note in merito all'uscita del libro "Karl Marx" di Maximilian Rubel
C'è
un grande assente nel dibattito attuale, solitamente più utilizzato in veste
iconografica o attraverso il filtro variegato degli autori, ortodossi o supposti
tali, eretici o supposti tali, che a lui, in un modo o nell'altro, si sono
rifatti…
Il
grande assente, ovviamente è Marx, Karl Marx.
C'è
inoltre una scarsa conoscenza dell'uso che le correnti rivoluzionarie del
movimento operaio ne hanno fatto, opponendosi alle menzogne
stalino-socialdemocratiche di questi ultimi cinquant'anni, mentre è
sovrabbondante l’offerta della
pletora di marxismi che non hanno mai fatto veramente i conti con il riformismo
e le sue profonde radici storico-sociali.
Il
processo di reciproca influenza e il lavoro comune portato avanti da i
raggruppamenti che negli anni ’50 e ’60 si sono rifatti a Marx,
all’anarchismo di classe e al sindacalismo di azione diretta, e che hanno
fecondato queste correnti con il prodotto migliore della ricerca scientifica del
tempo, non solo sociologica e umanistico-letteraria, ma delle scienze naturali,
è ancora da scrivere.
Il
portato dell’avanguardie artistiche, i risultati della ricerca sociale e il
contributo delle rivoluzioni scientifiche, sono aspetti con cui, quel ristretto,
ma fecondo, laboratorio di orientazione rivoluzionaria degli anni ’50 e ’60,
ha dialogato dal punto di vista della critica radicale dell’esistente,
naturalmente messo ai margini e poi in parte stravolto e recuperato dalla
cultura di sinistra ufficiale e delle sue burocrazie dissidenti.
La dissoluzione della burocrazia partitocratrica PCista, la momentanea scomparsa dell'attenzione per questo autore da parte dei movimenti sociali e delle loro espressioni politiche che negli ultimi anni hanno preso forma, la scarsissima attenzione pubblicistica riservatagli, hanno fatto sì che le sue tracce siano state perse negli scafali impolverati di qualche biblioteca e nelle ceste di libri a metà prezzo delle bancarelle.
Tra tanti anniversari, riscoperte e renaissances…S’è riproposto e ripubblicato molto, tranne forse l’essenziale.
Una serie di fattori, tra cui quelli elencati, hanno fatto si che la critica erosiva dei topi fosse meno incisiva dell'oblio o della rimozione, della scarsa curiosità intellettuale e talvolta, della inabitudine all'ossigenazione celebrale, costante storica dei tanti pourparlers, tromboni e leaderini della miseria del riformismo quotidiano in salsa movimentista, e purtroppo di tanti più validi e onesti compagni impegnati nell’attività militante.
Eppur,
come dice l'adagio, si muove… Qualcosa che non è solo il carrozzone della
politica mediatica, del cieco attivismo sociale, dell'attenzione alle mode
intellettuali del momento che hanno vita breve, come i ritornelli degli allegri tormentoni estivi trasmessi
dalle radio e i colori sgargianti della moda pret-à-porter per la
primavera-estate.
Un
interesse sincero, una voglia di conoscere e di confrontasi, la vitalità di
quella sana pazzia chiamata passione rivoluzionaria sta germogliando a causa, e
sullo sfondo, di questa crisi montante del sistema di produzione capitalistico.
La talpa, che non hai mai smesso di scavare, fa mancare terreno da sotto i piedi
agli apologeti del presente, e a chi, con mille difficoltà, cerca di puntellare
l’attuale ordine sociale.
