenere con
qualche credibilità che eserciti regolari con comandi centralizzati siano più
efficienti e capaci di milizie isolate, temporanee, fatte da cittadini in armi.
Comunque,
l'efficienza non è che una parte della questione degli organismi militari
anarchici. L'altra questione profondamente politica riguarda la possibilità che
un'armata regolarmente costituita possa esistere in una società anarchica senza
divenire il nucleo di uno stato autoritario. Noi rispondiamo no. Le basi di
organismi militari anarchici dovrebbero essere milizie irregolari composte da
gruppi di affinità di rivoluzionari che si mettono insieme per difendere i
luoghi di lavoro ed i quartieri. In tempi di guerra civile si rende necessario
il coordinamento dei vari gruppi di affinità armati. Le milizie dovrebbero
riunirsi e formare un unico organismo militare con un comando centrale eletto
democraticamente e revocabile, ma al tempo stesso mantenere un alto grado di
autonomia compresa la libertà di poter non eseguire gli ordini. Non ci
dovrebbero essere né leve nè gerarchie. Di assoluta importanza è che una
volta che la guerra civile fosse finita, il comando centrale dovrebbe essere
smantellato, i soldati tornerebbero a casa, ai campi ed alle fabbriche e le loro
milizie restituite ad un servizio irregolare. Il popolo in armi è fondamentale
per difendere la rivoluzione e gli anarchici contemporanei dovrebbero porre
attenzione alle lezioni ricavate dalla militarizzazione forzata delle unità
combattenti anarchiche o dal disarmo delle organizzazioni operaie ad opera degli
stalinisti e dei repubblicani durante la guerra civile spagnola, già 10 anni
dopo l'uscita della Piattaforma.
Detto
questo, la Piattaforma fornisce alcuni punti-chiave per l'organizzazione
militare anarchica. Eccoli: "a) il carattere di classe della medesima; b)
il volontariato: ogni costrizione sarà del tutto esclusa dall'opera di difesa
della rivoluzione; c) la libera disciplina -o autodisciplina rivoluzionaria (il
volontariato e l'autodisciplina si armonizeranno perfettamente insieme, rendendo
l'armata rivoluzionaria spiritualmente più forte di qualsiasi armata dello
Stato); d) la completa subordinazione dell'armata rivoluzionaria alle masse
operaie e contadine, cioè agli organismi operai e contadini diffusi in tutto il
paese e posti dalle masse alla direzione della vita economica e sociale".
Il fatto che la Piattaforma affronti il tema dell'organizzazione militare
anarchica è importante anche alla luce della rimozione di questo problema nelle
attuali organizzazioni anarchiche. Tutto ciò introduce la "parte
costruttiva" della Piattaforma, in cui sono delineati i pincipi di fondo
dell'organizzazione della produzione e del consumo durante e dopo la
rivoluzione. Un paragrafo importante di questa parte è dedicato ai contadini ed
anche qui è facile osservare come lo sviluppo del capitalismo abbia cambiato la
realtà sociale. Abbiamo assistito ad un aumento massiccio del numero delle
persone che vivono nelle città. La moderna agricoltura capitalista non si basa
più sullo sfruttamento di piccole famiglie contadine o di agricoltori; l'uso
delle tecnologie chimiche in super-fattorie permette lo sviluppo massiccio del
business agricolo con pratiche che impoveriscono i terreni ed uso massiccio di
lavoratori immigrati sfruttati. I contadini di cui si parla nella Piattaforma
non esistono più nella moderna società industriale.
Il
che non significa che la Piattaforma avesse torto nell'attribuire grande
importanza alla questione agraria. La classe capitalista non ci penserebbe 2
volte nel tentare di affamare la rivoluzione facendo mancare gli
approvvigionamenti agricoli alle città. Si pone la priorità di tenere aperte
strade secondarie di accesso alle città, di avere eccellenti rapporti tra i
lavoratori inurbati e gli agricoltori esistenti, di avere una congrua quantità
di lavoratori urbani che lascino le città per lavorare in campagna al fine di
fornire la necessaria quantità di cibo per la società, in modo sostenibile e
senza sfruttamento. E' sorprendente per un documento che vuole sottolineare la
necessità per gli anarchici di essere meglio organizzati, che proprio la parte
organizzativa sia la più breve e la meno sviluppata. Ciò non impedisce di
poter disporre dei 4 punti fondamentali della teoria organizzativa
piattaformista: l'unità teorica, l'omogeneità tattica, la responsabilità
collettiva, il federalismo. Questa parte inizia con l'idea che la piattaforma
sia il minimo teorico necessario per riunire le tendenze sane del movimento
anarchico in una unione generale degli anarchici. In breve, l'idea era quella di
formare una internazionale anarchica. Benchè sia un buona idea, è del tutto
prematura per il movimento anarchico contemporaneo. Innanzitutto dovremmo
disporre di federazioni anarchiche nazionali o regionali numerose e ben
organizzate per poter mettere in cantiere una internazionale anarchica. E a
giudicare dalla mancanza di organizzazione del movimento aspramente denunciata
nella Piattaforma, le cose non dovevano essere molto diverse neanche nel 1926.
In poche parole, il Dielo Trouda stava lavorando all'incontrario. Avrebbero
dovuto puntare alla costruzione di organizzazioni nazionali prima di invocare
una unione generale internazionale degli anarchici. La cosa non è corretta,
anche se è comprensibile tenuto conto che gli autori videro il periodo
rivoluzionario in cui erano coinvolti by-passare l'anarchismo al costo di
migliaia di vite di compagni anarchici.
I
primi 3 punti della parte organizzativa sono poco sviluppati, come se gli autori
le ritenessero posizioni di senso comune che andavano giusto enunciate perchè
nessuno le confondesse con la teoria dell'organizzazione anarchica di sintesi.
La parte finale sul federalismo contiene un punto problematico, quello
dell'esecutivo. Sembra impossibile che si possa nello stesso tempo attaccare in
un paragrafo il centralismo democratico e in un altro scrivere che
un'organizzazione anarchica dovrebbe avere un comitato esecutivo responsabile de
"...l'orientamento ideologico e organizzativo dell'attività delle singole
associazioni aderenti, conformemente alla linea teorica e tattica
dell'Unione". Gli esecutivi, persino nelle organizzazioni più estremiste,
diventano strutture gerarchiche e lideristiche che stabilendo gli scopi
dell'organizzazione, deprimono la partecipazione e la militanza. Certamente ci
sono funzioni come la raccolta dei fondi, la propaganda, la corrispondenza con
altre organizzazioni, che richiedono strutture. Ma una struttura fatta di
specifici gruppi di lavoro, di rotazione delle responsabilità tra i collettivi,
di sezioni o cellule, è preferibile e più anti-autoritaria di un comitato
esecutivo.
Infine,
la Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici resta un valido tentativo
del gruppo Dielo Trouda nel fornire una base teorica agli anarchici che formino
organizzazioni coerenti. Mantiene la sua utilità per gli anarchici
contemporanei che la vedono esattamente come un documento che vale la pena
leggere e da cui prendere degli spunti, altro che una specie di testo sacro. Ai
comunisti anarchici del nostro tempo il compito di superare i limiti della
Piattaforma e costruire quelle organizzazioni che possano formare una reale
"unione generale degli anarchici".
dal n.6 del "Northeastern Anarchist",
rivista teorica della North-Eastern Federation of Anarchist Communists - NEFAC]