L’Arte
dell’organizzazione
La
migliore delle linee politiche può essere destinata all'insuccesso, se un
partito non dispone di un'organizzazione capace di applicarla e di realizzarla.
L'organizzazione non è fine a se stessa Essa deve essere lo strumento più
efficace per la realizzazione della politica del Partito, per la mobilitazione
delle larghe masse popolari, per il raggiungimento degli obiettivi che di volta
in volta il partito si pone. L'organizzazione non può e non dev'essere dunque
concepita come cosa a sè stante, ma come uno strumento politico. Nulla si può
realizzare, neppure la più semplice delle iniziative politiche se non per mezzo
dell'organizzazione.
Impossibile perciò fare una netta distinzione tra politica e organizzazione.
Non si può ad esempio ritenere che vi possa essere una situazione od una
località ove politicamente si va bene, se in quella località o situazione le
cose vanno male organizzativamente.
Così non può essere un buon organizzatore il semplice praticista, il tecnico,
lo specialista che non si interessa di politica. e che non unisce
costantemente al lavoro pratico, organizzativo, lo studio. La pratica costante
giova molto, ed è vero che l'uomo pratico acquista materialmente le cognizioni
di un determinato numero di soluzioni e sa trovare il rimedio a molti
difetti ordinari di una organizzazione. Però se quest'uomo non sa elevarsi sino
a trovare il nesso, il legame della politica con l'organizzazione, sino a
comprendere quali sono le esigenze di una determinata linea politica e gli
obbiettivi che essa si propone, egli saprà regolarsi in condizioni uguali a
quelle di cui ha già esperienza, ma non saprà regolarsi nei casi dissimili e
cioè nelle infinite circostanze di situazioni e di condizioni, nelle diverse
fasi di sviluppo della vita di un partito.
Concepita l'organizzazione come lo strumento della politica è evidente che non
vi sono e non possono esserci criteri e metodi organizzativi fissi. Questi si
modificano col modificarsi delle necessità politiche, dei compiti e degli
obiettivi che di volta in volta il partito si pone. Criteri d'organizzazione
senza principi dunque? No. L'organizzazione di un partito come quella di un
esercito, di un'azienda industriale, o di un istituto scientifico risponde
sempre a determinati principi direttivi che sono in funzione della natura, del
carattere di quel partito o di quell'aggregato qualsiasi tenuto assieme ed
operante per mezzo di quella data organizzazione.
Ma i principi per quanto frutto di esperienze pratiche, di lavoro e di lotte
nelle condizioni le più diverse, per quanto frutto di stùdio e di ricerche,
non possono essere, specialmente nel campo organizzativo che un orientamento,
una guida, e soprattutto non devono essere considerati fissi, immutabili.
Lavorare con un piano è utile e necessario, lavorare con metodo è
indispensabile, ma lavorare schematicamente è oltremodo dannoso specie sul
terreno della organizzazione. Sistemi ottimi ieri, possono essere del tutto
nocivi oggi. Criteri e sistemi d 'organizzazione buoni per un partito possono
essere nocivi se adattati ad un altro partito o per la natura e composizione
sociale diversa o per i compiti diversi che questo partito si pone a differenza
dell'altro o per le diverse condizioni del paese nel quale operano i due partiti
in questione. Non c'è dubbio ad esempio che i criteri organizzativi del Partito
bolscevico dell'Unione Sovietica, del paese del socialismo, non possono essere
schemati-camente trapiantati in un partito di un paese dove i rapporti di
produzione siano ancora dei rapporti capitalisti. Il partito comunista in Italia
è passato, nel corso dei 25 anni della sua vita, attraverso situazioni
profondamente diverse. Il fatto che malgrado la feroce reazione e la spietata
persecuzione esso si sia costantemente sviluppato e sia diventato uno dei più
forti, se non il più forte partito italiano, lo si deve innanzi tutto alla sua
giusta linea politica, all'essere rimasto costantemente fedele, nelle situazioni
più difficili, alla causa dei lavoratori e del popolo italiano. Ma la sua
capacità di resistenza, di ripresa e di sviluppo è dovuta anche alla forza
della sua organizzazione, all'aver saputo modificare col modificare della
situazione, non solo la sua linea politica, ma anche i suoi criteri di
organizzazione.
