considerazione
su anarchismo e comunismo
Molti
di noi sono spesso definiti dai comunisti anarchici e dagli anarchici comunisti.
Si mette in evidenza le differenti storie legate alla tradizione anarchica o
comunista. La domanda è se esiste una divisione che va al di la di determinati
periodi storici, tali da rendere questi due esperienze in opposizione? Dentro la
storia comunista si possono mettere insieme utilizzando la medesima sigla,
storie, rivoluzioni, autori, differentissimi uno dall’altro. Non è possibile
identificare l’apporto di Marx (Grundrisse, L’ideologia tedesca, il
Capitale, i testi sulla Comune)[1]
con l’elaborazione socialdemocratica. La stessa socialdemocrazia (dalle
correnti radicali quali il bolscevismo al riformismo dell’SPD tedesca)[2]
non può essere assimilata con l’elaborazione e il portato storico della
sinistra comunista internazionale[3].
Così
come appare difficile mettere sullo stesso piano i militanti proletari anarchici
come Buenaventura Durruti, Sabatè, P.Antich con liberali quali Chomsky.
Le
risposte che aveva dato l’anarchismo, tramutandosi in corrente proletaria
attiva all’inizio del secolo, non era stata una brillante trovata di una
manciata di teorici, ma esisteva all’interno della società una massa umana
che si trovava a vivere contrapposta allo Stato e al capitale la propria
esistenza. Solo in questo modo si può capire il rapporto che esisteva tra
immigrazione proletaria in Sud America e la presenza di organizzazioni
anarchiche di massa.
Tutta
l’esperienza della Rivoluzione tedesca dopo la Prima Guerra Mondiale vede un
fusione di aree comuniste e anarchiche, e un lavoro politico comune, portando
anche sul piano organizzativo una tale sintesi[4].
In quegli stessi anni vi erano esperienze che cercavano di superare i recinti
dell’ideologia e di rispondere concretamente in termini politici, economici e
militari alle problematiche dell’autonomia proletaria. In un famoso poster
degli IWW all’inizio del secolo, storica organizzazione sindacale
rivoluzionaria presente in America, soprattutto negli USA, si vedevano vari
politici che guardavano le stelle con al braccio robusti libri (socialisti,
repubblicani, liberali, anarchici) e un operaio con scritto sulla tuta le
iniziali IWW gridava, ORGANAISE!, indicando una fabbrica.
I
tentativi in Italia di superare l’ideologismo di un simile dibattito, si sono
concretizzati nelle formazioni più radicali nate dai comportamenti autonomi
negli anni 70.
La
stessa rinascita del movimento anarchico “specifico” in Italia negli anni 70
si deve rintracciare nel dispiegarsi delle lotte autonome di determinati strati
di classe “Il ciclo di lotte dal 68 in poi aveva portato all’interno di una
situazione a capitalismo maturo nuovi comportamenti nuove esigenze nelle lotte;
l’organizzazione dal basso (collettivi, assemblee, comitati di base) e le
tendenza ad unire tutti i bisogni proletari, non solo di tipo immediatamente
economico, ma per una trasformazione della qualità della vita e per una pratica
diretta di potere collettivo.
Queste
lotte si esprimevano in un attacco diretto all’autoritarismo, a tutte le forme
di gerarchia e di repressione, una tendenza a superare tutte le barriere e le
divisioni imposte dal capitale, allargando la discussione, la critica, la
contestazione oltre al rifiuto del lavoro salariato a tutto il quotidiano,
inteso come insieme dei momenti della vita e dei rapporti sociali nei luoghi di
produzione, nella scuola, nella famiglia, nel tempo “libero”, fino alle
lotte contro le carceri, l’istituzione militare, psichiatrica, ecc…
All’interno
di queste lotte esisteva una reale pratica libertaria; una pratica diretta,
quotidiana di comunismo”, Per la tendenza comunista libertaria, Comunismo
Libertario, n.3 1979
Non
esiste quindi a priori una purezza del piano delle idee, sia nel campo comunista
che anarchico, ma uno svilupparsi e contaminarsi indirettamente o direttamente
in precise condizioni storiche.
L’unico
spartiacque che possiamo utilizzare per valutare le correnti politiche, il loro
portato storico, è quello della loro azione rispetto all’autonomia
proletaria, al loro favorire il processo di liberazione del proletariato.
