Contro la concertazione

Per l’autonomia proletaria

 

Che l’Italia non sia scossa da grossi movimenti di lotta indipendenti rispetto alle burocrazie sindacali è evidente a tutti.  Crediamo sia inutile celebrare il “mitologico” sciopero generale, lo riteniamo necessario e utile, ma l’unità non deve essere quella fittizia del sindacato e delle organizzazioni politiche di sinistra, ma quella operaia nelle lotte e nella capacità di utilizzare la forza di classe.

Contarsi in piazza è importante, permette di socializzare e di veicolare l’esperienza, tuttavia non vuol dire aggredire l’organizzazione del lavoro e della società. E’ lo spettacolo della lotta, non la lotta stessa.

L’art. 18 viene preso a simbolo delle mobilitazioni di questo periodo, ma il sindacato nasconde con la difesa di questo articolo il 60% di lavoratori italiani che vogliono andare al di la dell’art 18, già precarizzati, con il bene placido del precedente governo di centro-sinistra e con il sindacato in appoggio. Già nel primo governo Berlusconi ci fu l’apologia del frontismo democratico, che demonizzava quel coglione di Silvio e permetteva alla sinistra e a Confindustria di far passare una riforma sulle pensioni che il forza italiota più famoso d’Italia non si sarebbe neppure sognato. Vi è dunque contro la classe un attacco che vede il padronato, lo Stato e le sue appendici parlamentari e democratiche, tesi ad ampliare il controllo del Capitale sui proletari e una maggiore intensificazione dello sfruttamento.

Crediamo che le mobilitazioni, pur imbrigliate dal sindacato, debbano andare ben oltre la difesa dell’art 18 e debbano essere la spia dell’inquietudine portata dal montare della precarizzazione sociale diffusa e della sempre maggiore pressione del comando del lavoro sul proletariato. E’ quindi importante riuscire a smarcarsi dal progetto neo-concertativo del sindacato e valorizzare, dove vi sono gli spazi, le manifestazioni di autonomia proletaria dentro la classe, cogliendone tutte le potenzialità e assumendo le contraddizioni che ogni lotta produce, dalle forme di sciopero selvaggio, al rifiuto del lavoro, alle occupazioni di casa e agli espropri.

Autonomia proletaria qui intesa come capacità di organizzazione diretta di classe, che si è manifestata in questi giorni nella lotta dei pulitori delle ferrovie in Italia, con picchetti, blocchi delle ferrovie, e scioperi non autorizzati.

Nella pacifica e grassa Bologna, il sindacato gestisce brillantemente ristrutturazioni e licenziamenti, chiama alla mobilitazione contro il terrorismo, muovendosi agevolmente, organizzando immediatamente scioperi e manifestazioni. Mai si era vista una simile capacità di mobilitazione nell’ultimo periodo se si confronta con quello che fanno di solito per la difesa della classe lavoratrice. Come sempre la morte di un operaio, ammazzato dal lavoro, in fabbrica o in cantiere, non fa notizia, mentre quando cade un economista improvvisamente gli operai vengono richiamati a difendersi dai “terroristi” nella difesa della democrazia...

Al tempo stesso si accentuano le manovre repressive contro le porzioni di lavoratori combattivi. La sinistra si fa garante dello Stato, della difesa incondizionata della democrazia, coprendo non troppo velatamente la repressione contro i proletari rivoluzionari. Già a Porto Alegre, si è visto questo siparietto, la sinistra che espelle l’estrema sinistra è il preludio della destra che distrugge la sinistra stessa. Non è un caso che i grossi sindacati burocratici a livello mondiale, siano ritornati a contare politicamente, e che siano la punta per colpire le esperienze radicali del movimento proletario.

E’ nell’utilizzo della democrazia, del rispetto delle norme di sciopero, della concertazione che si attacca e si distruggono le lotte che si muovono su chiari interessi di classe.

Non riteniamo che vi sia un’emergenza repressiva particolare, ma assistiamo ad una rinnovata articolazione di controllo e repressione da parte dello Stato e dei padroni.

Sappiamo bene che la repressione e il controllo colpiscono i lavoratori su tre livelli:

- livello contrattuale salariale con una massiccia presenza di precari, ricattabili, in ogni momento,

la nuova legge Bossi e Fini a scapito dei proletari immigrati,ed infine, come ultima soluzione,  il disagio economico dei proletari che si ribellano al carcere!

- livello legato all’organizzazione del lavoro, ossia la razionalizzazione e automazione del processo produttivo, che ingabbia ancora di più il lavoratore alla macchina.

- livello politico, che si manifesta nel licenziamento dei lavoratori combattivi, dei militanti politici, o nella criminalizzazione di gruppi o aree di compagni. Questo meccanismo si può sintetizzare nella frase “tutti coloro che si opporranno allo Stato democratico e al padronato saranno ritenuti in libertà provvisoria”.

Pensiamo sia importante rompere questo isolamento, in quanto non vi è molta differenza tra le attenzioni della polizia e del padrone nei confronti di un proletario che alza la testa stanco di subire il lavoro capitalista e un militante politico. Già  in altri numeri di ZI abbiamo parlato delle attenzioni che la polizia ci regala in fabbrica: si sono organizzati alcuni presidi davanti ad alcune fabbriche quando vi fu una presenza visibile della polizia nei reparti di lavoro.

La nostra risposta è stata quella di rinnovare il nostro impegno nello sviluppo del dibattito e del collegamento tra lavoratori per lo sviluppo dell’autonomia proletaria, senza fare nessuna concessione alle forze della sinistra istituzionale desiderose di riportare ogni probabile conflitto dentro le compatibilità capitaliste, negando insomma ogni spinta autonoma proveniente dalla classe

Le aree di sinistra dentro i sindacati sono più volte in prima linea nelle assemblee, nelle manifestazioni, pronte a chiedere una maggiore incisività nelle lotte, ma sono spesso incapaci di assumere un quadro di insieme tale da poter superare le suddivisioni sindacali e di categoria. Si sente il peso delle rispettive parrocchie partitiche, tanto da far apparire questi compagni come tanti generali senza esercito, che parlano come se la lotta di classe fosse un enorme tavolo di Risiko.

Lo sciopero generale del sindacalismo di base con la partecipazione al corteo di 100.000 persone non può essere valutata indipendentemente dalla scarsa visibilità territoriale di questo sciopero dentro le aziende. Vi è una rinnovata presenza militante all’interno dei posti di lavoro, ma troppo spesso è imbrigliata e incapace di valorizzare le lotte autonome, che in molti casi superano anche le vecchie organizzazioni presenti sul territorio, rincorrendo alla politica della tessera che genera solamente burocrati in erba.

Nell’attuale scenario gli spazi per lo sviluppo di una pratica autonoma di lotta è alquanto ristretta nei termini di visibilità politica, ma nello stesso tempo vi è una crescente divaricazione sociale che nella precarizzazione di massa trova un nuovo  bacino di proletari arrabbiati e portati a contrastare i processi capitalistici, non da illuminanti discorsi, ma dall’arroganza del capitale. Dentro questo processo i proletari dovranno trovare proprie forme di organizzazione, che rispondano ai loro reali interessi di classe, ampliando i margini di collegamento, d’inchiesta e di dibattito dei proletari per i proletari.

Fuori da questo vi può essere solamente la burocrazia sindacale, i crumiri , i passivi e i rassegnati...ossia l’accettazione del presente.

Collettivo Zona Industriale-BOLOGNA