Robin
Good-fellow ha il volto dei generosi combattenti di strada in Argentina, dei
lavoratori delle centrali elettriche in Corea, dei proletari del Nord-est della
Cina, di quegli anonimi “dannati della terra” che prima di capodanno,
scappati da un centro di accoglienza per immigrati in Francia, hanno sfondato le
transenne, cercando di percorrere il tunnel sotto la manica e perché no, il
volto di un giovane operaio metalmeccanico - non si arrabbino i chimici – in
Italia che si chiami Giorgio o Mohamed, Yuri o Carlos, Cristina o Olga,
Concetta…
Si
abbozza qui una scarna presentazione dell'opera recentemente tradotta e
arricchita dal Centro di Iniziativa Politica Luca Rossi e edita dalla Colibrì
libri di Maximilian Rubel, che è una saggio di biografia intellettuale
dell'autore del Capitale. Senza pretese di completezza in un work in progress
che continua con le presentazioni delle varie città e con tutte le
manifestazioni del cervello sociale ad essa legate, ed in generale al
sogno-bisogno pratico di comunismo.
Maximilian
Rubel è stato un militante rivoluzionario a cui durante il secondo conflitto
bellico mondiale e specificatamente durante l'occupazione dell'esercito del
Reich in Francia a Parigi fu chiesto di tradurre un volantino in tedesco…Qui
comincia, più o meno, la sua avventura rivoluzionaria, sbocco della sua
progressiva radicalizzazione politica. M.R. interpretò il conflitto in corso
come scontro tra due blocchi imperialisti e agì, insieme ai suoi compagni del
GRP, per una coerente politica disfattista rivoluzionaria, per la
fraternizzazione delle truppe degli eserciti "occupanti" con i
proletari dei paesi “occupati” contro il nemico comune: l’infame
borghesia, le sue istituzioni e i suoi terminali di potere.
Quest’impostazione
che maturò già prima del conflitto bellico mondiale all’interno delle
minoranze di sinistra della seconda internazionale è una invariante dei
comunisti di fronte ad ogni conflitto che non sia quello tra le classi…
Nel
caso contrario ci si lega mani e piedi alle sorti della propria vigliacca
borghesia nazionale ed alla coalizione imperialistica di cui fa parte.
Il
milieu politico al quale si avvicinava è composto da esuli politici di diverse
origini: Ungheria, Svizzera, Germania, Indocina, tra gli altri, di militanti
rivoluzionari francesi passati attraverso l'esperienza dell’ occupazione delle
fabbriche del '36 e dei conflitti operai successivi al Fronte Popolare, e che
hanno vissuto direttamente o indirettamente la rivoluzione in Spagna. Compagni
di differente estrazione politica, ma sostanzialmente affini nel ritenere
contro-rivoluzionario il corso dell'esperienza storica della Russia
post-rivoluzionaria e irrimediabilmente compromessa in tal senso come
esperienza, cioè impossibilitata ad un cambiamento di rotta attraverso il solo
cambiamento della direzione politica, ma drammaticamente necessitante di una
rivoluzione sociale.
Proprio
la necessità di una analisi approfondita dell’URSS e i suoi risultati, come
il comportamento criminale dei partiti comunisti ovunque nel corso della fine
degli anni venti e degli anni trenta dalla Cina, alla Spagna, passando per l’Indocina
e le altre colonie europee, faranno maturare a questi compagni un distacco dalle
tesi di Trotzcky e dai tergiversamenti tattici dei discepoli del profeta.
Questi
compagni in Francia, sono parte integrante delle minoranze che hanno agito tra
il fuoco della contro-rivoluzione democratica delle lotte di liberazione
nazionale e lo spirito di difesa patriottica contro i “demoni” della potenza
dell’asse e il fuoco degli eserciti dei occupazione. Sono parte di
quell’arco di forze del “Terzo Campo”, cioè di quei raggruppamenti di
rivoluzionari che, trovandosi ad operare in clandestinità o semi-clandestinità,
con scarsi contatti e possibilità di comunicazione con l’estero, hanno
mantenuto una chiara posizione internazionalista e di classe, intervenendo nella
propria realtà con questi contenuti: a Detroit nelle fabbriche
automobilistiche, come la minoranza del WP durante gli scioperi selvaggi nel
periodo bellico, nei bacini minerari del Belgio come A.Leòn e il suo gruppo,
sotto l’occupazione nazista anche con un bollettino in lingua tedesca Arbaiten
und Soldaten, ad Atene durante gli assalti ai depositi di viveri come L’UCI di
Aghis Stinas.