In
questo modo si può osservare come la corrente rivoluzionaria ha attraversato
movimenti “idealmente” lontani tra di loro.
Di
conseguenza abbiamo avuto anarchici in Spagna che sono divenuti ministri,
durante la guerra civile, “Al mantenimento dei meccanismi dello Stato ed alla
politica di ostruzionismo verso le realizzazioni rivoluzionarie, tanto sul
fronte che nella retroguardia, si aggiunse il rinforzamento della politica della
borghesia da parte della Santa Alleanza dei membri dell’UGT (sindacato
socialista ndr), degli stalinisti e della direzione della CNT-FAI (sindacato e
organizzazione politica anarchica ndr).”[5]
Vi
sono state organizzazioni autodefinitesi comuniste che si sono battute per
l’autonomia operaia antistatale in Germania negli anni 20°, desiderose di
rompere con lo schema legato alla socialdemocrazia. “la rivoluzione esige che
il proletariato prenda nelle sue mani le grandi questioni della ricostruzione
sociale, le più difficili decisioni; che il proletariato entri al completo nel
movimento creativo. E ciò è impossibile se innanzitutto l’avanguardia, poi
masse sempre più larghe, non prendano le cose nelle loro mani, non si
considerano responsabili, non si mettono a studiare, a far propaganda, a
lottare, a tentare, a pensare, a osare, e ad agire sino in fondo. Ma tutto ciò
è difficile e faticoso; sino a che la classe operaia è portata a credere alla
possibilità di una strada più facile in cui altri agiscono al suo posto
conducendo l’agitazione da una tribuna altolocata, prendendo decisioni, dando
il segnale per l’azione, facendo leggi, fino ad allora essa esisterà e resterà
passiva sotto il peso della vecchia mentalità e delle vecchie debolezze”,
queste parole non sono di un anarchico ma di H.Gorter teorico della KAPD
(partito comunista operaio di Germania) una delle principali organizzazioni
comuniste in Germania nei primi anni 20, fautrice di un acceso
antiparlamentarismo e antisindacalismo a favore del potere dei consigli operai.
Abbiamo
avuto formazioni armate che si proclamavano marxiste leniniste negli anni 70, ma
nella loro azione e critica sviluppavano autonomia proletaria, partecipando in
modo diretto alla lotta di classe, e santoni dell’autonomia libertaria che
producevano solo burocrazie intellettuali. Nel 1970 H.Meinhof scriveva”Un
gruppo di compagni decide di agire, di svegliarsi dal letargo, di smetterla con
il radicalismo verbale, con le riunioni, le discussioni su una strategia che
perde sempre più significato […] Durante la crescita della guerriglia è
necessario liberarsi nel proprio intimo delle contaminazioni piccolo borghesi,
dello “Stato” che hai sotto la pelle, della competitività, e devi imparare
a farlo contemporaneamente allo sviluppo delle azioni della guerriglia,
orientandoti sugli obiettivi, subordinandoli alle condizioni di lotta. […] Non
esiste nella guerriglia una struttura che sostenga la leaderschip autoritaria,
anche perché l’autentica, cioè la libera crescità della fora produttiva
dell’individuo, è condizione unica perché la guerriglia urbana prenda
vigore”.
In
questo ultimi anni, vi è da parte di svariate aree politiche, compreso le
correnti apertamente reazionarie, il richiamo agli “ideali” e alla
fraseologia libertaria, ma in una simile ubriacatura, più che una ripresa di
comportamenti autonomi e di una pratica libertaria vediamo un ritorno delle
merda Politica che si concretizza nel genuflettersi alla Democrazia e nel
reazionario termine di Pace. E’ di moda utilizzare una terminologia
libertaria, ma ben avulsa da un qualsiasi contesto di classe, tale da rendere
alcune parole prive di senso compiuto. Cosa può voler dire, autonomia,
rivoluzione, per chi si pone il problema di conquistare l’evanescente
“società civile”… L’Argentina, in questo caso, con la rozzezza del suo
dibattito, presa delle armi da parte del proletariato, e realizzazione di nuovi
rapporti sociali, in un contesto metropolitano ci appare ben più interessante e
feconda di spunti. Che questo fenomeno non veda un “movimento dei movimenti”
ci fa piacere, e ben sperare in una estensione dei processi rivoluzionari in
atto.