Saper adattare le forme ed i criteri d'organizzazione alla situazione concreta,
in modo da prestare il meno possibile il fianco al nemico, in modo da sferrargli
i colpi più possenti con le minori perdite da parte nostra, questo è ciò che
ha saputo fare il nostro partito.
Quante volte abbiamo mutato i nostri criteri e le nostre forme d'organizzazione?
Non è qui il caso di enumerarle. Certo è che i nostri criteri, i nostri
principi d'organizzazione nel 1924 non erano quelli del 1921, e quelli del
1927-1930 non erano quelli del 1924 e così via. Metodi, criteri e forme
d'organizzazione del periodo della guerra partigiana non sono e non potrebbero
essere quelli di oggi.
Talvolta il ritardo nel modificare metodi e criteri d'organizzazione fu
duramente pagato dal partito. Le tendenze conservatrici ed i ritardi nelle
innovazioni in un'organizzazione industriale si pagano con spreco di energie, di
denaro, con la sconfitta nei con-fronti della concorrenza e con un ritardo nello
sviluppo della tecnica. In un'organizzazione politica od in un esercito questi
ritardi si pagano a prezzo di sofferenze e di sangue e con la perdita sia pure
transitoria della influenza, il che in certe condizioni può decidere di una
battaglia, del successo o dell'insuccesso di una linea politica.
la superiorità politica ed organizzativa del Partito comunista nei confronti
degli altri partiti antifascisti si rivelò apertamente agli occhi di tutti,
specialmente nel periodo della guerra di liberazione nazionale. Forte
dell'esperienza di lavoro e di lotta accumulata durante vent'anni di illegalità,
il Partito comunista, più inten-samente e largamente di ogni altro, seppe
condurre la guerra contro i tedeschi ed i fascisti col minor numero di perdite.
I partiti che da vent'anni avevano rinunciato, o quasi, a qualsiasi attività in
Italia, privi di una seria esperienza, di lavoro organizzativo e cospirativo,
non erano in grado di fare un passo senza cadere nella rete del nemico, non
erano in grado di sferrare un colpo senza offrire una larga superficie
vulnerabile alla reazione nemica.
Nessuno può contestare al Partito comunista italiano d'aver partecipato alla
guerra di liberazione col più gran numero di combattenti, di partigiani e di
gappisti, tutta l'organizzazione di partito è stata per diciotto mesi
mobilitata sul piano della lotta armata.
Eppure le nostre perdite in rapporto a quelle di altri partiti sono state
relativamente assai minori.
Durante i diciotto mesi il centro del partito ed il Comando generale delle
Brigate d'Assalto Garibaldi furono continuamente (senza interruzioni) collegati
con i triumvirati insurrezionali, con i comitati fede-rali, con i Comandi
militari di regione e di zona e con i Comandi operativi delle Brigate Garibaldi
e del Corpo Volontari della Libertà. Questi collegamenti erano tenuti da
corrieri, da staffette, da ufficiali di collegamento, uomini e donne, giovani e
anziani i quali tra-sportavano stampati, giornali, ordini, direttive, armi,
munizioni e materiale diverso. Tonnellate e tonnellate di merce furono
trasportate durante i diciotto mesi. Tutti questi collegamenti facevano capo a
dei centri regionali e da questi alla direzione del Nord a Milano. E mai una
sola volta i nostri centri regionali politici e militari e la nostra direzione a
Milano furono colpiti in punti vitali dal nemico. Non solo, ma le nostre bande
divennero ben presto brigate, si trasformarono in divisioni, raggiunsero e
superarono di molto i centomila combattenti. E l'organizzazione di partito passò
da cinquemila iscritti nel luglio 1943 a circa centomila al momento
dell'insurrezione. Tutto questo lavoro fu possibile grazie alla dedizione,
all'abnegazione, allo spirito di sacrificio di centinaia e centinaia di
compagni, ma grazie anche alle esperienze, alle capacità organizzative
acquisite in lunghi anni di lotta, grazie soprattutto alla giustezza della linea
politica del Partito ma grazie anche alla cura di ogni dettaglio del nostro
lavoro organizzativo.
Il
conservatorismo è nocivo ad un'organizzazione come la ruggine in un
ingranaggio. Ma non si devono neppure introdurre importanti innovazioni
nell'organizzazione con facile leggerezza. L'organizzazione non è un
passatempo, un divertimento consistente nel mutar di posto a delle pedine, non
è un giuoco e neppure. un campo sperimentale. L'organizzazione è un mezzo, uno
strumento serio inteso a raggiungere uno scopo serio.