Forte
era la convinzione che si sarebbe potuta riprodurre una situazione simile alla
prima guerra mondiale, per il movimento sociale, e nella notte dell’umanità
ogni fuoco di rivolta, ogni bagliore di risveglio proletario sembrava annunciare
un nuovo assalto al cielo, la fine dell’epoca contro-rivoluzionaria e l’alba
che avrebbe cancellato la mezzanotte del secolo.
M.R.
partecipa, dopo la guerra, dopo la metà degli anni cinquanta, attivamente, al
lavoro che le minoranze rivoluzionarie in Francia sviluppano durante gli anni
quaranta e cinquanta. Quest’ attività comprende, e non si riduce a, il
bilancio e la ricerca storica sulle correnti rivoluzionarie del movimento
operaio, e una adeguata elaborazione teorica che sgomberi il campo dalle
menzogne staliniste, cioè della trasformazione dell'opera e della vita di Marx
nell'ideologia ufficiale del capitalismo di stato sovietico: pensiero
“disarmato” e istituzionalizzato ad uso e consumo della propaganda dei vari
PC nazionali.
Quest’opera
filologica iniziata con la pubblicazione delle Pages e proseguita con la Bibliografie,
e con continui interventi e traduzioni che ne segano il passo culmina nell’Essai.
Un ritorno a Marx, un rischiaramento del suo pensiero, un approccio filologico e scientifico alla sua vita e alla sua opera, tentato da qualche isolato pioniere dopo lo sforzo di Kautzky ed Engels successivo alla morte di Marx di cui tra l’altro Rubel fornisce un notevole sforzo di messa a punto.
Non si trattava allora, all’inizio dell’impresa Rubeliana, come oggi, di una battaglia di tipo accademico sull'interpretazione di un pensatore tedesco della seconda metà dell'ottocento, ma di una battaglia politica, non immune da alcune forzature in questo senso, condotta da un lato con un rigore scientifico nell'approccio filologico e documentario all'opera e alla vita di K.Marx e dall'altro con la medesima passione rivoluzionaria, la stessa partecipazione e lo spirito di parte dell'autore del Capitale.
Il
Saggio di una biografia intellettuale è da collocarsi in questa prospettiva che
sta nel tentativo di utilizzazione attiva della concezione materialistica
della storia, applicata allo studio di Marx stesso e del suo tempo.
Questo
tipo di approccio dovrebbe aiutarci nella comprensione dei limiti della visione
di Marx stesso, nella franchezza del confronto con i rivoluzionari di ogni
tempo, che è l’unico atteggiamento possibile e dovuto se si vuole
continuare la critica radicale dell’esistente e dare dignità a questa
“comunità degli affetti” a cui ci sentiamo particolarmente legati: i
rivoluzionari di ogni tempo e luogo.
Una
utile digressione.
Nel
corso della presentazione del Libro a Torino, in Febbraio, sono emersi per
esempio i limiti della valutazione marxiana dell’esperienza luddista ed il
peso che il Cartismo “seconda fase” ha avuto in Marx nella valutazione
sostanzialmente negativa di questo movimento contro il sistema della manifattura
rurale. Tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni settanta,
l’interesse della storiografia militante per questa esperienza di lotta e
organizzazione dei proletari, e dei proletarizzandi, Inglesi agli albori della
rivoluzione industriale, influenzata dalla pratica operaia del sabotaggio e
dalla valorizzazione del suo contenuto positivo - come forma di lotta nel
processo di emancipazione dell’umanità - è servita a ricollocare il rapporto
uomo-macchina e il macchinismo in una corretta prospettiva di classe. Questa
giusta angolatura ci può aiutare meglio a comprendere appieno il significato
dialettico della contraddizione tra forze produttive e forme di produzione per
lo sviluppo del processo rivoluzionario.