Non
è particolarmente produttiva la classica opposizione fra marxismo ed un
anarchismo ossificato, dato che storicamente è interessante non un’identità
ideologica ma, da un lato, l’effettivo movimento del proletariato, e,
dall’altro, il maturare di una critica radicale allo sfruttamento ed al
potere, critica che può usare, senza vincoli di tipo religioso strumentazioni
teoriche di diverso tipo la cui utilità si valuta sulla base dello svilupparsi
di forme di autorganizzazione sociale e della loro autocomprensione collettiva.
Ogni
ideologia fissa e ingessa la crescita teorica del movimento proletario, ma al
tempo stesso ne è prodotto storico, ora l’ambivalenza del proletariato,
produttore di capitale e negatore dello stesso nella lotta, si rispecchia anche
nel rapporto con la teoria rivoluzionaria.
La
questione dello Stato, del parlamentarismo, del sindacalismo, sul potere
proletario, del rapporto tra lotta economica e politica, la questione militare,
ecc a visto il movimento proletario diviso, in molte fasi storiche, tra chi
rompeva il presente e tra chi non riusciva a sognarne uno diverso. Questa
divisione, che si rispecchiava anche nella suddivisione in partiti e sindacati
differenti, in comportamenti e bisogni di classe tra loro contrapposti o non
assimilabili facilmente, vedeva modificarsi di volta in volta il modello
d’azione proletaria. Possiamo riassumere citando un marxista ortodosso quale
P.Mattick nella sua considerazione sulla Comune di Parigi nel testo Consigli e
Partito: “Benchè senza speranza, la lotta conteneva una lezione, nel senso
che additava la necessità di una dittatura proletaria per spezzare il potere
dello Stato borghese. Ma ciò non fa della Comune, come pretese Lenin, un
modello per la costruzione di uno Stato comunista, E in ogni caso non uno Stato,
ma una società comunista il proletariato deve costruire. Il suo obiettivo reale
non è questo o quello Stato –federalistico o centralistico, democratico o
dittatoriale- ma l’abolizione dello Stato e una società senza classi”. La
classe si organizza non in base a idee preconcette ma a determinati interessi da
difendere, le forme, sono mutate dai rapporti sociali, e quindi dal rapporto di
forza che esiste tra capitale e
proletariato, se si esclude questo non bisogna quindi stupirsi di vedere
strutture autogestite autoritarie, così come organizzazioni centralizzate dove
esiste una pratica libertaria.
Ci
teniamo quindi il doppio insulto-complimento di anarchici e comunisti, reputando
interessante la capacità di maturazione di una critica radicale
all’esistente, non difendendo il passato, ma trasformandolo: “Il
nostro compito è politico solo fino al momento in cui esso si compie con la
distruzione del potere politico. Il principale compito dei comunisti non è di
raccogliere gli altri. Essi si autorganizzano insieme agli altri mentre si
impegnano nei compiti che emergono dai loro stessi bisogni personali e sociali,
immediati e teorici.
Questo
è sfortunatamente espresso con una forma molto stentata. Ciò che vorrei
sottolineare è che il nostro obiettivo principale non può essere l’agire
sulla coscienza della gente in modo da cambiarla. C’è un’illusione nella
propaganda, sia essa fatta con scritti o azioni. Noi non convinciamo nessuno.
Noi possiamo solo esprimere ciò che sta andando avanti.
Non
possiamo creare un movimento nella società. Noi possiamo solo agire
all’interno del movimento al quale apparteniamo.”[6].
proletari
56
[1]
Spesso il movimento anarchico critica Marx recuperando teorie precedenti (ad
esempio Proudhn o Stirner) che, oltre ad essere storicamente liquidati,
comportano l’incapacità di sviluppare una critica “evoluta”
dell’elaborazione marxiana
[3]
Per Sinistra Comunista intendiamo le minoranze espulse o uscite dalla Terza
Internazionale, che si opposero al parlamentarismo al sindacalismo e al
concetto di socialismo in un paese solo, formalizzatesi in Germania, GB,
Bulgaria, Russia e in Italia
[4]
I consigli operai, cenni storici, www.autprol.org,
AAU-E organizzazione unitaria contro la divisione tra lotta politica e
economica, www.autprol.org
[5]
Camillo Berberi: tra la rivoluzione e la trincea, Edizioni Mayo 37
[6]
J.Barrot, Sull’uso della violenza, 1973, www.autprol.org