Non bisogna mai lasciarsi andare a delle improvvisazioni e prima di decidersi a
delle radicali riforme nel campo dell'organizzazione non basta constatare che il
vecchio criterio, il vecchio sistema non risponde più alle esigenze, ma occorre
studiare ed in certo qual modo assicurarsi che il nuovo che si vuoi introdurre
sia non solo un poco migliore, ma sia tanto migliore da rispon-dere ai risultati
politici che vogliono ottenere e da compensare il danno che la spezzata
tradizione neces-sariamente apporterà.
Quando nel 1924 noi abbandonammo il principio d'organizzazione su base
territoriale per applicare quel sul a base del luogo di produzione
(cellule di fabbrica), sapevamo che il danno che poteva derivare dalla rottura
della tradizione, dell'abitudine dei compagni a riunirsi tutti assieme nella
sezione, sarebbe stato largamente compensato dallo sviluppo del partito,
dall'aumento della sua influenza e delle sue ramifica-zioni nelle fabbriche. Il
partito di massa dei lavoratori, il partito della classe operaia, doveva trovare
un sistema d'organizzazione capillare che gli permettesse di toccare, collegare,
unire ed' attivizzare il numero più grande di lavoratori, che desse la
possibilità all'avanguardia della classe operaia di assolvere alla sua funzione
dirigente.
Il sistema d'organizzazione sulla base delle cellule di fabbrica aveva già al
suo attivo una grande, positiva esperienza: quella del partito bolscevico, la
cui politica era stata coronata dal più grande successo storico.
Troppo
facile sarebbe, quando un criterio organizzativo si dimostra insufficiente,
deficiente o superato adottarne un altro qualsiasi; magari l'opposto. Vi fu ad
esempio un periodo nella vita illegale del partito in cui si costatò che il
massimo accentramento facilitava e rendeva assai più gravi i colpi della
polizia. Il criterio d'organizzazione con funzionamento collettivo (i comitati)
centralizzato (collegamento di tutte le cellule in settori e dei settori nel
comitato federale) per mezzo di riunioni regolari dei diversi organismi, faceva
sì che quando la polizia riusciva ad afferrare un anello della catena, per
mezzo del pedinamento, della provocazione e della tortura, più d'una volta
riusciva ad impossessarsi di tutta o di parte notevole della catena. Per cui ad
un certo momento si ritenne necessario passare al criterio del massimo
decentramento. Non più riunioni collettive, ma legame indi-viduale, non più
collegamenti di cellule in settori, ecc., ma tanti nuclei viventi nella stessa
città o zona, l'uno indipendentemente dall'altro, non più comitati, ma
individui responsabili.
L'applicazione di questo criterio nella sua forma più estrema, rivelò ben
presto nella pratica dei difetti altrettanto gravi quanto i danni che prima ci
arrecava la reazione poliziesca. Si marciava verso la polverizza-zione del
partito, verso la sua disintegrazione in tante piccole unità indipendenti l'una
dall'altra Dalla mancanza di unità organizzativa., dalla mancanza di vita
collettiva, dalla mancanza di discussione si sarebbe potuto passo passo arrivare
alla mancanza di unità di direzione, alla mancanza di vitalità politica.
L'esperienza dimostrò che la giusta soluzione del problema non stava
nell'adottare semplicisticamente un criterio d'organizzazione opposto, ma
piuttosto nel conciliare le esigenze di un'organizzazione unitaria centralizzata
e funzionante collettivamente, con le esigenze di carattere cospirativo. Si
trattava cioè di trovare un equilibrio, la giusta misura.