Va
problematizzato l’atteggiamento tenuto da Marx nei confronti del
Lumpen-proletaraiat, considerato in blocco massa di sradicati al soldo della
reazione, una specie di sotto-classe che si poteva solo contrapporre
opportunisticamente al progetto di emancipazione della classe lavoratrice.
Questa visione è stata una forzatura tutta interna ad una logica militante, nel
dibattito sulla natura del processo storico, le sue dinamiche e i suoi attori
nel milieu rivoluzionario dell’epoca, Che polemizzasse contro le tesi
blanquiste, il pugno di cospiratori che fa la rivoluzione senza la minima
cognizione di cos’è un processo storico moderno, o contro le proposte di
Weitling, l’esercito dei lumpen che è tout court la colonna vertebrale
dell’esercito rivoluzionario, senza considerazione sullo stato del ciclo
economico e il comportamento del proletariato. l’ assolutizzazione di
questo atteggiamento non coglie la compenetrazione e la reciproca contaminazione
tra proletari e Lumpen nelle lotte più radicali, di cui le esperienze nella
Parigi di inizio secolo, della Spagna rivoluzionaria, si pensi alla Colonna di
Ferro e dell’Italia, e degli USA negli anni settanta sono solo alcuni esempi.
Tornado
a Rubel, nel suo Saggio c’è uno studio analitico del contesto storico, delle
influenze ed dell'ambiente politico culturale, come del peso giocato all'interno
del movimento operaio come pubblicista dell’autore del Capitale.
Non
c’è un Marx super-partes nella sua torre d’avorio che fabbrica le pentole
per i cuochi dell’avvenire, ma un autore che si fa le ossa nella sinistra
hegeliana e nella pubblicistica inglese, francese, tedesca dell’epoca, che
legge gli autori socialisti e divora opere scientifiche e di economia politica e
con loro si confronta da Flora Tristan, a Saint-Simon, da Fourier a Proudhomme,
come Smith, Riccardo, Say, ecc.
Un
autore che impara il russo per studiare lo sviluppo della Russia e a cui
dedicherà 10 anni studi…
Un
uomo che si impegna senza indugi nell’attività militante cercando di portare
a termine progetti di lavoro e idee brillanti, dovendo fare i conti con un tetto
e una pagnotta da procurare a sé, a sua moglie e a i suoi figli, con processi
giudiziari e fogli di via, con una malattia al fegato, le cui conseguenze, egli
spera, debbano riverberarsi anche contro l’infame borghesia.
Un
autore, che rispondeva ad un suo corrispondente, che gli chiedeva quando
sarebbero state pubblicate le sue opere complete, rispose che prima, sarebbe
stato necessario scriverle complete.
Questa
comprensione della vita e dell’opera del Moro non ha una finalità in sé,
come erudizione, ma è all’interno del processo di chiarificazione del
pensiero di Marx, ha il preciso fine di trasformazione sociale, che fa della
strumentazione analitica e della propensione militante dell'autore della Critica
dell'Economia Politica un inestimabile contributo al movimento che abolisce lo
stato di cose presenti.
Il
Saggio, finito di scrivere nella metà degli anni cinquanta e fortemente
caratterizzato dal dibattito dell'epoca, ha alcune preoccupazioni di fondo,
ribadite continuamente nella trattazione, fino alla ridondanza, che portano
l’autore, discutibilmente, a enfatizzare alcuni aspetti di Marx e a
sottovalutarne altri.
La
continuità del progetto di critica pratica dell’esistente sin dal suo
fraterno abbraccio con il movimento rivoluzionario e con il comunismo, la
parziale incompiutezza di questo progetto delineato nelle sue linee di fondo, la
sua costante partecipazione a quel campo di pulsioni viscerali, che era
l’ambiente rivoluzionario dell’epoca, non sempre in sintonia, talvolta in
manifesta minoranza, ed in aspra polemica, con gli autori e le istanze più
rappresentative e maggioritarie, sono aspetti che emergono continuamente dal
testo.