Oggi che il Partito comunista è diventato e sta di-ventando sempre più il
partito nuovo, il partito del popolo italiano, il partito che organizza che
accoglie non solo una ristretta avanguardia della classe operaia, ma strati
sempre più larghi di lavoratori, di contadini e di intellettuali, oggi che al
partito si pongono compiti nuovi, compiti di governo e di direzione di
istituzioni pubbliche nelle provincie e nei comuni, il funzionamento della
sezione acquista un'importanza che nel passato non aveva. Ma sarebbe un errore
ritenere che la soluzione stia nell'abbandonare il sistema d'orga-nizzazione
sulla base di cellula d'officina e di strada. Intanto le stesse cellule di
fabbrica e di strada sono diventate degli organismi i cui iscritti superano di
molto quelli delle vecchie sezioni socialiste del 1919-1920. In secondo luogo il
sistema di organizzazione per cellule non solo garantisce al partito i più
larghi contatti con le masse. lavoratrici, ma permette la partecipazione del
numero più grande di compagni alla vita ed all'attività del partito. Quanti
giovani elementi che passerebbero inosservati in una grande assemblea di
sezione, si rivelano nelle cellule come elementi capaci di sviluppo e di
assolvere a funzioni di direzione politica.
Tuttavia la situazione di oggi, il carattere odierno del partito, gli obiettivi
che stanno davanti a noi rendono necessaria, specie nei villaggi, anche la vita
di sezione. E in quei comuni ove erano sorte quattro, cinque sezioni (una per
frazione) già si è sentita la necessità di raggrupparle, di ridurne il
numero, di coordinare la loro attività. Perché i problemi del comune, siano
essi problemi amministrativi, politici, di ricostruzione o culturali non possono
essere risolti
che in forma organica e tenendo conto delle esigenze. di tutto il comune.
Di qui la necessità per il partito di adottare criteri e forme d'organizzazione
diverse e multiple.
La
cura dell'uomo è l'elemento essenziale nell'arte dell'organizzazione. Un
partito è fatto di uomini e bisogna prendere gli uomini come sono. Bisogna
cercare bensì di migliorarli e di educarli, di dare ciò che ad essi manca, ma
frattanto è necessario lavorare.
Un organizzatore politico non dev'essere solo un uomo dotato di facoltà di
osservazione e di analisi, capace di scorgere, abbracciare e coordinare i
dettagli, deve non solo possedere energia, dinamicità, resistenza al lavoro, ma
deve possedere quella conoscenza, quella capacità di comprensione dell'elemento
umano del quale è composta un'organizzazione.. L'organizzatore politico deve
possedere queste qualità in misura maggiore che non l'organizzatore industriale
il quale esercita la sua funzione solo in parte su cose vive. L'organizzatore
politico non esercita la. sua volontà su delle macchine, su della materia
inerte o su degli uomini che assolvono ad una funzione meramente meccanica ed in
certo senso passiva ma lavora invece con degli uomini che agiscono e reagiscono
in piena coscienza
Saper scoprire le qualità che esistono in ogni individuo, saper ben utilizzare
queste qualità, studiare i pregi e le insufficienze di ogni compagno, saper
collocare ognuno al posto che meglio risponde alle sue attitudini, questo è uno
dei compiti fondamentali dell'organizzatore.
E' un luogo comune l'affermazione che noi dobbiamo badare esclusivamente
all'interesse del partito, prescindendo da quelle che possono essere le
inclinazioni individuali. E' questo un criterio d'organizzazione del tutto
errato che dà risultati negativi in qualsiasi campo dell'attività umana.
L'uomo rende quanto più il lavoro che esso compie risponde. non solo
all'obiettivo supremo per il quale esso agisce e lotta (che può essere
obiettivo politico, scientifico, o di produzione) ma anche in quanto quel lavoro
soddisfa le sue attitudini e la sua inclinazione ad una particolare attività'.
Questo principio organizzativo. vale anche per i comunisti. Perchè se è vero
che i comunisti subordinano alla causa, per cui lottano ogni vanità, ogni
soddisfazione, ogni ambizione personale è anche vero che i comunisti sono
uomini normali come tutti gli altri uomini, molti di essi temprati dalla lotta e
dal sacrificio, ma pur sempre uomini con le stesse esigenze, con gli stessi
difetti e le stesse qualità degli altri uomini.
La formazione e lo sviluppo dei quadri è il compito fondamentale di
un'organizzazione, l'utilizzazione di tutte le forze di cui il partito dispone,
saper aumentare giorno per giorno queste forze ed il loro rendimento, riuscire
ad indurre ogni compagno a migliorarsi quotidianamente e ad impegnare tutta la
sua volontà tutte le sue energie fisiche ed intellettuali nell'interesse del
partito, nella realizzazione della linea politica del partito: in questo
consiste essenzialmente l'arte dell'organizzazione.
PIETRO
SECCHIA-1946