L’auto-emancipazione del proletariato è un aspetto fecondo della peculiarità dell’apporto marxiano e non solo dell’epoca, scritto in calce, sugli statuti dell’Internazionale, e col sangue dell’insorgenze operaie dell’epoca moderna, come nella vita quotidiana di tutti i generosi militanti operai. Lo studio dei suoi passaggi storici dagli albori del movimento proletario è stato oggetto di studio di Rubel e dei suoi compagni, un tentativo impegnativo di ricostruzione storica dell’autonomia proletaria in parte riuscito, come lo studio sui consigli operai uscito a ridosso del Maggio francese. Il carattere genuino ed autonomo delle capacità politiche della classe operaia che asseconda e sedimenta il suo istinto sociale, il progetto di emancipazione umana che porta con sé il proletariato nel suo percorso di liberazione dalla schiavitù del capitale, cioè dall’alienazione del lavoro salariato, dalla reificazione dei rapporti sociali, dalla vigliacca e bastarda dimensione priva di senso della vita sotto il giogo del capitale, dalla infame borghesia e dalla sua cancrena poliziesca, è messo in luce da Rubel nel suo lavoro, in più di un passaggio.
Se
oggi i macigni del Marxismo made in USSR e i vari marxismi che, gratta
gratta, non hanno mai fatto davvero i conti in profondità con la storia di
questo secolo, appaiono un cumulo di macerie fumanti, le sue nefaste conseguenze
si fanno ancora sentire nel micro-mondo del movimento e si innestano su
quel tronco social-democratico a cui il felice potatore della storia, proprio
lui, il proletariato, non ha tagliato i rami.
È
chiaro che noi non ci accontentiamo di una potatina che permetta al
riformismo di crescere più rigoglioso, né di potenti colpi di accetta che
preannuncino il tonfo pesante del tronco, che sarebbe già una bella storia,
chiediamo che il proletariato neghi anche se stesso e che sradichi la
pianta, si renda autonomo dalla sopravvivenza asfittica del capitalismo…
I bersagli teorici dell’autore sono fortunatamente patrimonio solo di qualche nostalgico dell’intelligenza stalinista d’oltralpe e mentre il senso della provocazione di Rubel sembra perdere di mordente, rimane utile ad un confronto fatto non a colpi di sonore zampognate dei mazzieri staliniani e dei suoi emuli di movimento, né di scomuniche dei maitre-à-penser del produttivismo nazional-sciovinista degli adoratori di Baffone e dei vari baffoni, e buffoni, che la storia ci ha regalato, per rinnovare il culto della personalità e rinverdire lo spirito di idolatria verso i tanti messia del socialismo.
Per
Rubel, Marx è fondatore della sociologia moderna e il carattere di analisi
sociale, più volte rimarcato, si colloca per noi, a posteriori, all’interno
di quel dibattito, e di quelle intuizioni, con cui le minoranze rivoluzionarie
cercarono di fecondare la pratica dell’indagine dell’esperienza
proletaria per citare C.Lefort di Socialisme ou Barbarie e/o della Conricerca
per citare Danilo Montali, come le esperienze statunitensi di Correspondaces e
News and Letters.
Se
poi si non considera la storia del movimento rivoluzionario per compartimenti
stagni, ma una continua successione di incontri e di contaminazioni per
contagio, di confronti teorici e non di scontri ideologici, molte cose ci
appariranno meno strane del previsto.
La
propensione etica - a noi, che abbiamo letto poco o niente Kant e Kirkegaard
(scusate l’ignoranza) piace più il termine passione comunista, ad
altri tendenza comunista, e così via - che per Marx secondo Rubel é il
senso profondo dell'attività rivoluzionaria.
Centro
di Ricerca per l’Azione Comunista